Paradiso - Canto III - Appunti di lezione Tutte PDF

Title Paradiso - Canto III - Appunti di lezione Tutte
Course Letteratura italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Appunti di letteratura italiana ...


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PARADISO Canto III Il canto offre il primo esempio di un modello che ritroveremo in tutta la cantica: l'apparizione di una schiera di anime e il colloquio di Dante con una di loro. In questo caso si tratta di Piccarda Donat, la prima delle anime del Paradiso che Dante incontra. La giovane donna fiorentina è la vera protagonista del canto: sul suo carattere è costruita la vicenda e l'atmosfera poetica.

TEMI La questone dottrinaria: la perfetta e giusta felicità dei beat A Piccarda è affidata la spiegazione di come la perfetta beatitudine delle anime del Paradiso possa accordarsi con la perfetta giustizia divina. Le anime, infatti, sono collocate a seconda dei meriti in cieli di diversa perfezione e grazia, e all'interno dello stesso cielo con diversi gradi di beatitudine. Come può una gradazione diversificata di beatitudine coesistere con una felicità assoluta? Questo avviene grazie allo spirito di carità che presiede al Paradiso, per cui la perfetta beatitudine degli spiriti consiste nell'adeguarsi all'ordine giusto di Dio. Autobiografismo e stlnovismo Attraverso la figura di Piccarda Donati, fiorentina sua coetanea, sorella dell'amico Forese, Dante apre subito in Paradiso uno spazio per la sua Firenze terrena e per recenti episodi a lui contemporanei. Prosegue così la descrizione di quella realtà autobiografica che assume nel poema il rilievo simbolico di un'avventura personale, che per il suo carattere di eccezionalità diventa esemplare. L'autobiografismo crea quella «domesticità» di toni che percorre tutta la cantica e che permette di avvicinarci anche a una poesia ardua come quella del Paradiso. L'atmosfera dell'incontro con Piccarda e dell'intero canto è costruita sul codice della poesia stilnovista, che qui coinvolge sentimenti tanto terreni quanto religiosi, nelle vicende monacali della giovane e delle sue compagne di beatitudine. Il volto dei beat Per la prima volta Dante può vedere in volto i beati: per quanto trasparenti e diafani come perla in bianca fronte, gli spiriti della Luna conservano ancora visibili le loro fattezze. Ma questo è segno di minor grado di beatitudine. Già nel successivo cielo di Mercurio le fattezze umane emergeranno appena dal loro alone di luce. Nei cieli superiori, poi, la loro luce, segno di grazia e felicità, li nasconderà del tutto alle capacità visive umane.

SINTESI Dante, in atto di alzare il capo verso Beatrice per dichiarare di aver compreso la verità sulle macchie lunari, è colpito da una nuova e straordinaria visione che lo distrae dal suo proposito. Egli vede i volti di alcune anime, così evanescenti da sembrare immagini riflesse in un vetro terso o in acque trasparenti. Si volge quindi indietro, ma non scorge nulla. Ancora una volta Beatrice interviene sorridendo per spiegargli che si tratta di vere “sustanze” di spiriti relegati nel Cielo della Luna per non avere adempiuto ai voti fatti e lo invita a parlare con loro. Dante, incoraggiato, si rivolge all’anima che “parea più vaga/ di ragionar” per chiederle chi sia e per essere informato della situazione dei Beati in quel Cielo. È l’anima di Piccarda Donati, resa tanto bella dalla beatitudine celeste da non essere riconoscibile. Spiega di trovarsi con altri Beati nel Cielo più

basso di tutti perché mancò all’adempimento dei voti. Dante confessa di non aver capito chi fosse perché nei loro “mirabili aspetti/ risplende non so che divino” che trasfigura la loro immagine terrena. Le chiede poi se le anime di questo Cielo non siano mai colte dal desiderio di trovarsi in un Cielo più alto ed ella risponde che la beatitudine degli spiriti celesti nasce dal fatto che essi adeguano la loro volontà a quella di Dio. Dante le rivolge un’altra domanda: quale fu il voto da lei inadempiuto? Piccarda narra allora che da giovane si fece suora nell’ordine delle clarisse, ma uomini “a mal più ch’a bene usi” la trassero con la violenza dal chiostro: solo Dio conosce quanto fu triste il resto della sua vita. Vicino a lei, alla sua destra, Piccarda indica un’anima splendente di luce che fu anch’essa strappata dal convento: è l’imperatrice Costanza, madre dell’”ultima possanza” della casa di Svevia, cioè Federico II. Terminato il suo discorso, Piccarda intona l’“Ave Maria” e, cantando, svanisce a poco a poco insieme con le altre anime. Dante la segue con lo sguardo finché può, poi rivolge gli occhi a Beatrice che lo sovrasta al punto che egli non è in grado di rivolgerle la domanda che intendeva farle.

FIGURE RETORICHE v. 8 Apostrofe- dignitosa coscienza e netta v. 19/20 Enjambement- paura/d'essere v. 25/26 Enjambement- sepolto/lo corpo v. 46 Metafora- a piè del monte v. 57 Metafora- intorno al sasso v. 58/59 Enjambement- una gente/d'anime v. 70/71 Enjambement- massi/de l'alta ripa v. 79 Similitudine- come le pecorelle v.86 Metafora- di quella mandria v. 87 Chiasmo- pudica in faccia e ne l'andar onesta v. 88/89 Enjambement- rotta/la luce v. 103/104 Enjambement- chiunque/tu sé v. 109/110 Enjambement- disdetto/d'averlo visto v. 115/116 Enjambement- genitrice/de l'onor v. 124/125 Enjambement- caccia/di me v. 135 Metafora- ha fior del verde...


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