Cinema americano PDF

Title Cinema americano
Author Wojciech Zielonka
Course Letterature moderne del sub
Institution Sapienza - Università di Roma
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Il corso cinema americano...


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CINEMA AMERICANO HOLLYWOOD CLASSICA Le origini La nascita del cinema, in America, appare graduale. Le basi della diffusione della settima arte possono essere rintracciate nel kinetoscope di Edison, cassetta in cui si infila una monetina, ricavandone la breve visione di un pezzetto di pellicola. Un anno dopo l’avvento del cinematografo dei Lumière, Thomas Armat inventa per la Edison Co. il vitascope, un proiettore che esordisce il 23 aprile del 1896. Il primo cinema americano si fa sui tetti di New York, con tutte le necessità e i problemi che questo comporta, essendo esposti si a luce, ma anche agli agenti atmosferici. Poi si comincia a girare in spaziosi capannoni di vetro, dove la produzione diventa in serie, con più film girati anche contemporaneamente. È un mondo basato su lotte di concorrenza tra tre grandi società: la Edison, la Biograph e la Vitagraph. I generi spaziano dalle vedute alle attualità ai quadri magici, con il movimento a farne da tema dominante. A poco a poco però ci si avvia verso temi generici di interesse nazionale. Ci sono pochissimi operatori, già anche per il fatto che la macchina da presa è pesantissima e occorre una grande forza fisica per manovrarla. Vengono inventati i primi treppiedi mobili per poter eseguire delle semplici panoramiche, con l’inquadratura che restava di tipo frontale. L’obiettivo è poco luminoso e la pellicola si impressiona pigramente, fruttando una fotografia sgradevole. Il processo di narrativizzazione segue un parallelo con la vita americana: grande interesse registrano i conflitti del Novecento, e lo schermo diventa mezzo di rivelazione degli Stati Uniti agli immigrati. Vanno molto le vedute di New York, che nutrono il mito della città. Vengono però analizzati gli aspetti sociali americani attraverso cortometraggi documentari, con a volte un filo di narrazione svolto dal conferenziere in sala. Comincia ad emergere la figura che diventerà l’asse portante del cinema americano: l’uomo comune. Nascono anche le figure, a margine, del vagabondo (visto il problema del pauperismo in America) e dell’uomo comune che volge verso stravaganze e stranezze. Nascono parallelamente filmetti di blanda pornografia e di tema biblico. Tuttavia le possibilità narrative rimangono modeste, essendo gli operatori influenzati dal pregiudizio che vede preferibile all’artificialità della costruzione di un racconto la naturalezza di riprese con una scena fissa. Il punto di svolta avviene grazie a due fattori: i nickelodeon e la distribuzione. Harry Miles e suo fratello costituiscono una società, la Miles Brothers’ Exchange, che si muove tra produzione ed esercizio, creando le basi per una distribuzione organica e un veloce ricambio dei film. Nel 1905 John P. Harris e suo cognato Harry Davis aprono un magazzino adibito a sala di proiezione: ma diversamente dagli altri, gli conferiscono un’apparenza di lusso. Lo chiamano nickelodeon, e questi avranno un’immensa fortuna. Già nel 1908 ce ne erano dagli otto ai diecimila. In sala c’era un commentatore, un pianista che accompagnava la proiezione, un cantante che si esibiva e fine spettacolo e venditori di cibarie e bevande. Più tardi per mantenere l’ordine in sala, furono introdotti robusti addetti in divisa che vennero successivamente sostituiti con le classiche maschere. È a questo punto che la richiesta di film diviene massiccia. Nascono altre case di produzione, e tutto si punta sulla velocità di produzione (favorita anche dall’invenzione delle lampade a mercurio, che consentono di operare in interni). Le grandi case si ritagliano le zone di New York, e la concorrenza si fa così feroce che non permette di scambiare conoscenze e pratiche, per cui le tecniche non progrediscono. Gli standard erano di un film da un rullo (trecento metri circa) girato in un giorno, con tutte le scene (sette o otto) girate in modo consecutivo. Ogni scena iniziava con un’entrata e finiva con un’uscita. Gli attori stavano di fronte alla macchina da presa e si muovevano in orizzontale o in obliquo nelle scene d’azione. Quando la pellicola stava per finire, l’operatore girava la manovella sempre più velocemente per finire il film entro la misura fissata. Nel 1908 nasce View and Film Index, la prima rivista settimanale sul cinema. Nasce un genere, e su alcune di queste riviste nascono dibattiti acuti e premonitori sulle forme cinematografiche. Sono questi che spingono verso la produzione dei primi film a soggetto.

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L’assalto al treno postale (The Great Train Robbery) - 1903 - Di Porter, apre il filone dei film sui delinquenti, dipinti come canaglie positive e simpatiche. Si manifesta un astio verso i ricconi, i politici e i banchieri. Lotta di nazioni (Fights of Nations) - ??? - Pellicola emblematica, in cui le minoranze razziali sono spiattellate coi loro difetti e dove i simboli delle nazioni appaiono infine sotto l’aquila americana, segno integratore e dominatore

Nascono anche innumerevoli film western, sulle donne emancipate, sull’alcolismo e il movimento proibizionista. Nasce il bisogno di soddisfare un mercato sempre più imponente, e così si finisce ad attingere ai grandi della tradizione classica e moderna del teatro e della letteratura, moltiplicando così i temi e finendo per istituire dei veri e propri generi. L’industria e il mercato a questo punto si risolvono con il controllo oligopolistico di poche compagnie, tra cui la potente Motion Picture Patents Company (MPPC) derivata dalla fusione della Edison e della AM&B, che raccolse sotto di se altre piccole e medie imprese, controllando tutte le fasi dell’industria e arrivando quasi al monopolio del settore. Le altre società, sorte nonostante l’oligopolio, vengono definite indipendenti, come la famosa Indipendent Motion Picture (che diverrà la Universal) di Carl Laemmle. Contro queste imprese, la MPPC si staglia prima con un contenzioso infinito nei tribunali e poi anche con la violenza, sabotando e picchiando. L’atteggiamento dei giudici fu generalmente anti-oligopolistico, fino a portare alla lentissima ma graduale liberalizzazione dell’industria cinematografica. La lotta degli indipendenti produce importanti conseguenze: lo spostamento della produzione a Hollywood, un sobborgo di Los Angeles, lontano dalla MPPC e inondato dal sole; un miglioramento qualitativo determinato dalla sana concorrenza; la nascita del divismo, per gli attori di maggior grido che le società cercavano di conquistare. Con loro, l’esaltazione dei valori americani cerca di unirsi con l’individualismo dell’uomo. Il femminismo non è più trattato con rozzezza, poiché si capisce quanto sia vincente. Si denunciano le irregolarità del crimine e la corruzione della politica. Le minoranze razziali non vengono più satireggiate grossolanamente e con intenti razzistici. È in questo contesto, in cui occorrono soggetti su soggetti, che nasce la figura vera a propria dello sceneggiatore, definita per la prima volta sul The Moving Picture World nel 1911 in una rubrica dedicatagli. Nasce un’attenzione sempre maggiore sul linguaggio cinematografico. Prima del 1906 le pellicole erano rozze e arretrate, ma a partire da quell’anno si attuano tentativi di miglioramento. Si comincia a parlare di estetica dell’immagine, introducendo il piano ravvicinato, il montaggio alternato e gli inserti. Si avviano tentativi d’arte, provando l’abbandono della frontalità, il campo-controcampo ed altre innovazioni di tipo sperimentale. Se da una parte prosegue il cinema dei trucchi, che attira in sala la provincia, dall’altra si cerca di adeguare la creazione ad un pubblico più colto. Si punta quindi agli attori di teatro, combattuti tra i tabù psicologico di sentirsi svenduti e i grandi guadagni, impensabili altrimenti. Il cinema diventa inizialmente teatro, con la messa in scena di piece, ma se ne differenzia immediatamente. Quello che a teatro funziona, non è detto che lo faccia anche al cinema. Col punto di vista ravvicinato, un’impostazione di fisionomia diventa una smorfia grottesca e un gesto eloquente diventa moto da guitto.

Edwin S. Porter (1869-1941) Personalità fondamentale, fanatico della meccanica, inizia realizzando film di ambienti in movimento per un museo delle cere. Ma il pubblico ignora le statue e guarda i suoi film, quindi il direttore del museo lo trasforma in un cinema, con il proiettore costruito da Porter. Qui il regista studia Méliès, ne carpisce i segreti e ne escogita di nuovi. Fa del montaggio e della funzione narrativa di esso una sua caratteristica di stile. Altra caratteristica è la predilezione per personaggi e situazioni sociali antitetiche. È il primo che nel suo paese riesce a crearsi un abbozzo di stile: energia narrativa e sociale, uomo comune, le condizioni difficili e le contraddizioni creano quella che sarà la base per il classico romance all’americana. 

Zio Josh al cinema (Uncle Josh at the moving Picture Show) - 1902 - Il protagonista rompe lo schermo e tenta di infilarsi nell’immagine per soccorrere una fanciulla.





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Vita di un pompiere americano (Life of an American Fireman) - 1903 - Usa i trucchi degli spettacoli delle lanterne magiche (la dissolvenza, soprattutto) per mostrare le imprese del fuoco e dei suoi strenui antagonisti, i cinegenici pompieri. L’assalto al treno postale (The Great Train Robbery) - 1903 - Pellicola che inizia il filone western. Grande successo, dodici minuti su una rapina a un treno del West, sull’inseguimento e sull’uccisione dei criminali da parte degli uomini di legge, colorato a mano con tinte vivaci. Il primo film proiettato come intermezzo in un teatro che suscitò interesse nel pubblico intellettuale. Il montaggio è logico, ogni scena corrisponde ad un’inquadratura e ognuna di queste è un campo lungo. L’azione è ripresa frontalmente tranne per il movimento del treno, ripreso secondo la sua direzione in modo da cercare la profondità, e per la scena dell’allineamento dei passeggeri davanti ai banditi, ripresa un po’ in obliquo. Il regista mostra così quella che è la tensione emotiva dei personaggi. Diventa celebre l’inquadratura libera dell’uomo in primo piano che spara verso il pubblico; gli esercenti potevano decidere di inserirla all’inizio, a metà o alla fine della pellicola. La piccola rapina al treno (The Little Train Robbery) - 1905 - Parodia girata con attori bambini. The Ex-Convict - ??? - Un industriale respinge la richiesta di lavoro di un ex carcerato, con un parallelismo e un contrasto tra ambienti lussuosi e luoghi miserabili. The Kleptomaniac - ??? - Due donne, una ricca e viziata e l’altra povera, che rubano degli oggetti e di cui la prima, considerata una cleptomane, viene liberata, mentre l’altra viene condannata come una vile ladra. The Dream of a Rarebit Fiend - 1906 - Il regista sviluppa qui l’elemento fantastico. È la storia di un uomo che, dopo aver mangiato pesante, patisce l’incubo di ruotare sul letto, volare sopra New York e finire sulla bandiera di un campanile, per poi riprecipitare tra le lenzuola, dove si sveglia.

Dopo il 1906 sia la carica sperimentale che quella sociale cominciano a declinare. Lascia la Edison e fonda una sua compagnia, che poi associerà alla Famous Player Company di Adolf Zukor. 

La città eterna (The Eternal City) - 1915 - Girato a Roma, è il suo ultimo film.

Ritorna a studiare macchine e brevetti, ma le ristrettezze economiche lo portano a finire i suoi giorni nell’ufficio tecnico di una società di strumenti meccanici.

David Wark Griffith Il periodo che precede la prima guerra mondiale vede crescere l’importanza della figura del regista, ma le caratteristiche di tutti questi erano oscurate da una sola personalità: David Griffith. Nei primissimi anni del Novecento, passando le notti in un dormitorio pubblico e lavorando come attore nei teatri più scalcinati, imparò a comprendere il pubblico e i suoi gusti. Divenuto regista quasi per caso, Griffith e il suo operatore Billy Batzer si imbattono in curiose scoperte sulla luce. Una volta avevano constatato quanto la ghiaia facesse riverberare la luce con un acceso candore sui visi degli attori. Provarono a rendere tutto questo, tenendo il sole alle spalle e gettando per contrasto della luce sul viso degli attori con schermi riflettenti. Il controluce diviene la specialità di Blitzer, che creava effetti di rilievo scultoreo. Nell’industria cinematografica si era andata affermando una tendenza all’illuminazione con luce soffusa e ombrata, in risposta agli anni di illuminazione piatta e rigida, senza tonalismi, dovuta alle lampade a vapori di mercurio. Griffith però crea comunque il suo stile, con il controluce e il chiaroscuro. Purifica del tutto la forma espressiva cinematografica, moderando il gesto degli attori, sfumando bontà e cattiveria dei protagonisti e anche con la luce. Le innovazioni di Griffith strutturano la forma adulta del cinema.  

Per amore dell’oro (For Love of Gold) - 1908 - Per mostrare la mimica dell’attore gli avvicina la cinepresa a metà della scena. Facendo questo rompe gli schemi col teatro. Dopo molti anni (After Many Years) - 1908 - Non solo usa espressivamente il primo piano di una donna, ma vi associa un fotogramma che esibisce l’oggetto dei suoi pensieri, spezzando la corrispondenza tra scena e inquadratura.

L’inquadratura così si moltiplica all’interno della scena, divenuta l’unità base del montaggio; quando questa si moltiplica all’esterno, ecco che si avvia il meccanismo del montaggio alternato, determinando altre scene.

Dopo decine e decine di film girati per la Biograph, passa alla Mutual.  

Judith of Bethulia - 1913 - Pellicola ispirata al cinema epico italiano. La nascita di una nazione (The birth of a Nation) - 1915 - Estrae da un materiale bruto come il testo razzista del reverendo Thomas Dickson un’opera che rifonda il cinema. Girato senza mezzi particolari e con solo una grossa macchina Pathé di legno azionata a manovella. Niente luci specifiche, solo gli specchi piazzati da Blitzer per riflettere il sole. Il film fece rinascere il Ku Klux Klan.

Vedendo Cabiria di Giovanni Pastrone, nel 1914, capisce quanto ancora deve progredire nella tecnica e si stupisce soprattutto per la capacità di Pastrone di creare una quarta dimensione con spostamenti della cinepresa, per distinguere i piani. 

Intolerance - 1916 - L’idea originale era di organizzare quattro storie antiche e moderne a partire da un nucleo concettuale, la madre che culla il bambino. Ma avendo girato otto ore di filmato da ridurre a poco più di tre, elaborò un complesso montaggio incrociato tra gli episodi; questo sconvolse il pubblico e fu materia di studio per lungo tempo. L’insuccesso commerciale fu imponente: tra l’altro la pellicola era un inno al pacifismo, proprio quando la nazione si batteva per entrare in guerra. Per la Babilonia, ricostruita vicino il Sunset Boulevard, crea una torre mobile da cui effettuare le panoramiche. Da Cabiria prende l’elemento decorativo dell’elefante con la proboscide alzata.

Il cinema di Griffith, dopo la Prima Guerra Mondiale, subisce un profondo cambiamento. La bellezza viene associata alla dignità e alla posa, da cui sono rimossi tutti gli elementi dinamici. Il movimento e il conflitto diventano caratteristiche del male, della rivoluzione e la furia.   

Giglio infranto (Broken Blossom) - 1919 - Viene fuori la propensione del regista verso le storie di fanciulline perseguitate. Le due orfanelle (Orphans of the Storm) - 1921 - (vd.^) America - 1924 - Pellicola mediocre in cui è recuperata senza molta applicazione la fantasmagoria della nascita degli Stati Uniti.

Erich von Stroheim Un attorucolo immigrate dall’Austria interpretò a quel tempo parti di un ufficiale tedesco che strappava lo scalpo a un ragazzetto, fucilava famiglie, stuprava una ragazza e scagliava un bambino dalla finestra. Si chiamava Eric Stroheim, con un von nel nome che nessun albo nobiliare poteva riconoscergli. Quando entrava nei negozi e nei ristoranti, gli sputavano addosso e lo prendevano a schiaffi: i suoi film risultarono i più crudeli e cinici della storia del cinema. 

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La legge della montagna (Blind Husbands) - 1919 - Pone le basi dello Stroheim più ricorrente. Un triangolo di personaggi, con una moglie trascurata, un marito americano debole o rigorista e il regista stesso nei panni del seduttore, in divisa da mitteleuropeo e capelli rasi alla prussiana. La chiave del diavolo (The Devil’s Pusskey) - 1920 - Pellicola senza Stroheim come attore. Femmine folli (Foolish Wives) - 1922 - Opera lunga e costosa che la Universal decise di promuove con una scritta luminosa e mobile in cima a Times Square. Il film costò tantissimo, perché il regista ricostruiva ambienti e oggetti alla perfezione, ma più che realismo la sua era un ossessione, un feticismo degli oggetti. Il film contribuì alla fama del regista, oltre che dalle mani bucate, come figura riprovevole. Il suo personaggio è un seduttore morboso, cerca di mettere le mani su qualsiasi cosa possa. Quando cerca di violentare una ragazza minorata, il padre di lei lo ammazza e lo butta in un tombino. Pellicola che inaugura anche le metafore animali nei suoi film, con una civetta e un rospo, simboli degli occhi carnalmente indagativi. Donne viennesi (Merry-Go-Round) - 1923 - Pellicola per la quale fece acquistare le divise dai reduci immiseriti dell’esercito austro-ungarico, volendo addirittura la carrozza dell’imperatore. Rapacità (Greed) - 1923/24 - Era la storia cruda di un odio coniugale nato dall’avidità di una donna e concluso nella distruzione di lei e del marito, con finale nella Death Valley, dove il sole californiano permette una scena

totalmente disperata. Con questo film Stroheim passa dai set aristocratici al fango, come chiamava il film sociale. Torna l’uso drammatico degli animali. Disse di questo film che sarebbe stato il suo capolavoro perché lo voleva lungo, voleva proiettare tutto il girato. Mentre, dopo il lavoro effettuatovi da Irvin Thalberg, responsabile della Universal che aveva ridotto le bobine ad un numero tollerabile, disse che il suo lavoro era ora un cadaverino in una bara puzzolente. Stroheim provocava duramente gli interpreti. Nel deserto faceva ripetere le scene decine di volte, ad una temperatura di cinquanta gradi, esortandoli ad odiarsi come odiavano lui. 





La vedova allegra (The Merry Widow) - 1925 - Altra pellicola controllata da Thalberg, di cui il regista si vergognava ma che in realtà risulta interessante. Soprattutto nella figura del vecchio depravato Sadoja, che la protagonista è costretta a sposare. Sadoja è il punto estremo dell’immagine della sessualità stroheimiana, un decrepito feticista di calzature che ne accarezza lasciavamente il cuoio e i lacci fino a morire di crepacuore la notte prima delle nozze. Marcia nuziale (The Wedding March Honeymoon) - 1928 - Pellicola girata per un produttore indipendente, con delle scene ambientate in una macelleria, con la carne sui ganci andata a male. L’attore che interpretava il macellaio era costretto a mettersene in bocca un pezzo verminoso, e vomitava, col regista impietoso. Film lunghissimo e diviso in due parti, con una sequenza a colori, per cui il montaggio viene tolto a Stroheim e affidato a Sternberg. Togliendolo poi anche a lui. La regina Kelly (Queen Kelly) - 1928 - Ultimo tentativo del regista, interrotto dal produttore perché, secondo lui, con l’avvento del sonoro non conveniva concludere un muto. L’attrice farà successivamente montare il girato, e il risultato, pur rigettato dal regista, ha un suo valore. È la storia di una trovatella che incontra un principe, promesso ad una regina isterica. Il loro rapporto arriva alla distruzione di entrambi. Nei piani frontali è come se uno cercasse un varco nell’altro: in questo senso è da intendere l’uso della soggettiva, oppure del carrello a precedere. Il movimento della macchina ha la funzione di scoprire. Il film si struttura inoltre di geometrici campi lunghi e di questo campi-controcampi perpendicolari, con sguardo quasi in macchina.

La fine di Queen Kelly spezza per sempre la carriera di Stroheim, che vivrà di recitazione in Francia e poi di nuovo in America.


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