Esercitazione 69 - Parafrasi I canto paradiso PDF

Title Esercitazione 69 - Parafrasi I canto paradiso
Author Marta Pasqual
Course Letteratura Italiana
Institution Università telematica e-Campus
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Summary

parafrasi I Canto Paradiso...


Description

ESERCITAZIONE 69. PARAFRASI La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove Lo splendore di Dio si diffonde e si manifesta per l’universo intero in vario modo ed in misura differente. Nel ciel che più de la sua luce prende parte di fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende; Nel cielo in cui è presente al massimo la sua luce io fui, e vidi cose che sono impossibili a ridirsi per chi torna da lì; perché appressando sé al suo disire, suo nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. perché avvicinandoci al suo desiderio ultimo, il nostro intelletto si addentra così tanto [nel mistero] che poi non ha più la capacità di ricordare. Veramente quant’io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sarà ora materia del mio canto. Tuttavia, tutto quello che ho potuto ricordare con la mia mente del Paradiso, ora sarà la materia di questo canto. O buono Appollo, a l’ultimo lavoro fammi del tuo valor sì fatto vaso, come dimandi a dar l’amato alloro. O buon Apollo, per il mio ultimo lavoro conferiscimi l’ispirazione da te richiesta per dare la laurea poetica. Infino a qui l’un giogo di Parnaso assai mi fu; ma or con amendue m’è uopo intrar ne l’aringo rimaso. Fino a qui è stato sufficiente l’aiuto delle Muse, ma da ora ho bisogno di loro e di Apollo

per poter entrare nel luogo che mi rimane. Entra nel petto mio, e spira tue sì come quando Marsïa traesti de la vagina de le membra sue. Entra nel mio petto e canta per me così come quando tirasti fuori dall’involucro della sua stessa pelle il satiro Marsia che osò sfidarti. O divina virtù, se mi ti presti tanto che l’ombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti, O virtù divina, se tu mi concedi che almeno un’immagine fuggevole del Paradiso rimanga salda nella mia mente, vedra’ mi al piè del tuo diletto legno venire, e coronarmi de le foglie che la materia e tu mi farai degno. mi vedrai venire ai piedi del tuo amato alloro e mi incoronerai con quelle foglie per le quali la materia trattata e tu mi avrete fatto degno. Sì rade volte, padre, se ne coglie per trïunfare o cesare o poeta, colpa e vergogna de l’umane voglie, Così poche volte, o padre, si ottiene la gloria poetica per il trionfo di un imperatore o poeta, (colpa e vergogna della natura umana) che parturir letizia in su la lieta delfica deïtà dovria la fronda peneia, quando alcun di sé asseta. che il fatto di questo alloro stimoli in qualcuno un desiderio dovrebbe suscitare felicità in Apollo Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregherà perché Cirra risponda. Un grande incendio segue una piccola fiamma: forse dopo di me poeti migliori

chiederanno l’aiuto di Apollo. Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, Il sole sorge per i mortali da diversi punti dell’orizzonte; tuttavia, da quel luogo in cui i quattro cerchi formano intersecandosi tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella. il sole esce con un corso e sotto una costellazione migliori, e modella e forma la materia del mondo in modo più simile a sé. Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l’altra parte nera, Era ormai giorno nel Purgatorio e sera sulla Terra, ed era tutto illuminato il monte del Purgatorio, e buio l’emisfero boreale, quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia sì non li s’affisse unquanco. quando vidi Beatrice rivolta verso oriente ad osservare la luce del sole: mai un’aquila fissò così intensamente il sole. E sì come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, E così come il raggio di riflessione è solito uscire da quello di incidenza e salire in alto, come un pellegrino che vuole tornare, così de l’atto suo, per li occhi infuso ne l’imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr’uso. così in seguito al suo atto, messo dagli occhi nella mia facoltà immaginativa, così feci,

e guardai il sole oltre il limite umano. Molto è licito là, che qui non lece a le nostre virtù, mercé del loco fatto per proprio de l’umana spece. Molto è concesso nel Paradiso terreste, che sulla Terra non è concesso ai nostri sensi, grazie al luogo creato per la specie umana. Io nol soffersi molto, né sì poco, ch’io nol vedessi sfavillar dintorno, com’ ferro che bogliente esce del foco; Io non sopportai a lungo (ma neanche poco) il veder tutto intorno faville luccicanti, come un ferro incandescente che esce dalla fornce; e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno. e subito sembrò che la luce del giorno fosse raddoppiata, come se Dio avesse posto un altro sole nel cielo. Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote. Beatrice fissava imperterrita le sfere celesti; ed io avevo i miei occhi fissi in lei, distolti dalla vista del sole. Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba che ’l fé consorto in mar de li altri dèi. Guardandola divenni come Glauco che assaggiando l’erba iniziò a dividere il destino degli altri dei marini. Trasumanar significar per verba non si poria; però l'essemplo basti a cui esperïenza grazia serba. Non è possibile spiegare con parole la trasumanazione; basti l’esempio

a cui la grazia riserba l’esperienza. Se io ero [in quel momento] solo l’ani novellamente , amor che ’l ciel governi, tu ’l sai, che col tuo lume mi levasti. S’i’ era sol di me quel che creasti che creasti per ultima, o Dio, tu lo sai, che mi elevasti al cielo solo per tua grazia. Quando la rota che tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso con l’armonia che temperi e discerni, Quando il movimento dei cieli di cui tu eterni il desiderio di ricongiunzione, prese la mia attenzione per l’armonia che tu controlli, parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso. mi sembrò allora il cielo così tanto illuminato dalla luce del sole, che la pioggia o un fiume non crearono mai un lago così ampio. La novità del suono e ’l grande lume di lor cagion m’accesero un disio mai non sentito di cotanto acume. La novità dell’armonia e la grande luce mi accesero il desiderio di comprendere [la loro natura] come mai avevo sentito prima. Ond’ella, che vedea me sì com’io, a quïetarmi l’animo commosso, pria ch’io a dimandar, la bocca aprio Perciò Beatrice, che mi leggeva dentro come me stesso, per calmare il mio animo turbato, prima che io chiedesse, aprì la bocca e cominciò: "Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, sì che non vedi ciò che vedresti se l’avessi scosso. ed iniziò: “Tu stesso ti generi il dubbio a causa di una ipotesi erronea, così non vedi

ciò che vedresti se avessi abbandonato tale convinzione. Tu non se’ in terra, sì come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch’ad esso riedi". Tu non sei sulla Terra, così come credi tu; ma il fulmine, precipitando a terra, non è mai stato così veloce come tu sali al cielo”. S’io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo più fu’ inretito Se io fui liberato dal primo dubbio dopo queste poche parole dette sorridendo, purtroppo da un altro fui preso come in una rete e dissi: "Già contento requïevi di grande ammirazion; ma ora ammiro com’io trascenda questi corpi levi". e dissi: “Già contento mi calmai per il grande stupore, ma ora mi meraviglio sul perchè io salga tra questi corpi lievi”. Ond’ella, appresso d’un pïo sospiro, li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, perciò lei, dopo un sospiro pietoso, mi guardò con lo stesso atteggiamento che ha la madre nei confronti del figlio delirante, e cominciò: "Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa simigliante. e cominciò: “Tutte le cose hanno un ordine tra di loro, e questo è il principio che rende l’universo somigliante a Dio. Qui veggion l’alte creature l’orma de l’etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma. Qui le creature superiori riconoscono l’operato divino, che è il fine per cui si è dato

l’ordine di cui si è appena parlato. Ne l’ordine ch’io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, più al principio loro e men vicine; A quest’ordine partecipano tutte le cose create, che, secondo la loro inclinazione, sono più o meno vicine a Dio, loro principio; onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de l’essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti. per cui [tutte le cose create] si muovono verso differenti fini per il gran scenario dell’universo, e ciascuna è diretta dal proprio specifico istinto. Questi ne porta il foco inver’ la luna; questi ne’ cor mortali è permotore; questi la terra in sé stringe e aduna; Questo ordine è ciò che porta il fuoco verso il cielo della luna, è principio motore negli esseri irrazionali, è la forza di gravità; né pur le creature che son fore d’intelligenza quest’arco saetta, ma quelle c’hanno intelletto e amore ma l’istinto non influenza soltanto le creature che sono prive di intelligenza, ma anche quelle dotate di intelletto e volontà. La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa ’l ciel sempre quïeto nel qual si volge quel c’ha maggior fretta; La Provvidenza, che regola l’universo, rende quieto e pago con la sua luce l’Empireo in cui ruota la sfera più veloce; e ora lì, come a sito decreto, cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto. ed ora nell’Empireo, come nel posto stabilito, ci porta la forza di quella corda dell’arco

che dirige la freccia verso il suo bersaglio. Vero è che, come forma non s’accorda molte fïate a l’intenzion de l’arte, perch’a risponder la materia è sorda, é vero che, come la forma non corrisponde molte volte all’idea iniziale dell’artista, perchè la materia non segue la sua volontà, così da questo corso si diparte talor la creatura, c’ha podere di piegar, così pinta, in altra parte; così talvolta da questa via si allontana l’essere umano, che ha la facoltà di dirigersi verso il male, benché sia fatto per il bene; e sì come veder si può cadere foco di nube, sì l’impeto primo l’atterra torto da falso piacere. Non devi più stupirti, se reputo bene, della tua salita, se non quanto di un fiume che da un monte scende a valle. Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d’un rivo se d’alto monte scende giuso ad imo. e così come si può vedere cadere un fulmine, così la naturale inclinazione spinge l’uomo a terra, sviato da falsi piaceri. Maraviglia sarebbe in te se, privo d’impedimento, giù ti fossi assiso, com’a terra quïete in foco vivo". Sarebbe un miracolo in riferimento a te se, privo di ogni impedimento, tu fossi rimasto sulla terra, come se sulla terra una fiamma fosse ferma”. Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso E così rivolse gli occhi al cielo....


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