5.Giuseppe Arcimboldo e Daniel Spoerri PDF

Title 5.Giuseppe Arcimboldo e Daniel Spoerri
Author Rosario Capone
Course Pratiche di animazione ludico-creative (8CFA)
Institution Accademia di Belle Arti di Napoli
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Appunti...


Description

Giuseppe Arcimboldo nasce a Milano 1526 dal pittore Biagio; nei primi ha seguito la tradizione dei suoi contemporanei del Rinascimento disegnando e dipingendo soggetti convenzionali. Prese ispirazione per i ritratti studiando i disegni di Leonardo da Vinci, di cui fu un suo allievo. All’età di 21 anni iniziò la sua carriera come disegnatore per arazzi, vetrate colorate e affreschi nelle chiese della sua città natale, Milano, in collaborazione con il padre. Nel 1556 lavorà con Giuseppe Meda negli affreschi del famoso Duomo di Monza. Ha dipinto il grande arazzo della Dormizione della Vergine Maria (1558) che è ancora al Duomo di Como. Le sue eccezionali qualità pittoriche gli hanno permesso di conquistare una posizione molto ambita per dipingere i ritratti delle famiglie più potenti di Milano nel suo tempo. LA città era considerata la culla del naturalismo, una modalità di espressione artistica basata sull’osservazione diretta della natura. Manierismo Dagli storici dell’arte Arcimboldo è classificato come un “manierista”, che era uno stile artistico che tendeva a mostrare strette relazione tra uomo e natura. Il manierismo ha goduto di popolarità tra il 1510-20 e il 1590 circa. Il manierismo ha infervorato un periodo di grande creatività nell’arte con uno stile caratterizzato da caricatura, raffinatezza e deformazione della figura umana. Ha accolto alcuni elemente artistici del Rinascimento e sarebbe diventato un antenato del periodo barocco. A Firenze e Roma alcuni artisti iniziarono a deviare dal classicismo, inaugurando una serie di ritratti con totale rifiuto dell’armonia, incalanandosi verso un nuovo stile confuso e innaturale. Il movimento puntava all’invenzione, al trucco ad una asimmetria estrema. L’uomo non era più al centro dell’universo, bensì isolato, quasi fosse una figura secondaria, inserita negli arcani del mondo. In questo periodo i ritratti umani di Arcimboldo erano realizzati unicamente utilizzando vari fiori e piante primaverili. Dal cappello al collo, ogni parte del ritratto, anche le labbra e il naso era concepita con fiori, mentre il corpo era assemblato con piante. Attraverso i suoi famosi ritratti, Arcimboldo ha documentato la sua considerevole ammirazione per la natura. Infatti, lo scopo di Arcimboldo era quello di suscitare stupore e spumeggiante meraviglia Il secolo XVI si era aperto alle conquiste mercantili delle potenze europee portando alla luce nuovi continenti, nuove economie e popoli sconosciuti. Arcimboldo, individuati i riferimenti al pittore olandese Hieronymus Bosch, dipinge quadri metaforici e fantastic, decisamente caratteristici all’arte manieristica. Alla corte degli Asburgo Nel 1562, quando Arcimboldo aveva 36 anni ricevette l’offerta di ritrattista presso la corte dell’Imperatore romano Massimiliano II a Vienna. Fu un’offerta che cambiò la sua vita. A Vienne fu spinto in un focolaio di ricerca e sperimentazione del Rinascimento che avrebbe influenzato profondamente le sue opere future. LA nuova comunità era popolata da importanti astronomi, botanici e medici, così come da alchimisti e altri praticanti. Questo ambiente fervido e fantasioso si rivelerà un terreno fecondo le ambizioni creative di Arcimboldo. In questo periodo, pur ritrattista ufficiale di corte, si dedica alla stesura di progetti di corti imperiali, rappresentazioni teatrali, tornei, arredamenti di palazzi ed illustrazione per studi scientifico-filosofici. Alla morte di Massimiliano II ascese al trono il figlio Rodolfo II d’Asburgo, uomo bizzarro e grande estimatore dell’arte, con una fanatica

passione per l’alchimia, le scienze occulte e la magia. Il nuovo imperatore volle continuare a mantenere il pittore al suo servizio come ritrattista ufficiale trasferendo la corte imperiale a Praga nel 1583. Giuseppe acquisì un’ottima conoscenza degli animali esotici e locali perché all’epoca Praga era un centro culturale. Creature esotiche come il leone e l’elefante, allora sconosciuti, provenivano da altri continenti. Qui Arcimboldo elaborò nuove e più ricercate tecniche pittoriche per creare i suoi multiformi volti. Le sue nature morte reversibili, conosciute successivamente come “palindromo Arcimboldo” “Il Giardiniere vegetale” e la “Testa reversibile con cesto di frutta” ne sono l’alta testimonianza. A Praga ha realizzato i suoi volti vegetali più famosi che hanno appagato il gusto per l’esotismo. Gli acquerelli di animali e pesci di Arcimboldo, i modelli rigorosi che ha adattato per parti di volti, mostrano che l’artista milanese ha assorbito dalla scienza e dall’osservazione reale. L’opera di Arcimboldo è geniale perché ha osato spingere a limiti estremi il parallelismo tra l’uomo e il mondo naturale. Arcimboldo continuò a produrre fantastiche immagine dei suoi nobili mecenati nella metà degli anni Sessanta. L’artista lombardo aveva già dipinto e presentato quelle che sarebbero diventate le tele che lo avrebbero reso immortale. Le due serie più celebri di teste composto: le “Quattro stagioni” e i “Quattro elementi”. La morte a Milano Arcimboldo morì a Milano il 1593, dove si era ritirato dopo una lunga permanenza alla corte degli Asburgo a Praga, Realizzò il ritratto composito di Rodolfo II durante quest’ultima fase della sua carriera, così come il suo autoritratto come “Quattro stagioni in una testa”. Gli artisti italiani suoi contemporanei lo onorarono di poesie e manoscritti celebrando la sua illustre carriera. Arcimboldo fu un alto portavoce della cultura cabalistica; straordinaria fu la produzione di enigmatiche e grottesche decorazioni con attinenze tangibili all'alchimia molto diffusa nel XVI secolo. Poco tempo dopo la morte, fu rapidamente dimenticato. La maggior parte dei lavori di Giuseppe Arcimboldo è andata perduta. Però le sue impressionanti immagini rimangono più popolari che mai, trovando strada in una miriade di formati moderni. Qualche decennio dopo la sua morte, la sua fama iniziò a declinare. La riscoperta della sua produzione artistica da parte della critica dovette attendere, nel XX secolo, l’impulso della pittura surrealista con l’inquietudine esistenziale che essa seppe mette in scena. Possiamo ricordare come in totale, rimangono circa 20 dei suoi quadri, secondo le fonti; come i suoi cicli “Quattro elementi e stagioni” che l’artista ha ripetuto più volte con piccoli cambiamenti. Altri dipinti sono “The Librarian”, “The Jusrist”, “The Cook”, “Cupbearer” e altri ancora. Le sue opere sono conservate in musei statali e collezioni private d’Italia (Galleria degli Uffizi”, in Francia (Louvre), in Austria, nella Repubblica Ceca, Svezia e Stati Uniti.

Opere

Quattro Stagioni Primavera (1563) Olio su legno di quercia, 66x50cm, Accademia Reale di belle arti di San Fernando. La sua prima opere della serie delle “Quattro Stagioni” assume la forma di una giovane donna appena sbocciata composta interamente di fiori e foglie verdi brillante. La figura tende al sorriso con un’espressione consapevole della propria bellezza. La sua giovinezza è ben adatta all’inizio del ciclo della vita e delle stagioni. L’abito è creato da foglie verde, mentre una gorgiera di fiori bianchi separa il suo viso dall’abito. Arcimboldo incorona la donna con i fiori più freschi la primavera possa offrire. Le rilucenti sfumature brillanti rievocano la gloria e lo sfavillio della primavera e il cromatismo gioioso dopo la buia monotonia dell’inverno. L’artista riaccende la sua pelle con un corollario di fiori carnosi e bianchi, mentre le guance arrossate sono cesellate dalle rose e i suoi capelli scolpiti da una serie di fiori scelti con cura. “Primavera” è un dipinto che racchiude sia le caratteristiche dei ritratti che le nature morte. Estate (1563) Olio su pannello, 67x51cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna. “Estate” rappresenta una giovane donna fertile idealizzata con le voluttuose rotondità di frutta e verdiura perfettamente mature che compongono la faccia paffuta. I germogli primaverili hanno lasciato il passo alla frutta e alle verdure mature dell’estate. Tutti gli ortaggi che formano il corpo della donna con le curve piene sono perfetti: niente irregolarità che potrebbe ridimensionare la bellezza e la generosità di un raccolto completo. Verdure esotiche e steli aggiuntivi spuntano dal collo e dalle maniche come se l’abbondanza della stagione potesse a malapena essere contenuta. Il suo abito è fatto di grano intrecciato e l’artista sceglie di firmare il suoi nome per la serie, accuratamente intessuta nell’abito. inciso nel colletto del vestito c’è “giuseppe arcimboldi . F” la F sta per “Fecit” che significa “l’ha fatto”, e nella manica del vestito è presente la data di completamento “1562”. La serie delle 4 stagioni fu replicata varie volte ma gli originali regalati a Massimiliano II d’Asburgo rappresentano le prime versioni. Autunno (1563) Olio su tela, 76x64cm, Museo del Louvre, Parigi. “Autunno” è il ritratto di un uomo di mezza età, certamente non raffinato rispetto ai ritratti più sofisticati delle donne. Composto da vari prodotti stagionali, i suoi colori si attenuano, la sua faccia è formata da una pera come naso, una mela invitante tonda e matura crea una guancia, mentre un melograno suggerisce il suo mento. La barba di grano è più opaca, brunita e cadente. Contrariamente alle stagioni precedenti, anche l’espressione di “Autunno” cambia, non ci sono più le bocche sorridente e gli occhi luminosi di “Primavera” e “Estate”, bensì un aspetto più serioso. Questo è evidente nella rappresentazione della bocca stessa, aspra e poco piacevole. L’acconciatura dell’uva sormontata da una zucca come capelli che contorna un fungo come orecchio e un fico che sta per un orecchino, domina su altri segni come la carota e la

diafana rapa. Piuttosto che raffigurare un frutto intero come abito, Arcimboldo veste il corpo con le doghe di legno di una barile come a raffigurare la stagione della vendemmia. Inverno (1563) Olio su pannello, 67x51cm. Kunsthistorisches Museum, Vienna. “Inverno” rappresenta il componente più anziano, e diversamente dai tre ritratti della serie, non è composto da prodotti di vegetazione, ma è creato quasi interamente utilizzando l acorteccia ruvida e nuda di un albero. Si ravvisa un vecchio avvizzito la cui pelle è increspata e raggrinzita i cui connotati sono scolpiti dalle fenditure e dalle crepe della corteccia dell’albero. Pittusto che una varietà di ortaggi e frutti, il volto dell’uomo è scolpito su un singolo labero il cui moncone ricurvo di un ramo spezzato forma il suo naso, mentre un fungo sgraziato cresce appena sotto e forma la bocca. Da una frattura nella corteccia emergono i suoi occhi, mentre un altro tronco indica un orecchio scosceso. L’espressione di “Inverso” appare triste, la sua bocca di funghi delinea un’espressione imbronciata che crea la smorfia del viso. I suoi capello offrono un groviglio di radici e rami ma solo l’edere invernale corona la sua testa. L’aridità invernale offre dalle spalle in giù la promessa di vita e di rinnovamento dopo il gelido freddo. Un’arancia e un limone germogliano dal suo petto, protetti da una stuoia intrecciata che li riscalda per farli passare oltre i rigori invernali. Una piccola nota di allegria dai colori vivaci che fornisce al ritratto triste una primavera prossima a venire.

Quattro elementi In questa serie Arcimboldo si esprime con un nuovo modo di creare ritratti compositi: non più la natura ciclica delle stagioni con flora e fauna, ma animali e oggetti vari con l’idea di abbinare ogni stagione con il suo elemento appropriato. Importante da notare è che il sesso delle figure nelle Quattro stagione è evidente, quello delle figure in Quattro elementi è indistinguibile. La serie “Quattro elementi” fu commissionata dall’Imperatore Massimiliano II d’Asburgo. I ritratti mostrano figure di profilo composte da diversi animali o oggetti. Questa serie tenta di esprimere l’armonia con animali selvatici che formano volti distinti dal caos. Aria (1566), Olio su tela, 74.5x56 cm, Collezione privata. Gli uccelli di “Aria” presentano un alto livello di precisione e concentrazione ai dettagli. Un’affollata cornucopia di piccoli uccelli si combinano per creare un viso maschile. Dal pollo al più elaborato pavone e parrocchetto, forse acquisiti dagli studi di ornitologia che Arcimboldo aveva già completato. L'aquila che sbuca da dietro le penne del pavone in basso a destra del dipinto e il pavone erano i simboli della dinastia Asburgica di cui il mecenate di Arcimboldo, Massimiliano II era il capo. Giuseppe ha incluso questi riferimenti per compiacere i suoi mecenati e creare un legame permanente tra le sue opere e gli Asburgo. Nessuno dei molti uccelli fitti nei capelli della testa può essere identificato, tuttavia possono essere riconosciuti il pavone, che, con il suo completo ed elegante piumaggio costituisce l’insieme del corpo del ritratto. Una coda di fagiano disegna il pizzetto mentre un’anatra forma le palpebre. Il volto è composto da un

tacchino e una gallina che fa da barba; le teste di un gufo e un pappagallo contornano il collo. L’aria aiuta a simboleggiare la leggerezza della stagione, e il cinguettio degli uccelli è già un segno della primavera in arrivo. Fuoco (1566), Olio su legno, 67x51cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna. L’elemento “Fuoco” è abbinato a “Estate” delle Quattro Stagioni. La calda estate è palese nelle fiamme e i colori vivaci si scambiano a vicenda. L’artista enfatizza il dominio dell’uomo sul fuoco con oggetti inanimati. Attraverso questi, l’artista milanese cattura ogni tipo di fuoco, dalla candela del collo o la lampada ad olio del mento, all'aggressività del cannone o all’aureola di fuoco scomposto che si sprigiona dalla testa del ritratto. La figura indossa la catena dell’Ordine del Vello d’oro mentre il fuoco brucia dalla testa del ritratto come a coronare l’imperatore stesso come governatore. La pietra focaia e l’acciaio formano il naso e l’orecchio. La combustione del legno crea una corona di capelli luminosi. L’artista usa le pistole per creare la parte principale del corpo. L’aquila a due punte, simbolo del Sacro Romano Impero, si evidenzia ostentatamente sul torso. I due grandi cannoni si riferiscono alla forza degli eserciti asburgici. Nella bocca di uno di questi l’artista si firma in basso a destra. Oltre ai simboli araldici e varie armi per modellare il corpo, Arcimboldo certifica il dominio di Massimiliano II sul fuoco non come elemento, ma anche come potenza offensiva di armi, nonché come strumento di guerra. Terra (1566), Olio su legno, 70x48.5cm, Collezione privata. Senza la necessità di creare effettivamente il volto, la tavolozza dei colori usata per “Terra” non si allontana dai marroni, dai rossi e dalle arance per annidarsi tra cervi, topi, lupi, asini e pecore e tra gli altri, si possono scoprire uno stambecco, un elefante, un leone e un cammello. Il volto non è sorridente né accigliato e la sua bocca ha un’espressione spenta senza indicazioni sulle proprie emozioni. Animali con le corna cingono la testa a formare una corona. Un elefante crea la guancia e l’orecchio mentre l’orso ringhiante con la sua bocca aperta che forma l’occhio si piega e ringhia per mordere il collo del coniglio. Una mucca piena rappresenta il collo. La pelle di leone e la lana di pecora rimandano al mito greco di Giasone e all’Ordine del Vello d’oro. Forse è l’opera più sapientemente miscelata che gli animali terrestri si curvano insieme per creare un viso forte e spesso. I toni rustici di “Terra” sono ripresi nel dipinto “Autunno”, entrambe le figure hanno espressioni che si rispecchiano a vicenda. Anche gli animali stretti di “Terra” richiamano alla mente il letargo, poiché le bestie si raggomitolano durante l’autunno per prepararsi ai giorni bui dell’inverno. Acqua (1566), Olio su tavola, 67x52cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna, Austria. Prendendo la forma di una dama di corte creata totalmente da animali acquatici e conchiglie, “Acqua” completa la serie dei Quattro elementi. Qui animali forse spaventosi come lo squalo che forma la bocca della donna, è molto meno minaccioso in quanto nascosto sotto una razza. Arcimboldo si avvale anche dei tesori del mare. Un granchio, una tartaruga e un’aragosta compongono il seno. Il collo della signora è drappeggiato con una collana di perle e un raggio di luce di una perla all'orecchio, insieme al corallo che aiuta a formare alcune delle

punte della sua corona. Solo in “Acqua” ogni animale è stato raffigurato con grande dettaglio. Blu, verde e grigio con lievi tocchi di rosso e arancione dominano il quadro che colpisce con toni più freddi con blu e marrone per trasmettere la crudezza dei loro soggetti. Tuttavia, usano anche tracce di colori più brillanti, come il rosso del gambero e nel corallo e l’arancione e il giallo nei frutti di “Inverno”. “Acqua” è uno dei pezzi più fantasiosi della serie. Una tartaruga è la metà di un granchio e un cavalluccio marino è grande quanto un aragosta mentre il polipo afferra una conchiglia sulla spalla. Questa ha eguagliato l’altra serie “Quattro stagioni”. L’aria si abbina alla primavera, il fuoco all’estate, la terra con l’autunno e l’acqua con l’inverno. Temi caotici portati in armonia per la gloria della dinastia degli Asburgo. Daniel Spoerri Daniel Spoerri, nato Daniel Feinstein è nato in Romania il 27 marzo 1930, da Isaac Feinstein, missionario della chiesa luterana norvegese, e da Lydia Feinstein-Spoerri, dal cui nome da ragazza trarrà il proprio nome d'arte. Durante la guerra, nel 1942, il padre viene trucidato dai nazisti in Romania e la famiglia è costretta a rifugiarsi in Svizzera, a Zurigo, dove il piccolo Daniel vive presso lo zio materno, Theophil Spoerri, rettore dell'Università di Zurigo. Nella città svizzera inizia a studiare danza, nel 1949, presso la Zürcher Theatertanzschule. A Zurigo incontrò con André Thomkins, Serge Stauffer, esperto e traduttore di Marcel Duchamp. Nello stesso anno conosce e diventa amico di Jean Tinguely e di Eva Aeppli. Tra il 1952 e il 1954 frequenta corsi di danza classica a Parigi e tra il 1954 e il 1957 è stato danseur-étoile presso il Berner Stadttheater. Stringe allora legami di amicizia con Dieter Roth, Bernhard Luginbühl, Claus Bremer, André Thomkins e Meret Oppenheim. In questi anni lavora come guida turistica. Nel frattempo inizia l'attività di coreografo (Ballet en couleurs - 1955), di poeta, con la serie dei Poemi concreti e di regista . In ambito registico a Berna mette in scena Il desiderio acchiappato per la coda di Picasso, nel 1956 e le prime assolute in lingua tedesca di La cantatrice calva di Ionesco e di La sonata e i tre signori di Jean Tardieu. Tra il 1957 e il 1959 è aiuto-regista presso il Teatro di Darmstadt e prosegue la sua attività di poeta concreto, mentre conosce e collabora con Emmett Williams. Trasferitosi nel 1959 a Parigi, entra in rapporto con numerosi artisti che operano nella città tra cui Pol Bury, Jesús Rafael Soto, Marcel Duchamp, Man Ray e Robert Filliou. Sempre a Parigi, fonda la casa editrice MAT (Multiplication d'art transformable) e inizia la sua opera di artista figurativo: inventa i tableaux-pièges (Quadri-trappola), incollando su tavole gli oggetti quotidiani ammassati nella sua stanza d'albergo (la camera 13 dell'Hôtel Carcassonne, a Rue Mouffetard), che acquistano una presenza insolita nel passaggio dal piano orizzontale a quello verticale. Nel 1960 elabora, con altri, il Manifesto del Nouveau Réalisme. A questo proposito dichiara: «Io non faccio che mettere un po' di colla su degli oggetti; non mi permetto alcuna creatività» La sua prima mostra individuale 1961 si svolge a Milano, curata da Arturo Schwarz. L'anno dopo, il 1962, è segnato dalla pubblicazione di Topographie anecdotée du hasard, nel quadro di un'esposizione alla Galerie Lawrence di Parigi. Si tratta della descrizione

minuziosa di oggetti presenti sulla tavola della sua camera ed evocazione di ciò che suggeriscono. Prosegue in questa ricerca di trasformazione del reale con i suoi Détrompel'œil, del 1963, nei quali gli oggetti della quotidianità stravolgono e mettono in discussione l'immagine alla quale sono connessi: per esempio in La Douche fissa una rubinetteria da stanza da bagno su un quadro che rappresenta un torrente di montagna. Intraprende ora un'altra linea di ricerca, che lo condurrà alla Eat Art: colleziona pasti alla Galerie J. Con Robert Filliou, propone nel 1964...


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