Esempio/prova d\'esame 11 Aprile 2018, domande+risposte PDF

Title Esempio/prova d\'esame 11 Aprile 2018, domande+risposte
Course Diritto processuale civile
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

IMPUGNAZIONE DELLE SENTENZE NON DEFINITIVE E DIFFERENZE DI REGIME TRA APPELLO E CASSAZIONE Le sentenze non definitive su questioni sono quelle pronunce che risolvendo una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito in senso negativo non statuiscono sulla fondatezza della domanda e quindi...


Description

IMPUGNAZIONE DELLE SENTENZE NON DEFINITIVE E DIFFERENZE DI REGIME TRA APPELLO E CASSAZIONE Le sentenze non definitive su questioni sono quelle pronunce che risolvendo una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito in senso negativo non statuiscono sulla fondatezza della domanda e quindi non stabiliscono ancora chi sia il vincitore della lite. Tali pronunce, se rese in primo grado possono essere impugnate sia immediatamente sia in via differita previa riserva, a scelta del soccombente solo virtuale. Tale facoltà di scelta, frutto della novella del 1950 (prima era obbligata la via della impugnazione differita previa riserva), è stata modificata con il d.lgs. 40/2006: oggi, infatti, la facoltà riconosciuta al soccombente di impugnare immediatamente o riservarsi è differentemente articolata per l’appello e per il ricorso in Cassazione. Quanto all’appello contro le snd pronunciate in primo grado, l’art. 340 mantiene ferma la possibilità di scelta tra impugnazione immediata e differita (previa riserva), sia per le sentenze di condanna generica (278) sia per tutte le snd di cui al n.4 del co.2 dell’art. 279: si tratta di quelle pronunce non definitive su questioni preliminari di merito, su questioni pregiudiziali di rito o rese su alcune delle domande cumulate. Se invece la snd è stata pronunciata dal giudice d’appello, a seguito della riforma del 2006 non sempre sarà possibile per la parte scegliere tra la sua impugnazione immediata o differita. Una tale scelta resta ferma, ex art. 361, per le sentenze di condanna generica e per le sentenze rese su alcune solo delle più domande cumulate. Tali sentenze potranno così essere impugnate immediatamente o in via differita previa riserva. Peraltro la possibilità di una impugnazione differita mal si addice alle sentenze che decidono solo alcune delle domande cumulate, perché si tratta di sentenze definitive parziali sull’oggetto del giudizio, posto che il seguito del processo nulla può togliere o aggiungere alla loro portata e così alla soccombenza che ne scaturisce. Tuttavia, gli artt. 340 e 361 non consentono di distinguere tra i tipi di sentenze non definitive richiamati, e così l’interprete si trova di fronte ad una previsione che non consente suddivisioni. Diversamente, per ciò che concerne le snd su questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, il nuovo co.3 del 360 ne esclude l’immediato ricorso per cassazione. Quindi tali sentenze pronunciate dal giudice di appello potranno essere impugnate solo con ricorso principale in cassazione; oppure con ricorso incidentale a fronte del ricorso principale proposto dalla controparte; oppure ancora nel caso in cui venga proposto ricorso per cassazione immediato avverso una sentenza di condanna generica o una sentenza che decide una delle più domande cumulate. DISTINZIONE TRA IMPUGNAZIONE PRINCIPALE E IMPUGNAZIONE INCIDENTALE La distinzione tra ip e ii prende avvio da una fattispecie che sovente si può verificare nel nostro ordinamento, ossia la pluralità di impugnazioni contro la stessa sentenza. È possibile, infatti, che la sentenza non accolga totalmente la domanda avanzata dall’attore: chiesta la condanna all’adempimento di un credito pari a 100, il giudice potrebbe accogliere la domanda per un importo inferiore ad es. 50. Sia l’attore che il convenuto hanno ottenuto soddisfazione solo parziale e versano così in una situazione di reciproca soccombenza pratica che legittima entrambi ad impugnare la medesima sentenza per la parte rispettivamente sfavorevole. 1

Poiché entrambi hanno dunque eguale potere di prendere l’iniziativa di attaccare la decisione, notificando alla controparte l’atto introduttivo del giudizio di impugnazione, potrebbe astrattamente accadere che separati atti di impugnazione, provenienti dalle diverse parti legittimate, diano vita ad altrettanti provvedimenti separati, determinando così un’inopportuna biforcazione dell’unico processo. La legge, allo scopo di mantenere l’unità del processo di impugnazione, si preoccupa di prevenire questo rischio, imponendo a chiunque impugni per secondo (dopo cioè aver ricevuto la notificazione dell’altrui impugnazione che, in quanto proposta per prima, assume il nome di principale) l’onere di proporre la propria a pena di decadenza in via incidentale nello stesso processo già reso pendente dall’impugnazione principale. L’impugnazione si dice dunque incidentale allorché chi la propone – in quanto anch’egli soccombente, in altra parte della sentenza rispetto a quella oggetto dell’impugnazione principale – voglia introdurla in un giudizio di gravame (della medesima sentenza) già in corso, poiché avviato da un’altra parte con la propria impugnazione principale. Chi effettua l’impugnazione incidentale non produrrà un autonomo atto introduttivo, perché l’impugnazione sarà calata nel primo atto difensivo (comparsa di risposta nel giudizio di appello o controricorso in quello di cassazione), osservando quindi particolari forme e anche particolari termini che si aggiungono e talora assorbono quelli ordinari, come nel caso dell’impugnazione incidentale tardiva. RIMESSIONE DELLA CAUSA DAL GIUDICE DI APPELLO AL GIUDICE DI PRIMO GRADO L’appello costituisce l’impugnazione più importante dal punto di vista storico, funzionale e anche perché quasi tutte le sentenze di primo grado vanno soggette ad appello e il relativo giudizio consente alla parte soccombente, che può introdurlo, un’ampia possibilità di critica alla sentenza sia con riguardo alle questioni di diritto sia quanto alla soluzione delle questioni di fatto. L’oggetto del giudizio di appello si sovrappone, almeno potenzialmente, all’oggetto del processo di primo grado. La nuova sentenza che verrà pronunciata avrà carattere sostitutivo in tutto o in parte della prima sentenza, la quale risulterà dunque in ogni caso assorbita all’atto della pronuncia della sentenza di appello. Il carattere sostitutivo della sentenza di appello si avrà sia nel caso in cui essa accolga uno o più dei motivi di appello, sia allorché essa rigetti integralmente l’appello ed i vari suoi motivi. Fanno eccezione i sei casi tassativi descritti negli artt. 353 e 354 nei quali il giudice, anziché procedere subito ad una nuova decisione della causa, deve limitarsi ad annullare o a dichiarare nulla in radice la sentenza di primo grado, rimettendo la causa davanti al giudice di primo grado, affinché si rinnovi già e innanzitutto quel grado di giudizio. Questa soluzione non lascia alcuna discrezionalità al giudice di appello, che nei casi previsti deve rimettere la causa in primo grado (nonostante esiti diseconomici) e fuori di essi invece non può farlo. Nel processo civile, è prevista quindi la rimessione in primo grado innanzitutto allorché il giudice di appello accolga la censura contro la sentenza di primo grado che, per il giudice di secondo grado, aveva dichiarato erroneamente la carenza di giurisdizione del giudice civile oppure del giudice italiano. In secondo luogo quando il giudice di appello rilevi la nullità non sanata della notificazione della citazione introduttiva in primo grado. Ancora quando il giudice di appello rilevi, eventualmente anche d’ufficio, se sul punto la sentenza di primo grado non si era in alcun modo 2

pronunciata, la mancata integrazione del contraddittorio in presenza di un litisconsorte necessario pretermesso, purchè però accetti la causa nello stato in cui si trova, oppure tutte le parti accettino che la causa venga nuovamente trattata e istruita con la presenza della parte necessaria direttamente in appello. Vi è poi il caso in qualche modo speculare al precedente, in cui il giudice di appello dichiara che è avvenuta in modo illegittimo l’estromissione di una parte dal primo grado di giudizio (qui peraltro occorrerà un motivo di appello ad opera della parte estromessa, o di una delle altre parti che abbia interesse a dedurre l’illegittimità della sua estromissione). Costituisce un’ipotesi di appello rescindente anche quella in cui il giudice di appello dichiari la nullità radicale della sentenza di primo grado per mancata sottoscrizione della stessa da parte del giudice che l’ha pronunciata. Dall’art. 161 co.2 cpc emerge che in tal caso la sentenza non è solamente viziata, ma costituisce una species del genus della sentenza radicalmente nulla ed inefficace. Infine l’ultimo caso è quando il giudice di appello dichiari che in primo grado erroneamente è stata pronunciata l’estinzione del processo, in quanto non si è verificato nessun evento estintivo. In questa ipotesi la sentenza oggetto di appello è quella pronunciata dal giudice unico che dichiara direttamente l’estinzione, oppure quella resa dal collegio. L’elenco di queste sei ipotesi, in cui la legge vuole garantire in maniera rigida la pienezza del doppio grado di giudizio, abbraccia quindi due tipi di patologie intervenute nel giudizio di primo grado: la prematura chiusura in rito del processo di primo grado e la nullità. Fuori di questi sei casi tassativi, la regola è quella opposta: se il giudice di appello dichiara la nullità di altri atti posti in essere nel grado precedente ne ordina la rinnovazione da compiersi direttamente nel grado di appello, applicandosi così l’art. 356 cpc. IL RICORSO PER CASSAZIONE CON RINVIO L’impugnazione qualificata “ricorso per cassazione”, di cui si occupano gli artt. 360 ss. Cpc, costituisce il grado di giudizio di chiusura del rapporto processuale. Il ricorso per Cassazione può cumulare l’esercizio di due poteri ad opera della parte soccombente che lo propone: il potere di ottenere l’annullamento della sentenza di merito viziata (la cosiddetta azione di impugnativa solo rescindente) e quello, in via consequenziale, cioè se l’annullamento è stato conseguito, di ottenere talora (dal giudice di rinvio o dalla stessa Cassazione) una nuova sentenza sulla domanda giudiziale di prime cure. L’art. 360 assoggetta al ricorso le sentenze emesse in grado di appello e quelle pronunciate in unico grado. Saranno impugnabili per cassazione, peraltro, anche le sentenze di primo grado quando dichiarate dalla legge inappellabili, rese secondo equità a richiesta di parte o impugnate in appello dove però il giudice di seconde cure abbia pronunciato ordinanza di inammissibilità. Sempre l’art. 360 co.1 elenca i cinque motivi che consentono alla parte soccombente di impugnare i sopra detti provvedimenti con il ricorso per cassazione. Si tratta di cinque motivi di puro diritto poiché rimane escluso dal giudizio di legittimità della Cassazione ogni diretto riesame del fatto relativo al merito della causa. I motivi sono attinenti a questioni di giurisdizione, questioni di competenza, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

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Il ricorso per cassazione deve contenere l’indicazione del motivo o dei motivi, delle parti, della sentenza o della decisione che si impugna; l’esposizione concisa ma esauriente dei fatti della causa e dello svolgimento del processo; la procura alle liti se rilasciata a margine o in calce al ricorso o l’indicazione di essa e della sua data anteriore se rilasciata con separato atto pubblico. Il ricorso andrà notificato all’altra parte, o alle varie altre parti. Il contenuto del ricorso è stato fortemente innovato dalla legge 69/2009 che ha abrogato il cosiddetto “quesito di diritto” e introdotto il “filtro” di cui all’art. 360-bis. Attraverso quest’ultimo strumento il ricorso è ora inammissibile, oltre che negli altri casi già previsti dalla legge, quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, e quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Questo nuovo vaglio preliminare verrà compiuto da un’apposita sezione della Corte definita “sezione filtro” e composta di magistrati applicati presso le altre sezioni. Una volta redatto il ricorso completo di tutti gli elementi, la notifica andrà fatta entro i sei mesi dal deposito della decisione impugnata oppure entro sessanta giorni dalla sua notificazione. Indi il ricorso andrà depositato in cancelleria entro 20 giorni dall’ultima notifica a pena di improcedibilità. Il resistente, se vuole difendersi attivamente già prima della udienza finale di discussione, dovrà, entro ulteriori venti giorni, contraddire al ricorso con un atto chiamato controricorso da notificare al ricorrente nel domicilio eletto ex art. 370 cpc. L’art. 376 co. 1 cpc prevede che il primo presidente della Corte possa assegnare alle sezioni unite (se ricorrono i presupposti dell’art.374) o alla sezione filtro il ricorso. Quest’ultima sezione valuterà se sussistano i presupposti per la decisione in camera di consiglio ex nn. 1 e 5 dell’art.375 co.1, ossia quando la sezione ritenga di poter dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale o incidentale; oppure quando il ricorso appaia manifestamente fondato o infondato, senza necessità di un esame approfondito. Se la sezione filtro non definirà per tale via il giudizio, il ricorso verrà assegnato ad una delle altre sezioni semplici. Il giudice relatore così nominato valuterà a sua volta se: il ricorso possa essere deciso con il rito camerale vertendosi in una delle sue ipotesi del 375 nn. 1 e 5; oppure se il ricorso vada deciso con il rito ordinario. Riscontrata la fondatezza del ricorso ex art. 360 n.3 o 4, la Corte ha due possibilità: può pronunciarsi solo sulla domanda di cassazione, annullando la sentenza impugnata, ed imprimere una linea imperativa alla nuova decisione della causa enunciando il principio di diritto vincolante per il giudice di rinvio. In alternativa la Corte può decidere subito nel merito anche la causa applicando direttamente la corretta regula iuris ai fatti già ricostruiti nel grado precedente. Una volta cassata la sentenza, la Corte rimetterà la causa al cd. giudice di rinvio che, di regola, è un diverso giudice di pari grado rispetto a quello che ha emesso la sentenza cassata. Davanti a tale giudice si svolgerà la fase rescissoria, e sempre a tale giudice competeranno gli accertamenti sui fatti già istruiti in precedenza o l’istruzione su fatti trascurati in precedenza che necessitano per dare alla causa una corretta soluzione. Questa generica funzione del giudizio di rinvio si addice particolarmente al caso di cassazione per violazione o falsa applicazione di una norma di diritto sostanziale. In queste ipotesi il giudizio di rinvio si rende necessario per completare sotto la guida del principio di diritto enunciato dalla S.C., l’opera della Cassazione svoltasi ex art.360 n.3 e così per riscontrato error iuris in iudicando. Il giudice di rinvio opera quindi come una sorta di longa manus della S.C. nel campo del giudizio di fatto, cui essa non può accedere. 4

Nell’affrontare questo compito rescissorio il giudice di rinvio può e deve allora tenere conto delle risultanze emergenti dalle fasi precedenti del procedimento e che mantengono tendenzialmente validità e significato anche nel giudizio di rinvio. In questa ipotesi la cassazione è avvenuta solo per un errore di giudizio in diritto del giudice di appello e pertanto gli accertamenti in fatto non sono incisi dal tenore dell’annullamento e sono ancora valorizzabili nell’ambito della ricostruzione decisoria connessa alla nuova fase. Tale ricostruzione avverrà, però, all’insegna di una regula decisoria diversa da quella applicata in appello, in base alla quale selezionare ex novo la rilevanza dei fatti. Talora il giudice di rinvio, se non trova elementi adatti per effettuare la ricostruzione dovrà individuarli lui stesso, quindi può capitare che debba compiere nuove attività istruttorie, di norma a istanza di parte. Ciò può verificarsi solamente nei casi in cui la stessa sentenza della S.C. ne faccia sorgere la necessità, rendendo rilevanti fatti che non erano stati ritenuti tali. Il giudizio di “rinnovazione” non è l’unico giudizio di rinvio che può avere luogo. Se la Cassazione ha accolto altri motivi dell’art. 360 il giudizio di rinvio potrà essere allora di tipo “restitutorio”. In questi casi non ha tanto la funzione di completare il dictum della S.C. e proseguirne il procedimento, bensì quella di far retrocedere il processo sui suoi passi, sino a quella fase in cui si verificò il vizio censurato dalla Corte. CASSAZIONE SENZA RINVIO L’impugnazione qualificata “ricorso per cassazione”, di cui si occupano gli artt. 360 ss. Cpc, costituisce il grado di giudizio di chiusura del rapporto processuale. Il ricorso per Cassazione può cumulare l’esercizio di due poteri ad opera della parte soccombente che lo propone: il potere di ottenere l’annullamento della sentenza di merito viziata (la cosiddetta azione di impugnativa solo rescindente) e quello, in via consequenziale, cioè se l’annullamento è stato conseguito, di ottenere talora (dal giudice di rinvio o dalla stessa Cassazione) una nuova sentenza sulla domanda giudiziale di prime cure. L’art. 360 assoggetta al ricorso le sentenze emesse in grado di appello e quelle pronunciate in unico grado. Saranno impugnabili per cassazione, peraltro, anche le sentenze di primo grado quando dichiarate dalla legge inappellabili, rese secondo equità a richiesta di parte o impugnate in appello dove però il giudice di seconde cure abbia pronunciato ordinanza di inammissibilità. Sempre l’art. 360 co.1 elenca i cinque motivi che consentono alla parte soccombente di impugnare i sopra detti provvedimenti con il ricorso per cassazione. Si tratta di cinque motivi di puro diritto poiché rimane escluso dal giudizio di legittimità della Cassazione ogni diretto riesame del fatto relativo al merito della causa. I motivi sono attinenti a questioni di giurisdizione, questioni di competenza, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Riscontrata la fondatezza del ricorso ex art. 360 n.3 o 4, la Corte ha due possibilità: può pronunciarsi solo sulla domanda di cassazione, annullando la sentenza impugnata, ed imprimere una linea imperativa alla nuova decisione della causa enunciando il principio di diritto vincolante per il giudice di rinvio. In alternativa alla cassazione con rinvio, se un tale esito immediato di scioglimento del caso sia accessibile senza esigenza di svolgere giudizi di fatto cui la Corte non è deputata, la S.C. può decidere subito nel merito anche la causa applicando direttamente la corretta regula iuris ai fatti già ricostruiti nel grado precedente. 5

Per aprire questa nuova via, che amplia e rende duplice l’oggetto del giudizio di cassazione, occorre dunque che l’operazione di sussunzione possa essere subito compiuta presso la S.C. È necessario cioè che gli accertamenti di fatto già in precedenza svolti siano quelli congrui e pertinenti; ed occorre pure che essi siano svolti con sufficiente approfondimento ed impegno e non solo al modo di digressioni collaterali. L’art. 382 ult.co. prevede tre diverse ipotesi di cassazione senza rinvio, che si caratterizzano per dare al processo un esito in mero rito. Una prima ipotesi riguarda l’accertamento da parte della S.C., in accoglimento di un motivo di cui al n.1 dell’art.360, del difetto di giurisdizione del giudice di cui si è impugnato il provvedimento e di qualunque altro giudice. In tal caso la S.C. dichiara tale carenza e rende essa stessa una decisione di definitiva absolutio ab instantia. Del pari si avrà cassazione senza rinvio pure nella vasta serie di casi cui la citata norma allude con la vaga formula “causa che non poteva essere proposta”. Ci si riferisce, precisamente, alle ipotesi in cui la sentenza di merito di appello va cassata perché mancava un presupposto processuale, ulteriore rispetto alla giurisdizione, o una condizione dell’azione. Anche qui l’esito, direttamente sancito dalla S.C., sarà quella stessa sentenza di rigetto in rito che, per errore, non fu già pronunciata in primo grado o in appello. Più complessa è la terza ipotesi, quella cioè del processo che, secondo il giudice della S.C. non poteva essere proseguito. Le sottoipotesi sono vari...


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