Chimica inorganica biotecnologie UNIFI PDF

Title Chimica inorganica biotecnologie UNIFI
Course Chimica generale e inorganica
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto libro per insegnamento di chimica inorganica UNIFI primo anno biotecnologie...


Description

Chimica

La m te ia

La materia è tutto ciò che ha una massa e occupa un volume. Il primo scopo della scienza chimica è quello di interpretare e razionalizzare la costituzione, il comportamento e le proprietà della materia che ci circonda. Tutti i principi e le leggi della scienza chimica sono fondati su tre pilastri fondamentali: -Modello atomico della materia -Modello elettronico dell’atomo -Modello del legame chimico Ma perché utilizziamo il termine modello? Lo scienziato che voglia capire un sistema materiale cerca di ricavarne il maggior numero di dati sperimentali. Con queste basi, costruisce un modello ideale che possa giustificare un buon accordo il maggior numero di dati sperimentali. Ciò non significa che il sistema sia fatto come il modello ideale: quest’ultimo rappresenta il modo in cui il sistema materiale si presenta sotto i nostri metodi di indagine. Per questo esistono modelli diversi per la stessa proprietà della materia. La materia si presenta all’indagine scientifica rivelandone la sua struttura atomica. Sulla base del modello atomico della materia è possibile razionalizzare in uno schema gli innumerevoli aspetti in cui la materia si presenta macroscopicamente ai nostri occhi. Tutta la materia che ci circonda è costituita da miscele omogenee o eterogenee di sostanze pure o individui chimici. Esistono in uno o più dei tre stati di aggregazione: solido, liquido e gassoso.

L a omo L’atomo si considera costituito da due parti: -Il nucleo: è una piccola porzione dell’atomo in cui è concentrata la quasi totalità della sua massa. È formato da protoni e neutroni. -Gli elettroni: si muovono nello spazio circostante il nucleo occupando un volume di circa 10^15 volte maggiore del nucleo stesso, determinando la grandezza dell’atomo.

Poiché gli atomi di tutti gli elementi sono costituiti dal medesimo tipo di particelle, ciò che rende una specie atomica differente dall’altra è il loro numero. Più esattamente è il numero dei protoni a diversificare un elemento da un altro: esso viene chiamato numero atomico e viene indicato con la lettera Z. Fissato il numero dei protoni, quello dei neutroni e degli elettroni possono variare entro limiti ristretti. Quando un atomo possiede un numero di elettroni uguale al numero di protoni si dice che è neutro, cioè privo di cariche risultanti. Atomi che abbiano perso o acquistato uno o più elettroni rispetto all’atomo neutro sono chiamati ioni: -Cationi, se hanno perso uno o più elettroni (carica positiva) -Anioni, se hanno acquistato uno o più elettroni (carica negativa) Il nucleo ha un raggio di 10^-5 A, e quindi l’atomo di 1A.

Quark nel protone e nel neutrone Possiamo passare ad una descrizione ancora più dettagliata, dimostrando che i protoni e. Neutroni sono a loro volta composti da altre particelle (non serve ai limiti della chimica).

Fino al 1950 si pensava che protoni, neutroni ed elettroni fossero “i mattoni” fondamentali della materia. Con queste tre particelle si era riusciti a mettere ordine nelle centinaia di nuclidi differenti che formano tutta la materia terrestre. Con l’uso degli acceleratori di particelle sempre più potenti, fu trovato un centinaio di nuove particelle che dovevano essere alla base della struttura nucleare degli atomi: neutroni e protoni non potevano essere considerati le particelle fondamentali della materia. Nel 1964 Gell-Mann e Zweig proposero una tripletta di particelle fondamentali. In seguito, poi, ne furono scoperte altre tre. I quark sono dotati di nomi di fantasia, e sono particelle puntiformi, prive di volume apparente. Sono confinati nei nucleoni e non si osservano come particelle libere. La coppia di quark più leggera (u,d) si trova nei neutroni e nei protoni, mentre i quark più pesanti si trovano nelle collisioni prodotte dai raggi cosmici (s) e negli acceleratori nucleari (c,b,t). Protoni e neutroni contengono 3 quark ciascuno: -Un protone è composto da 2 quark Up ed un quark Down. La carica è: 2/3+2/3-1/3=1 -Un neutrone è composto da 1 quark Up e 2 quark Down. La carica è: 2/3-1/3-1/3=0

Nuclidi Un nuclide è un atomo caratterizzato dal numero atomico Z e dal numero di massa A (numero di neutroni+numero di protoni). Il nuclide neutro ha un numero di elettroni uguale a quello dei protoni.

Isotopi

Nuclidi con lo stesso Z ma differente A si chiamano isotopi. Una stessa specie atomica ha, di norma, diversi isotopi: si parla di miscela isotopica naturale. Le specie isotopiche sono 118, di cui 90 naturali; di queste, 81 hanno almeno un nuclide stabile.

In questa tabella vediamo che in natura ci sono abbondanze relative diverse per i vari isotopi di uno stesso elemento. Per esempio abbiamo per Z=4 il berillio (Be), il quale non avendo isotopi, in natura troviamo il 100% del nuclide berillio 9. Ma cosa succede se prendessi l’idrogeno? L’idrogeno ha due isotopi, l’1H e il 2H. In natura l’1H è molto più presente del nuclide 2H, con una percentuale di oltre 99,9%. Nulla ci vieta in laboratorio di creare un composto che sia arricchito isotopicamente, cioè attivare delle procedure che abbia una composizione sbilanciata rispetto a quella della tabella. Ogni nuclide ha una sua abbondanza relativa nella miscela isotopica e ovviamente ciascun isotopo ha una sua massa.guardiamo gli isotopi 1H e 2H: l’1H ha una massa di circa 1,008 e il 2H di 2,014. Questo perché l’1H ha un solo protone e il 2 H ne ha 2, non a caso la massa relativa è quasi il doppio. L’utilizzo della massa relativa è fatta in modo tale che la massa relativa di un relativo nuclide è vicina al numero di massa (es: 10Br=circa 10; 11Br=circa 11). Attenzione però al carbonio: il carbonio ha massa relativa 12, un numero ben preciso. Questo perché la definizione della nostra massa relativa è basata proprio sul nuclide del carbonio 12.

So tanze elementar e composti Di solito gli atomi cercano di combinarsi fra loro. Quando si combinano atomi tutti uguali, della stessa specie (cioè con lo stesso numero atomico), abbiamo una sostanza elementare. Ci sono elementi che allo stato elementare, cioè quando non si combinano con altri, stanno come specie monoatomiche (come isolati); un esempio è l’elio He. Il chimico indica la formazione di queste unità indiscrete formate da due atomi della stessa specie con un pedice in basso a destra. Il carbonio non si trova in natura monoatomico come l’He, ma si trova sotto forma di grafite o diamante, che sono diverse concatenazioni dell’atomo di carbonio (allo stesso modo il ferro Fe). I composti sono costituiti da atomi di specie diverse. La maggior parte dei composti sono formati da molecole (es: acqua H2O, proteine), da concatenazioni di atomi (es: polimeri, PVC) e da ioni(es: sali, NaCl). Le sostanze elementari e i composti sono rappresentati graficamente in maniera schematica con simboli convenzionali: le formule chimiche. L’informazione minima che una formula di una sostanza deve dare è quali elementi la compongano e in quali rapporti minimi essi si trovino. Tali rapporti fra numeri interi di atomi si deducono dai pedici dell’elemento a cui si riferiscono. Questa è la formula minima, che si ricava dall’analisi elementare della sostanza (es: NaCl,CaCl2). Nel caso delle sostanze elementari, la formula minima coincide ovviamente con il simbolo dell’elemento. Le sostanze possono essere costituite da aggregati discreti, tutti uguali fra loro, di atomi: si chiamano molecole. La formula che indica il numero di atomi di ciascun elemento costituente la molecola si chiama formula molecolare. Essa fornisce più informazioni di quella minima: non si limita a definire le proporzioni tra gli elementi di un composto, ma specifica il numero esatto di atomi di ciascun elemento facente parte di una molecola di un composto. I composti possono essere costituiti anche da atomi concatenati fra loro. Il rapporto fr queste specie è necessariamente tale da dare una carica risultante nulla. Quando si vuole rappresentare la concatenazione dei legami fra gli atomi e la disposizione di questi nello spazio, si ricorre alla formula di struttura; essa è la proiezione bidimensionale della disposizione spaziale degli atomi che costituiscono una molecola.

La massa atomica relativa dei singoli nu lidi La massa di un atomo è estremamente piccola rispetto all’unità di misura di massa “chilogrammo”. Per questo la massa di ogni singolo nuclide è definita in rapporto a quella di un nuclide di riferimento scelto come base, cioè si definisce massa relativa a quella del nuclide di riferimento. Come nuclide di riferimento è stato scelto un isotopo del carbonio, il nuclide 12C, la cui massa è presa per convenzione esattamente uguale a 12. Conseguentemente, il nuclide 1H, che è quello più leggero ed è costituito da un solo protone ed un solo elettrone, possiede una massa vicina ad 1. Se si definisce una nuova unità di misura della massa uguale a 1/12 della massa del nuclide 12C, tutti gli altri valori diventano valori assoluti in questa nuova unità di misura. Essa, usata in fisica, è chiamata unità unificata di massa atomica (uma), mentre in biologia prende il nome di dalton (Da).

Difetto di massa e forza nucleare forte Come già accennato, il nucleo ha un volume circa 10^15 vuole più piccolo di quello dell’intero atomo di cui costituisce la parte centrale. Il nucleo è costituito da particelle più piccole, che si chiamano nucleoni e possono essere di due tipi aventi masse simili: protone, con carica uguale a quella dell’elettrone ma con segno contrario; neutrone, privo di carica. Protoni e neutroni possono esistere anche liberi, cioè non vincolati nel nucleo di un atomo. Il neutrone libero è una particella instabile, che tende a decadere in un protone e un elettrone. Il protone libero è una particella stabile. La prima domanda che si pone è come sia possibile che cariche dello stesso segno stiano confinate in un volume molto piccolo quale quello nucleare, giacché cariche dello stesso segno dovrebbero respingersi e quindi, allontanarsi l’una dall’altra. Ciò non accade perché esiste un tipo di forza di attrazione che è circa 100 volte maggiore della forza di repulsione elettrostatica tra i protoni. Essa è chiamata forza nucleare forte. Oltre a protoni e neutroni, sono note molte particelle con masse maggiori o minori dei nucleoni. Si ritiene che la forza forte che tiene insieme i nucleoni nei nuclei sia esercitata attraverso il continuo scambio fra i nucleoni di parte della loro massa sotto forma di particelle chiamate mesoni. Le particelle nucleari fin qui menzionate sono formate a loro volta da altre particelle ritenute elementari, chiamate quark.

Una caratteristica importante dei nucleoni è che essi, quando fanno parte di un nucleo, hanno massa minore di quella che possiedono quando sono liberi e in stato di quiete. Poichè energia e massa sono correlate l’una all’altra dall’equazione di Einstein: E=mc^2 dove c è la velocità della luce nel vuoto, si può considerare che la perdita di massa dei nucleoni quando nutrano a fare parte di un nucleo corrisponda all’energia con cui essi sono legai nel nucleo. Quando si volesse scomporre il nucleo, si dovrebbe fornire al sistema un’energia pari alla differenza di massa fra nucleoni liberi e nucleoni legati. La perdita di massa dipende dal tipo di nucleo di cui il nucleone fa parte. Questa perdita di mass si chiama difetto di massa ed è dato da: (nei protoni Z x massa del nuclide 1H)+(n di neutroni N x massa di un neutrone)massa nuclide.

G andezze fondamentali e la mole Una qualunque grandezza fisica è caratterizzata dalla sua unità di misura. Il Sistema Internazionale (SI) è stato definito ufficialmente dall’XI Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure e il suo uso è raccomandato nel campo della scienza e della tecnologia in sostituzione di tutti i precedenti sistemi di unità di misura. Il SI è basato su sette grandezze fisiche fondamentali indipendenti, con le relative unità di misura. In questo sistema di unità la mole è l’unità di misura della grandezza fondamentale quantità di sostanza.

La mole è definita come la quantità di sostanza che contiene tante unità elementari, quanti sono gli atomi contenuti in 12g esatti di 12C. Questo numero di atomi che definisce quantitativamente la mole è conosciuto come Numero di Avogadro ed è indicato con il simbolo NA. Tuttavia, poiché è il numero d unità elementari per mole è più propriamente indicato come costante di Avogadro: NA= 6,02214179 x 10^23 mol^-1 Una mole di piombo è quella quantità che contiene NA atomi di piombo. Una mole di CO2 contiene NA molecole di CO2; una mole di NaCl contiene NA ioni Na+ ed NA ioni Cl-; una mole di Na2SO4 contiene 2 NA ioni Na+ ed NA ioni SO4^2-; una mole di SiO2 contiene NA atomi di silicio e 2 NA atomi di ossigeno. È quindi necessario specificare se si tratta di una mole di un elemento atomico oppure di una mole di un elemento molecolare. Si noti che la quantità di sostanza non è sinonimo di massa di sostanza; massa e quantità di sostanza sono due grandezze fisiche diverse. La quantità di sostanza è quella grandezza che, a differenza della massa, tiene conto della struttura “a particelle” della materia. Una mole di qualunque sostanza contiene lo stesso numero di unità elementari, cosa che non accade per 1kg di qualunque sostanza.l’esempio seguente illustra quanto sa appropriato l’uso in chimica della grandezza “quantità di sostanza”. C + O2

CO2

Poiché i simboli e le formule hanno anche un significato quantitativo, questa equazione indica che un atomo d carbonio reagisce con una molecola di ossigeno per formare una molecola di diossido di carbonio. È dunque evidente che per definire quantitativamente le sostanze che reagiscono e che si formano in una trasformazione chimica è vantaggioso riferirsi a un’unità di misura correlata al numero di particelle. Definendo la mole come la quantità di sostanza che contiene un numero di unità elementari uguale al numero di atomi contenuti in 12g di 12C, la massa in grammi di una mole di una qualunque sostanza è espressa dallo stesso numero che ne esprime il peso atomico, peso molecolare o il peso formula. La reazione indicata sopra indica che una mole reagisce con una mole per dare un’altra mole. Non si possono contare i singoli atomi o le singole molecole, ma si può misurare la massa di una sostanza. Occorre quindi conoscere la massa in grammi di una mole di ciascuna sostanza che, per la definizione di mole, è espressa dallo stesso numero che ne esprime il peso molecolare e, quindi, è facilmente determinabile. Inoltre, la reazione scritta sopra, dal punto di vista quantitativo, significa che 12g di C reagiscono con 32g di O2 per formare 44g di CO2.

La IUPAC definisce massa molare il rapporto fra massa e quantità di sostanza. Essa è indicata con il simbolo M. La massa molare esprime proprio il rapporto fra grammi e le moli di una sostanza, perciò coincide numericamente col peso atomico, ma non è un numero adimensionale, bensì una grandezza fisica con le sue unità di misura.

Si noti che ora si può anche calcolare a quanti grammi corrisponde 1uma. La massa molare di 12C è 12g mol^-1. Se si divide per la costante di Avogadro si ha che la massa di un nuclide 12C è

Onde e pa ticelle:

l ce e l elett one

La luce è una porzione ristretta della cosiddetta radiazione elettromagnetica, a cui l’occhio umano è sensibile. La radiazione elettromagnetica si propaga in ogni direzione in linea retta con una velocità di 2,9979 x 10^8 m/s nel vuoto. Data una direzione di propagazione, esistono ortogonali ad essa un campo elettrico e un campo magnetico in modo da essere anche ortogonali fra loro. I vettori campo elettrico e campo magnetico seguono andamenti sinusoidali in fase l’uno rispetto all’altro. Questo tipo di radiazione si definisce luce polarizzata in un piano. Nella luce non polarizzata, i vettori campo elettrico. Campo magnetico oscillano in tutti gli infiniti piani, ortogonali tra loro, passanti per la direzione di propagazione. Il numero di volte al secondo in cui il vettore campo elettrico assume l’intero ciclo si chiama frequenza, v. Il tratto corrispondente ad un intero ciclo di valori del vettore campo elettrico è la lunghezza d’onda, . Il prodotto fra queste due grandezze è uguale a c, cioè la velocità della luce. Le lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche variano dai valori dell’ordine di 10^-16m fino a valori dell’ordine di 10^6m. Si dice monocromatica una radiazione che possiede un determinato valore della lunghezza d’onda e di conseguenza, della frequenza. L’occhio umano è sensibile solo a radiazioni comprese nell’intervallo 4/8 x 10^-7m. La somma di queste ultime radiazioni elettromagnetiche costituisce la luce bianca. Le radiazioni di differente lunghezza d’onda facenti parte di uno stesso fascio di luce possono essere separate per diffrazione. L’insieme delle radiazioni monocromatiche separate da un fascio si chiama spettro.

Esponendo la superficie di un metallo sotto vuoto ad una radiazione elettromagnetica, si può avere emissione di elettroni. Questi, raccolti su un elettrodo carico positivamente, possono essere misurati in termini di flusso di corrente elettrica. Gli elettroni sono legati nel metallo con una certa energia E0 che dipende dalla natura del metallo. Fornendo un’energia maggiore di E0 si ha l’espulsione degli elettroni. Si supponga ora di inviare su questa superficie una radiazione elettromagnetica e intensità variabili. Se la frequenza è tale che

non si ha emissione di alcun elettrone. La frequenza v0 per cui hv=E0 è detta frequenza di soglia. Il numero degli elettroni espulsi, non dipende dalla frequenza, ovvero dall’energia della radiazione. In altre parole, se si inviano fotoni di energia E inferiore ad E0, qualunque sia il loro numero, non si ha alcuna emissione di elettroni; se invece si inviano anche pochi fotoni ma con E maggiore o uguale ad E0, si ha emissione elettronica. Quindi il numero degli elettroni espulsi dipende dal numero di fotoni inviati, cioè dall’intensità della radiazione. L’effetto fotoelettrico fu spiegato in questi ultimi termini da Einstein e costituisce un buon esempio sperimentale di quantizzazione dell’energia.

La me ca ic

o du atoria

I valori delle energie misurati analizzando lo spettro dell’atomo di idrogeno sono stati calcolati attraverso una nuova meccanica chiamata meccanica ondulatoria. In analogia con la descrizione corpuscolare della luce, de Broglie propose che a ogni corpo in movimento potesse essere associato un moto ondulatorio, di lunghezza d’onda correlabile con la velocità e la massa del corpo attraverso la reazione. Infatti, l’energia associata a un elettrone che si muove con velocità v è E=hv=mv^2

In base alla meccanica ondulatoria, come la luce può essere considerata sia onda che particella (fotone), così qualunque particella in movimento può essere considerata o trattata come un’onda. Mentre per un elettrone l’aspetto ondulatorio e quello corpuscolare sono ambedue rilevanti, ne mondo macroscopico, la lunghezza d’onda associata ad un corpo risulta troppo piccola per essere osservata. Nel caso dell’elettrone, l’ipotesi di de Broglie trova conferma sperimentale nel fatto che un fascio di elettroni venga diffratto dai cristalli in maniera del tutto simile a quanto succede per le radiazione elettromagnetiche (raggi X). Ciò dimostra che l’attributo “onda” è un aspetto importante dell’elettrone. Per descrivere l’onda associata all’elettrone intorno al nucleo, sono necessarie delle funzioni matematiche che tengano conto del campo potenziale entro cui l’elettrone si muove. Schrodinger sviluppò un’equazione differenziale le cui soluzioni, chiamate funzioni d’onda, sono appunto le funzioni desiderate

L’equazione ammette infinite soluzioni a ciascuna delle quali è associata una particolare funzione e un corrispondente valore dell’energia. Il risultato è che si può calcolare l’energia dell’elettrone. Le energie Ei calcolate risolvendo l’equazione di Schrodinger per l’atomo di idrogeno coincidono con quelle sperimentali. Questo risultato dimostra com il modello ondulatorio dell’elettrone basato sulla meccanica quantistica sia adeguato a descrivere la strut...


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