Docsity caso clinico rottura della milza e splenectomia PDF

Title Docsity caso clinico rottura della milza e splenectomia
Author Angy Pecce
Course Basi Dell'Assistenza Infermieristica
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 6
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Summary

presentazione di un caso clinico con milza rotta. viene analizzata la figur infermieristica e le strutture anatomiche della milza che permettono all'operatore di lavorare adeguatamente....


Description

Caso clinico rottura della milza e splenectomia Infermieristica Università degli Studi di Roma La Sapienza 5 pag.

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CASO CLINICO La milza è un organo che può facilmente andare incontro a rottura per traumi violenti che interessano l'addome o si ripercuotono indirettamente su di esso. Tra tutti, la milza è infatti l'organo interno più frequentemente leso nei traumi addominali, a causa della sua fragilità, della ricca vascolarizzazione, della presenza di un lungo stelo vascolare (arteria e vena lienale), e della connessione ai vari legamenti che le trasmettono sollecitazioni provenienti da altri organi. La milza ricopre diverse funzioni: 1. Combatte le infezioni, controllando la presenza di agenti patogeni in circolo (batteri e particelle estranee) e producendo anticorpi e globuli bianchi. 2. Favorisce la maturazione dei globuli rossi (eritrociti). 3. Ripulisce il sangue dai globuli rossi invecchiati (un globulo rosso ha una vita media di 120 giorni) o danneggiati. 4. Fa da riserva di ferro, di piastrine e di globuli bianchi. La rottura della milza è comune a seguito di traumi violenti che interessano l'addome, come un incidente automobilistico, una caduta dalla moto, un pugno durante un combattimento od una ferita penetrante (proiettile, arma da taglio ecc.). Nel caso di rottura della milza il soggetto avverte un dolore di notevole intensità nell’ipocondrio sinistro che si irradia alla spalla sinistra e si intensifica ulteriormente alla palpazione (la palpazione causa spesso un dolore acuto riferito all’apice della spalla sinistra). Le pareti dell’addome risultano ipercontratte e si apprezza distensione addominale a causa dell’accumulo di sangue nella cavità addominale. L’emorragia interna conduce progressivamente a uno stato di shock emorragico al quale conseguono pallore intenso, tachicardia, stordimento, ipotensione, stato confusionale e ansietà. Non è detto che la sintomatologia si instauri rapidamente; in alcuni casi, infatti, le manifestazioni legate alla rottura della milza si instaurano in modo più tardivo, dopo alcuni giorni dal trauma che ha causato il problema; molto dipende dall’entità della lesione. Le lesioni spleniche di grossa entità trasformano la rottura della milza in una vera e propria emergenza medica, che richiede l'immediato intervento chirurgico per arrestare l'emorragia interna e salvare la vita al paziente. In caso di traumi più superficiali, la rottura della milza può essere trattata in modo conservativo, ospedalizzando per qualche giorno il paziente ed osservando l'evolversi della situazione verso l'eventuale guarigione spontanea. Il sospetto di rottura della milza richiede l’esecuzione di alcuni esami diagnostici; di norma il primo test a essere eseguito è una TAC addominale con mezzo di contrasto; la TAC può mettere in luce l’eventuale presenza e l’entità dell’emorragia interna; a seconda dei casi l’indagine può essere integrata dall’esecuzione di una radiografia o di un’ecografia.

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Anche il lavaggio peritoneale ha un’importante utilità diagnostica (si introduce un piccolo catetere, un tubicino di plastica flessibile, nell’addome, per aspirare ed analizzare il liquido aspirato ricercando la presenza di sangue). I test possono includere anche un esame emocromocitometrico (emocromo); di norma i soggetti con rottura splenica hanno valori di emoglobina e di ematocrito significativamente sotto il range di normalità. Come detto, la milza è un organo fortemente vascolarizzato e la sua rottura può essere causa di emorragia massiva che può portare a shock ipovolemico (stato di shock indotto dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da emorragia o da perdita di liquidi) e conseguente decesso; in caso di shock emorragico, quindi, è fondamentale intervenire rapidamente per via chirurgica rimuovendo la milza (intervento di splenectomia). Grazie ai progressi della medicina, la splenectomia è, ormai, un'operazione sicura. Tuttavia, la sua esecuzione, come quella di un qualsiasi altro intervento chirurgico, presenta dei potenziali rischi, che non vanno sottovalutati. Emorragie, coaguli di sangue (trombi), infezioni della ferita e lesioni degli organi adiacenti (stomaco, pancreas e colon) sono le quattro più importanti complicanze dell'asportazione della milza. Dopo l'anestesia generale, con cui si seda il paziente, la splenectomia si può eseguire con due procedure chirurgiche differenti: tramite laparoscopia o tramite una tecnica tradizionale, a cielo aperto. Concluso l'intervento, in qualsiasi modo si sia effettuato, è richiesto un ricovero di almeno un paio di giorni e completo riposo per almeno una settimana. L’INFERMIERE E’ RESPONSABILE DELL’ASSISTENZA AL TRAUMATIZZATO. TALE ASSISTENZA INIZIA DAL RICEVIMENTO DELLA CHIAMATA DEL 118 AL PRONTO SOCCORSO; L’INFERMIERE RACCOGLIE E REGISTRA LE SEGUENTI INFORMAZIONI:

• Ora dell’allertamento • Sesso ed età del traumatizzato • Dinamica e luogo dell’evento • Risultati della 1° valutazione • Codice di gravità • Provvedimenti adottati • Tempi di arrivo Arrivato al pronto soccorso l’infermiere, insieme al medico, attuano una valutazione riguardante i traumi addominali arrivando così a giudicare una situazione di emergenza e a decidere l’intervento di splenectomia. Terminato l’iter diagnostico avviene il trasporto verso la sala operatoria. L’infermiere garantisce la continuità assistenziale comunicando ai colleghi del reparto di destinazione tutte le informazioni necessarie.

ASSISTENZA INFERMIERISTICA PRE-OPERATORIA

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In sala operatoria l’infermiere svolge ruoli diversi a seconda dell’area di attività, le specifiche e diverse competenze, pur nell’ambito del proprio profilo, sono acquisite attraverso un percorso formativo post-base: 1. Infermiere di anestesia: • Controlla la documentazione relativa all’intervento chirurgico a cui il paziente dovrà essere sottoposto (cartella clinica completa di esami ematochimici, materiale radiologico, consenso informato firmato) • Compila la scheda infermieristica di anestesia • Prepara e verifica le apparecchiature e i presidi per induzione/intubazione come da protocollo. 2. Infermiere di sala: • Registra i dati del paziente e i nomi dell’equipe sull’apposito registro. • Controlla lo stato di preparazione fisica del paziente (antisepsi preoperatoria della cute del sito chirurgico, tricotomia, catetere vescicale). • Controlla il funzionamento delle apparecchiature. • In accordo con il chirurgo e l’anestesista, prima dell’intervento posiziona il letto operatorio per migliorare l’esposizione degli organi addominali • Controlla ed esegue il conteggio accurato di garze e strumenti chirurgici prima dell’atto chirurgico in collaborazione con l’infermiere strumentista. • Posiziona il traumatizzato sul letto operatorio con l’ausilio in dotazione con le dovute precauzioni, garantendone il comfort, vale a dire la sicurezza per la sua circolazione, per la respirazione, per la muscolatura e per le strutture nervose, al fine di evitare complicanze successive 3. Infermiere strumentista: è quella risorsa umana che, nel processo di gestione del paziente sottoposto a intervento chirurgico si avvale delle proprie competenze professionali e specifiche per ottenere una performance qualitativamente elevata per il raggiungimento del risultato previsto per l’atto operatorio. Egli: • Prepara lo strumentario ed i presidi occorrenti all’intervento sulla base di conoscenze scientificamente provate e dell’esperienza acquisita e consolidata col tempo. • Effettua il lavaggio preoperatorio delle mani e prepara il tavolo servitore porta-strumenti. • Svolge inoltre le seguenti attività: corretta preparazione del campo chirurgico; mantenimento della sterilità della sua persona e della rilevazione di eventuali manovre o movimenti non sterili che si effettuano durante l'intervento; sterilità del contenuto del tavolino chirurgico; scelta

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mirata dei ferri chirurgici e delle suture chirurgiche; attua correttamente il protocollo inerente il conteggio delle garze e dei ferri.

ASSISTENZA INFERMIERISTICA POST-OPERATORIA Si attua dal termine dell’intervento chirurgico. Un intervento chirurgico è sempre un evento “traumatico” per l’organismo, che reagisce con modificazioni fisiologiche e metaboliche controllate da stimoli neuroendocrini. Questa risposta dell’organismo si osserva nel corso di ogni intervento chirurgico anche non complicato per questo l’immediato decorso postoperatorio risulta estremamente delicato e critico per il paziente tanto da richiedere una particolare attenzione assistenziale. Il piano d’assistenza dovrà vertere su: • le condizioni emodinamiche (FC, PA, ricerca dei segni clinici dello shock) • il grado di coscienza • la diuresi • le condizioni respiratorie: controllo FR, ricerca dei segni di ostruzione bronchiale, con eventuale aspirazione tracheale • controllo della ferita e dei drenaggi Per migliorare la qualità del lavoro, è importante attivare un sistema di comunicazione fra sala operatoria e reparto, affinché si possa prestare un’assistenza di alta qualità al paziente critico. La trasmissione delle informazioni deve essere sia verbale che codificata, mediante una scheda infermieristica dedicata alla sala operatoria, che deve essere complementare ed integrata alla cartella clinica. In questa scheda dovrà essere riportata il tipo di intervento chirurgico, le eventuali complicanze intra-operatorie, la presenza di drenaggi e il loro posizionamento, il bilancio idrico ed ematico ed eventuali reazioni allergiche. La trasmissione diretta di dati e di informazioni prima, durante e dopo l’intervento, ci permette di poter dare al paziente un’assistenza continuativa e globale. Quindi, per garantire il percorso e la pianificazione del processo assistenziale, occorre anche la corretta compilazione di una scheda infermieristica che segua il paziente, il cui uso quotidiano e diffuso contribuisce a garantire la continuità assistenziale. La “medicazione” è una tecnica atta a curare e proteggere la ferita dal rischio di infezione e far ottenere un completo ripristino della cute la cui riparazione tissutale avviene in 3 fasi definite: infiammatoria, proliferativa e maturativa. Il drenaggio è un dispositivo atto a favorire la fuoriuscita di liquidi, secrezioni o gas da una cavità preesistente o neoformata o da un viscere.

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Materiale necessario per medicare la ferita è il seguente: guanti monouso non sterili, contenitore per smaltire i rifiuti, garze sterili, cerotto chirurgico, soluzione detergente, benda elastica (se ha una pelle sensibile). PROCEDURA: preparare il materiale occorrente, identificare il paziente, effettuare il lavaggio sociale delle mani, provvedere alla riservatezza del paziente, indossare i guanti monouso non sterili, rimuovere la medicazione e smaltirla nell’apposito contenitore, togliersi i guanti sporchi ed indossare guanti puliti non sterili, osservare la ferita E osservare se ci sono segni di arrossamento, Infezione o lesione cutanea. Togliersi i guanti utilizzati per Osservare la ferita, effettuare lavaggio delle mani, indossare i guanti, prendere le garze con le pinze ad anelli, se l’incisione necessita di detersione allora detergere le garze, successivamente detergere la ferita, sull’incisione effettuare movimenti dall’alto verso il basso (ad ogni movimento utilizzare una garza nuova e pulita), i drenaggi pulirli con movimenti circolari (ad ogni movimento utilizzare una garza pulita), applicare una nuova medicazione ponendo le garze in senso longitudinale sulla ferita e fissarla con un cerotto o una benda elastica, siglare la medicazione con data e ora del cambio, smaltire il materiale utilizzato, togliere i guanti ed effettuare il lavaggio sociale delle mani. In presenza di drenaggio: 1.drenaggio aperto: i punti di fuoriuscita dei drenaggi devono essere medicati con tecniche asettiche, separatamente dalla ferita chirurgica e possibilmente più frequentemente. 2.drenaggio chiuso: il raccoglitore delle secrezioni drenate deve essere sterile, ben chiuso, deve essere tenuto al di sotto del livello della ferita, per prevenire il reflusso lungo i tubi dei fluidi drenati che vengono colonizzati molto velocemente dai microrganismi. E’ necessario osservare alcuni accorgimenti: - procedere alla pulizia intorno all’inserzione del drenaggio rimuovendo le eventuali incrostazioni ematiche; - disinfettare intorno alla sede di drenaggio iniziando dal punto più vicino al drenaggio verso l’esterno con movimento circolare; confezionare con medicazione sterile e fissare il drenaggio in modo da evitare il dislocamento con trazioni involontarie del drenaggio, garantire il necessario comfort di movimento e offrire la massima e sicurezza al paziente.

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