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Title corporate finance
Course Corporate finance
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Corporate Finance (1° parte del corso) LE ANALISI FINANZIARIE Le analisi finanziarie possono essere di 2 tipi: x Accounting based, cioè basate su informazioni contabili ( prese dal bilancio e rielaborate); x Market based, cioè basate sulle informazioni fornite dal mercato di capitali (informazioni sui prezzi di mercato, tassi d’interesse). Solitamente si usano delle imprese rappresentative con le quali si possono effettuare delle analisi comparative. L’importanza dell’analisi finanziaria sta nel fatto che essa consente di rielaborare delle informazioni di partenza per produrre un informazione rilevante, “price sensitive”. Quest’informazione è considerata un Input per i mercati.

ANALISI FINANZIARIE ACCOUNTING BASED La prima informazione disponibile di partenza che utilizza l’analista finanziario è il bilancio pubblico di esercizio, composto da stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa. I bilanci, essendo redatti secondo gli obblighi di legge, non consentono un adeguata interpretazione dei risultati aziendali. Per questo motivo si utilizzano le Riclassificazioni di bilancio, tramite le quali si scompongono le voci dello stato patrimoniale e del conto economico e si riaggregano per caratteristiche omogenee permettendo così una lettura più chiara dei risultati. Sono quindi utili per semplificare le informazioni aggregandole in quelle fondamentali che serviranno per le analisi successive. Iniziando dalla riclassificazione dello stato patrimoniale troviamo 2 criteri tra loro differenti per la modalità di aggregazione delle voci.

RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE 1° CRITERIO (pertinenza gestionale): Questo criterio suddivide le poste patrimoniali considerando le voci che sono relative alla gestione caratteristica in un aggregato , e le voci riguardanti aree estranee alla gestone caratteristica in altri aggregati. Attività Investimenti effettuati in: Attività operative: x attività commerciali x attività fisse Attività accessorie: x attività monetarie x attività non strumentali

Passività Fonti di finanziamento: Patrimonio netto: x azioni proprie x crediti vs soci Passività commerciali e passività non commerciali.

Attivo patrimoniale. In questa sezione si trovano gli investimenti effettuati nel core business ( nella gestione operativa), cioè quelli che danno luogo ad un capitale investito in attività operative e gli investimenti effettuati in attività accessorie.

Attività operative: 1. Attività correnti (commerciali). Si tratta di acquisti del processo produttivo o di vendita. Le principali voci sono: x Crediti vs clienti dovuti ad una dilazione di pagamento x Magazzino (materie prime, semilavorati, prodotti finiti). Supporta il ciclo dj vendita e di trasformazione. x Altre attività commerciali. Si tratta di un sottogruppo residuale (es: credito fiscale). In questa sezione si trovano i ratei e risconti operativi attivi (correnti): sono grandezze con manifestazione monetaria sfasata rispetto alla manifestazione economica. Si trovano quindi a cavallo di due esercizi. 2. Attività fisse (non correnti). Si tratta di investimenti in capitale fisso, che hanno quindi una vita utile maggiore di 1 anno. Rientrano in questo gruppo le immobilizzazioni tecniche, immateriali (marchi, brevetti), partecipazioni operative strategiche (con clienti, fornitori... Sono partecipazioni strategiche per il miglior controllo del processo operativo). Troviamo anche i ratei e risconti non correnti. Attività accessorie: Si tratta delle attività che non sono strumentali all’attività principale (core business). Possono essere disinvestite, se rendono poco, in ogni momento senza effetti negativi sulle attività operative (anche sotto forma di dividendi agli azionisti). 1. Attività non strumentali (ANS). x Altre attività finanziarie “rischiose” (es: bond imprese private rischiose, quote di fondi comuni, fondi di risparmio); x Investimenti in real estate che possono essere liquidati per investimenti più importanti; x Partecipazioni non operative (non strategiche); x Crediti commerciali o finanziari verso altre società del gruppo. In quest’ultimo caso significa che è stato erogato un finanziamento verso un altra società del gruppo. x Ratei e risconti finanziari. 2. Attività monetarie (AM). Si tratta di attività molto liquide con basso rischio di disinvestimento. Possono infatti essere vendute ad un prezzo molto vicino al prezzo storico (book value). x Cassa x Investimenti in attività a breve termine emessi da emittenti sicuri, quindi con alto rating (titoli di stato). Dopo il procedimento di riclassificazione, il totale riclassificato dovrà essere uguale a quello di partenza. Passivo patrimoniale. In questa sezione si trovano invece le fonti di finanziamento utilizzate, con capitale di terzi (di debito) o con capitale proprio (degli azionisti). 1. Patrimonio netto (capitale netto). Si tratta delle risorse finanziarie apportate dai soci e azionisti tramite capitale proprio (molto rischioso). Vanno sottratte le azioni proprie e i crediti vs soci. x Capitale sociale; x Riserve, cioè utili degli anni precedenti non distribuiti;

x Utile netto di esercizio dell’ultimo anno. 2. Passività commerciali. x Debiti vs fornitori, cioè materie prime o servizi non pagati pronta cassa ma con dilazione di pagamento; x Altri debiti commerciali (es: rapporto di lavoro dipendente vs istituti previdenziali, INPS); x Fondi rischio e oneri futuri legati alla gestione operativa (tfr). Non vanno considerati i rischi di cambio legati ad investimenti in valuta. Si considerano invece rischi legati all’import-export. 3. Passività non commerciali. Si tratta di debiti finanziari. x Debiti vs banche, sia a breve che a lungo termine; x Mutui; x Debiti verso società di un gruppo; x Obbligazioni emesse sul mercato di capitali (obbligazioni private societarie). Dopo questo primo step di riclassificazione è possibile effettuare un secondo step di riclassificazione per mettere in evidenza il grado di indebitamento dell’azienda, i settori in cui ha investito maggiormente e quindi il grado di diversificazione di cui gode. Si parte dal presupposto che parte dell’attivo commerciale può essere compensata dalle passività finanziarie. Facendo infatti: ATTIVO COMMERCIALE - PASSIVO COMMERCIALE si trova quello che è il CAPITALE CIRCOLANTE COMMERCIALE NETTO.

Esso rappresenta l’attivo corrente al netto del passivo corrente. In altri termini, se positivo rappresenta l’investimento determinato dalla gestione caratteristica, se negativo rappresenta invece il finanziamento determinato dalla gestione caratteristica. x In un ottica finanziaria cosa significa avere un CCC positivo o negativo? Per un’azienda con CCC positivo le attività correnti sono maggiori delle passività correnti. Si tratta di una circostanza sfavorevole perché indica una diminuzione della liquidità aziendale. Un attivo corrente elevato indica scarsa capacità di riscuotere “oggi” i ricavi, rinviando l’incasso al futuro (elevati valori di crediti vs clienti e scorte). Un passivo corrente basso, indica limitata capacità di dilazionare nel futuro il pagamento di costi per acquisto pagandone la maggior parte “oggi” ( bassi valori di debiti vs fornitori). Al contrario, con un CCC negativo si hanno le attività correnti minori delle passività correnti. A parità di altre condizioni è quindi una circostanza desiderabile perché segnala un aumento della liquidità aziendale. Infatti un attivo corrente basso indica una buona capacità di riscuotere “oggi” i ricavi, rinviando l’incasso al futuro di pochi ricavi generati nell’anno. Un passivo corrente elevato indica buona capacità di dilazionare nel futuro il pagamento di costi per l’acquisto, pagandone solo una parte minima nel periodo attuale (elevati valori dei debiti vs fornitori).

Se a questo importo sommiamo le attività fisse, quindi le immobilizzazioni operative, otteniamo il CINO, Capitale Investito Netto Operativo.

Questo valore rappresenta l’investimento complessivo in attività operative al netto del passivo corrente. Questo valore può essere rettificato se oltre alle immobilizzazioni operative includiamo anche quelle non operative arrivando quindi al CIN, Capitale Investito Netto.

Questo valore rappresenta l’investimento complessivo in capitare circolante commerciale e immobilizzazioni, sia operative che non operative. Il capitale totale riclassificato risulterà quindi più basso di quello di partenza. Con le grandezze messe in evidenza si può ricavare anche il rapporto di indebitamento (leverage) di un azienda dato dal rapporto tra il debito finanziario e il patrimonio netto:

Oppure in una scala diversa:

Se questo rapporto risulta alto significa che l’azienda è molto indebitata. Infine, visto che ci sono delle attività monetarie, queste possono essere considerate delle attività che possono rimborsare parte del debito finanziario. Si ha così un’altra grandezza interessante che ne viene fuori: la Posizione Finanziaria Netta (PFN).

La posizione finanziaria netta costituisce un indicazione dell’indebitamento finanziario netto, ossia del valore delle passività non correnti/finanziarie, al netto delle disponibilità finanziarie (AM). Una PFN positiva ( > 0) indica che il totale delle passività finanziarie (DM) è maggiore del valore delle attività monetarie (AM), di conseguenza indica che l’impresa ha più debiti che liquidità. Una PFN negativa ( < 0) indica, invece, la situazione opposta, e quindi che le attività monetarie superano il valore delle passività finanziarie. Grazie a questo tipo di riclassificazione riusciamo quindi a vedere la situazione di indebitamento della società. In quest’ottica può anche servire a migliorare la situazione. Se si osserva il lato dell’attivo riclassificato, si può inoltre vedere in cosa ha investito l’impresa, il suo grado di redditività ed il grado di diversificazione dell’impresa rispetto all’attività principale (attività accessorie). Ad esempio se le attività accessorie sono > 15%/20% c’è diversificazione. Si può inoltre valutare se conviene mantenere le attività accessorie oppure conviene liquidarle in favore di quella principale. 2° CRITERIO (liquidità ed esigibilità): Il secondo criterio di riclassificazione serve a mettere in risalto il grado di solidità patrimoniale e il grado di solvibilità della società presa in considerazione. Le voci dello stato patrimoniale vengono riclassificate in base al tempo richiesto affinché le poste dell’attivo e del passivo si trasformino in moneta, ovvero in cassa. Il periodo di riferimento è 12

mesi. Le attività sono indicate in ordine di liquidità decrescente mentre le passività in ordine di esigibilità decrescente. E’ una tipologia utilizzata per controllare la possibile correlazione tra le scadenze temporali dell’attivo e del passivo, vale a dire se le attività a breve termine sono essenzialmente coperte con debito a breve e se le attività a lungo termine sono coperte da debiti a lungo. Attività x x

Attività B/t Attività M/t L/t

Passività x x x

Passività B/t Passività M/t L/t Patrimonio netto: capitale sociale, riserve, utili (perdite) di esercizio.

x

Le attività a breve termine sono tutte quelle che scadono in 12 mesi. Sono sia attività commerciali che attività finanziarie. Abbiamo: o Liquidità immediate ( cassa, titoli a breve termine) o Liquidità differite (crediti vs clienti, magazzino, effetti attivi) o Altre liquidità ( ratei, risconti, e quello che resta)

x

Tra le attività a medio/ lungo termine abbiamo una categoria residuale dove troviamo il Capitale fisso operativo, le altre immobilizzazioni finanziarie a medio/lungo termine e attività accessorie: o Immobilizzazioni materiali (impianti, macchinari, immobili) o Immobilizzazioni immateriali (brevetti, marchi, licenze, know-how) o Immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni, titoli a lungo termine) Possono essere sommate tutte insieme e indicano il capitale fisso in senso molo più allargato.

x

Le passività a breve termine sono le passività commerciali e finanziarie compresa la quota breve dei fondi rischi oneri futuri (quota breve): o Scoperto c/c bancario o Debiti vs fornitori o Debiti tributari o Debiti a b/t o Ratei e risconti passivi

x

Le passività a medio/lungo termine comprendono anche questi una categoria residuale di esigibilità: o Mutui passivi e Bonds o Fondi rischi oneri futuri o Debiti a lungo termine o Prestiti obbligazionari o Debiti TFR al netto della quota, o Debiti finanziari verso altre società del gruppo.

x

Nel patrimonio netto troviamo: o Capitale sociale o Riserve

o Utili (perdite) di esercizio. Le passività a breve termine possono essere sommate insieme e chiamate Esigibilità, quelle a medio/lungo termine possono essere chiamate insieme passività consolidate per via della garanzia di copertura più lunga. Il totale dell’attivo e del passivo devono essere uguali a quelli di partenza e anche in questo caso il Capitale Circolante Netto è uguale alla differenza tra attivo e passivo. Lo scopo di questo tipo di classificazione è quindi: 1) Valutare il grado di solvibilità della società a breve termine. Con un attività b/t consistente si può far fronte tranquillamente alle passività a b/t. 2) Confrontare gli investimenti a medio/lungo termine con gli strumenti di copertura. Prima si confronta con il patrimonio netto per vedere se riesce a coprirli bene. Poi lo si considera insieme alle passività ML/t per vedere se si riesce a coprire l’attivo fisso. Si vede quindi la solidità patrimoniale. Graficamente, la situazione ottimale sarebbe la seguente. Infatti il patrimonio netto già copre tutto il capitale fisso. Inoltre le passività a breve sono poche rispetto alle attività a breve quindi il grado di solvibilità è molto alto.

Dalle riclassificazioni si possono ricavare degli indici molto utili per analizzare la società (financial ratio): Indici di liquidità ed indici di copertura.

P B/T A B/T

A ML/T

P ML/T

PN

Indici di liquidità ed indici di copertura. L’indice di liquidità secondaria o indice di disponibilità è espresso dal seguente rapporto:

Tale indice è da considerarsi soddisfacente se superiore ad 1. In questo caso, infatti, l’azienda è in grado di pagare le sue passività a breve termine ricorrendo solo alle attività a breve termine. In caso contrario significherebbe che le attività a breve sono in grado di coprire solo parte dei debiti a breve e che l’azienda potrebbe dover disinvestire una quota dell’attivo di medio/lungo termine (immobilizzazioni operative) per poter soddisfare i proprio debiti di breve periodo. L’indice di liquidità primaria o indice di liquidità immediata (o acid test) costituisce una versione prudenziale dell’indice precedente. Esso è espresso dalla seguente formula:

Il numeratore, in questo caso include le sole poste attive di B/T che sono già liquide o che possono diventarlo a breve, e quindi in grado di soddisfare prontamente le esigenze di breve termine. Qualora l’indice sia superiore ad 1, l’azienda ottiene un feedback molto confortante in quanto ciò significa che non c’è bisogno di contare sullo smobilizzo del magazzino per il rimborso delle passività a breve termine. Sicuramente se questo quoziente risulta superiore ad 1, lo sarà anche il primo. Tra gli indici di copertura rilevanti abbiamo i seguenti. L’indice di solidità patrimoniale di primo livello (o di copertura), netto, è dato da:

Deve risultare inferiore ad 1 in quanto il patrimonio netto deve essere più consistente dell’attivo fisso. L’indice di solidità patrimoniale di secondo livello : nel caso in cui il primo fosse maggiore di 1, si passa a valutare il seguente indice per vedere se risulta inferiore ad 1. Insieme al patrimonio netto vengono incluse anche le passività a medio lungo termine. Nel caso in cui risulta inferiore ad 1 si ha quindi un giudizio intermedio.

Le PMI italiane hanno troppe passività a B/T e quindi uno scarso grado di patrimonializzazione. Sono quindi esposte molto di più al default, soprattutto in periodi di crisi. Infatti presentano i primi 2 indici inferiori ad 1 mentre hanno gli indici di copertura maggiori di 1. Per migliorare la situazione si potrebbero quindi sostituire i debiti a B/T con dei debiti a ML/T oppure procedere ad un aumento del patrimonio netto (capitale proprio) tramite la non distribuzione degli utili o tramite un aumento di capitale sociale a pagamento con vecchi o nuovi investitori.

CONFRONTO TRA I 2 CRITERI DI RICLASSIFCAZIONE. Nei 2 criteri esaminati si ha una diversa nozione di Capitale Circolante Netto. Nel primo si tratta del Capitale Circolante Commerciale Netto (CCC). Nel secondo si tratta di un concetto più ampio e quindi è un CCN non solo commerciale. Nel caso del CCC è auspicabile che sia basso o addirittura negativo. Ricordando che il CCC è dato da AC-PC, con un CCC negativo si hanno le attività correnti minori delle passività correnti. A parità di altre condizioni è quindi una circostanza desiderabile perché segnala un aumento della liquidità aziendale. Infatti un attivo corrente basso indica una buona capacità di riscuotere “oggi” i ricavi, rinviando l’incasso al futuro di pochi ricavi generati nell’anno. Un passivo corrente elevato indica buona capacità di dilazionare nel futuro il pagamento di costi per l’acquisto, pagandone solo una parte minima nel periodo attuale (elevati valori dei debiti vs fornitori). Nel caso del CCN ( = ATTIVO – PASSIVO) è auspicabile che sia positivo. In questo modo gli indici indicano una buona solvibilità a breve.

Inoltre nel Primo caso, il discorso è legato al fabbisogno finanziario. Se è basso significa che l’impresa ha una buona capacità di generare liquidità. Se addirittura è negativo, l’impresa crea un eccesso di liquidità che può essere investita altrove. Questo primo concetto spiega se l’impresa riesce ad autofinanziarsi. Il fabbisogno finanziario può essere infatti di 2 tipi: legato alla gestione corrente, oppure legato al capitale fisso (investimenti privati). Come si può avere un CCC0? Nel caso del CCN si deve agire sulle voci non commerciali, come le passività finanziarie a B/T e trasformarle in passività a ML/T. Oppure si può aumentare l’attività finanziaria a breve anche se questa è una manovra meno realistica se non si hanno liquidità. Nel caso del CCC si possono cercare di ridurre i Crediti vs Clienti, ridurre il magazzino oppure aumentare i debiti vs fornitori.

RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO Il conto economico misura il risultato economico di un impresa n un periodo prefissato, generalmente un anno. La definizione contabile di reddito è:

La riclassificazione serve a mettere in evidenza delle grandezze fondamentali che migliorano la comprensibilità del conto economico. Partendo dal FATTURATO, prima riga del Conto Economico, si inizia col sottrarre i costi di acquisto dei beni destinati alla commercializzazione. Sia aggiungono poi le rimanenze finali e si sottraggono le rimanenze iniziali. Infine si aggiungono i valori delle costruzioni in economia. Si arriva cos’ a calcolare il valore della PRODUZIONE DI ESERCIZIO. Questo valore interessa soprattutto le grandi imprese che lavorano sui trasporti. Successivamente da questo valore si sottraggono i costi delle materie, dei servizi utilizzati e di tutti i costi di acquisto presso terze economie. Si aggiungono i valori delle rimanenze finali di materie prime e semilavorati e si sottraggono le rimanenze iniziali e altri oneri iniziali sempre riguardo a materie prime e semilavorati. Si arriva dunque al VALORE AGGIUNTO. Questo rappresenta un margine intermedio che indica in che percentuale la produzione aziendale è imputabile all’attività svolta internamente all’azienda. Sottraendo al valore aggiunto i costi relativi al personale si perviene al MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL o EBITDA, Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization). Sottraendo a questo valore gli ammortamenti e gli altri eventuali costi non monetari si arriva al REDDITO OPERATIVO (EBIT). SI tratta di un margine legato esclusivamente alla gestione ...


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