Inferno Canto 4 parafrasi + appunti PDF

Title Inferno Canto 4 parafrasi + appunti
Author giada arna
Course italiano2/3 scientifico
Institution Liceo (Italia)
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Summary

parafrasi e appunti del quarto canto dell'inferno della Divina Commedia...


Description

DIVINA COMMEDIA: INFERNO CANTO IV (limbo)

Ruppemi l’alto sonno ne la testa un greve truono, sì ch’io mi riscossi come persona ch’è per forza desta;3 e l’occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per conoscer lo loco dov’io fossi.6 Vero è che ’n su la proda mi trovai de la valle d’abisso dolorosa che ’ntrono accoglie d’infiniti guai.9 Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa.12 "Or discendiam qua giù nel cieco mondo", cominciò il poeta tutto smorto. "Io sarò primo, e tu sarai secondo".15

io mi risvegliai come una persona che si sveglia bruscamente; guardai intorno, alzatomi in piedi, e guardai per riconoscere il luogo in cui ero.

E davvero mi trovai sul bordo della valle dell’Inferno che racchiude in se infiniti lamenti. Era oscura, profonda e nebbiosa tanto che, per quanto guardassi verso il fondo, non distinguevo nulla. “Ora scendiamo quaggiù nel mondo buio”, cominciò il poeta impallidito. “Io sarò primo e tu scenderai per secondo”.

E io, che del color mi fui accorto, dissi: "Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?".18

E io, che mi accorsi che era impallidito, dissi: “Come potrò venire, se tu, che di solito conforti i miei dubbi, ti spaventi?”

Ed elli a me: "L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella pietà che tu per tema senti.21

E lui a me: “L’angoscia delle genti che sono qua mi dipinge sul viso la pietà che tu interpreti come paura.

Andiam, ché la via lunga ne sospigne". Così si mise e così mi fé intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne.24

Andiamo, che il lungo viaggio lo richiede”. Così entrò e mi fece entrare nel primo cerchio che circonda l’abisso infernale.

Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare;27

Qui, per quanto ascoltassi, non sentivo pianti, ma sospiri che facevano tremare l’aria eterna;

ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri.30

questi venivano dai dolori senza pene fisiche, che avvertivano le folle, che erano molte e numerose, di bambini, di uomini e di donne. Il buon maestro a me: “Non chiedi che spirito sono questi che vedi? Ora voglio che tu sappia, prima di andare avanti, che questi non peccarono; e se questi hanno qualche aspetto positivo, non basta, perché non ebbero il battesimo, che è la porta della fede in cui tu credi;

Lo buon maestro a me: "Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi? Or vo’ che sappi, innanzi che più andi,33 ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber battesmo, ch’è porta de la fede che tu credi;36 Un forte tuono mi ruppe il sonno, cosicché

e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio: e di questi cotai son io medesmo.39 Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi che sanza speme vivemo in disio".42 Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi, però che gente di molto valore conobbi che ’n quel limbo eran sospesi.45 "Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore", comincia’ io per volere esser certo di quella fede che vince ogne errore:48 "uscicci mai alcuno, o per suo merto o per altrui, che poi fosse beato?". E quei che ’ntese il mio parlar coverto,51

non adorarono Dio come avrebbero dovuto: e di questi faccio parte anche io. Per queste mancanze, non per altri peccati, siamo persi, e siamo afflitti solo da questo, ovvero che viviamo senza speranza nel desiderio”. Un grande dolore mi strinse il cuore quando lo capii, poiché conobbi gente di grande importanza che era sospesa in quel limbo. “Dimmi, maestro mio, dimmi, signore”, cominciai io per essere certo di quella fede che vince ogni errore; “uscii mai qualcuno, o per merito suo o per merito di altri, che poi divenne beato?”. E lui, che comprese le mie parole oscure,

rispuose: "Io era nuovo in questo stato, quando ci vidi venire un possente, con segno di vittoria coronato.54

rispose: “Io ero appena arrivato qui, quando vidi venire un potente, coronato dal segno di vittoria.

Trasseci l’ombra del primo parente, d’Abèl suo figlio e quella di Noè, di Moïsè legista e ubidente;57

Portò via l’ombra del primo genitore, di Abele suo figlio e quella di Noè, di Mosè obbediente legislatore;

Abraàm patrïarca e Davìd re, Israèl con lo padre e co’ suoi nati e con Rachele, per cui tanto fé,60

del patriarca Abramo e del re Davide, Giacobbe con suo padre e i suoi figli, e con Rachele, per cui egli faticò tanto,

e altri molti, e feceli beati. E vo’ che sappi che, dinanzi ad essi, spiriti umani non eran salvati".63

e molti altri e li fece beati. E voglio che tu sappia che, prima di loro, non erano mai stati salvati spiriti umani”.

Non lasciavam l’andar perch’ei dicessi, ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi.66 Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno, quand’io vidi un foco ch’emisperio di tenebre vincia.69 Di lungi n’eravamo ancora un poco, ma non sì ch’io non discernessi in parte ch’orrevol gente possedea quel loco.72 "O tu ch’onori scïenzïa e arte, questi chi son c’ hanno cotanta onranza, che dal modo de li altri li diparte?".75 e se essi vissero prima del cristianesimo,

Non smettevamo di camminare, nonostante lui stesse parlando, anzi continuavamo sempre in messo alla selva, parlo di quella selva piena di anime. Ancora non era trascorso molto tempo da quando mi ero svegliato, quando vidi una luce che vinceva le tenebre. Eravamo ancora un po’ lontani, ma non tanto che io non potessi riconoscere che gente onorevole si trovava in quel luogo. “Oh tu che onori scienza e arte, chi sono questi che hanno tanto onore, che sono distinti dalla condizione degli altri?”.

E quelli a me: "L’onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazïa acquista in ciel che sì li avanza".78 Intanto voce fu per me udita: "Onorate l’altissimo poeta; l’ombra sua torna, ch’era dipartita".81 Poi che la voce fu restata e queta, vidi quattro grand’ombre a noi venire: sembianz’avevan né trista né lieta.84 Lo buon maestro cominciò a dire: "Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire:87 quelli è Omero poeta sovrano; l’altro è Orazio satiro che vene; Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano.90 Però che ciascun meco si convene nel nome che sonò la voce sola, fannomi onore, e di ciò fanno bene".93 Così vid’i’ adunar la bella scola di quel segnor de l’altissimo canto che sovra li altri com’aquila vola.96

merito in cielo che migliora la loro condizione”. Intanto sentii una voce: “Onorate l’altissimo poeta; la sua anima, che era partita, torna”. Dopo che la voce rimase in silenzio, vidi quattro grandi anime venire verso di noi: non sembravano né tristi, né felici. Il buon maestro cominciò a dire: “Guarda colui che, con la spada in mano, viene precedendo gli altri tre come un signore: quello è Omero, poeta migliore di tutti i tempi; l’altro che viene è il satiro Orazio; Ovidio è il terzo e Lucano è l’ultimo. Ciascuno ha in comune con me il nome che Omero ha pronunciato, mi fanno onore e fanno bene”. Così vidi radunarsi la dignitosa compagnia di quel poeta di quell’altissimo canto che vola sopra gli altri come un’aquila.

Da ch’ebber ragionato insieme alquanto, volsersi a me con salutevol cenno, e ’l mio maestro sorrise di tanto;99

Dopo che ebbero parlato insieme, si rivolsero a me con un cenno di saluto e io mio maestro sorrise di questo/sorrise un po’;

e più d’onore ancora assai mi fenno, ch’e’ sì mi fecer de la loro schiera, sì ch’io fui sesto tra cotanto senno.102

ma mi fecero ancor più onore, accogliendomi nel loro gruppo, così che io fui il sesto tra menti tanto sagge.

Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, sì com’era ’l parlar colà dov’era.105

Così avanzammo fino alla luce, parlando di cose che non dirò, così come era bene parlare là dove ho parlato.

Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, difeso intorno d’un bel fiumicello.108

Giungemmo ai piedi di un nobile castello, circondato sette volte da mura, circondato da un fiumicello.

Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi: giugnemmo in prato di fresca verdura.111

Lo oltrepassammo come se fosse terra dura, entrai con questi saggi attraverso sette porte, giungemmo in un prato verde. C’erano persone con occhi dignitosi e nobili, con un aspetto di grande dignità: parlavano poco e con voci gentili.

Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi.114 E lui a me: “La fama degna di onore che risuona ancora sulla terra, acquisisce

Traemmoci così da l’un de’ canti, in loco aperto, luminoso e alto, sì che veder si potien tutti quanti.117 Colà diritto, sovra ’l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m’essalto.120 I’ vidi Eletra con molti compagni, tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni.123 Vidi Cammilla e la Pantasilea; da l’altra parte vidi ’l re Latino che con Lavina sua figlia sedea.126 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia; e solo, in parte, vidi ’l Saladino.129 Poi ch’innalzai un poco più le ciglia, vidi ’l maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia.132 Tutti lo miran, tutti onor li fanno: quivi vid’ïo Socrate e Platone, che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;135 Democrito che ’l mondo a caso pone, Dïogenès, Anassagora e Tale, Empedoclès, Eraclito e Zenone;138 e vidi il buono accoglitor del quale, Dïascoride dico; e vidi Orfeo, Tulïo e Lino e Seneca morale;141 Euclide geomètra e Tolomeo, Ipocràte, Avicenna e Galïeno, Averoìs che ’l gran comento feo.144 Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno.147

Ci spingemmo in un angolo, in un luogo aperto, luminoso e in alto, così che si potessero vedere tutti quanti. Dritto là davanti a me, sopra il prato verde, mi furono mostra gli spiriti magni, e ancora mi esalto per averli visti. Io vidi Elettra con molti compagni, tra i quali riconobbi Ettore ed Enea, Cesare armato con gli occhi minacciosi. Vidi Camilla e Pentesilea, dall’altra parte vidi il re Latino che sedeva con la figlia Lavinia. Vidi quel Bruto che cacciò Tarquinio, (vidi) Lucrezia, Giulia, Marzia e Cornelia; e solo, in disparte, vidi Saladino. Dopo che guardai un po’ più in alto, vidi seduto tra un gruppo di filosofi il maestro di quelli che sanno. Tutti lo guardano, tutti gli fanno onore: qui vidi Socrate e Platone che davanti agli altri gli stanno più vicini; Democrito, che afferma che niente abbia un fine, Diogene, Anassagora, Talete, Empedocle, Eraclito e Zenone; e vidi il bravo classificatore delle qualità (delle piante) intendo Dioscoride; vidi Orfeo, Cicerone, Lino e Seneca; il geometra Euclide e Tolomeo, Ippocrate e Galieno, Avicenna e Averroè, che fece il grande commento. Io non posso riferire ampiamente di tutti, perché la lunghezza del mio scritto mi sospinge, tanto che spesso rispetto ai fatti le parole sono poche.

La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema.150

La compagnia di sei si divide in due: la mia saggia giuda mi porta su un’altra via, fuori dalla tranquillità, nell’aria che trema.

E vegno in parte ove non è che luca.

E giungo in un posto dove non c’è niente che risplenda.

Nel limbo si trovano le anime di coloro che sono morti senza battesimo, quindi ancora con il peccato originale. Se prima della concezione dantesca nel limbo venivano posti solo bambini, Dante pone anche gli spiriti magni (i grandi della storia a cui vuole comunque trovare un posto). A questi riserva un nobile castello illuminato dalla luce della ragione....


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