Ernesto de Martino -La terra del rimorso PDF

Title Ernesto de Martino -La terra del rimorso
Author Paola Ressa
Course Antropologia culturale
Institution Sapienza - Università di Roma
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Ernesto de Martino: La terra del rimorso ERNESTO DE MARTINO: LA TERRA DEL RIMORSO

La “Terra del rimorso” è l’Italia meridionale, o più precisamente l’antico Regno di Napoli, delimitato dall’acqua santa dello stato pontificio da un lato, e da quella del Mar Mediterraneo dall’altro. Con l’analisi dell’isolato fenomeno del tarantismo (all’epoca della ricerca sul campo del 1959, il cui resoconto occupa la prima parte del volume, ridotto, etnograficamente parlando, ad un relitto) il de Martino intende offrire un personale contributo ad una storia religiosa del sud. Dal ‘700 in avanti la spiegazione più diffusa data del fenomeno del tarantismo è di tipo medico: Le crisi dei tarantolati (o tarantati) avrebbero origine da casi di aracnidismo (relativi al morso di “latrodectus tredecim guttatus”, e non, come vorrebbe la tradizione popolare, da quello della Lycosa Tarentula), o tutt’al più da disordini della sfera psichica. L’intento di analizzare da un punto di vista etnografico il fenomeno del tarantismo richiedeva dunque la preliminare smentita, della soluzione medica. Il lavoro sul campo fornì una serie di prove a discapito di questa interpretazione: 

Su trentacinque casi di tarantismo osservati nel Salento nel giugno del 1959, fu rilevato un solo caso di latrodectismo come origine della crisi.



La tradizionale spiegazione della stagionalità del tarantismo fonda sulla maggiore esposizione al morso del latrodectus al momento del raccolto; questa teoria non tiene però conto delle di una serie di dati: secondo le statistiche la taranta (almeno nella sua forma “moderna”) colpisce principalmente le donne, in proporzione meno impegnate nel lavoro agricolo.



L’assoluta assenza di casi di tarantismo nel “Feudo di Galatina”(LE), tradizionalmente giustificata attraverso la protezione di San Paolo, risultava assolutamente inconciliabile con una spiegazione di tipo medico.



La diffusione familiare (attraverso le generazioni) del tarantismo sembrava orientare verso una spiegazione psichiatrica/psicologica del fenomeno.

Gli studi condotti sui tarantolati dallo psichiatra Giovanni Jervis, membro dell’équipe, rilevarono disordini su uno solo dei 35 soggetti osservati. Sgombrato il campo dalle imprecise interpretazioni diffuse, l’équipe si concentrò sull’analisi del tarantismo come fenomeno culturale, analizzandone in primo luogo i tratti salienti, e ponendoli poi in relazione con il simbolo della “Taranta”. Secondo le osservazioni condotte e poggiando anche sullo studio di fonti antiche (in particolare autori rinascimentali), i tratti salienti del tarantismo si rivelarono i seguenti: 

Il tarantismo, colpisce , almeno in epoca moderna, esclusivamente soggetti di bassa estrazione sociale (spesso coltivatori diretti).



Il “primo morso” avviene generalmente in momenti di grande tensione (es. i coltivatori ne sono affetti poco prima del raccolto, le fanciulle all’ingresso nella pubertà ecc. ).



Ciclicamente, ed in maniera stagionale la taranta torna a “rimordere”.



Il tarantolato è preso da crisi di “noia”, depressione, inappetenza, prima dell’insorgere della crisi.



La crisi può essere trattata con il ricorso ad un “Esorcismo Coreutico-Musicale” fortemente canonizzato.



Il nome generico di Taranta indica non solo i “ragni”, ma anche serpenti e scorpioni.



Le tarantole sono personali e dotate di coloritura emotiva propria (in particolare si incontrano con frequenza la tarantola “ballerina”, la “melanconica”, la “libertina” e la “dormiente”) che si trasmette al tarantato attraverso il veleno.



I tarantolati sono sensibili a determinati ritmi,melodie e colori, in maniera dipendente dalla tarantola che li ha morsi, e mostrano di aggravarsi se posti di fronte a colori/musiche non conformi all’umore di questa.



Se si eccettuano i casi di “Tarantola melanconica” o “Tarantola Dormiente”, i tarantolati sono affetti da forti crisi coreutiche che generalmente non si estinguono prima di due o tre giorni consecutivi di ballo.



Il tarantolato è sottoposto a crisi stagionali fino alla morte della taranta che lo ha morso ed eventualmente della sua discendenza fino alla settima generazione.

Al momento dello studio sul campo il tarantismo risultava comunque un fenomeno già in via di sparizione e fortemente contaminato dalla tradizione cristiana, in particolare dal culto di S. Paolo (protettore dei tarantolati). Il simbolo della tarantola o “taranta”, risulta, alle analisi di de Martino, una sintesi di tratti della Lycosa Tarentula (fiugura 2), uniti qua e la a caratteristiche tipiche del Latrodectus (la tradizione vuole ad esempio che le tarantole si lascino trasportare dal vento attaccate ai fili della loro tela ecc.). Per quanto riguarda l’esorcismo coreutico-musicale l’analisi congiunta dei soggetti osservati e delle fonti classiche, hanno permesso al de Martino ed all’equipe, di individuare i seguenti tratti salienti: 

Riconosciuta la malattia vengono chiamati i musicisti (in numero variabile e attrezzati in maniera variabile).



I suonatori procedono ad un’esplorazione musicale del soggetto in crisi secondo una serie di brani tradizionalmente tramandati, fino all’individuazione della melodia adatta all’umore del tarantato e della sua taranta.



Il tarantato balla a tempo alternando fasi di danza “in piedi” e “figure a terra” .



Ciclicamente il ballo cessa ed il tarantato viene adagiato su di un letto o su dei cuscini per riposare.



L’esorcismo coreutico-musicale ha funzione bipolare; in esso il tarantato “asseconda” la taranta, adottando il suo ballo ed identificandosi con essa, ma d’altra parte tenta di convincerla a ballare fino allo sfinimento (facendola cioè “ballare fino a schiattare”).



La durata media delle crisi è di due o tre giorni, passati i quali la tarantola “schiatta” o, a seconda dei casi, il santo concede la grazia.

Da quanto osservato il de Martino offre una prima interpretazione del fenomeno del tarantismo, incentrata sulla sua lettura simbolica, ma ancora da perfezionare con l’inserimento in una cornice storica.

La stagionalità del tarantismo sembra testimoniare a favore di una lettura “rituale” del fenomeno, inteso come dispositivo (per quanto scarsamente funzionante nel 1959) utile a liberarsi, a ridosso del momento decisivo del raccolto, dai contenuti critici individuali accumulati nell’arco di un anno di duro lavoro nei campi. Il momento del raccolto, fa notare l’autore, è un momento di saldo dei debiti economici ma anche esistenziali contratti durante l’intero anno. Il tarantismo così inteso assolve alla duplice funzione di : 1. Differire le eventuali crisi individuali ad un momento preciso riconducendo il disordine (psicologico) del singolo ad un “ordine semi-rituale” collettivo, trattabile secondo specifiche modalità. 2. Liberare il singolo dai suoi personali contenuti critici.

Fornita una prima interpretazione del Tarantismo, il de Martino rileva, attraverso una serie di paralleli etnografici, alcune affinità con manifestazioni culturali di altre civiltà di area proto-mediterranea, ed in particolare l’”Argia Sarda”, i casi di tarantismo in Spagna e alcuni culti Nord-Africani. Particolarmente interessante il parallelo con il Voudou haitiano, affine per la modalità di trattamento della possessione (esorcismo coreutico-musicale), per la convivenza con religioni “maggiori”, per la diffusione solo tra le fasce più basse della popolazione ecc. Conclusi i paralleli etnografici, il de Martino passa ad un’analisi degli “antecedenti storici” del tarantismo; si scopre così che nell’antica Grecia l’iniziazione al Coribantismo avveniva con una serie di danze precedute da una esplorazione musicale. Già Platone (Leggi) indica come, nel caso di infanti e coribanti, un disordine interiore possa essere risolto con il ricorso ad un movimento esteriore accompagnato dal corretto sottofondo musicale. Sempre Platone, nel Fedro, distingue tra la  umana (legata a problemi psichici) e quella divina, spesso risolta con l’uso di esorcismi coreutico-musicali. Il de Martino, sempre fondando su indicazioni platoniche, indica l’origine della Catartica musicale greca nel Pitagorismo.

Il tarantismo in senso stretto nasce invece in epoca medioevale sulle ceneri del monadismo e degli antichi culti orgiastici ancora presenti sul territorio al momento della diffusione del cristianesimo. L’incerta distinzione, all’interno della cultura medievale, dei concetti di “Veneficium” e “Maleficium” contribuisce alla formazione del tarantismo, malattia dello spirito organicamente causata dal veleno della tarantola. Nel medioevo nasce inoltre, in un chiaro tentativo cristiano di far propri i culti popolari (diffusi tra gli strati più bassi della popolazione), la connessione tra il tarantismo e la figura di S.Paolo . In epoca medioevale si rileva inoltre una certa corrispondenza tra tarantismo ed idrofobia (letta in maniera simbolica ed associata a S. Vito (figura 3)), considerata origine delle crisi coreutiche diffuse nell’Europa settentrionale e risolte con il cosiddetto “ballo di San Vito”. In epoca medievale il cristianesimo sostituì, dove possibile, i residui di monadismo e culti orgiastici, con l’esorcismo canonico (in tal modo riportando quella che era stata ritualizzata e ordinata come crisi collettiva al livello di disordine e crisi individuale e rendendo così inservibili, in vista di una risoluzione, i dispositivi diffusi) o la sitemazione della crisi con la penitenza. Con il passaggio al rinascimento, si diffondono due differenti interpretazioni del tarantismo, la prima legata alla “Iatromusica barocca” ed idealmente rappresentata dagli studi del Kircher, e la seconda strettamente medica. La iatromusica, che si richiamava alle medicina ippocratica coniugata con una visione unitaria e dinamica della natura vivente tipicamente rinascimentale, teorizzava la possibilità di riequilibrare gli squilibri interni tra gli umori con l’aiuto dell’ Armonia musicale; ai quattro umori vennero così associati i 4 modi classici dell’armonia. La teoria Kircheriana, ancora concentrata sull’utilità e la funzionalità dell’esorcismo coreutico-musicale, è però destinata a scomparire presto sotto il peso dell’illuminismo napoletano, più propenso a liquidare il tarantismo come effetto dell’ aracnidismo, o al limite come manifestazione di malattie psichiche, che ad accettare i toni “magici” della iatromusica.

Alla scomparsa del tarantismo contribuì inoltre un tentativo di controllo da parte del cristianesimo: le istituzioni ecclesiastiche vollero concentrare le manifestazioni dei tarantati a Galatina, in occasione della festa di Ss. Pietro e Paolo (29 Giugno). Il tarantismo osservato il 29 di giugno nella cappella di S.Paolo rappresentava in effetti l’aspetto disturbato ed irrisolvibile di una manifestazione culturale ridotta ad un relitto, gli avanzi di un dispositivo un tempo funzionante, distrutto dal cristianesimo e dalla cattiva considerazione del pensiero scientifico.

Manifestazione culturale un tempo diffusa sopravvissuta ai margini della cultura attuale. Secondo una fortunata intuizione di A. Gramsci, proprio da un’attenta analisi della storia religiosa del sud dipenderebbe una nuova e migliore posizione della “Questione Meridionale” Il Latrodectus Tredecim Guttatus (figura 1) , anche noto come “Malmignatta” o “Ragno Volterrano” è un aracnide del sottordine degli Araneomorfi, di dimensioni generalmente non superiori ad 1,5 cm. Parente della famigerata “Vedova Nera”, il Latrodectus Tredecim Guttatus è dotato di un veleno potentissimo che tuttavia, date le ristrette quantità iniettate con un morso, provoca in soggetti non allergici solamente febbre, nausea, angoscia, sudori freddi, perdita di equilibrio e simili. Il veleno del Latrodectus può essere letale per soggetti allergici. Il caso di latrodectismo accertato dall’equipe poteva spiegare la prima crisi del tarantato, il cosiddetto primo morso, ma non il carattere “stagionale” e “ciclico” dei rimorsi. Secondo i dati statistici le crisi di tarantismo si concentrano in un periodo compreso tra la fine di maggio e la fine di giugno. Nel corso dell’opera il de Martino osserva alcune interessanti mutazioni all’interno dell’esorcismo come l’abbandono dello specchio e dell’acqua, il passaggio dalle vecchie melodie alle nuove. In generale descritti come “scorpioni di tutti i colori”. Non di rado i tarantolati chiamano per nome la tarantola che li ha morsi.

La “Tarantola Dormiente”, insensibile ad ogni stimolo cromatico e musicale, rappresenta il limite di efficacia dell’esorcismo coreutico-musicale. Secondo la tradizione i colori che un tarantato mostra di gradire sono quelli della tarantola che lo ha morso, così come la musica che apprezza è la musica “ballata” dalla tarantola al momento del morso. La Lycosa Tarentula, comunemente nota come “Tarantola” o “Ragno Lupo” può raggiungere i 4/5 cm di lunghezza, risultando decisamente più vistosa del latrodectus; visibile quasi esclusivamente di notte, abituata ad assaltare le prede correndo e compiendo salti fino ai 3 m, la Lycosa sembra particolarmente adatta a stimolare la fantasia dell’uomo. Da un’analisi effettuata sui 35 tarantati osservati, risulta lampante come il primo morso, ritualmente rivissuto con cadenza annuale, cada sempre in momenti di crisi individuale (es. perdita di una persona cara, amore negato, gravi liti coniugali ecc.). Questo parallelo con il voudou, a prima vista improbabile, è facilmente spiegabile se si pensa alla derivazione del culto haitiano da tradizioni popolari nord-africane, sopravvissute alla diffusione dell’Islam, e alla ovvia influenza di quest’ultimo su un’Italia del sud sottoposta a continue incursioni. Rollio della culla e ninna nanna per gli infanti, danza e suono dell’ per i coribanti. Suddivisa in quattro generi, la mania divina rappresenta la possessione da parte del dio; particolarmente interessante quella di tipo “Telestico” legata ai culti orgiastici di Dioniso. Informazione questa che attesterebbe, data l’influenza delle scuole pitagoriche in Magna Grecia, la presenza di questo dispositivo sul territorio in epoca pre-platonica. Secondo la tradizione cattolica S.Paolo protegge dai morsi dei serpenti ( si veda ATTI XXVI, 12 ), la sua associazione con il tarantismo non è dunque casuale. Come fa giustamente notare il de Martino, queste affinità non devono essere sopravvalutate le crisi coreutiche legate alla figura di S. Vito non raggiunsero mai l’ autonomia simbolica propria del tarantismo. Ippocrate distingueva nell’organismo 4 umori: Sangue, Flegma, Bile Gialla, Bile Nera, collegate ai 4 elementi . La prevalenza di uno degli umori avrebbe determinato il carattere dell’individuo.

Il mixolidio, il dorio, il lidio, ed il frigio. Un’ interessante integrazione è quella del Boglivi, che, posto di fronte ad una serie di incogruenze della spiegazione medica, distingue tra “Tarantismo reale” causato da Latrodectismo e “i carnevaletti delle donne” ovvero una serie di crisi simulate per poter impunemente scatenare comportamenti generalmente sanzionabili o quantomeno considerati immorali....


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