Canto 1 Purgatorio PDF

Title Canto 1 Purgatorio
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Riassunto del primo canto del purgatorio della divina commedia...


Description

CANTO 1PURGATORI O Percor r ermi gl i oracqueal zal ev el e omai l anavi cel l adelmi oi ngegno, chel as ci adi et r oasémars ìcr udel e; ecant er òdi quel secondor egno dov el ’ umanospi r i t osi pur ga edisal i r eal ci el di v ent adegno. Maqui l amor t apoesìr esur ga, osant eMuse,poi chev ost r osono; equi Cal ï opèal quant osur ga, segui t andoi l mi ocant oconquel suono di cuil ePi c hemi ser esent i r o l ocol pot al ,c hedi sper arper dono. Dol cecol ord’ or ï ent al zaffir o, ches ’ accogl i ev anel ser enoaspet t o del mez z o,pur oi nfinoal pr i mogi r o, al i occhi mi ei r i comi nci òdi l et t o, t os t och’ i ousci ’ f uordel ’ aur amor t a chem’ av eacont r i st at i l i occhi e‘ l pet t o. Lobelpi anet oc hed’ amarconf or t a f acev at ut t or i derl ’ or ï ent e, v el andoiPesci ch’ er anoi nsuascor t a. I ’ mi vol si amandes t r a,epuosi ment e al ’ al t r opol o,evi di quat t r ost el l e nonvi s t emai f uorch’ al apr i magent e. Goderpar ev a‘ l ci eldi l orfiammel l e: ohset t ent r ï onalv edov osi t o, poichepr i vat ose’ di mi r arquel l e!

Com’i odal or osguar dof ui par t i t o, unpocomev ol gendoal ’ al t r opol o, l àonde‘ l Car r ogi àer aspar i t o, vi di pr essodimeunv egl i osol o, degnodi t ant ar ev er enzai nvi st a, chepi ùnondeeapadr eal cunfigl i uol o. Lungal abar baedipel bi ancomi st a por t ava,a’ suoicapel l i si mi gl i ant e, de’ quaicadevaal pet t odoppi al i st a. Li r aggi del equat t r ol ucisant e f r egi avansìl asuaf acci adil ume, ch’ i ’ ‘ l vedeacome‘ l sol f ossedav ant e. «Chi si et ev oi checont r oalci ecofiume f uggi t aav et el apr egi oneet t er na?», di ss ’ el ,mov endoquel l eonest epi ume. «Chi v’ hagui dat i ,oc hevi f ul ucer na, uscendof uordel apr of ondanot t e chesempr ener af al av al l ei nf er na? Sonl el eggi d’ abi ssocosìr ot t e? oèmut at oi nci el nov oconsi gl i o, che,dannat i ,v eni t eal emi egr ot t e ?». Loducami oal l ormidi èdi pi gl i o, econpar ol eeconmanieconcenni r ev er ent i mif él egambee‘ lci gl i o. Posci ar i spuosel ui :«Damenonv enni : donnascesedelci el ,perl i cuipr i eghi del ami acompagni acost ui sovv enni . Madach’ èt uov ol erchepi ùsi spi eghi di nost r acondi z i oncom’ el l ’èv er a, essernonpuot ei l mi ocheat esi ni eghi .

Quest i nonvi demai l ’ ul t i maser a; maperl asuaf ol l i al ef usìpr esso, chemol t opocot empoav ol gerer a. Sìcom’ i odi ss i ,f ui mandat oadesso perl uicampar e;enonl ìer aal t r avi a chequest aperl aqual ei ’ mi sonmesso. Most r at ahol ui t ut t al agent er i a; eor ai nt endomost r arquel l i spi r t i chepur gansésot t ol at uabal ì a. Com’i ol ’ hot r at t o,sar i al ungoadi r t i ; del ’ al t oscendevi r t ùchem’ ai ut a conducer l oav eder t i eaudi r t i . Ort i pi acci agr adi rl asuav enut a: l i ber t àv acer cando,ch’ èsìcar a, comes achi perl ei vi t ar i fiut a. Tu‘ l sai ,chénont i f uperl ei amar a i nUt i cal amor t e,ov el asci ast i l av est ach’ al gr andìsar àsìchi ar a. Nonsonl iedi t t i et t er nipernoiguast i , chéquest i vi v eeMi nòsmenonl ega; masondel cer chi oov esonl i occhi cas t i di Mar z i at ua,che‘ nvi s t aancort ipr i ega, osant opet t o,chepert ual at egni : perl os uoamor eadunqueanoit i pi ega. Lasci aneandarperl i t uoi set t er egni ; gr az i er i por t er òdit eal ei , sed’ esserment ov at ol àgi ùdegni ». «Mar zï api acquet ant oal i occhi mi ei ment r ech’ i ’ f u’ dil à»,di ss ’ el l ial l or a, «chequant egr az i evol sedame,f ei .

Orchedil àdalmal fiumedi mor a, pi ùmuovernonmi può,perquel l al egge chef at t af uquandomen’ usci ’ f or a. Masedonnadel ci elt i mov eer egge, comet udi ’ ,nonc ’ èmest i erl usi nghe: bast i si bencheperl ei mi r i chegge. Vadunque,ef achet ucos t uir i ci nghe d’ ungi uncoschi et t oechel il avi ‘ lvi so, sìc h’ ognesuci dumequi ndi st i nghe; chénonsi conv er r i a,l ’ occhi osor pr i so d’ al cunanebbi a,andardi nanz i al pr i mo mi ni s t r o,ch’ èdi queidipar adi so. Quest ai sol et t ai nt or noadi moadi mo, l àgi ùcol àdov el abat t el ’ onda, por t adigi unchi sovr a‘ l mol l el i mo: nul l ’ al t r api ant achef acessef r onda oi ndur asse,vi puot eav ervi t a, per òch’ al eper cossenonseconda. Posci anonsi adi quav ost r ar eddi t a; l osolvi most er r à,chesur geomai , pr ender ei l mont eapi ùl i ev esal i t a». Cosìspar ì ;ei osùmil ev ai s anzapar l ar e,et ut t omi r i t r assi al ducami o,el i occhi al ui dr i zz ai . El comi nci ò:«Fi gl i uol ,segui imi eipassi : v ol gi ancii ndi et r o,chédiquadi chi na quest api anur aa’ suoit er mi ni bas si ». L ’ al bavi ncev al ’ or amat t ut i na chef uggi ai nnanzi ,sìchedi l ont ano conobbii lt r emol ardel amar i na.

Noiandav am perl osol i ngopi ano com’om chet or naal aper dut as t r ada, che‘ nfinoadessal i par ei r ei nv ano. Quandonoi f ummol à‘ v el ar ugi ada pugnacol sol e,peresser ei npar t e dov e,ador ezza,pocosi di r ada, ambol emani i ns ul ’ er bet t aspar t e soav ement e‘ l mi omaes t r opose: ond’ i o,chef ui accor t odisuaar t e, por si v er ’l ui l eguancel agr i mose; i vi mi f ecet ut t odi scov er t o quelcol orchel ’ i nf er nominascose. Veni mmopoii ns ul l i t odi ser t o, chemai nonvi denavi carsueacque omo,chedi t or narsi aposci aesper t o. Qui vi mi ci nsesìcom’ al t r uipi acque: ohmar avi gl i a!chéqual el l iscel se l ’ umi l epi ant a,cot al si r i nacque subi t ament el àondel ’ av el se.

Purgatorio Canto 1 - Parafrasi Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto primo (canto I) del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Venuti fuori dalla voragine infernale, Dante e Virgilio si trovano sulla spiaggia di un'isola situata nell'emisfero antartico, nella quale si eleva la montagna del purgatorio. Inizia il secondo momento del viaggio di Dante nell'oltretomba, durante il quale argomento del suo canto sarà la purificazione delle anime prima di salire in paradiso: necessaria è perciò la protezione delle Muse, che egli invoca prima che la sua poesia affronti il tema dell'ascesa alla beatitudine eterna. L'alba è prossima e i due pellegrini procedono in un'atmosfera ormai limpida e serena; dove brillano le luci delle quattro stelle che furono viste solo da Adamo ed Eva prima che fossero cacciati dal paradiso terrestre, situato per Dante sulla vetta del monte del purgatorio. Volgendo lo sguardo verso il polo artico Dante scorge accanto a sé la figura maestosa di un vecchio: è Catone Uticense, che Dio scelse a custode del purgatorio. Poiché egli li crede due dannati fuggiti dall'inferno, Virgilio spiega la loro condizione e prega che venga loro concesso di entrare nel purgatorio, promettendo a Catone di ricordarlo alla moglie Marzia, che si trova con Virgilio nel limbo. Il vecchio risponde che una legge divina separa definitivamente le anime dell'inferno da quelle ormai salve; ma non è necessaria nessuna lusinga, dal momento che il viaggio è voluto da una donna del cielo. Infine Catone ordina a Virgilio di cingere Dante con un giunco (simbolo d'umiltà) e di detergergli il volto da ogni bruttura infernale. I due pellegrini si avviano verso la spiaggia del mare per compiere i due riti prescritti da Catone. In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 1 del Purgatorio. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.

Parafrasi Ora la piccola nave del mio ingegno (poetico), che lascia alle proprie spalle un mare così crudele, alza ormai le vele per percorrere acque più tranquille (miglior); e tratterò in versi (canterò) del secondo regno (il Purgatorio), dove l’anima umana si purifica (si purga) e diventa degna di salire in Paradiso (ciel). Ma qui la poesia, che cantava il regno dei morti (morta), risorga, o sante Muse, poiché sono vostro, e Calliope alzi un po’ il tono della poesia (alquanto surga) accompagnando (seguitando) il mio canto con quell’armonia (suono) da cui le Piche disgraziate (misere) ricevettero un colpo tale che disperarono di trovare perdono. Un gradito (Dolce) colore azzurro simile a uno zaffiro orientale, che si concentrava diffondendosi (s’accoglieva) nell’aspetto sereno dell’aria (mezzo), tersa fino all’orizzonte (primo giro), ricominciò a dare ai miei occhi la gioia, non appena io uscii dalle tenebre (aura) infernali (morta), che mi avevano rattristato (contristati) gli occhi e il petto.

Il bel pianeta (Venere) che invita (conforta) ad amare faceva risplendere (rider) tutta la parte orientale del cielo, offuscando la costellazione dei Pesci, che era in congiunzione (scorta) con esso. Io mi girai dalla parte destra, e guardai con attenzione l’altro polo (l’emisfero antartico), e vidi quattro stelle che non furono mai viste da nessuno fuorché dai primi uomini (prima gente). Il cielo sembrava godere delle loro fiamme: oh, terre settentrionali impoverite (vedovo), poiché non vi è concesso di vederle! Appena io mi distolsi (fui partito) dal guardarle, rivolgendomi un poco verso l’altro polo, dalla parte in cui la costellazione dell’Orsa maggiore (’l Carro) era già tramontata, vidi accanto a me un vecchio (veglio) solitario, dall’aspetto (in vista) degno di tanta venerazione (reverenza), che nessun figliuolo ne deve una maggiore al padre. Aveva la barba lunga e brizzolata (di pel bianco mista), come (simigliante) i capelli, che gli scendevano sul petto in due bande (doppia lista). I raggi delle quattro sante stelle (luci) adornavano (fregiavan) talmente il suo viso di luce, che io lo vedevo come se il sole fosse davanti a lui. «Chi siete voi che risalendo a ritroso (con tro al) il fiume sotterraneo siete fuggiti dall’eterno carcere (l’Inferno)?», disse facendo ondeggiare la veneranda barba (oneste piume). «Chi vi ha guidati, o che cosa vi fece luce (lucerna), per uscire fuori dalla tenebra (notte) profonda che rende sempre buia la voragine dell’Inferno? Le leggi infernali sono quindi da voi violate (rotte)? oppure in cielo è stata fatta una nuova legge (consiglio), che permette a voi dannati di venire alle rocce (grotte) che custodisco (mie)?». A questo punto la mia guida mi afferrò (mi diè di piglio) e con parole e con le mani e con cenni mi fece inginocchiare e chinare gli occhi in segno di reverenza (reverenti mi fé le gambe e ’l ciglio). Dopo (Poscia) rispose a lui: «Non sono venuto di mia iniziativa (Da me): una donna scese dal cielo e per le sue preghiere (prieghi) aiutai (sovvenni) costui con la mia compagnia. Ma poiché (da ch’) è tuo desiderio che si dichiari meglio (più si spieghi) quale sia veramente (com’ella è vera) la nostra condizione, non può essere che il mio volere (mio) si neghi a te. Questi non vide mai la sera che precede la morte (l’ultima); però a causa del suo traviamento (follia) le fu così vicino (sì presso), che sarebbe bastato poco perché la raggiungesse. Così, come ho detto, sono stato mandato in suo soccorso per salvarlo (per lui campare); e non vi era nessun’altra strada da seguire se non questa che ho intrapreso. Ho fatto vedere a lui tutti i dannati dell’Inferno (tutta la gente ria); e adesso ho intenzione di fargli vedere quelle anime che si purgano sotto la tua custodia (balìa). Come io abbia fatto a guidarlo (tratto) fin qui, sarebbe (saria) troppo lungo da raccontare; dal cielo scende una virtù che mi aiuta a condurlo alla tua presenza e ad ascoltarti.

Ora ti prego di approvare (ti piaccia gradir) il suo arrivo: egli è alla ricerca della libertà, che è così preziosa, come sa bene chi per lei rinuncia alla vita. Tu lo sai bene, perché la morte non ti fu amara in Utica, dove lasciasti il corpo (vesta) che nel giorno del Giudizio universale (gran dì) sarà così luminoso (chiara). Le leggi (editti) eterne non sono violate (guasti) a causa nostra (per noi), perché questi è vivo e io non sono legato dalla giurisdizione (me non lega) di Minosse; ma sono del cerchio (il Limbo) in cui si trovano gli occhi casti della tua Marzia, che nell’aspetto (’n vista) ti prega ancora, o anima (petto) santa, che la consideri (tegni) tua moglie: per il suo amore, dunque, accogli la nostra preghiera (a noi ti piega). Lasciaci andare per le sette cornici da te custodite (tuoi ... regni); io riferirò a lei della tua gentilezza, se ti degni di essere ricordato (mentovato) laggiù nell’Inferno». «Marzia fu così gradita ai miei occhi fino a quando (mentre ch’) io fui sulla terra», egli disse allora, «che le concessi (fei) tutte le cose gradite (grazie) che ella volle (volse) da me. Ora che dimora al di là del fiume infernale (l’Acheronte), non può più commuovermi (muover), per quella legge che fu fatta quando uscii fuori (del Limbo). Ma se, come tu dici, una donna del cielo ti permette di andare (move) e ti guida (regge), queste lusinghe non sono necessarie (non c’è mestier): è pienamente sufficiente che me lo chieda nel suo nome (per lei). Va’ pure, dunque, bada di cingere costui con un giunco liscio (schietto) e di lavargli il viso, in modo da cancellare (stinghe) da esso (quindi) ogni traccia di sporcizia (sucidume); perché sarebbe sconveniente (converria) presentarsi con gli occhi offuscati (sorpriso) da qualche nebbia davanti al primo angelo (ministro), che è di quelli che stanno in Paradiso. Questa piccola isola tutt’intorno, nel punto più basso (ad imo ad imo), laggiù dove si infrange l’onda, produce (porta) giunchi sul molle terreno fangoso (limo): nessun’altra pianta che mettesse rami con foglie (fronda) o avesse un fusto rigido (indurasse), vi potrebbe crescere, perché non si piega ai colpi (non seconda) delle onde. Poi non ritornate (reddita) per questa strada; il sole, che ora sta sorgendo, vi farà vedere (mosterrà) dove affrontare (prendere) il monte per una più facile ascensione (salita)». Quindi scomparve; e io mi alzai in piedi senza dir nulla, e mi accostai tutto stretto (mi ritrassi) alla mia guida, e rivolsi i miei occhi a lui. Egli cominciò: «Figliuolo, segui i miei passi: volgiamoci (volgianci) indietro, perché da questa parte la pianura discende (dichina) fino al suo punto (termini) più basso». L’alba spingeva via vittoriosamente (vinceva) l’ultima ora della notte (l’ora mattutina) che fuggiva innanzi a essa, tanto che in lontananza riconobbi il tremito delle onde del mare (marina). Noi andavamo attraverso il solitario (solingo) pianoro, come un uomo che ritorna verso la via smarrita e a cui, finché non la raggiunge, sembra di fare un cammino (ire) inutile.

Quando noi giungemmo là dove la rugiada resiste (pugna) al calore del sole, perché sta in un luogo (in parte) in cui, all’ombra (ad orezza), evapora (si dirada) lentamente, il mio maestro pose dolcemente ambedue le mani aperte (sparte) sull’erba tenera: per cui io, che compresi subito il significato (fui accorto) della sua operazione (arte), rivolsi verso di lui le mie guance segnate di lacrime (lagrimose); lì mi rese interamente visibile (discoverto) quel colore che l’Inferno aveva offuscato. Andammo poi sulla spiaggia (lito) deserta, che non vide mai essere vivente (omo) navigare le sue acque, che sia poi stato in grado (sia poscia esperto) di fare l’esperienza del ritorno. In questo luogo (Quivi) mi cinse (con il giunco) nel modo desiderato dalla volontà divina (altrui piacque): oh meraviglia! perché come egli scelse l’umile pianta, essa rinacque tale e quale all’istante (subitamente) nel luogo dove l’aveva strappata (svelse).

Analisi del canto Il canto di Catone L’impostazione retorica del canto rispecchia la solennità appropriata a una sequenza d’apertura: prima il tradizionale proemio, poi la raffinata descrizione del paesaggio celestiale, quindi l’incontro con la figura nobile di Catone che precisa subito i decreti metafisici dell’aldilà, e infine il rito di purificazione di Dante. Scandita in questi quattro momenti, la struttura del canto marca il netto distacco dalla precedente poesia infernale, e prepara l’inizio vero e proprio del «racconto di viaggio» del pellegrino Dante. Il tema allegorico Il canto è percorso da costanti elementi allegorici, tipici nei brani che, in apertura d'opera, svolgono la funzione di «manifesti» di poetica. I più evidenti sono:  la metafora del viaggio per mare, a indicare il cammino di Dante attraverso il Purgatorio (vv. 1-6);  la visione di Venere splendente in cielo, simbolo delle virtù che incitano ad amare le cose alte e pure (vv. 19-21);  le quattro stelle simbolo delle virtù cardinali (vv. 22-27);  l'incontro con Catone, simbolo della libertà (vv. 30 e successivi);  il rito di purificazione di Dante con il giunco, simbolo di umiltà (vv 94-136).

La figura di Catone La nobile figura di Catone, protagonista del canto nel ruolo di guardiano del Purgatorio, induce ad alcune riflessioni. Una prima questione è costituita dalla presenza di un pagano, e suicida, nel regno di coloro che sono destinati alla salvezza eterna. La scelta è determinata dal fatto che in lui Dante vide il simbolo della libertà, dell'uomo virtuoso che per obbedire all'alta morale della coscienza rifiuta i legami della vita fisica; per lui dunque immagina un intervento

miracoloso della Grazia divina, simile a quelli descritti nel canto XX del Paradiso per altre nobili anime pagane. Una seconda riflessione riguarda la dichiarazione di Catone rispetto alla moglie Marzia: gli affetti terreni non possono condizionare la vita oltremondana, poiché qui la verità divina vanifica gli effimeri sentimenti mortali per affermare i valori assoluti dell'amore e dell'ordine di Dio. Infine, la rappresentazione fisica e la funzione di guardiano del secondo regno propongono il confronto di Catone con il traghettatore infernale Caronte e con S. Bernardo, guida di Dante negli ultimi canti del Paradiso. Il dialogo fra Virgilio e Catone Il dialogo fra i due sommi personaggi latini sviluppa una trama psicologico-retorica rivelatrice del rapporto fra l'umano e il divino, tema specifico della cantica. Prima interviene Catone, quasi sdegnato nel vedere i due pellegrini giunti per vie tanto inconsuete sulla spiaggia del Purgatorio (vv. 40-48). Segue la risposta di Virgilio, che precisa come il viaggio avvenga per intercessione celeste (vv. 52-54), poi spiega la condizione sua e di Dante (vv. 55-69), infine lusinga Catone con il riconoscimento del suo amore per la libertà ( vv. 71-72) e con il ricordo dell'amore e della bellezza di sua moglie Marzia (vv. 78-84); e dopo tanta captatio benevolentiae, chiede il permesso di salire al monte del Purgatorio. La risposta di Catone è severa, e ricorda a Virgilio che le lusinghe terrene non possono aver peso nei regni dell'oltretomba; quindi concede loro il passo, perché tale è la volontà divina, e anzi fornisce le indicazioni necessarie per procedere. Ma la dinamica psicologica fra i due personaggi non si esaurisce qui; avrà il suo epilogo nel rimprovero di Catone al termine del canto II, e nel rimorso di Virgilio all'inizio del canto III. Il proemio alla cantica Secondo le norme retoriche del poema classico, il canto si apre con il proemio, in cui il poeta dichiara l'argomento della cantica, cioè la descrizione del secondo regno dell'aldilà, cui segue l'invocazione alle Muse. La metafora del viaggio per mare e la rievocazione del mito delle Piche stabiliscono un rapporto diretto con l'esordio delle altre parti dell'opera, e in particolare con i versi iniziali del Paradiso. Le parole della luce La faticosa, dolorosa riconquista della luce e del cielo aperto aveva caratterizzato anche nelle scelte lessicali gli ultimi versi dell'Inferno (canto XXXIV): ritornar nel chiaro mondo (v. 134), salimmo su (v. 136), le cose belle / che porta 'l ciel (vv. 137138), uscimmo a riveder le stelle (v. 139). Qui la stessa tensione si distende nella raggiunta serenità, nella contemplazione del cielo all'alba, e trova espressione in parole di luce: il dolce color d'orienta/ zaffiro (v. 13), il sereno aspetto del cielo (v. 14), il bel pianeto che faceva tutto rider l'oriente (vv. 19-20), e tutte le stelle dell'altro emisfero (vv. 22-24). Al di là del valore simbolico, sono parole di connotazione paesistica che dispongono alla sia pur problematica positività del Purgatorio. Le parole di Virgilio a Catone libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta (vv. 71-72), che per non rinunciare alla libertà scelse di rinunciare alla vita, sono tuttora efficaci per indicare che per l'uomo la libertà resta il più alto tra i valori da difendere a...


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