Parafrasi 5 canto purgatorio PDF

Title Parafrasi 5 canto purgatorio
Author Maria Corbo
Course Letteratura
Institution Liceo (Italia)
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parafrasi...


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Testo

Parafrasi

Io era già da quell’ombre partito, e seguitava l’orme del mio duca, quando di retro a me, drizzando ‘l dito, 3

Io mi ero già allontanato da quelle anime e seguivo i passi della mia guida, quando dietro a me, drizzando il dito, una di esse gridò: «Vedete che il raggio del sole da sinistra non sembra attraversare quello che segue, che sembra proiettare un'ombra come un vivo!»

una gridò: «Ve’ che non par che luca lo raggio da sinistra a quel di sotto, e come vivo par che si conduca!». 6 Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e ‘l lume ch’era rotto. 9 «Perché l’animo tuo tanto s’impiglia», disse ‘l maestro, «che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? 12 Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti; 15 ché sempre l’omo in cui pensier rampolla sovra pensier, da sé dilunga il segno, perché la foga l’un de l’altro insolla». 18 Che potea io ridir, se non «Io vegno»? Dissilo, alquanto del color consperso che fa l’uom di perdon talvolta degno. 21 E ‘ntanto per la costa di traverso venivan genti innanzi a noi un poco, cantando ‘Miserere’ a verso a verso. 24 Quando s’accorser ch’i’ non dava loco per lo mio corpo al trapassar d’i raggi, mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco; 27 e due di loro, in forma di messaggi, corsero incontr’a noi e dimandarne: «Di vostra condizion fatene

Rivolsi lo sguardo al suono di queste parole e vidi quelle anime che meravigliate guardavano me, proprio me, e la luce del sole interrotta dal mio corpo. Il maestro mi disse: «Perché il tuo animo si lascia distrarre al punto di rallentare il cammino? che t'importa di ciò che si mormora qui?

Seguimi e lascia che la gente parli: sta' come una torre salda, che non ondeggia mai la sua cima per quanto i venti soffino;

infatti, l'uomo in cui un pensiero ne fa nascere un altro allontana da sé la propria meta, perché la forza dell'uno indebolisce quella dell'altro». Che potevo dire, se non «Ti seguo»? Lo dissi, alquanto cosparso del rossore che talvolta fa l'uomo degno di esser perdonato.

E intanto, su un ripiano roccioso che tagliava il monte trasversalmente, venivano verso di noi delle anime poco lontane, che cantavano il Salmo 'Miserere' a versetti alternati. Quando videro che io, col mio corpo, non permettevo ai raggi del sole di passare, mutarono il loro canto in un «oh!» lungo e fioco;

saggi».

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E ‘l mio maestro: «Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che ‘l corpo di costui è vera carne. 33 Se per veder la sua ombra restaro, com’io avviso, assai è lor risposto: fàccianli onore, ed essere può lor caro». 36

e due loro, in qualità di messaggeri, corsero verso di noi e ci chiesero: «Informateci della vostra condizione».

E il mio maestro: «Voi potete tornare indietro e riferire a quelli che vi hanno mandati qui che il corpo di costui è in carne e ossa.

Vapori accesi non vid’io sì tosto di prima notte mai fender sereno, né, sol calando, nuvole d’agosto, 39

Se essi, come penso, si sono fermati per aver visto la sua ombra, vi ho detto abbastanza: lo accolgano cortesemente e ciò potrà tornare loro utile».

che color non tornasser suso in meno; e, giunti là, con li altri a noi dier volta come schiera che scorre sanza freno. 42

Io non ho mai visto stelle cadenti fendere il cielo all'inizio della notte, né lampi squarciare le nuvole d'agosto al calar del sole, tanto rapidamente quanto quelle anime tornarono in alto; e arrivate là, corsero verso di noi con le altre come una schiera sfrenata.

«Questa gente che preme a noi è molta, e vegnonti a pregar», disse ‘l poeta: «però pur va, e in andando ascolta». 45 «O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti», venian gridando, «un poco il passo queta. 48 Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, sì che di lui di là novella porti: deh, perché vai? deh, perché non t’arresti? 51 Noi fummo tutti già per forza morti, e peccatori infino a l’ultima ora; quivi lume del ciel ne fece accorti, 54 sì che, pentendo e perdonando, fora di vita uscimmo a Dio pacificati, che del disio di sé veder n’accora». 57 E io: «Perché ne’ vostri visi guati, non riconosco alcun; ma s’a voi piace cosa ch’io possa, spiriti ben nati, 60

Virgilio disse: «Questa gente che si accalca intorno a noi è molta, ed essi vengono a pregarti: perciò continua a camminare e ascolta mentre procedi». Essi venivano gridando: «O anima che vai per essere felice, con quel corpo col quale sei nato, rallenta un poco il passo.

Guarda se hai mai visto qualcuno di noi nel mondo, così che tu possa portare sue notizie sulla Terra: suvvia, perché continui a camminare? Suvvia, perché non ti fermi? Noi tutti siamo stati uccisi violentemente e siamo stati peccatori fino all'ultima ora; in punto di morte una luce del cielo ci illuminò la mente, cosicché, pentendoci e perdonando, uscimmo fuori dalla vita in grazia di Dio, il quale ci strugge nel desiderio di vederlo».

voi dite, e io farò per quella pace che, dietro a’ piedi di sì fatta guida di mondo in mondo cercar mi si face». 63 E uno incominciò: «Ciascun si fida del beneficio tuo sanza giurarlo, pur che ‘l voler nonpossa non ricida. 66 Ond’io, che solo innanzi a li altri parlo, ti priego, se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo, 69 che tu mi sie di tuoi prieghi cortese in Fano, sì che ben per me s’adori pur ch’i’ possa purgar le gravi offese. 72 Quindi fu’ io; ma li profondi fóri ond’uscì ‘l sangue in sul quale io sedea, fatti mi fuoro in grembo a li Antenori, 75

E io: «Per quanto io guardi i vostri volti, non ne riconosco nessuno; ma se voi volete qualcosa che sia in mio potere, spiriti fortunati, ditelo e io lo farò, in nome di quella pace che io, seguendo i passi di questa guida, cerco nei regni dell'Oltretomba».

E uno iniziò: «Ciascuno si fida della tua promessa senza bisogno di giuramenti, purché l'impossibilità (nonpossa) non impedisca la tua volontà. Perciò io, che parlo da solo davanti agli altri, ti prego, se mai andrai in quel paese (la Marca Anconetana) che sta tra la Romagna e il regno di Carlo d'Angiò, che tu preghi i miei congiunti a Fano, così che essi preghino per me e mi permettano di espiare le mie colpe.

là dov’io più sicuro esser credea: quel da Esti il fé far, che m’avea in ira assai più là che dritto non volea. 78 Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira, quando fu’ sovragiunto ad Oriaco, ancor sarei di là dove si spira. 81 Corsi al palude, e le cannucce e ‘l braco m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io de le mie vene farsi in terra laco». 84 Poi disse un altro: «Deh, se quel disio si compia che ti tragge a l’alto monte, con buona pietate aiuta il mio! 87 Io fui di Montefeltro, io son Bonconte; Giovanna o altri non ha di me cura; per ch’io vo tra costor con bassa fronte». 90

Io ero originario di Fano, ma le profonde ferite da cui uscì il sangue nel quale risiedeva la mia anima, mi furono inferte nel territorio di Padova, là dove credevo di essere al sicuro: artefice di questo fu Azzo VIII d'Este, che mi odiava assai più di quanto avesse ragione.

Ma se io fossi fuggito verso il borgo della Mira, quando fui raggiunto dai miei sicari ad Oriago, sarei ancora nel mondo dei vivi.

Invece corsi verso la palude, e le canne e il fango mi impacciarono al punto che caddi; e lì vidi il sangue che mi usciva dalle vene e formava un lago al suolo». Poi un altro disse: «Orsù, ti auguro che si

E io a lui: «Qual forza o qual ventura ti traviò sì fuor di Campaldino, che non si seppe mai tua sepultura?». 93 «Oh!», rispuos’elli, «a piè del Casentino traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano, che sovra l’Ermo nasce in Apennino. 96 Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola, fuggendo a piede e sanguinando il piano. 99 Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini’, e quivi caddi, e rimase la mia carne sola. 102

realizzi quel desiderio che si spinge su per l'alto monte; tu con buona pietà aiuta il mio!

Io fui uno di Montefeltro e mi chiamo Bonconte; né la mia vedova Giovanna né gli altri miei congiunti si curano di me, per cui io mi vergogno fra queste anime». E io a lui: «Quale forza o caso fortuito ti trascinò fuori da Campaldino, così che il tuo corpo non fu mai ritrovato?»

Lui rispose: «Oh! Ai piedi del Casentino scorre un torrente chiamato Archiano, che nasce in Appennino presso l'Eremo di Camaldoli.

Io dirò vero e tu ‘l ridì tra’ vivi: l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno gridava: "O tu del ciel, perché mi privi? 105

Nel punto dove si getta in Arno e perde il suo nome, arrivai io con la gola trafitta, fuggendo a piedi e insanguinando la pianura.

Tu te ne porti di costui l’etterno per una lagrimetta che ‘l mi toglie; ma io farò de l’altro altro governo!". 108

Qui persi la vista e la parola; morii pronunciando il nome di Maria e caddi, e rimase solo il mio corpo.

Ben sai come ne l’aere si raccoglie quell’umido vapor che in acqua riede, tosto che sale dove ‘l freddo il coglie. 111 Giunse quel mal voler che pur mal chiede con lo ‘ntelletto, e mosse il fummo e ‘l vento per la virtù che sua natura diede. 114 Indi la valle, come ‘l dì fu spento, da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia; e ‘l ciel di sopra fece intento, 117 sì che ‘l pregno aere in acqua si converse; la pioggia cadde e a’ fossati venne di lei ciò che la terra non sofferse; 120

Ora ti dirò la verità e tu riferiscila ai vivi: l'angelo di Dio mi prese, e quello d'Inferno gridava: "O tu del cielo, perché mi togli ciò che mi spetta?

Tu porti via la parte eterna (l'anima) di costui per una lacrimetta che me la toglie; ma io riserverò ben altro trattamento al corpo!". Tu sai bene come nell'atmosfera si raccolga quel vapore umido che ridiventa acqua, non appena sale dove è più freddo.

Quel diavolo unì la sua volontà malvagia, che cerca solo il male, con l'intelletto, e mosse il fumo e il vento grazie al potere che la natura gli ha concesso.

e come ai rivi grandi si convenne, ver’ lo fiume real tanto veloce si ruinò, che nulla la ritenne. 123 Lo corpo mio gelato in su la foce trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce 126 ch’i’ fe’ di me quando ‘l dolor mi vinse; voltòmmi per le ripe e per lo fondo, poi di sua preda mi coperse e cinse». 129 «Deh, quando tu sarai tornato al mondo, e riposato de la lunga via», seguitò ‘l terzo spirito al secondo, 132 «ricorditi di me, che son la Pia: Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma». 136

Poi, appena calò il sole, coprì di nebbia tutta la pianura da Pratomagno fino alle alte vette dell'Appennino; e rese il cielo soprastante gonfio di umidità, tanto che questa si trasformò in pioggia; essa cadde e ciò che la terra non riuscì ad assorbire riempì i fossati;

e quando confluì ai corsi d'acqua, si riversò verso l'Arno tanto velocemente che nulla poté arrestarla.

L'Archiano rapinoso trovò il mio corpo morto sulla foce e lo spinse nell'Arno, sciogliendo la croce che avevo fatto sul mio petto con le braccia quando fui giunto alla fine; mi fece rotolare per le rive e sul fondale, poi mi seppellì coi detriti che aveva trascinato».

«Orsù, quando sarai tornato sulla Terra e avrai riposato per il lungo cammino», proseguì un terzo spirito dopo il secondo, «ricordati di me, che sono Pia (de' Tolomei); nacqui a Siena e fui uccisa in Maremma; lo sa bene colui che, dopo avermi chiesto in sposa, mi aveva dato l'anello nuziale»....


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