Enrico IV - Pirandello PDF

Title Enrico IV - Pirandello
Course Laboratorio di Italiano
Institution Università degli Studi di Padova
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Appunti su Enrico IV Pirandello...


Description

DA ENRICO IV AL “PIRANDELLISMO” La dissociazione fra materia e il suo significato torna anche in Enrico IV, dramma del 1921. Apparentemente esso sembra restaurare il clima e la scenografia della tragedia: lo spazio è quello tradizionale della reggia, il protagonista è un re che parla con dignità e linguaggio regali. In realtà la scena è posticcia, la reggia è una messa in scena e il re è un comune borghese che finge di essere Enrico IV. Egli infatti da 8 anni continua a recitare consapevolmente la parte del pazzo, agevolato da servitori che si vestono e si comportano da medievali, dopo che per dodici anni era stato effettivamente folle in seguito a una caduta da cavallo provocata dal rivale Belcredi, il quale ha potuto cosi sottrargli la donna amata, Matilde. La tragedia si rivela degradata, e l’opera si propone come un discorso sulla tragedia e sulla sua impossibilita al presente. Il dragone tipico della tragedia ottocentesca è un pretesto per mettere in scena la necessita dell’estraneità. " Solo ritirandosi dalla vita, rifugiandosi nella storia passata e nella follia è possibile conservare l’estraneità dell’esistenza e dei sentimenti. Cosi, quando Matilde, Belcredi e uno psichiatra, vent’anni dopo l’episodio della caduta da cavallo, vanno a trovare il presunto Enrico IV nel tentativo di guarirlo, questi trafigge il rivale, non tanto per gelosia, quanto per cancellare il mondo del rimosso, delle pulsioni del passato che sono tornate improvvisamente a manifestarsi, e sopratutto per conservare un’immagine di pazzo che gli consenta di continuare a guardare la vita da fuori. "

LA CONCLUSIONE DI ENRICO IV Matilde, Belcredi, suo amante e antico rivale del presunto Enrico IV, Frida, figlia di Matilde, il fidanzato di lei Di Nolli e uno psichiatra si sono recati nella villa, trasformata in reggia, dove abitano il protagonista, i suoi servitori e quattro giovani che fingono di essere i suoi consiglieri segreti. I visitatori credono che il presunto Enrico IV sia ancora pazzo vogliono mettere in scena, a scopo terapeutico, la stessa situazione in cui, vent’anni prima, il protagonista era diventato folle. Sono perciò travestiti come allora: Frida, che è identica alla madre quando questa era giovane, finge di essere Matilde, mentre il fidanzato Di Nolli finge di essere Enrico IV. Ma il protagonista rovescia il gioco: i veri folli sono i suoi visitatori. poi, rivedendo la situazione di un tempi e come trascinato da essa, dapprima abbraccia Frida dichiarando che ne ha diritto e infine trafigge con la spada il rivale. Di tale gesto si può intravedere anche una seconda ragione: solo restando pazzo per sempre, il presunto Enrico IV potrà rimanere fuori dalla vita e guardarla dall’esterno senza farsi coinvolgere da essa. "

LA VITA, LA FOLLIA E LA MASCHERA

In questo terzo atto dell’Enrico IV irrompe la forza della vita prendendo la sua rivincita sulla maschera e mettendone a nudo tutta la precarietà. Per poter comprendere a pieno l’importanza di questa scena, vale la pena ripercorrere gli snodi fondamentali della vicenda, incentrata sui temi del teatro nel teatro, della follia e della menzogna, e ambientata nel primo Novecento in una villa trasformata in una finta reggia. " Qui da molti anni si svolge una messinscena per controllare la follia d’un uomo che ritiene di essere l’imperatore Enrico IV. Il protagonista è un giovane aristocratico che, durante una mascherata in costume nella quale impersonava Enrico IV era caduto da cavallo sbattendo la testa ed era impazzito, convincendosi di essere realmente il personaggio che stava interpretando. Dopo 12 anni, però, era guarito e aveva compreso che l’amico Belcredi lo aveva fatto cadere intenzionalmente per rubargli l’amore di Matilde e sposarla. Aveva deciso cosi di fingersi ancora pazzo, di guardare la vita dal di fuori per non partecipare ad una realtà squallida e dolorosa. Dopo vent’anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi, della loro figlia Frida e di uno psichiatra va a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è interessato a questo strano caso di follia e, per far guarire il presunto pazzo, suggerisce che venga ricostruita e ripetuta la stessa scena traumatica della caduta. La scena della caduta viene allestita, ma al posto di Matilde recita la figlia Frida. Nella scena Enrico IV si ritrova di fronte la ragazza, indistinguibile da Matilde da giovane. Ha cosi uno slancio vitale che lo porta ad abbracciare la fanciulla, ma Belcredi, il suo rivale, si oppone. Enrico IV sguaina cosi la spada e trafigge Belcredi ferendolo a morte. Alla fine il protagonista è costretto dalla situazione a fingersi pazzo per sempre. "

CHI E’ PAZZO?

La scena conclusiva dell’Enrico IV si fonda su un gioco di parti confuse e su una serie di denunce reciproche. Enrico accusa i convenuti di essere pazzi, perché si sono prestati a un’assurda

mascherata; poi, protesta di essere pazzo si, ma non come credono gli altri (riga 17); infine, Belcredi dichiara che Enrico Iv non è pazzo davvero e simula la follia per interesse. Questo scambio delle parti non è solo esterno, ma agisce sull’interno dei personaggi: Enrico, che colpisce in un empito d’ira il rivale, alla fine resta esterrefatto dalla vita della sua stessa finzione. Il confine tra simulazione e verità, tra pazzia e salute finisce cosi per cadere. Nulla è quello che sembra. Persino la spada con cui Enrico ferisce Belcredi non è quello che dovrebbe essere, e cioè un innocuo attrezzo scenico capace di produrre solo finte ferite e finte morti: è vera, come vera è diventata la pazzia del protagonista. Enrico smarrisce la propria identità e si rifugia nella gabbia che si è costruito intorno (rigo 52-54). Lo spettatore è messo di fronte a una situazione di incertezza, in cui non è più possibile fafe distinzioni nette. Il teatro svela cosi l’irragionevolezza della vita e mostra il carattere illusorio della realtà stessa. "

PERCHE ENRICO COLPISCE BELCREDI?

Enrico colpisce Belcredi per gelosia. Questi è il suo antico rivale amoroso e Enrico cerca una vendetta. Ma questa spiegazione vale solo a un primo livello. Enrico colpisce Belcredi quando questi lo accusa di non essere pazzo sul serio: dunque, egli intende dimostrargli di essere folle e riguardi nel mondo che ha costruito intorno a se e che lo ha allontanato dalla vita degli altri, facendogliela perdere. Anche se l’eternità di maschera in cui si è fissato è simulata, è pur sempre la sua unica identità residua: per esistere, a lui non rimane che aggrapparsi a essa. La condizione di Enrico è quindi quella di un uomo prigioniero delle maschere sociali, imposte dal mondo esterno, e delle maschere che ciascuno costruisce a se stesso. Non esiste via di scampo dall’alienazione. "

DALLA SIMULAZIONE COME SCELTA ALLA SIMULAZIONE COME PRIGIONE "

La pazzia di Enrico a un certo momento era diventata una scelta, cioè una finzione. È solo l’intervento degli altri personaggi che fa precipitare gli eventi e costringe il protagonista ad accettare come una condanna la perpetrazione della finzione. La simulazione si è trasformata in qualche cosa di diverso, perché è diventata obbligata. "...


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