Appunti sui meccanismi battericidi a.a. 2015/2016 PDF

Title Appunti sui meccanismi battericidi a.a. 2015/2016
Course Patologia generale
Institution Università degli Studi di Brescia
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Riassunti delle lezioni di patologia generale, mirati sulle domande della prova d'esame....


Description

Domanda: MECCANISMI BATTERICIDI La migrazione dei leucociti è avvenuta per extravasazione endoteliale, chemiotatticamente guidata. I leucociti si trovano nel focolaio infiammatorio dove attivano i propri meccanismi battericidi, che sono la Fagocitosi, l’Exocitosi e la produzione e secrezione di metaboliti tossici dell’ossigeno. La fagocitosi dà un contributo che dipende molto dal titolo batterico, tuttavia è allo stesso tempo il più sicuro, perché genera il minimo danno nell’ospite. In condizioni di elevato titolo batterico, il meccanismo più importante diventa l’exocitosi o la produzione e secrezione di metaboliti tossici dell’ossigeno.

La FAGOCITOSI viene effettuata dai fagociti professionali (macrofagi e neutrofili) e può essere divisa in 5 fasi: L’opsonizzazione del batterio è un preludio indipendente da neutrofili e macrofagi. Il batterio viene marcato dalle opsonine che corrispondono a meccanismi effettori dell’immunità innata (frammento C3b) o dell’immunità adattativa (Ig specifiche contro il batterio). In questo modo il batterio è più facilmente riconoscibile dal macrofago. Ciò è dovuto al fatto che su quest'ultimo sono presenti dei recettori che possono direttamente riconoscere gli antigeni batterici ( PRR) facendo in modo che la fagocitosi possa avvenire anche in assenza di opsonizzazione. Tuttavia quando questi recettori possono agire insieme ai recettori che riconoscono il frammento Fc delle Ig e ai recettori che riconoscono il frammento C3b del complemento, che hanno opsonizzato il batterio, potremmo lavorare più efficacemente. Avvicinamento del fagocita al batterio opsonizzato è la chemiotassi. Grazie alle citochine proinfiammatorie aumenta la produzione di recettori per il batterio, aumenta la produzione di recettori per le opsonine e avviene la polarizzazione del monocita. Si osservano il processo di pavimentazione (cambio di forma) e i movimenti ameboidi del monocita/macrofago, il macrofago giunge al focolaio infiammatorio con i suoi recettori pronti ad aderire alla superficie del batterio. Avviene ora l’aderenza, ossia la capacità dei recettori di riconoscere i ligandi (opsonine o antigeni batterici) sulla superficie del batterio stesso. Contemporaneamente si ha un ulteriore cambio di forma del macrofago che emette due pseudopodi, funzionali a circondare e internalizzare il batterio. Inoltre i lisosomi si avvicinano alla superficie del macrofago che è più vicina al batterio. Questa polarizzazione è mediata dalla riorganizzazione del citoscheletro, che funge da binario. I due pseudopodi poi si fondono e originano un vacuolo chiamato fagosoma, internalizzando il batterio. Al suo interno il batterio non muore ma successivamente i lisosomi si fondono con il fagosoma liberando i propri enzimi litici e formano il fagolisosoma, all’interno del quale il batterio viene distrutto. I peptidi batterici prodotti durante la degradazione vengono presentati dal macrofago in associazione agli MHC II, e in questo modo attivano i linfociti TH. La fagocitosi dà un contributo che dipende molto dal titolo batterico, è il metodo più sicuro perché genera il minimo danno all’ospite, ma raramente il rapporto numerico batterio-macrofago è 1:1. In corso di infiammazione soprattutto gli eosinofili, ma anche neutrofili e macrofagi, sono in grado di secernere nell’ambiente extracellulare enzimi litici ed idrolasi, tramite un meccanismo che prende il nome exocitosi. Questo processo viene preferito alla fagocitosi in due particolari condizioni. La Fagocitosi “frustrata” è un fenomeno che possiamo osservare con sostanze che hanno dimensioni molto superiori rispetto al macrofago. Il fagocita cerca di fagocitare il parassita pluricellulare ma per quanto possa sforzarsi non ci riuscirà mai, quindi perde la propria coordinazione. Oppure quando l’agente flogogeno non è di origine biologica e quindi quando l’agente eziologico non è effettivamente eliminabile. In questo caso la fagocitosi è frustrata e non porterà a nessun risultato, l’infiammazione prenderà la via della formazione del granuloma e quindi si avrà infiammazione cronica.

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Il fenomeno del Rigurgito durante il pasto avviene quando il rapporto numerico fagocita-batteri è enormemente spostato verso questi ultimi. In questi casi c ’è una perdita di coordinazione, il fagocita non è concentrato su un unico atto fagocitario, ma ne deve compiere numerosi, perdendo la propria coordinazione. Di conseguenza fonde i lisosomi ai fagosomi quando non c ’è ancora stata l'unione degli pseudopodi. Questo avviene quando il focolaio infiammatorio è enormemente infestato da batteri, quindi questi enzimi litici andranno più probabilmente a colpire un batterio. Si ha però danno a livello del tessuto dell’ospite che nella maggior parte dei casi esita nella formazione di un ascesso. Altri Meccanismi che sono in grado di distruggere direttamente il batterio sono i meccasnismi effettori molecolari. Granulociti neutrofili, eosinofili, basofili e i macrofagi producono una serie di sostanze battericide come anione superossido (O2), il perossido di idrogeno (H2O2), l’ipoclorito e i radicali ossidrili. Tali molecole non svolgono solo un’azione battericida ma, inducendo un minimo danno anche nelle cellule dell’ospite, svolgono un’amplificazione della risposta infiammatoria. La trasformazione di O2 in O2- avviene ad opera della NADPH ossidasi. La via di produzione di O2- è controbilanciata dalla presenza di catalasi, glutatione e ceruloplasmina che tendono a eliminare gli anioni superossido in eccesso. La corretta quantità di anione superossido diventa il fulcro di una serie di reazioni biochimiche. Per esempio reagendo con sé stesso e con H+ dà origine ad un radicale. I radicali in determinate condizioni e in determinate quantità, possono svolgere anche un’azione battericida. La superossido dismutasi porta alla formazione H 2O2 che, ad opera della mieloperossidasi permette di generare ipoclorito e iodio libero. La malattia granulomatosa cronica è una malattia genetica che determina la mancanza della NADPHossidasi, succede quindi che l’agente eziologico viene rimosso più lentamente e con maggiore difficoltà. L’agente eziologico permane e determina la cronicizzazione dell’infiammazione che porta frequentemente alla formazione dei granulomi. Sostanze di origine cellulare e/o plasmatica che intervengono in vari stadi dell ’infiammazione innescandola, regolandone l’andamento e terminandola opportunamente. I mediatori dell’infiammazione sono estremamente eterogenei perché possono essere di natura proteica; di natura lipidica, di natura aminica o anche gas: come il NO. I mediatori chimici hanno come bersaglio le cellule che partecipano alla flogosi. Quindi gli eventi emodinamici derivano direttamente dall’azione delle cellule che dipende direttamente dall’azione dei mediatori chimici. I mediatori dell’infiammazione dovrebbero essere attivati e dovrebbero accumularsi solo nel sito infiammatorio. I mediatori sono concentrati a tal punto da avere una concentrazione bioattiva, concentrazione sufficiente e necessaria per determinare gli effetti biologici sulle cellule. Mano a mano che ci si allontana dal focolaio infiammatorio la concentrazione diminuisce progressivamente e non è più sufficiente per attivare cellule endoteliali e le altre cellule che promuovono l ’infiammazione.

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