Buddismo PDF

Title Buddismo
Course antropologia del cibo
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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Le parole chiave del Buddismo sono “karma” e “reincarnazione”. Spesso parliamo di Buddismo in maniera superficiale, ma in realtà non lo conosciamo così a fondo come filosofia. 

La storia del Buddhismo

Quando si studia un argomento è importante capire il momento storico in cui si colloca, per quanto riguarda le religioni d’oriente a livello temporale abbiamo in ordine l’induismo, il buddismo e poi il jainismo; a livello antropologico invece ogni cosa è un ciclo, un po’ come l’Ebraismo che nasce, cresce, aumenta delle regole, arriva ad un momento di stasi e rigidità e poi con l’arrivo di Cristo le regole si rompono; anche qui nel Buddhismo arriva Siddharta che rompe le regole dalla stasi, per ricominciare portare ad uno sviluppo della religione. Nel momento in cui il Buddismo arriva a difendere gli animali, l’Induismo comprende questa tendenza e nei secoli diventa una religione vegetariana, riuscendo a rimanere una religione radicata ancora oggi. Il Buddismo nasce in India nel sesto secolo a.C. e si irradia sulla base della religione induista, partendo dalla figura di Siddharta, l’illuminato che è riuscito a raggiungere ”lo scopo”, diventando poi il Buddha. Si dice che Siddharta sia nato in India e che sia vissuto tra il 563 e il 483 a.C, ed egli si pone tra l’Induismo e la dottrina rigida di Vardharama, fondatore dei Jainismo. Le statue del Buddha sono fatte prevalentemente d’oro, inossiabile e grande simbolo di forza. Un po’ come abbiamo visto con l’arrivo di Cristo dopo l’Ebraismo, il Buddhismo sancisce il passaggio da una religione molto rigida ad una che lo è meno, seguendo quella che viene chiamata “la via di mezzo”. Il Buddha dal suo primo discorso dice che “la via media del maestro evita i due estremi, è illuminata, porta con sé una chiara visione, è fonte di saggezza e conduce alla pace, alla penetrazione, all’illuminazione e al Nirvana”. Così arriviamo a quello che troveremo in tutte le religioni orientali, una ricerca dell’equilibrio, importante anche per noi oggi. Il Buddhismo mantiene delle connotazioni tipiche dell’Induismo, come la legge del karma (se faccio qualcosa di male o di bene, ne vivrò nelle conseguenze nella mia prossima vita), la reincarnazione, una forte presenza di un culto privato praticato all’interno della comunità (si prega più da soli), e l’osservanza di alcune regole alimentari. A differenza di tutte le altre dottrine, il Buddhismo invita continuamente alla moderazione in qualsiasi campo della vita, alla via di mezzo, che ritroveremo nei precetti alimentari. Il Buddhismo è molto aperto al mondo esterno, e a differenza dell’induismo, Siddharta predica che tutti noi siamo uguali e possiamo essere salvati, indipendentemente dalla casta che nell’induismo era fissa e determinante. Buddha capisce grazie alla sua illuminazione come uscire da questo continuo circolo di rinascite dell’anima, sviluppando ”le 4 verità”:  la vita è sofferenza  la sofferenza deriva dal desiderio delle cose  la sofferenza si elimina privandosi da ogni desiderio  per vincere il desiderio occorre seguire le 8 virtù. Se non desidero le cose non soffro nella vita. Per raggiungere l’illuminazione inoltre bisogna avere le otto virtù:  retta fede  rette decisioni  retto discorso  retta azione  retta via  retto sforzo  retto pensiero

retta concentrazione; Tutte queste cose portano ad un modo di vivere e ad un modo di pregare molto particolare. 

Vista l’apertura e la disponibilità nei confronti del mondo e degli influssi esterni, il culto si basa sulla meditazione, praticabile sia un luogo pubblico che in luogo privato. Solitamente per pregare in pubblico ci sono le Pagode, dove si medita davanti a statue che rappresentano Siddharta, divenuto appunto poi Buddha. Il Buddhismo nasce appunto in India per poi diffondersi rapidamente fuori dalla sua terra d’origine, soprattutto in Asia. Per questa motivazione ne esistono tre correnti:  Il Buddhismo Mahayana (grande veicolo di salvezza, chiamato così perché indica una via di salvezza più accessibile all’uomo), il più diffuso e generalmente praticato nel nord dell’Asia, che si basa molto sulla volontà e la possibilità di salvare tutti gli uomini, e non solo pochi eletti.  Il Buddhismo Thera-Vada (la via degli anziani), diffuso nell’Asia del sud, che difende la purezza primigenia della religione.  Il Buddhismo Vajrayana, guidato dal Dalai Lama, che si pensa che sia la reincarnazione di una dea fiorita, simbolo di rinascita. La moderazione del Buddhismo ne ha favorito la diffusione anche in occidente, perché lavora appunto su un atteggiamento di apertura e su una ricerca di equilibrio. In molti hanno abbracciato questa dottrina proprio nella speranza di ritrovare un equilibrio tra corpo e anima, di avere uno sguardo introspettivo del mondo. La maggior parte degli studiosi non considera il Buddhismo come una religione in senso stretto, perché Siddharta non ha mai detto di essere figlio di Dio, è un uomo che è riuscito a raggiungere l’illuminazione, non si parla di divinità. Inoltre, oltre al Buddha, c’è una serie di uomini illuminati che nel raggiungere l’illuminazione hanno deciso di rinunciarvi per restare sulla terra e poter aiutare gli uomini a raggiungerla, però parliamo sempre di uomini e noi di dei. Anche la formula del Triplice Gioiello dice “io mi rifugio nell’Illuminato (Buddha), nella dottrina e nella comunità”, non ci sono riferimenti al divino; il Buddhismo è la prima dottrina che vuole aprirsi ed essere valida per l’uomo in tutti i tempi, aldilà dello spazio. 

Alimentazione e simboli

È stato il buddhismo per primo a parlare di un cambio di prospettiva rispetto alla carne, condannando l’uccisione degli animali e degli esseri umani, vietando i sacrifici degli animali e condannando gli autori della macellazione, sostituendo il tutto con meditazione, preghiere come strumento di salvezza, insegnando vegetarianesimo e ahimsa. Il vegetarianesimo è parte abbastanza integrante di tutte le religioni d’oriente. Tuttavia, non è vero che tutti i buddisti non mangiano carne, perché la religione è moderata anche in questo senso non condannandone totalmente il consumo. L’uso è tollerato, ma non l’uccisione. Buddha vietò esplicitamente carni come cane, elefante, leone, pantera, iena e serpente. Le regole per cui un buddista può mangiare carne sono innanzitutto quella del “non vedo, non sento e non sospetto”, ovvero il buddhista non vede vedere l’animale morto, non deve sentirlo soffrire quando macellato e non deve ritenere che la morte dell’animale si avvenuta per causa sua. Siddharta permette il mangiare carne quando si pensa che l’animale non sia morto per essere mangiato, ovvero nel caso in cui chi poi la mangia non deve aver partecipato all’uccisione dell’animale. C’è una leggenda che racconta che addirittura Buddha stesso prima di morire si fosse cibato di carne di maiale a casa del fabbro Couda, che va a significare anche che un dono quando è un dono è prezioso. In collegamento con quello che disse Gesù, “tutto ciò che mangiamo va nella fogna”, un testo buddhista giapponese disse “la bocca di un monaco è come un forno, proprio come un forno brucia senza distinzioni il legno di sandalo e lo sterco di vacca, la nostra bocca dovrebbe essere uguale”, non dovrebbero esserci distinzioni tra cibo raffinato e cibo semplice e ordinario.

Lo Chef italiano Gianni Tota è colui che cucina per il Dalai Lama quando viene in Italia, e dice che uno dei piatti preferiti del Dalai Lama sono gli straccetti con i funghi, quindi carne. Anche nel Buddhismo ritroviamo un digiuno, e anche in questo caso la parola d’ordine è “moderazione”. Seppure il Buddha abbia digiunato nel suo percorso, spesso li interrompeva, per questo viene rappresentato come molto paffuto nelle statue. Dal sesto secolo il Buddhismo migra dall’India, dove non riesce ad attecchire per la presenza forte dell’Induismo, e si diffonde in Cina grazie all’insegnamento di un leggendario monaco indiano Bodhidharma, che fonda il Buddhismo Chan. I suoi insegnamenti arrivano in Giappone grazie a dei monaci di ritorno dai loro viaggi in Cina, e il carattere cinese Ch’an diventa in giapponese “zen”. Il buddhismo Zen non è altro che una reinterpretazione del buddhismo che si sposta. Il fulcro del buddhismo zen è una pratica legata alla meditazione, che è fare Zazen, ovvero sedere in meditazione, con una postura precisa, gli occhi semiaperti, gli addominali tirati, la respirazione ben precisa e la schiena dritta. Per il buddhismo zen “l’ambiente e la mente sono essenzialmente una cosa sola”. Il monaco buddhista Dogen Zenji ha fondato una scuola di Buddhismo in Giappone e nel suo libro “Istruzioni a un cuoco Zen” dice “rinunciate ad ogni legame, mettete da parte tutte le attività, non pensate a ciò che è bene e che è male, non tentate di giudicare il giusto e l’ingiusto. Non cercate di controllare le percezioni o la coscienza, né di rappresentare le vostre sensazioni, idee o punti di vista. Abbandonate anche l’idea di divenire un Buddha”. Questo spinge molto l’idea di pensare per sé stessi, di fare ciò che ci piace e di ritrovare un contatto tra noi e l’esterno, che anticamente era un contatto con la natura. Tant’è vero che il concetto principale di questo libro è la definizione dello Zazen come “illuminarsi silenziosamente”. Veniamo da una cultura che fa molto rumore, e le religioni occidentali ci riportano all’importanza del silenzio per ottenere quello che vogliamo. Nel silenzio, nella calma e nella lentezza ci possiamo illuminare silenziosamente, magari anche quando pensiamo che non stia succedendo niente. In questo libro si legge l’importanza del Tenzo, il responsabile dei pasti per la comunità, che è il cuoco. È importante che il cuoco svolga il suo lavoro con il cuore, se si fa il Tenzo con grande attenzione e meditazione si può raggiungere l’illuminazione in cucina. In questo libro vengono descritti i ruoli del tempio, che non sono poi così distanti da quelli dei ristoranti attuali. C’erano i responsabili degli affari globali della comunità, responsabili delle attività personali, responsabili degli edifici e il Tenzo era appunto il responsabile della cucina. Il cuoco doveva andare dai responsabili degli affari globali della comunità a prendere il riso, le verdure e gli altri ingredienti necessari, e questo si può collegare al lavoro dei cuochi per esempio delle catene alberghiere, che deve avere un suo business plan per ciò di cui ha bisogno. All’interno del testo si dice ai cuochi di ”maneggiare il riso, le verdure e gli ingredienti con cura, come se fossero i tuoi stessi occhi, che siano cotti o crudi”. Il Tenzo dovrebbe maneggiare tutto il cibo con rispetto, come se dovesse servire il pranzo dell’Imperatore. Quando facciamo delle cose che fanno riferimento a noi è giusto delegare, ma non troppo, “non lasciate agli altri il compito di girare il riso o di preparare le verdure, ma dovrete compierlo con le vostre mani”. La pratica del Tenzo richiede “l’esaurimento di tutte le vostre energie”, come un bambino che gioca tutto il giorno ed è spossato, stanco, ma felice. “Quando avete finito di mangiare il riso mettetelo nella pentola, state particolarmente attenti che non ci cada per caso un topo, ma non permettete a nessuno di frugare e guardare nella pentola”, se un progetto è nostro, lo dobbiamo sempre tenere sotto controllo noi, senza influenze altrui. L’espressione Shogon Joshin significa “attenzione indivisa sul lavoro”, bisogna mantenere una visione attenta su ciò che si vuole fare, continuando a chiedersi cosa ci sia intorno per potersi poi in seguito ampliarsi. Con gli assistenti, il Tenzo dovrà essere presente prestando la massima attenzione al riso e alla minestra mentre cuociono, se ha assistenti che lo aiutano bene, ma devono rimanere assistenti, non possono essere ritenuti responsabili del suo lavoro. Lo spreco va assolutamente evitato, ”raccogliete il riso e la minestra avanzati dal pranzo”.

L’ordine è assolutamente necessario, cosa fondamentalissima per ogni chef, per esempio lo chef Heinz Beck ha tutti gli ingredienti messi in ordine e sequenza per ogni piatto del menù. “Non lasciate in giro le cose trascuratamente”. Un piatto per il buddismo zen ha tre qualità: Kyonan, leggero e flessibile, Joketsu, pulito e armonioso, Nyoho, coscenzioso e accurato. In cucina come nella vita, lo Zen è un importante approccio mentale, “non siate distratti nelle vostre attività, né tanto assorbiti da un unico aspetto da trascurare gli altri”. Il grande cuoco deve avere un atteggiamento particolare, che deve avere anche un grande comunicatore, quando si prepara del cibo o quando lo si comunica, gli ingredienti non vanno considerati con una prospettiva ordinaria, con verdure ordinarie su possono costruire grandi templi. Un esempio può essere il progetto sul pane di Niko Romito. Jiro Ono con le sue mani ha costruito un impero, un ristorante sushi da 3 stelle Michelin a Ginza, Tokyo. Quando gli si chiede qual è l’elemento più importante del suo sushi, lui risponde che mentre i suoi colleghi corrono a cercare il pesce migliore e più particolare, lui sta attento al riso. Un altro esempio di semplicità viene da Gianluca Fusto, che ha sfruttato la dolcezza degli ortaggi in alta cucina, realizzando un dolce con i piselli per il ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia. Lavorando al ristorante gli era stata sottolineata la bellezza che poteva avere una carota, dolce e colorata, e da lì è partita la sua idea di realizzare dolci con ortaggi dolci. Lamentarsi è visto come una dispersione di energia, non c’è di peggio che lamentarsi dell’eccesso, dell’insufficienza e della qualità. Il grande cuoco fa tanto anche con poco. Il testo di Zenji ci ricorda che i maestri sono importanti, e in questo libro ci dice di seguirli, che è importante avere qualcuno che ci guida e ci insegna, ma dobbiamo cercare la nostra aspirazione, dobbiamo cercare di superarlo senza però essere arroganti. Con l’insegnamento possiamo sviluppare la nostra unicità. I maestri sono importanti, ma non assolutamente necessari, Massimo Bottura deve tutto ad una signora di Modena, Niko Romito era figlio di un ristoratore che purtroppo è venuto a mancare, e da iscritto ad economia che voleva lavorare nel mondo dell’alta finanza torna a casa per aiutare la famiglia e raccoglie tre stelle Michelin. La competitività è importante, ma è ancora più importante avere una mente magnanima, ovvero essere privi di preconcetti e rifiutarsi di prendere una posizione, guardare le cose così come sono, essere aperti. Per il buddhismo zen siamo tutti uomini ordinari, c’è una condivisione di fragilità e gioie che magari non diamo a vedere, ma che condividiamo appunto tutti. Bisogna avere una mente elastica, senza preconcetti, avere una prospettiva più ampia, fare Zazen rende la mente simile ad un’alta montagna o a un grande oceano. È fondamentale essere unici, fare quello che ci piace....


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