Dante XXXIII canto Paradiso appunti e parafrasi PDF

Title Dante XXXIII canto Paradiso appunti e parafrasi
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Genova
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appunti e parafrasi sul XXXIII canto del Paradiso ...


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DIVINA COMMEDIA – DANTE ALIGHIERI XXXIII CANTO Dante scrive questo canto con la consapevolezza che oltre non può andare: la descrizione di Dio è la maggiore tensione verso l’alto che si possa raggiungere e il massimo desiderio. La poesia di Danta arriva a questi livelli attraverso la progressione che egli affronta durante la sua vita: inizia con la sua condanna in esilio nel 1302, decide così di lasciare la sua Firenze. Bisogna pensare alla Divina Commedia come un’opera costruita durante la vita di Dante, iniziata forse prima del ‘300 e finita nel 1321. Il Paradiso è formato da 9 cieli: 7 dedicati ai pianeti e gli ultimi 2, uno detto delle Stelle Fisse e l’ultimo detto Primo Mobile. Il canto 33 inizia con la Santa Orazione – Preghiera di San Bernardo annunciata negli ultimi versi del canto 32. Parafrasi v. 1-39 Vergine madre, figlie del tuo figlio, umile e alta più di ogni altra creatura, (triplice ossimoro) termine fisso della somma sapienza divina, Tu sei colei che hai così nobilitato la natura umana tanto che il suo creatore non disdegnò di diventare una sua creatura (un uomo sulla terra). Nel tuo seno si riaccese l’amore (fra Dio e l’uomo) per il cui calore nell’eterna pace è fiorito questo fiore (la Candida Rosa dei beati). Qui nel cielo dei beati sei per noi una fiamma di autentica carità (massima virtù nel Paradiso) splendente come il sole a mezzogiorno e laggiù sulla terra sei una fontana inesauribile disperanza. Oh signora del cielo sei tanto grande e hai tale valore che chiunque vuole una grazia e non ricorre a te, rende il suo desiderio impossibile a realizzarsi. La tua disponibilità/generosità non soccorre soltanto a chi ti prega ma molte volte liberamente anticipa la richiesta  la madonna è cosi liberale che molte volte anticipa la richiesta perché dona prima di essere richiesta  canto 17 quando Bartolomeo della Scala, il quale lo ospita per un periodo, da a Dante ciò che gli serve prima ancora che egli lo chieda. In te si raduna misericordia, pietà e magnificenza (potenza di operare questi grandi cose che stanno nella salvezza) e quanto vi è di buono in una creatura umana  con questa terzina si chiude l’elogio alla Madonna. Al verso 22 inizia la parte di supplica, di richiesta d’aiuto: Ora costui (Dante), che dal punto più basso dell’universo (cocito, dove c’è Lucifero) fino a qui ha compiuto questo percorso vedendo le anime ad una ad una (vuole evidenziare l’estrema distanza tra l’Inferno e il Paradiso), ti chiede, per Grazia divina, quel tanto di virtù/valore che da poter sollevare lo sguardo più in alto, verso la compiuta beatitudine (Dio). (la preghiera è chiara: oh Madonna aiuta Dante a vedere Dio) E io, che non ho mai desiderato di vedere Dio più di quanto desidero ora che egli lo veda, ti rivolgo tutte le mie preghiere, e prego che non siano insufficienti perché tu lo sciolga da ogni impedimento terreno, così che possa mostrarsi a lui il sommo piacere della visione di Dio.

Ancora ti prego, oh regina, che hai il potere di realizzare ciò che desideri, che conservi puri, dopo una così alta visione, i suoi sentimenti. (tema delle perseveranza finale) La tua custodia/difesa riesca a vincere le passioni terrene: tutti i santi, incusa Beatrice, adesso congiungono le mani verso di te e si uniscono alle mie preghiere perché abbiano effetto.  chiusura della preghiera. La preghiera è divisa in 3 parti: 1. Evocazione v. 1-3 2. Elogio v. 4-21 3. Supplica v. 21-39 Si apre con una catena di 3 ossimori (contraddizioni)  vergine – madre  figlia del tuo figlio  umile (vicino alla terra) – alta (immensa) v. 7, il ventre tuo  la maternità della Vergine permise alle anime di arrivare al cielo. Dante ha già utilizzato la parola “ventre” nell’Inferno  alcuni critici accusano Dante di aver utilizzato un termine troppo grezzo (capitolo 22 del Galateo). Dante ha scelto di usarlo comunque per la vicinanza alla terrestrità, all’umiltà; egli è anche “autorizzato” poiché anche nella preghiera alla madonna viene usato questo termine: “benedíctus fructus ventris tui”. Usa questo termine anche al v. 104-105 del canto 23. Parafrasi dal v. 40 Gli occhi amati e venerati da Dio attenti nell’oratore ci dimostrarono quanto gli sono grate le preghiere devote; quindi si indirizzarono all’eterna luce di Dio, nella quale non si deve credere che da nessuna creatura possa entrare un occhio così puro come l’occhio della Madonna. E io (Dante), che mi avvicinavo al fine di tutti i desideri umani (Dio), così com’era necessario portai al culmine l’ardore del mio desiderio di vedere di Dio. (Verbo “finii”  estrema realizzazione di tutte le tensioni umane) San Bernardo mi faceva cenno e mi sorrideva affinché io guardassi verso l’alto, ma io mi ero già messo in quella posizione: la mia vista, purificandosi, penetrava sempre più nel raggio di luce suprema, che è vera nella sua essenza (la vista significa il suo impegno/sforzo di vedere) Da qui in avanti il mio vedere fu maggiore di quanto mostri il mio parlare perché cede a tal vista e la mia memoria cede a tanto eccesso (memoria  Paradiso canto 1 v. 4-9, facoltà umana di rappresentare quanto abbiamo visto, ma se quello che vediamo è un qualcosa che supera le nostre capacità, un eccesso, le parole non possono spiegarlo). Com’è colui che sognando vede qualcosa e che dopo il sogno gli rimane la sensazione impressa e l’oggetto/dettaglio della visione non ritorna più alla sua mente, tale sono io perché la mia visione quasi tutta viene meno e mi distilla ancora nel cuore la dolcezza che nacque da essa. (Prima similitudine che ha a che fare con la nostra vita e con la nostra esperienza, quando si ha un incubo e ci si sveglia, rimane un’impressione brutta ma non si ricordano le immagini) Così la neve si scioglie al sole, così nelle foglie leggere si perdeva la sentenza di Sibilla. (2 similitudini che rappresentano l’impossibilità di conservare nella memoria di Dante la visione divina) Oh somma luce che ti innalzi tanto al di sopra della capacità mortali, ridai alla mia mente soltanto un po’ di quello che tu apparivi a me e rendi il mio linguaggio tanto capace che io possa lasciare ai posteri anche solo una scintilla della tua gloria, perché se potrò ricordare almeno un

poco di questi versi, si capirà meglio la tua infinita grandezza. (vittoria  vittoria sulla mente del poeta incapace di ricordare la gloria divina; Dio vuole essere vinto dagli uomini) Io credo per l’acutezza di quel raggio divino che io sopportai, che non sarei più riuscito a tollerarlo/mi sarei perduto, se i miei occhi si fossero allontanati da lui. Questo fatto mi ricorda che io fui più ardito a sostenere la luce di dio tanto che io congiunsi il mio sguardo con il valore infinito dell’essenza di Dio. Oh abbondante grazia, per cui ebbi la possibilità di rivolgere lo sguardo nell’eterna luce di Dio, tanto che in essa adoperai interamente la mia facoltà visiva. Vidi nella profondità dell’essenza divina che in essa è contenuto tutto ciò che nell’universo è sparso e diviso, lo vidi legato con amore tutto insieme in un volume (unità divina in cui si riuniscono tutte le antinomie del mondo), sostanze, modalità di essere e le loro relazioni quasi compenetrati insieme, in modo tale che ciò che io dico è una modesta immagine del vero. Io credo di avere visto (sono certo) l’unità del creato, la forma universale di questo nodo, perché dicendo questo mi sento di godere più ampiamente. Un attimo solo mi è di maggior ostacolo, cosi come 25 secoli prima dell’impresa degli Argonauti, l’ombra della nave di Argo fece stupire Nettuno. Così la mia mente, tutta assorta, guardava fissa, immobile e attenta e ardeva sempre di più nel desiderio di guardare. Immersi in quella luce si diventa tali che è impossibile che mai ci si dia la possibilità di guardare da un’altra parte, perché il bene che è oggetto della nostra volontà è tutto dentro di lei e fuori da quella luce è difettoso ciò che dentro vi è di perfetto. (fuori da quella luce non c’è salvezza e perfezione) D’ora in poi la mia parola sarà più corta di quella di un bambino che bagna ancor la lingua alla mammella, che succhia ancora il latte. Non perché nella luce divina che io contemplavo ci fosse più di un solo aspetto mentre quella luce è sempre quella che era prima ma per la vista che acquistava valore guardando dentro di me, ciò che appariva come unica essenza aumentando io le mie potenzialità visive si trasformava davanti ai miei occhi. Nella profonda e luminosa essenza dell’alto lume mi apparvero tre cerchi di tre colori ma di una sola dimensione, e il secondo sembrava riflesso dal primo come da un arcobaleno si riflette un altro arcobaleno e il terzo cerchio sembrava un fuoco che spirasse da entrambi gli altri cerchi (dal padre procede il figlio; canto 10 v. 1-3) Oh, quanto è insufficiente la parola e oscura rispetto al mio pensiero! e questo, rispetto a quello che io vidi, è tanto poco che non basta usare l’aggettivo “poco”. Oh luce eterna che risiedi solo in te stessa, che sola ti posi, che sola ti intendi e nell’essere compresa e nel comprenderti ti ami e gioisci! Quel cerchio che sembrava procedere in te come lume riflesso, osservato con tutta la mia attenzione, dentro di se e col suo stesso colore mi parve dipinta della nostra immagine (l’essenza stessa della nostra umanità): per cui il mio sguardo era tutto concentrato su di lui. Come il geometra che si applica con tutte le sue facoltà per misurare il cerchio e, pensando, non trova quel principio di cui avrebbe bisogno, così ero io a quella vista straordinaria: volevo vedere come vi si collocasse, ma le mie ali (facoltà) non erano capaci di volare così in alto, se non che la mia mente fu colpita da una folgorazione, che soddisfò il suo desiderio. Alla mia fantasia venne a mancare la forza; ma in quel preciso istante l’amore che muove il sole e le altre stelle (l’amore di Dio), dirigeva in mondo perfetto il mio desiderio e la mia volontà così come una ruota accorda perfettamente il suo movimento con l’altra ruota.

“Dopo che cessò di vedere dio attraverso la sua essenza si ricordò di quelle cose aveva visto in quella visione attraverso alcuni specii intellegibili rimaste dopo quel fatto nell’intelletto suo”...


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