Dario Fo PDF

Title Dario Fo
Author Alida Frasca
Course Giornalismo culturale
Institution Sapienza - Università di Roma
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AUTORI GIORNALISTI E LETTERATI...


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GIORNALISMO CULTURALE 13 novembre Dario Fo (La nascita del giullare Le invasioni barbariche, intervista Ubu o la vera storia di Berlusconi) Dario Fo interviene prettamente dal palcoscenico, solo più tardi inizierà a scrivere articoli, firmati, tra l’altro, insieme alla moglie e il figlio. Ciò mostra il suo relativo interesse per il giornalismo. Vince il Premio Nobel nel 1997, tra i più contestati in assoluto. Tanto in quanto non è presente niente di letterario nei suoi testi e soprattutto sono testi impossibili da leggere. Fo scriveva dei canovacci, non dei veri e propri testi teatrali. Tuttavia viveva in scena, era un vero animale da spettacolo. Il Nobel gli fu effettivamente attribuito in quanto “collocandosi nel solco della tradizione degli antichi giullari medievali, ha restituito dignità agli oppressi dileggiando il potere”. Per tanto, ha una duplice motivazione. La critica presta facilmente il fianco affermando che di letterario non ci si nulla nei suoi testi. È stato poi pubblicato tutto il teatro di Fo sostanzialmente per volontà della moglie. L’autore sapeva benissimo che per un attore è impossibile interpretare i suoi ruoli, tutto è cucito per e sull’autore stesso. Il dialetto da lui utilizzato è preso dalla commedia dell’arte, dal suo grande maestro Ruzante, Angelo Beolto (‘500), che dileggiava il potere, che si scagliava contro i potenti. Dario Fo era perfettamente consapevole che, uscito di scena, nessuno avrebbe letto il suo teatro, nessuno avrebbe raggiunto o retto il suo livello di interpretazione. La moglie, invece, desiderava che il suo teatro non andasse perso. Le critiche sono quindi state pesantissime, per quanto siano state, in realtà, prettamente politiche. Dario Fo, analogamente a Pasolini, è stato uno di quegli artisti per il quale anche le considerazioni verso lui positive, vengono interpretate da molti a suo svantaggio. Egli ha fatto polemiche di tutti i tipi, per cui è stato spesso contestato. Gli sono state distrutte scene, ospite a Canzonissima fu censurato e non fu più mandato in onda, sua moglie Franca Rama fu sequestrata e violentata, (l’autore e la donna tornarono immediatamente in scena), venne accusato di essere filofascista, in quanto durante la guerra partigiana pare si fosse imboscato. Per tanto, è necessario esclusivamente considerarlo per l’artista che è stato. È necessario in primis indagare le origini. Dario Fo è originario dei pressi del lago maggiore, lago frequentato dai fabulatori, dai cantastorie che vagavano e raccontavano storie iperboliche, a tratti volgari, simili a giullari di corte, attori girovaghi che avevano una grande teatralità, grande capacità mimica e di entrare e poi passare velocemente da un personaggio all’altro, essendo sostanzialmente attori solitari, privi di compagnia. La prima impressione di Fo, da bambino, presenta tali radici, come raccontato in varie interviste. Personalità cardine per l’autore è stata sicuramente il nonno. Bristìn, nonno materno di Fo, non a caso è da lui ricordato come il primo Ruzante che conobbe nella propria vita. Questi era un contadino ed era solito girare per i paesi, con un carretto trainato da un cavallo, vendendo la verdura coltivata. Fo lo accompagnava nei periodi in cui non frequentava la scuola. Si trattava di un venditore particolare, non aveva prezzi, lasciava che fossero i clienti a decidere la somma. Nel frattempo, accompagnava la vendita con una serie di racconti. Era infatti noto per essere un grande inventore di storie, come fosse un teatro ambulante. Fo è sempre stato affascinato dalla tenuta del racconto, dalla capacità del nonno di impressionare e di colpire il pubblico grazie alle storie. In particolare, vi era un paese, Portovaltravaglia, in cui prendeva posto un manicomio all’aperto che dava ospitalità ai malati. Questi giravano liberamente, e qui, “ho cominciato a vedere la figura del pazzo come qualcosa di familiare.” “È un’intuizione che ho poi ho ritrovato in pieno nel teatro popolare, dove il matto è un personaggio fondamentale. In Provenza c’è addirittura un genere letterario, la Soterie, dove chi fa la narrazione è il pazzo, che si pone all’esterno di quel che racconta. Nelle chiese medievali c’era il pulpito del matto, che confutava i discorsi degli altri con ironia, con il grottesco”. Il matto nella letteratura del ‘900 è rappresentazione di libertà espressiva. Dario Fo riprende tali avvenimenti nel teatro, dove spesso compaiono i matti, strumento attraverso i quali è possibile affermare la verità. Si tratta di un escamotage per evitare la censura. (Sotto il fascismo la letteratura sperimenta molto le forme del comico.)

Altra grande passione da bambino è stata il teatro delle marionette, con cui spesso giocava insieme al fratello. Franca Rame, che sarà la sua compagna per tutta la vita, proveniva da una famiglia molto nota di attori girovaghi di marionette. La donna aveva una quantità illimitata di testi scritti per tali rappresentazioni che poi verranno saccheggiati da Fo in molte delle sue opere teatrali. Quattro risultano i punti fondamentali nella sua formazione: Forte radicamento nella cultura contadina Essere affascinato dalla capacità fabulatoria dei cantastorie Il matto Il tratto delle marionette Tutto ciò va unito al suo genio teatrale. Fo proveniva da una realtà contadina, e, per gli studi universitari, era giunto a Milano, una città che tirava fuori tutto ciò che il fascismo aveva bloccato. Per tale ragione, si trovava assolutamente entusiasta dell’ambiente, al punto da interessarsi al teatro, al cinema, alla politica, alla letteratura italiana e straniera al contempo. Divenne quindi incredibilmente e immediatamente inserito negli ambienti teatrali. Le porte gli furono spianate da Franco Parenti (uno degli attori prediletti di Testori). Ottenne subito successo al punto da venire chiamato, nel 1952, da una radio. Venne incaricato di scrivere 18 puntate per la trasmissione radiofonica. Aveva già fatto teatro di varietà, di intrattenimento del pubblico, ma si trova in difficoltà perché la radio è l’unico mezzo di comunicazione dove si ha solo il testo. Vi è un minimo di interpretazione, ma il testo è principale. Si rende conto che deve sforzarsi e riesce ad avere la misura del testo, riesce a darsi una disciplina. Insieme a Franca Rama fonda una compagnia che riscuote sempre maggiore successo, dopodiché arriverà l’esperienza televisiva con Canzonissima, alla fine degli anni ‘50. Fu un fallimento perché veniva continuamente censurato, in ragione della sua interpretazione libera e soprattutto per gli scritti di satira politica. Tutto l’ambiente culturale entra, soprattutto negli anni ‘60, a totale servizio dei poteri di comunicazione economici. Dopo il ‘68 ha abbandonato i luoghi classici del teatro per fare rappresentazioni in spazi non convenzionali: nelle fabbriche, nelle piazze, nelle chiese sconsacrate. Dario Fo diviene portavoce del teatro popolare e operaio. Da qui nasce Mistero Buffo. Per quanto concerne il linguaggio, Dario Fo aveva capito che per imprimere un testo era necessario che fosse proposto in un determinato modo. Non poteva trattarsi di una semplice denuncia, perché la denuncia può indignare ma arriva alle persone, nella coscienza. Fo comprese di dover entrare nell’animo, nell’intimo delle persone. Tanto è possibile grazie al linguaggio, linguaggio che si compone di parola, di mimica, di prossemica, di scelta degli argomenti. In un periodo come gli anni sessanta in cui cominciava a dominare il teatro di regia, la grande elaborazione dei testi, anche dei classici teatrali, Fo fa un teatro, da questi anni in poi, essenzialmente di monologhi. Crea una sorta di lingua dialetto, che di fatto non esiste, è un insieme di lingue, suoni e rappresentazioni che coinvolgono il pubblico. Prima racconta in italiano di cosa parlerà, anche a livello storico, dopodiché li racconta nuovamente utilizzando il grammelot. L’idea gli giunge in Francia in cui utilizzò il suddetto modus operandi, per necessità naturalmente. Trovandosi lì, non conoscendo il francese, improvvisò una lingua ricordando i suoni e la musicalità. Non comprendere perfettamente il linguaggio, comporta un livello massimo di attenzione. La nascita del giullare è una chiara dichiarazione di poetica di Dario Fo. Tratta del giullare, nato come contadino, che faticava tantissimo solo per riuscire a sopravvivere. Un giorno, tornando a casa dalla campagna, decide di imboccare un’altra strada. Passando, intravede una montagna totalmente nera, senza frutti. Si impossessa della montagna indesiderata da chiunque e con la moglie e i figli decide di dissodarla, rendendo il luogo fertile.

La collina, paradossalmente, darà i maggiori frutti: il giullare prenderà terra da ogni dove, persino dai cimiteri. Dirà che quella dei morti è una terra grassa. Ha chiaramente valore simbolico. La terra dei morti, il valore della transizione. Scava per cercare l’acqua, altro valore simbolico, che rappresenta la vita. Tuttavia, un giorno giunge il padrone e rivendica la sua collina. Il contadino oppone resistenza al prete e all’avvocato, per cui il padrone giunge di persona alla collina e violenta davanti ai suoi occhi la moglie. Il contadino, distrutto, colpito nella dignità, è in procinto di suicidarsi, ma viene fermato da un uomo assetato che gli chiede di bere, metafora di Gesù Cristo. Questi dunque gli salva la vita, e lo accusa di aver sbagliato durante la sua esistenza. Il giullare gli racconta la sua vita, i sacrifici che ha compiuto, ma Cristo rivela che l’errore è stato non condividere, l’atto egoistico in sé. Il poco che avrebbe dovuto condividere con gli altri, gli sarebbe valso il molto che avrebbe potuto ricevere. Il poco è il materiale che avrebbe dovuto dare, il molto è emotivo, è la solidarietà degli altri. Cristo gli suggerisce di raccontare la sua esperienza per reagire alla situazione, gli consiglia di andare in piazza, al mercato a narrare la sua storia. Nasce così il giullare. Il cantastorie che fa un discorso straordinario. Tale spettacolo ebbe un successo immenso. Fo fu costretto a recuperare una palazzina abbandonata alla periferia di Milano. La gente comune lo aiutò nella restaurazione, al punto da divenire un teatro collettivo, popolare. È vero che i suoi non sono testi letterari, come accusato dalla critica, ma il suo è anche un teatro di messaggio puro. Un teatro che si impone moltissimo, riesce ad avere un potere di comunicazione immenso, da rendere Dario Fo un uomo simbolo.

Chiara Valentina è stata una dei più grandi studiosi di Dario Fo.

Per tanto, sembra assurdo che per raccontare anni vicini, debba recuperare il linguaggio medievale. Questo, tuttavia, presenta una forza espressiva eccezionale. Di fatto, la parola “giullare” lat. iocularis: v. giocolare, iocus, gioco, è una sorta di giocoliere del linguaggio. La forte presenza di linguaggi bassi, scurrili, linguaggi del corpo non fanno altro che trasmettere più efficacemente gli argomenti. Come anticipato, il suo modello è stato il Ruzante. Durante il discorso di ringraziamento per il Premio Nobel ricevuto, egli afferma:

Ovviamente, il linguaggio non può essere solo tale, ma dietro necessità un contenuto. Attraverso un’analisi simbolica, la forza della letteratura come il teatro, è di riuscire a veicolare messaggi piuttosto complessi. Il contadino che fatica enormemente è l’uomo totalmente rovinato dalle leggi della natura. È la rappresentazione dell’uomo primitivo, suddito ed impaurito di non riuscire a sopravvivere, totalmente soggiogato dai ritmi e dai tempi della natura. L’uomo tuttavia comprende che ha un potere maggiore: la ragione e dunque il pensiero. Il progresso è dato dalla casualità, dall’osservazione, casualità che è data dal cambiare strada e intravedere la montagna. Per tanto, inizia a lavorare. L’uomo è lavoro, è attività, è pensiero che può diventare produttivo in forza dell’azione. Prende la terra da vari luoghi, perfino dai cimiteri. Prende quindi la terra dei morti, di chi c’è stato prima, di colui che ha fatto esperienza culturale della propria storia. Tuttavia, l’uomo è anche violento, homo hominis lupus per natura. È necessario sapersi difendere. Il padrone e dunque la differenza di classi sociali sarà sempre presente, ma culturalmente necessità di essere combattuta, perché, agendo per principi natura, gli uomini sono tutti uguali. Il padrone manderà al contadino un prete e un avvocato. Il simbolismo è forte: il potere che deriva dalla religione e il potere che deriva dalla legge. Tali poteri possono essere usati per imbrogliare i più deboli, mascherando interessi di sopraffazione, anche da parte della religione. Il debole, il contadino, si ribella, ma ribellarsi ad un potere eccessivo, spesso rappresenta il totale annientamento da parte del forte, del potere. Ciò si configura con la forte e grande parodia dell’atto di violentare la moglie del contadino. È un atto di affronto, ma soprattutto cela l’idea della superiorità dell’uomo in ragione della posizione sociale. In particolar modo, l’atto violento si è consumato agli occhi del marito e del figlio e tanto rappresenta il gesto totale di possesso e di umiliazione del più debole. La reazione spontanea sarebbe reagire con la vendetta, che tuttavia comporta altra vendetta, per questo la moglie lo ferma. La totale impotenza del contadino, lo porta alla disperazione e quindi al suicidio. Compare dunque Gesù Cristo, la una figura storica per eccellenza, calata nel mondo, somma dell’amore e della ragione. La figura del figlio di Dio porta alla riflessione: nel momento in cui sopraggiunge la disperazione, è necessario attuare una profonda analisi di se stessi, non fermarsi ad incolpare l’altro. Per tanto, il messaggio è anche politico, non solo umano. Forte è l’espressione: “il poco che tu hai avresti dovuto condividerlo, per avere il molto di cui hai bisogno”. Inizialmente il contadino non comprende il messaggio, in quanto pone sullo stesso piano il “poco” ed il “molto”. Il poco è il materiale e il molto è lo spirituale, non in una dimensione solamente religiosa, ma il messaggio cristiano può ed è anche e soprattutto laico. La più grande arma che possiede l’uomo è la parola. La parola rappresenta una liberazione interiore, nasce da un’esigenza intima di espressione. A tal proposito, nelle “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, Foscolo scriveva: “Se avete braccia in catene, perché inceppate da voi stessi anche il vostro intelletto, di cui né i tiranni né la fortuna, arbitri d’ogni cosa, possono essere arbitri mai? Scrivete. [..] Perseguitate con la verità i vostri persecutori. E poiché non potete opprimerli, mentre vivono, co’ pugnali, opprimeteli almeno con l’obbrobrio per tutti i secoli futuri.” In effetti, quanto esplicitato nella frase è ciò che contraddistingue Dario Fo. (dario fo isabella tre caravelle e un cacciaballe, una parodia della spedizione di Colombo e della sua persona in particolare)....


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