2. Machiavelli - RASCHI PDF

Title 2. Machiavelli - RASCHI
Author Maria Caracciolo di Forino
Course Storia delle dottrine politiche
Institution Università di Bologna
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Professor Raschi...


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MACHIAVELLI (1469/1527) Epiteti: -

Machiavelliano: comportamento morale ritenuto perlopiù spregevole Allo stesso modo “il fiorentino” (mach. = fiorentino) viene anche usato come epiteto (es: è stato detto di Mitterrand per dire che non guardava in faccia nessuno) Opere principali: (entrambi escono postumi alla sua morte)

1) “I discorsi sulla prima deca di Tito Livio” (1531) = elogio alla Repubblica romana. 2) “Il principe” (1532) = manifesto della monarchia assoluta; per molti interpreti è il compendio dei tiranni; per Rousseau invece Machiavelli sta in realtà mostrando gli aspetti negativi del monarca assoluto VITA: Machiavelli fu Segretario della seconda cancelleria di Firenze = cioè era ambasciatore della Repubblica fiorentina. Aveva il compito di viaggiare per le corti degli Stati europei che stavano portando a compimento quello che noi chiamiamo “stato moderno”. Smette di fare politica e inizia a scrivere della politica. Contesto: Italia = teatro di scorribande delle popolazioni austriaca, spagnola e francese = teatro delle guerre di egemonia europee. All’epoca, due erano le grandi monarchie che volevano raggiungere l’egemonia in Europa: la monarchia spagnola e quella francese. È in Italia che si fronteggiano queste due monarchie.  Machiavelli vorrebbe vedere l’Italia svilupparsi come Nazione come quegli Stati le cui popolazioni invadono l’Italia. Machiavelli giudica gli attori politici dell’epoca: i Medici per conquistare alcuni staterelli minori, fanno venire in Italia la Francia, non devono poi lamentarsi se i francesi diventano dominus della terra italiana: così i Medici si sono resi loro schiavi. INTRO: Perché si comincia con Machiavelli: perché è il primo autore che rende la politica autonoma dalle altre sfere (autonoma da: religione, morale, economia, diritto): realismo politico e autonomia della politica IN CHE SENSO: fino a Machiavelli aveva imperato la filosofia greca: la virtù di un politico era una virtù a tutto tondo (un uomo virtuoso in politica era virtuoso in tutto, non solo in politica). Machiavelli dissocia la virtù politica dalla virtù morale, dissociando la provincia della politica dalla provincia dell’etica (questa frattura non sarà mai totalmente risanata, infatti la politica moderna è laica)  rende plurale qualcosa che prima era monolitico. La politica ha le sue regole, non deve sottostare alle regole della morale. L’autonomia politica è ciò che rimane tutt’oggi di buono della concezioni machiavelliana della politica. Lo studio dei mezzi e degli accorgimenti necessari affinché l’uomo politico riesca a sottrarre gli altri uomini al disordine per portarli

all’ordine (sempre inteso che quest’ordine è temporaneo). Un ordine è un ordine nel momento in cui qualcuno conquista il potere e riesce a mantenerlo. Machiavelli è il primo pensatore che 1) utilizza il termine “Stato” ed 2) è il primo pensatore dello Stato (POLITICA MODERNA = POLITICA DEGLI STATI). La modernità è una frattura rispetto all’epoca dei due grandi universali, dei due soli di Dante = del Sacro Romano Impero e del Papato universale, che volevano imporre la loro politica universalmente =/ la politica moderna è la politica non dell’universale ma del PARTICOLARE: tante entità particolari che si combattono a vicenda. Concezione dell’uomo: Visto che Machiavelli ha un visione negativa dell’uomo, ritiene che spesso un buon politico sia quello che va contro i dettami comuni, agisce attraverso modi che noi riteniamo immorali (es: inganno) “machiavelliano”, “fiorentino”. Infatti il comportamento dei politici è dettato dal desiderio di prevalere sugli altri, dall’ambizione. Quindi… la concezione è negativa: parte dal presupposto che la natura umana è sempre la stessa: EGOISTA. L’essere umano è incontentabile, mai soddisfatto animato da cupidigia e ambizione compie inevitabilmente il male. Sia nella repubblica che nel principato. Il principe: Essendo la politica un ordine, che tale diventa nel momento in cui qualcuno conquista il potere e riesce a mantenerlo, il principe non deve allora assecondare i princìpi della moralità, mantenere la parola data (NO pacta sum servanda). Talvolta, per mantenere l’ordine, non bisogna mantenere la parola data. Ma non dobbiamo pensare che questo comportamento immorale del principe sia utile solo per se stesso, ma anzi è volto a garantire l’ordine, che è un bene per tutti. Il principe deve evitare tutte quelle azioni che gli fanno perdere il potere la crudeltà evita mali peggiori! Egli deve suscitare più timore che amore: “L’amore è tenuto da un vincolo di obbligo, il quale per essere gli uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto. Ma il timore è tenuto da una paura di pena che non ti abbandona mai” = l’amore può venir meno, la paura no. Attenzione! Deve suscitare timore, ma non disprezzo… perché nei confronti di un re che si disprezza non si riesce ad obbedire. Come si governano gli uomini? Il motivo per cui Machiavelli non delinea principati ideali ma analizza la realtà effettuale è che la politica di svolge sul piano della passione più che su quello della ragione. Gli uomini non sono animali politici e sociali razionali (come voleva Aristotele), ma seguono le inclinazioni che derivano dalla passione. E quindi la politica deve governare la passione e disciplinare le passioni. Esistono due modi di governare gli uomini: 1. Il modo proprio degli uomini = con le leggi 2. Il modo proprio delle bestie = con la forza Il governo attraverso le leggi non è a volte sufficiente, e spesso i principi devono governare con la forza. Cap. 18 de “Il principe”: “Pertanto a uno principe è necessario sapere usare la bestia e l’uomo. Essendo un principe necessitato a saper usare la

bestia, debba di quella (= della bestia) pigliare la golpe e il lione, perché il lione non si difende dai lacci, e la golpe non si difende dai lupi”, cioè: siccome l’uomo non si può governare solo con le leggi perché l’uomo e la politica sono governati dalle passioni e dalla negatività, il principe deve governare anche con la forza bruta, appartenente agli animali. Della bestia, il politico deve avere le sembianze sia della volpe, che è furba, che del leone, che è forte. La forza del buon (= inteso in senso politico, non morale) principe deve sempre essere accompagnata dall’accortezza della volpe. Dialettica politica: La dialettica politica che interessa Machiavelli è quella tra ordine e disordine. L’uomo crea i presupposti per il disordine. La politica è l’arte che deve creare ordine dove c’è disordine. Quindi non è l’arte del dover essere (come per coloro che avevano disegnano repubbliche ideali, es: Platone). Difatti è sempre conflittuale, che si tratti di politica interna o estera (=/ Hobbs: la guerra vive all’esterno, ma all’interno viene cancellata dal patto sociale). La politica è conflitto REALTA’ EFFETTUALE DELLA POLITICA: Machiavelli, analizzando la politica com’è, analizza la politica com’è realmente, cioè nel conflitto: la guerra civile all’interno e la guerra interstatale all’esterno. La violenza, il volto brutale e demoniaco del potere: quando le cose vanno bene, il volto della politica può anche non manifestarsi e la violenza rimane inutilizzata; ma Machiavelli parte dal presupposto che senza un potere coercitivo forte la violenza si manifesta perché ognuno di noi è profondamente violento e malvagio, allora la violenza è connaturata alla politica perché ci sia buona politica, è necessario che ci siano “buone leggi e buone armi”. Mentre molti filosofi prima e dopo di Machiavelli ritengono la guerra il fallimento della politica (es: Erasmo) =/ per Machiavelli la guerra è tutt’altro che il fallimento della politica, ma anzi è connaturata ad essa: la politica è perlopiù guerra. Dov’è infatti che vedo la politicità dell’uomo? La vedo nella guerra civile, nella guerra interstatale. Per Machiavelli la pacificazione, interna o esterna che sia, è sempre precaria: ordine e disordine e rodine e disordine: questa è la visione della politica di Machiavelli. L’ordine politico è sempre transitorio e temporaneo, che verrà prima o poi abbattuto. La politica allora cos’è? = lo studio dei mezzi e degli accorgimenti necessari affinché l’uomo politico riesca a sottrarre gli altri uomini al disordine per portarli all’ordine (sempre inteso che quest’ordine è temporaneo). L’ordine è un ordine gestito e reso oggettivo dallo Stato Machiavelli è il primo pensatore che 1) utilizza il termine “Stato” (= dominio politico) ed 2) è il primo pensatore dello Stato (POLITICA MODERNA = POLITICA DEGLI STATI). La modernità è una frattura rispetto all’epoca dei due grandi universali, dei due soli di Dante = del Sacro Romano Impero e del Papato universale, che volevano imporre la loro politica universalmente =/ la politica moderna è la politica non dell’universale ma del PARTICOLARE. Forme di governo: Nel Cap. 1 de “Il principe”: “Tutti gli Stati e tutti i domini che hanno avuto ed hanno

imperio sopra gli uomini (= hanno potere, lo Stato è basato sulla forza) sono o principati o repubbliche”. Per Machiavelli: esistono solo 2 forme di governo = una monocratica e l’altra collegiale =/ la prescrizione aristotelica (fino ad allora prevalsa) nella teoria delle tipologie di forme di governo: uno, pochi, molti =/. Seconda distinzione aristotelica: forme buone, forme cattive, a seconda che chi governava agiva nell’interesse generale o quello particolare (= criterio morale): monarchia/dispotismo (tiranno); aristocrazia/oligarchia; repubblica/democrazia (=demagogia: dai Greci fino alla Rivoluzione francese questo termine significava il cattivo governo di molti, cioè la divisione in fazioni con diversi interessi particolari) =/ Machiavelli ovviamente non può distinguere tra un principato buono e uno cattivo, perché è il criterio che usa Aristotele per stabilire se una forma di governo è buona o cattiva è un criterio morale. Il principato nel momento in cui è in carica è sempre positivo, perché mantiene l’ordine; quando non riesce a mantenere l’ordine, decade. Quindi… quello che interessa Machiavelli è l’effettività del potere. Il principato può essere: -

Ereditario: è più facile da mantenere, più stabile poiché tutto sommato il popolo riconosce al re ereditario la legittimità del suo titolo; e tende anche per riflesso ad obbedire Nuovo: dove si manifesta la vera politicità dell’uomo poiché è il principato che si costituisce, che crea un ordine dal disordine. Perché questi principati sono più interessanti? a. Il principato nuovo rappresenta il massimo grado di intensità di politica e di conflitto, in quanto nasce dalla guerra civile, dove vi sono due fazioni (due classi politiche) che lottano per arrivare al potere, che si conclude con l’esilio o l’uccisione del vinto. b. Machiavelli si augura che ci sia un nuovo principe in Italia in grado di creare un nuovo principato italiano, in grado di fronteggiare i principati francese e spagnolo che trattavano l’Italia come terra di conquista. Quindi… la logica politica di Machiavelli (politica = conflitto) si sviluppa a pieno nell’analisi del principato nuovo.

Politica internazionale: La politica internazionale è la politica di un principato nei rapporti con altri Stati. Uno dei princìpi fondamentali della Jus Gentium (= diritto internazionale) è mantenere la parola data. Ma… un principe deve sapere che il suo comportamento non può essere fondato solo sui patti stretti, in quanto se vengono meno le ragioni (cioè gli interessi) per mantenere fede ai patti, continuare a rispettare quei patti potrebbe voler dire non fare gli interessi della propria comunità. Cap.18 de “il Principe”: Il principe però deve saper “dissimulare e simulare”, deve saper colorire mai dire esplicitamente che non intende tenere fede ai patti, ma deve trovare sempre una giustificazione e apparire (più che essere, poiché l’essere non conta) ciò che conta è raggiugere il proprio scopo. Il principe deve sembrare tutto integrità, tutto religione, tutto umiltà. I mezzi saranno sempre giudicati lodevoli e lodati, se i fini vengono ottenuti: mantenere l’ordine, conquistare il potere che consente di mantenere l’ordine.

Il fine gode di una moralità superiore rispetto ai mezzi in quanto la ragione di stato può essere maggiore della ragione morale individuale, in quanto la ragion di stato garantisce l’ordine generale e quindi va a favore degli individui. NB: Machiavelli non riduce la morale alla sfera della politica, in quanto le considera sfere diverse (= Machiavelli è stato considerato il primo pluralista della storia). Nonostante tutto ciò, il principe non deve quotidianamente usare la violenza, ma la deve usare solo quando è imposta da circostanze eccezionali (per far vedere chi è che comanda davvero). Ciò che interessa Machiavelli è l’utilità politica (= saper mantenere ordine) e non la moralità. Così facendo capovolge tutto ciò che della politica era stato scritto (rivoluzione copernicana nell’ambito della concezione della politica) Nei “discorsi” Il successo dei principi: nei “Discorsi”, Machiavelli scrive che per avere successo, un politico deve quasi sempre entrare nel male. Infatti… se ti comporti sempre bene non riuscirai ad avere successo come politico. La politica non è necessariamente compatibile con la moralità. Se vuoi vivere nel bene devi vivere “privato”, piuttosto che da principe. A coloro che invece non hanno voglia di prendere “la prima via”, cioè quella del bene e del vivere “privato”, conviene sapere che entreranno nella via del male. La distinzione tra bene e male morale rimane, ma l’utilità politica non ha nulla a che vedere con il bene morale. La morale del sovrano è il successo politico. C’è un unico grande interesse: il potere. Potremmo dire quindi che il principe è al di sopra della morale comune. Machiavelli aveva osservato il modo di agire di coloro che avevano successo, vedendo come si comportavano i sovrani del suo tempo. L’opera di Machiavelli non è immorale, poiché egli ha ben presente cosa è morale e cosa invece è immorale, ma è un’opera amorale cioè, la politica astrae da altre considerazione e diventa fine a se stessa, autonoma. L’ordine però è sempre limitato nel tempo  La visione di Machiavelli è oltre che realistica anche naturalista. Ogni ordine infine decade nel tempo. Egli non pensa che si possa mantenere un ordine per sempre. Crede nel ciclo storico. Non vuol dire però che l’uomo non giochi nessun ruolo. Secondo Machiavelli, un 50% è lasciato alla fortuna e l’altro 50% alla virtù. Questo ultimo 50% può essere usato dal principe per arginare la fortuna. Quindi la virtù del principe è quella di costruire argini forti per evitare che venga inondato il suo ordine. I “Discorsi” non trattano del principato. Qui Machiavelli discorre con gli antichi della Repubblica: essa è nel 1500/1600 la comunità politica in cui il popolo è libero. Machiavelli mostra un particolare entusiasmo nei confronti della repubblica. Difatti, in fondo, il cuore di Machiavelli batteva per il governo popolare. Se potesse, Machiavelli vorrebbe una repubblica, ma accetta il principato forte se necessario, escludendo sicuramente l’oligarchia e l’aristocrazia (ciò lo differenzia da Guicciardini, suo amico, come lui realista, che però preferiva il governo aristocratico). Anche se è a favore della repubblica, l’antologia che sta alla base della repubblica è uguale a quella del principe.

Anche la Repubblica è fondata da un legislatore, una personalità straordinaria che pone le basi per il governo libero (questo fatto verrà colto da Rousseau, fondatore della democrazia). Dopo aver preso il potere, questo uomo straordinario fonda le istituzioni repubblicane. Per quale motivo Roma è stata grande? Secondo Machiavelli, la repubblica romana ha dominato il mondo grazie ai suoi tumulti lotta tra patrizi e plebei (prima volta che si elogia il conflitto anziché la concordia). Tutti coloro che prima avevano analizzato la grandezza di Roma avevano considerato la concordia tra patrizi e plebei alla base della sua riuscita =/ Machiavelli invece afferma che Roma diventa grande grazie alla istituzionalizzazione e alla canalizzazione del conflitto nelle istituzioni. Proprio questo conflitto aveva portato Roma alla sua massima potenzialità =/ solitamente, gli autori all’epoca erano contrari al conflitto. Anche Rousseau, che credeva che le fazioni dovevano essere escluse dalla Repubblica. Erano tutti concordi sul fatto che, perché il sistema sia ordinato, le fazioni non devono esistere e ci deve essere concordia fra tutti. Antipatie di Machiavelli: 1) Nobili (no oligarchia) 2) Milizie mercenarie (combattono per denaro e quindi potrebbero rivoltartisi contro al proprio Stato): non servono a mantenere l’ordine. Pensa infatti che la grandezza della Francia risieda nel fatto che essa abbia abbandonato le truppe mercenarie a favore di un esercito nazionale (= esercito di patrioti) 3) Il clero, per vari motivi: 1. Dando così cattiva prova di sé, il Vaticano ha corrotto i valori di tutti (= assenza di valori etico-politici) e ha favorito l’anti-religiosità, rendendo l’Italia terra di cattivi (ma già lo erano! Quindi motivazione sembra un po’ falsa) 2. La colpa della mancata unione dell’Italia ricadeva sulla Chiesa 3. Ancora peggio: in più, la Chiesa mantiene l’Italia non unita infatti l’unità non avviene poiché la Chiesa ha lo Stato Pontificio al centro dell’Italia, ma allo stesso tempo non è così forte da riuscire ad unire tutta l’Italia, e neanche così debole da permettere ad altri di unirla. CONCLUSIONE: Con Machiavelli muore il Medioevo (l’impero e il papato) e sembra che dopo di questi esso non sia mai esistito. Tutti i problemi del Medioevo non esistono per Machiavelli, lui conosce solo la realtà dello Stato. L’immoralismo machiavelliano è soltanto un fatto logico. La religione e la morale sono solo estrumentum regni (strumenti del principe per mantenere il potere). Criterio realista (valutare la realtà politica per quello che è, per i risultati raggiunti) si basa sull’efficacia politica =/ Erasmo....


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