Analisi Sure Corano PDF

Title Analisi Sure Corano
Author Dalila Prestigiacomo
Course Storia dei paesi islamici
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

Analisi di diciassette sure del Corano, tra cui:
I
II
IV
V
XII
XVII
XVIII
XIX
LVI
LXXIII
LXXIV
LXXX
LXXXI
LXXXII
XCIII
XCVI
XCIX...


Description

SURA I (APRENTE) Questa sura, appartenente alla fine del primo periodo meccano, nonostante la sua brevità fu posta in testa al Corano per ragioni devozionali. Infatti è una delle più frequenti orazioni dei musulmani perché obbligatoria nell’assolvimento dell’adorazione rituale, e fa parte della Preghiera Canonica. La Fâtiha è l'invocazione ad Allah più nota e sentita. Recitando la prima parte di essa (vv. 1-5), il devoto testimonia la sua fede nell'Unità di Allah (tawhid), qualificandolo con i Suoi attributi più belli, riconosce la Sua assoluta autorità su questo mondo e sull'Altro. Nella seconda parte (vv. 6-7) il musulmano rivolge un accorato appello al suo Signore affinché lo guidi sulla retta via e lo allontani dalla Sua disapprovazione e da ogni smarrimento. Il v.1 si apre con la cosiddetta bàsmala, formula devozionale che si trova premessa a tutte le sure (tranne la IX). La Basmala è composta di due parti, la menzione del Nome divino "bi-smi' llâhi" ( in nome di Allah) seguita da due delle qualità o attributi con i quali Allah Stesso ha voluto che Lo identificassero i Suoi servi : "ar-Rahmân, ar-Rahîm" (il Compassionevole, il Misericordioso). Al v.2 “sia Lode a Dio” è la traduzione di "al-hamdu li-Llâh", formula che ricorre anche nel saluto tra musulmani. Al v.4 si trova l’espressione “Dì del Giudizio”, uno dei fondamenti della dottrina islamica; è conosciuto anche come il Giorno della Retribuzione. La “Retta via” al v.6 indica un sistema dottrinale, spirituale e legale che conduca l’uomo attraverso la vita terrena fino al paradiso. Nell’ultimo versetto, “coloro sui quali hai effuso la tua grazia” sono i musulmani, “coloro coi quali non sei adirato” sono gli ebrei, e infine “quelli che non vagolano nell’errore” i cristiani.

SURA II (DELLA VACCA) Risalente al primissimo periodo medinese, questa è la più lunga delle sure coraniche. Vi si distinguono cinque gruppi di rivelazioni.  1-39: i primi quattro versetti contengono l’essenza dell’Islam, cioè Dio Trascendente, Preghiera canonica e Decima (le istituzioni normative), Dignità profetica di Muhammad, concetto delle rivelazioni successive, escatologia. È sulla base del v.23 che si basano i teologi per stabilire il dogma dell’assoluta inimitabilità del Corano. Al v.30 comincia una delle numerose versioni della storia di Adamo. Viene data un’altissima importanza all’uomo, reso in un certo modo persino superiore agli angeli. Il “vicario” di cui si parla, altro non è che il khalifa, che ha il significato di successore, e che nel mondo islamico ha ricoperto le funzioni politiche e istituzionali di Muhammad. Viene menzionato Iblis, l’angelo che in seguito alla ribellione, divenne Satana. Ad Adamo e alla sua sposa fu offerto il Paradiso, tranne un albero in particolare (che la tradizione afferma si sarebbe trattato della spiga del grano). Il limite dell’albero è il segno dell’inferiorità dell’uomo, della necessità della sua sottomissione e della sua obbedienza al Signore. Il v.37 mostra che l’Islam non ammette il dogma del peccato originale.  40-121: da qui ci si rivolge agli ebrei e alla storia di Mosè, cui Allah diede “il Libro e la Salvazione” (v.53), uno dei nomi del Corano e la distinzione tra il Bene e il Male. Si fa riferimento all’episodio del Vitello, quando Mosè salì sul monte Sinai e il fratello Aronne creò un vitello d’oro da dare come dio al popolo. Mosè allora ordinò loro di uccidersi a





vicenda, affinché fossero perdonati. Al v.58 viene menzionata una città che corrisponderebbe a Gerusalemme o a Gerico, e la parola che gli ebrei avrebbero cambiato era hitta (perdono) con hinta (orzo). Il v.62 è importante perché stabilisce una certa uguaglianza giuridica tra le grandi religioni monoteistiche. I Sabei sono una setta gnostica. Dal v.67 deriva il titolo. Grazie al sacrificio di una vacca Allah avrebbe resuscitato un morto. Al v.87 viene sottolineata l’importanza di Gesù tra i Profeti, inoltre lo Spirito Puro corrisponde all’angelo Gabriele, che viene esplicitamente nominato solo tre volte nel Corano, tra cui al v.98. Egli è l’angelo incaricato della rivelazione, mentre Michele è nominato esplicitamente solo in questo passo. Al v.102 i nomi Harut e Marut corrispondono a due angeli decaduti che secondo la tradizione sono appesi per i piedi in un pozzo di Babilonia, dove insegnano la magia agli uomini. Al v.104 la prima parola significa in arabo “consideraci”, ma in ebraico, con una piccola variazione fonetica, “sei un mascalzone”, quindi il Corano consiglia di usare la seconda parola. Il v.106 è importante perché su di esso si basa la dottrina islamica secondo cui l’attività rivelatrice di Dio può abrogare a piacimento una disposizione data prima. Al v.109 vengono citate le “Genti del Libro”, con cui ci si riferisce a ebrei e cristiani, cioè le comunità religiose che hanno un libro rivelato. Verso di loro il Corano è molto più tollerante. Il v.115 sembrerebbe contrastare la direzione della Preghiera, tuttavia potrebbe riferirsi ad una generica presenza di Dio ovunque. Nel v.116 vi è un ulteriore riferimento a Gesù, di cui il Corano rifiuta duramente la natura divina. Il testo sacro, però, attribuisce al concetto di paternità dei valori più materiali e carnali rispetto quelli spirituali del cristianesimo. 122-142: al v.124 Abramo è reso dal Signore il “principe del popolo”, nonché un esempio perfetto di monoteismo. Muhammad, infatti, dopo i fallimentari tentativi di imporsi come profeta per ebrei e cristiani, imposta il problema come ritorno ad un monoteismo abramico, che avrebbe avuto il suo centro spirituale nella Ka’ba, chiamata la Santa Casa. Secondo la tradizione, quando Adamo fu perdonato da Dio, questi fece discendere una tenda nel luogo della futura Ka’ba affinché Adamo potesse girarvi attorno in venerazione. La tenda andò perduta con il diluvio universale, quindi Abramo costruì la Ka’ba e l’angelo Gabriele portò la Pietra Nera, che allora era bianca perché non ancora contaminata da peccati degli uomini. Il v.135 è importante perché dichiara che Abramo non era né ebreo né cristiano, ma seguace di una religione essenziale. Egli è il primo credente. 142-242: la qibla è la direzione della Preghiera, e una grande importanza per i musulmani. All’inizio era Gerusalemme, come per gli ebrei, poi, quando disperò di riuscire nella conquista pacifica degli ebrei di Medina Muhammad proclamò la nuova qibla verso la Mecca, dove si trovava la Ka’ba. Al v.143 il “medio cammino” è sinonimo di “equilibrato”, infatti il concetto di equilibrio è molto importante nell’Islam, in quanto solo esso può dare pienezza e serenità all’individuo. I nomi Ṣafa (la Roccia) e Marwa (la Pietra) che ricorrono al v.158 sono due colline vicino alla Moschea Sacra della Mecca. Il correre sette volte tra queste è parte di un rituale del Pellegrinaggio che i credenti compiono in memoria delle corse disperate di Agar in cerca d’acqua per l’assetato figlio Ismaele. Al v.164 si nota come non vi sia alcuna differenza tra fenomeni naturali, come l’alternarsi del giorno e della notte, e quelli ad opera dell’uomo, in quanto tutto è opera diretta di Dio. Al v.173 ricorrono delle



precisazioni sulle interdizioni alimentari, come la carne di maiale, mentre al v.177 ve ne sono altre sul significato di carità. Il versetto successivo stabilisce tre ordini giuridici di estrema importanza: mentre nelle culture primitive tutta la famiglia dell'uccisore subiva la vendetta della gente dell'ucciso, l'Islàm afferma il principio della responsabilità personale. Il secondo riguarda la vendetta, che deve essere proporzionata all'offesa subita. Il terzo quello della remissione mediante indennizzo. Al v.183 cominciano alcune prescrizione per quanto riguarda il digiuno, compiuto nel mese di Ramadan, mese in cui è stato fatto scendere il Corano. Il digiuno va fatto dall’alba fino al tramonto e implica l’astensione totale da ogni cibo, bevanda e relazione sessuali. Tutto ciò fa parte dei cosiddetti Termini di Dio, ( Ḥadd), che hanno in seguito assunto nella giurisprudenza islamica il senso di pena coranica e assolutamente inderogabile. I delitti per cui si applicano sono: l’apostasia, l’adulterio, la calunnia, il furto, il banditismo, le ribellioni e l’ubriachezza. I versi 190-191 sono importanti per la definizione della Guerra Santa, in quanto essa è limitata da due condizioni, una che si attacchi vicino alla Santa Moschea, e l’altra che combattano per difesa, senza eccessiva crudeltà. Tuttavia, non sempre le disposizioni sul ğihad sono così moderate. Inoltre viene detto che, se i pagani assalgono i credenti in qualche luogo o mese sacro, cioè in cui non si potrebbe combattere, questi sono autorizzati a ripagarli con la stessa moneta. Vi è una distinzione tra ḥağğ e Ꜥumra, in quanto il primo indica il Pellegrinaggio che si compie in giorni determinati del mese ed è obbligatorio farlo almeno una volta nella vita; con il secondo termine si intende un pellegrinaggio minore, in cui prima il pellegrino non poteva uscire dallo stato sacrale. Qui il Corano abroga tale disposizione, troppo dura. Al v.219 vengono considerati peccato sia il vino che il gioco d’azzardo, in sure successive (IV) viene reso incompatibile lo stato di ubriachezza con quello necessario a svolgere l’orazione, e infine, nella sura V, viene decretato il divieto in maniera netta. Al v.221 cominciano delle disposizioni sulle donne e sul divorzio. Intanto è proibito sposare donne miscredenti e donare donne ai miscredenti, ma è lecito il matrimonio con donne della “gente del Libro”. È proibito avere rapporti sessuali quando le donne siano in stato mestruale. Per quanto riguarda il divorzio, è abolito l’uso preislamico secondo cui il divorzio fosse effettivo solo se il marito che non voleva più avere rapporti con la moglie facesse una dichiarazione esplicita. Per quanto migliori la situazione giuridica della donna, quest’ultima si trova sempre un gradino più in basso dell’uomo. Il divorzio, inoltre, è concesso solo due volte, e non è permesso al marito di riprendersi la dote data alla moglie. Nel caso di un triplice divorzio, per poter essere ripresa, la donna deve sposarsi prima con una terza persona e divorziare da questi. Vi sono tante altre disposizioni in merito all’argomento, ma la cosa interessante è la posizione dei vv.238-239, inseriti in questo contesto e trattando tuttavia delle preghiere canoniche, che al tempo erano tre e non cinque. 243-286: dal v.246 viene narrata la storia del profeta giudaico, Samuele, che annuncia al suo popolo la venuta di re Saul attraverso l’Arca dell’Alleanza, nella quale Mosè avrebbe riposto le tavole della Torah. Il v.249 racconta un episodio a proposito di Gedeone, che sembra essere attribuito a Saul.

Il v.253 è chiaro sull’esistenza di una gerarchia tra i messaggeri di Dio. In tale gerarchia Gesù sembra avere un posto speciale. Il v.255 è noto come ayat al-kursi, “Versetto del Trono”, spesso usato come preghiera. Il v.256 contiene il concetto di tolleranza verso le altre religioni monoteiste, nessuno può essere costretto a seguire una religione e d’altra parte nessuno può essere impedito dal praticarla. Dal v.275 cominciano, invece, alcune disposizioni sull’usura, duramente rifiutata dal Corano. Essa implica per i giuristi islamici anche qualsiasi forma di prestito ad interesse, e ciò ha creato delle complicazioni quando furono fondate le prime banche. Questo passo ha fatto sorgere anche discussioni dogmatiche per la minaccia di pena eterna anche ai credenti che la pratichino, mentre l’ortodossia islamica ammette che le pene per i credenti siano solo temporanee. Viceversa, restituire il deposito fiduciario è considerato tra i più sacri dovere del credente.

SURA IV (DELLE DONNE) Sura medinese. Il titolo deriva dalle disposizioni sul matrimonio, l’eredità delle donne, ecc. Si distinguono tre gruppi di rivelazioni:  1-43: il v.3 è importante come testo base per la liceità della poligamia, in cui il limite di donne è quattro. Tuttavia si nota una limitazione, che è quella di dover essere giusti cono loro. Con “ancelle” si intendono le schiave, infatti il Corano considera la schiavitù come un dato di fatto sociale dell’epoca, ma c’è da dire che condizione di schiavo tra i musulmani non ha avuto un carattere di estrema durezza e inumanità. Il Corano raccomanda come opera meritoria la emancipazione degli schiavi, che secondo la legge islamica godono di piena libertà religiosa e possono sposarsi anche con i liberi. Il v.7 sancisce il diritto ereditario delle donne, in base ad un sistema complesso in cui la divisione frazionaria dell’eredità in caso di numerosa parentela non è facile. Il v.15, che dà come punizione alle donne adultere la segregazione in casa, è stato abrogato. Sul v.16, invece, ci sono ancora delle incertezze sull’espressione “due di voi”, e se si riferisca a una coppia omosessuale o se uomo e donna non sposati. Il v.19 abolisce l’uso preislamico secondo il quale l’erede aveva tutti i diritti su tutte le donne di suo padre, che poteva sposare, dare in sposa o ridurre in stato di semi-schiavitù. Questo passo rappresenta sicuramente un elevamento del livello della vita femminile rispetto al paganesimo preislamico. Dal v.22 vi sono delle predisposizioni su quali donne siano lecite e quali non lo siano. Inoltre, al v.24 è accennato il pagamento della dote, elemento essenziale del matrimonio islamico. La dote resta possesso della moglie, che non è obbligata a concorrere alle spese della casa. Vi è una completa divisione di beni tra marito e moglie. Al v.29 è proibito, più probabilmente, l’omicidio, ma secondo alcune interpretazioni ci si riferisce anche al suicidio; non a caso l’Islam non ammette alcuna forma di eutanasia. Al v.31 i “peccati più gravi” di cui si parla sono considerati dalla giurisprudenza islamica sette, di cui il primo, e l’unico che Allah si rifiuta di perdonare è associarlo a qualcun altro.

Il v.34 sancisce, in modo del tutto immotivato, la superiorità dell’uomo sulla donna, forse per la loro mancanza di autosufficienza economica. Con il v.43 si ha la fase intermedia della proibizione del consumo di bevande alcoliche, che viene definitivamente abolito nella sura V. Inoltre il versetto getta le basi per le prescrizione per l’abluzione in caso di malattia o di viaggio. Lo stato di impurità può essere maggiore o minore, il primo necessita un bagno completo, il secondo consiste in una serie di azioni con l’acqua o, in mancanza di questa, sabbia. Il v.46 chiarisce cosa si intende per alterazione della Scrittura, in particolare dalla Gente del Libro. I vv.58-59 sono quelli su cui si basano i giuristi islamici in merito al potere delle autorità, in quanto qui si raccomanda per la prima volta l’obbedienza, oltre che a Dio e al Profeta, alle autorità, ma non si sa esattamente a chi si riferisse. Al v.94, rifiutare il saluto islamico, che è di pace, significa non attribuire a chi lo ha pronunciato il diritto della salvaguardia della persona che la Legge garantisce al credente, dunque bisogna sempre accettare la pace quando venga offerta dal nemico. Il v.97 si riferisce a quei musulmani che si rifiutarono di seguire Muhammad a Medina, nonostante il Profeta l’avesse reso obbligatorio. I vv.157-159 rappresentano il brano fondamentale per la cristologia coranica. Il Corano nega la crocifissione e la morte di Gesù, ma ammette la sua ascensione. Egli sarebbe ancora vivo, e quando tornerà sulla terra nel Giorno del Giudizio, tutti gli ebrei e i cristiani crederanno in lui. Torna la figura di Gesù al v.171, in cui si ammette la sua nascita verginale. È totalmente negata l’idea di trinità.

SURA V (DELLA MENSA) Ultima sura rivelata, cronologicamente, del Corano. Vi si distinguono cinque gruppi di rivelazioni:  1-5 : Si ritrovano alcuni precetti, come il divieto della caccia durante i riti del pellegrinaggio, il divieto di cibarsi di animali morti, soffocati, bastonati, la carne di maiale, il sangue. È lecito, invece, mangiare ciò che gli animali addestrati cacciano, ed è lecito sposare donne caste, e non idolatre.  6-26: Il v.6 riporta i riti da eseguire prima della preghiera, le cosiddette abluzioni. Si fa riferimento, poi, a ebrei (Figli d’Israele) e cristiani (nazareni). Essi sono stati corrotti, ed è miscredente chi dice che Allah è il Messia. Riferimento a Mosè.  27-50 : Storia coranica di Caino e Abele. Il v.33 stabilisce delle pene molto dure, come la crocifissione, l’esilio, tagliare parti del corpo, per i banditi e i predoni, credenti o non credenti. Nel v.38, invece, ai ladri è prescritto di tagliare la mano, pratica ora fuori uso in quasi tutti i paesi musulmani tranne che in Arabia Saudita, Yemen e Afghanistan. Dal v.42 si pone il principio dello statuto personale per ebrei e cristiani, che, in regime di protezione islamica, devono giudicare le loro questioni giuridiche e religiose secondo la propria legge religiosa e i propri libri sacri, mentre le disposizioni legali del Corano valgono solo per i musulmani. Si fa infatti riferimento al caso di adulterio tra due ebrei per il quale il Profeta, chiamato a decidere, avrebbe prescritto la lapidazione che, nonostante non si trovi nel





Corano come pena all’adulterio, cominciò ad essere praticata dai musulmani, tant’è che è considerata “Ḥadd” (pena coranica). V.48 “a loro protezione” – a differenza delle scritture che lo hanno preceduto, il Corano possiede il carattere dell’inalterabilità. V.50 “Giudizio dell’epoca dell’Ignoranza” – è il termine cui ci si riferisce per indicare l’età pre-islamica pagana (ĞᾹᾹHILIYYA). 51-86 : Si torna a parlare di ebrei e cristiani, definiti “amici” nel senso di alleati. Nel v.54 si dà un ritratto del musulmano ideale. Il v.67 ammette la possibile fallibilità di Muhammad, essendo un uomo. Nel v.73 sembra che Muhammad considerasse la trinità cristiana come formata da Dio, Gesù e Maria. Viene sottolineata l’unicità di Dio e la natura umana, non divina, di Gesù. 87-120 : Nel v.89 viene definita l’espiazione nel caso di spergiuro del giuramento, essa consiste, tra le altre cose, nell’ “affrancamento di uno schiavo”, cioè la liberazione di uno schiavo, raccomandata come opera pia e, in certi casi, persino imposta come obbligo purificatorio. Al v.90 si trova la prescrizione decisiva sulle bevande alcoliche, con la proibizione del vino, insieme al gioco d’azzardo. Dal v.12 “una mensa dal cielo” deriva il titolo della sura, e potrebbe far riferimento alla moltiplicazione dei pani e pesci, o al “nostro pane quotidiano”.

SURA XII (DI GIUSEPPE) Rivelata nel terzo periodo meccano, questa sura è definita, nel v.3, “ la più bella delle storie”, e narra la storia di Giuseppe, che concorda in larga parte con il testo biblico. Giuseppe, figlio di Giacobbe, è oggetto di invidia dei suoi fratelli, che insieme concordano di liberarsi di lui all’oscuro del padre. Giuseppe viene tuttavia trovato e venduto ad un principe egiziano, che lo tiene con sé. La moglie cerca di sedurre Giuseppe, che, ritenutone colpevole, viene rinchiuso in prigione. Qui fa la conoscenza di due altri prigionieri, di cui, grazie al suo dono, interpreta i sogni. Dopo aver passato anni in prigione, a Giuseppe viene chiesto di interpretare il sogno del Faraone, e rientra dunque nelle sue grazie. v.53 – “l’anima appassionata spinge al male”. Viene menzionato uno dei tre tipi di anima che si ritrovano nel Corano, questa è la passione che spinge tendenzialmente al male. L’altra è “l’anima biasimatrice”, quando la coscienza accusa e biasima l’uomo, e infine “l’anima tranquilla”, che ha raggiunto la perfezione e nella quale il male tace. Un giorno giungono a corte i fratelli di Giuseppe, che non lo riconoscono. Egli ordina loro di portare il loro fratello da parte di padre, nonché suo fratello, in cambio di un carico molto ricco. Giacobbe, una volta appresa la notizia, stenta a consegnarglielo, ma alla fine, poiché colmo del sapere, accetta solo facendo prometter loro di riportarlo indietro. A corte Giuseppe rivela a Beniamino di essere suo fratello e ordina, in segreto, di nascondere una coppa nei suoi bagagli, così che, quando i fratelli vengono accusati di furto, sono costretti a lasciare il fratello lì, ignari. Giacobbe, dal dispiacere, diventa cieco, ma Giuseppe gli dona una camicia che gli fa riacquistare la vista. Tutte le loro genti vengono a corte ...


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