Purgatorio - Canto VIII PDF

Title Purgatorio - Canto VIII
Course Letteratura italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Appunti di letteratura italiana ...


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PURGATORIO Canto VIII SINTESI E SPIEGAZIONE La preghiera della sera (1-18) È ormai il tramonto, l'ora in cui i viaggiatori sentono una stretta al cuore per la nostalgia di casa, specie quando ascoltano il suono delle campane che indica la Compieta. Dante non ascolta più con attenzione e osserva una delle anime della valletta dei principi negligenti che si alza e leva ambo le mani al cielo, guardando a oriente come se fosse pienamente appagata: essa inizia a recitare l'inno Te lucis ante con grande devozione, imitata dalle altre anime che alzano tutte gli occhi al cielo. L'arrivo dei due angeli (19-42) Dante esorta il lettore ad aguzzare lo sguardo alla verità, perché il velo dell'allegoria è così sottile che è facile passarvi dentro. Il poeta vede le anime della valletta restare in attesa e guardare in alto, poi vede scendere due angeli armati di spade infuocate e senza punta, che indossano vesti verdissime e hanno ali con penne dello stesso colore. Uno si pone sopra lui, Virgilio e Sordello, l'altro si colloca all'altro capo della valletta, per cui le anime si raccolgono al centro. Il poeta distingue la loro testa bionda, ma lo sguardo non vede il loro volto che è al di là della comprensione umana. Sordello spiega che entrambi gli angeli vengono dal grembo di Maria, a proteggere la valle da un serpente che arriverà tra poco. Dante, non sapendo da quale parte giungerà il malefico animale, si sente raggelare e si stringe al suo maestro. Incontro con Nino Visconti (43-84) Sordello invita i due poeti a scendere nella valletta tra le ombre dei principi, per parlare con loro, cosa che sarà molto gradita alle anime. I tre scendono di appena tre passi e Dante, giunto nella valle, si avvede di uno spirito che lo osserva attentamente, come se volesse riconoscerlo. È quasi buio, ma ciò non impedisce a Dante di riconoscere in quel penitente il giudice Nino Visconti, che gli si fa incontro mentre lui si avvicina (il poeta è felice di vederlo tra le anime salve). I due si salutano con affetto, poi il Visconti chiede a Dante quando sia giunto sulla spiaggia del Purgatorio con la barca dell'angelo nocchiero: il poeta risponde di essere giunto lì attraverso l'Inferno e di essere ancora vivo, poiché compie questo viaggio per ottenere la salvezza. All'affermazione di Dante sia Sordello sia Nino si traggono indietro stupefatti, e mentre il Mantovano si rivolge a Virgilio, Nino chiama Corrado Malaspina per mostrargli ciò che la grazia divina ha concesso. Quindi il Visconti si rivolge a Dante e lo prega, in nome del privilegio datogli da Dio, di dire sulla Terra alla figlia Giovanna di pregare per la sua anima. Sua madre (Beatrice d'Este), la vedova di Nino, non lo ama più, dal momento che ha lasciato le bianche bende del lutto per risposarsi, cosa di cui dovrà dolersi. Lei è l'esempio di come l'amore delle donne finisca presto, se i sensi non lo tengono desto; ma quando sarà morta, lo stemma dei Visconti di Milano non ornerà il suo sepolcro così come avrebbe fatto il gallo, simbolo della Gallura. Nino dice queste parole mostrando con la sua espressione l'impronta di un giusto sdegno, che gli arde con misura nel cuore. Le tre stelle. Gli angeli mettono in fuga il serpente (85-108) Dante alza lo sguardo al cielo, nel punto dove le stelle ruotano più lentamente (il polo), e Virgilio gli chiede cosa stia osservando. Il discepolo risponde che sta guardando tre stelle, tanto risplendenti da illuminare tutto il cielo australe. Virgilio ribatte che le quattro stelle viste da Dante al mattino sono ora dietro il monte, mentre queste tre sono sorte al loro posto. Mentre sta parlando, Sordello lo tira a sé e gli indica un punto col dito da dove, dice, sta arrivando il loro avversario: dal lato in cui la valletta non è riparata dal monte arriva un serpente, forse lo stesso che aveva dato il frutto proibito ad Eva. Il malefico animale striscia tra le

erbe e i fiori, leccandosi il dorso con la lingua: Dante non vede come si muovano i due angeli, ma si accorge che calano in basso e fendono l'aria con le ali verdi, per cui il serpente è messo in fuga e gli angeli tornano in alto, là da dove erano giunti. Colloquio con Corrado Malaspina (109-139) Durante l'azione degli angeli, l'anima che Nino Visconti aveva chiamato a sé non ha cessato di guardare in volto Dante. Alla fine si rivolge al poeta e, dopo avergli augurato di giungere alla fine del suo viaggio ultraterreno, gli chiede se ha qualche notizia della Val di Magra o dei luoghi vicini, dove lui in vita è stato potente. Il suo nome fu Corrado Malaspina (il Giovane), non il Vecchio del quale comunque è un discendente. Dante risponde di non essere mai stato nella sua terra, ma la fama di questa è diffusa in tutta Europa. La cortesia dei Malaspina è celebrata dai nobili e dal popolo, così che è nota anche a chi non è mai stato là; Dante giura che la sua famiglia non è priva della liberalità e della virtù guerresca ed è talmente privilegiata dall'onore cavalleresco e dalla natura che è la sola a camminare diritta in un mondo dove tutti si volgono al male. Corrado risponde che il sole non entrerà in congiunzione con l'Ariete altre sette volte (non passeranno cioè altri sette anni) prima che la cortese opinione di Dante gli sia confermata con prove più convincenti dei discorsi altrui, se i decreti divini non arrestano il loro corso.

FIGURE RETORICHE vv. 1-2, Il disio / ai navicanti = enjambement. vv. 2-3, Il core / lo = enjambement. Cioè: "il loro cuore". vv. 4-5, D’amore / punge = enjambement. vv. 5-6, Se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si more = similitudine. Cioè: "se egli sente il suono lontano di una campana che sembra piangere il giorno che finisce". vv. 7-8, A render vano / l’udire = enjambement. v. 16, Dolcemente e devote = endiadi. v. 17, L’inno intero = anastrofe. Cioè: "l'intero inno". vv. 20-21, Chè ‘l velo è ora ben tanto sottile, certo che ‘l trapassar dentro è leggero = iperbole. Cioè: "poiché il velo allegorico è qui così sottile che è facile passarvi attraverso". vv. 23-24, Riguardare in sùe quasi aspettando = similitudine. Cioè: "guardare verso l'alto come in attesa". vv. 28-29, Verdi come fogliette pur mo nate erano in veste = similitudine. Cioè: "indossavano vesti di un colore verde simile a quello delle foglioline appena nate". v. 34, La testa bionda = sineddoche. Il tutto per la parte, la testa anziché i capelli. vv. 35-36, L’occhio si smarria, come virtù ch’a troppo si confonda = similitudine. Cioè: "il mio sguardo si smarriva nel loro volto, come quando la facoltà visiva è sopraffatta da un'immagine troppo forte". v. 42, A le fidate spalle = sineddoche. La parte per il tutto, per indicare Virgilio, la guida fidata. vv. 47-48, Mirava / pur me = enjambement. v. 48, Come conoscer mi volesse = similitudine. Cioè: "come se mi volesse riconoscere". v. 58, I luoghi tristi = perifrasi. Per indicare l'inferno.

vv. 62-63, In dietro si raccolse come gente di sùbito smarrita = similitudine. Cioè: "si trassero indietro come persone improvvisamente smarrite per la meraviglia". v. 76, Assai di lieve = antitesi. Cioè: "molto facilmente". vv. 79-81, Non le farà sì bella sepultura la vipera che Melanesi accampa, com’avria fatto il gallo di Gallura = similitudine. Cioè: "La vipera che i Milanesi pongono sullo stemma non onorerà tanto la sua tomba, così come avrebbe fatto il gallo dei Signori di Gallura". v. 84, In core avvampa = metafora. v. 87, Sì come rota più presso a lo stelo = similitudine. Cioè: "così come una ruota gira più lentamente vicino al suo asse". v. 95, ‘l nostro avversaro = perifrasi. Per indicare il demonio. vv. 128-129, Non si sfregia / del pregio = enjambement. vv. 133-135, Or va; che ‘l sol non si ricorca sette volte nel letto che ‘l Montone con tutti e quattro i piè cuopre e inforca = perifrasi. Per dire "non passeranno sette anni"....


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