Giustificato motivo soggettivo PDF

Title Giustificato motivo soggettivo
Author SILVIA DV
Course Diritto del lavoro
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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CAUSALE DI LICENZIAMENTO – GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO LA NOTEVOLEZZA DELL’INADEMPIMENTO Il giustificato motivo soggettivo e cioè notevole inadempimento degli obblighi contrattuali costituisce la giustificazione nei confronti del lavoratore che commette qualcosa che non va bene. La giusta causa non ci dice nulla, è talmente tanto ampia come causale che è imprecisa; l’unica norma che ci dice qualche cosa è l’art 3 della legge 604/66 e proprio questa prendiamo come punto di riferimento. Gli elementi costitutivi di questa norma sono 2: c’è un inadempimento che deve essere notevole. Per esserci inadempimento non basta che ci sia la violazione della regola contrattuale ma occorre l’imputabilità (richiesta per il risarcimento del danno ex art 1218). Quindi ci potrebbe essere anche inadempimento non imputabile come per esempio per forza maggiore. L’inadempimento si configura sia nei confronti degli obblighi principali sia nei confronti di tutti gli altri obblighi accessori, soprattutto quelli di protezione. Tutti i licenziamenti che la giurisprudenza ritiene legittimi sono licenziamenti sussumibili o nel notevole inadempimento degli obblighi contrattuali o nel giustificato motivo oggettivo, non avanza niente rispetto a queste due categorie e se avanza non è un licenziamento giustificato. Inadempimento c’è se c’è obbligo e poi questo inadempimento deve essere notevole ; se l’inadempimento è notevole lo stabilisce il giudice, ma dobbiamo comunque fornire dei criteri di riferimento; la scaletta è sempre scarsa, non scarsa, notevole, la stessa che ci aiuta per le sanzioni conservative. Quindi qui abbiamo due concetti che si intrecciano: il concetto di proporzionalità del 2106 e il concetto di notevolezza dell’articolo 3 perché in fondo il concetto di notevole inadempimento esprime un concetto di proporzionalità e quindi il sistema è coerente. Un ausilio in termini di certezze sul discorso della notevolezza noi lo troviamo al paragrafo 21 intitolato “tipizzazioni di giustificazioni del licenziamento” e questo è il massimo che l’ordinamento può offrire al giudice il quale si trova di fronte ad un inadempimento imputabile e deve stabilire se è notevole (notevole e grave inadempimento sono sinonimi). Perché le due norme a pagina 77 sono importanti? Perché riducono appunto questa incertezza sul concetto di notevolezza. Vediamo la prima. La prima è collocata nella famosa legge 604/66 che è l’art 12 e contiene un principio veramente importante che poi è stato ripreso nell’art 18 co. 4 (vedi prossima lezione); questo articolo applica la regola generale della gerarchia delle fonti, cioè la derogabilità in mejus, alla giustificazione del licenziamento; infatti, dopo aver detto nell’art 3 che notevole inadempimento giustifica il licenziamento, l’art 12 dice di stare attenti, perché se il contratto collettivo, nel codice disciplinare, per una determinata infrazione, per la quale il giudice ritiene sussistente il notevole inadempimento, prevede una sanzione conservativa, prevale la valutazione del miglior favore del contratto collettivo. Ripetiamo: c’è un caso in cui il giudice ritiene sussistente un notevole inadempimento ai sensi dell’art 3 e quindi il giudice sarebbe pronto a dichiarare quel licenziamento giustificato, la difesa del lavoratore però dice che c’è un’eccezione perché, è vero che ai sensi della norma è notevole, però il contratto collettivo applicabile dice che per quell’inadempimento si prevede la sanzione della sospensione. Quel contratto collettivo con quella previsione ha introdotto una disposizione più favorevole al lavoratore; quindi prevale sempre la valutazione più favorevole al lavoratore, stabilita dal contratto collettivo, rispetto a un’ipotesi di notevolezza di un adempimento ritenuta tale dal giudice proprio perché c’è la derogabilità in mejus a favore del lavoratore e, vedremo che, su questa ipotesi, l’art 18 co.4 fonda la reintegrazione. Quindi, affinchè l’art 12 della legge 604/66 si applichi, ovviamente ci dobbiamo trovare di fronte ad un licenziamento che altrimenti sarebbe giustificato; questo discorso, come si vede, è legato al discorso del contratto collettivo e ci si può chiedere cosa succede se quel datore di lavoro non lo applica quel contratto collettivo (il contratto collettivo di diritto comune infatti non ha efficacia erga omnes); allora come fa il lavoratore a far valere questa clausola? In questo caso il giudice applicherà il contratto collettivo come criterio di riferimento per la sua valutazione di notevole zza anche se non c’è l’applicazione diretta; stessa cosa che fa il giudice quando deve determinare la retribuzione proporzionata e sufficiente al rapporto di lavoro al quale non si applica direttamente il contratto collettivo, infatti il giudice, attraverso l’art 2099 co.2, in via di equità, prende comunque la retribuzione prevista dal contratto collettivo ma come criterio equitativo e non come applicazione diretta e qui fa lo stesso lavoro; quindi 1

l'articolo 12 fa diventare non notevole un adempimento che sarebbe notevole. Vediamo dall’altra parte che succede: a posizione rovesciata c’è l’art 30 della legge 183/2010, stiamo nella ipotesi inversa perché qui ci troviamo in un'ipotesi in cui il contratto collettivo prevede invece il licenziamento come sanzione di quella infrazione e allora che soluzione si potrebbe adottare in questo caso? Nonostante il contratto punisca quell’infrazione con il licenziamento, il giudice si trova sempre al cospetto della norma di legge dell’art 3, e quindi deve andare a verificare se effettivamente lì c’è il notevole inadempimento (applicazione della inderogabilità in pejus). La fonte che derogherebbe in pejus l’art 3 è il contratto collettivo e il giudice deve applicare appunto l’inderogabilità e se quel fatto, alla luce dell’art 3, non merita la notevolezza nonostante la previsione del contratto, il giudice lo deve ritenere ingiustificato. Ed allora proprio in ragione di questo sistema nel 2010 è uscita fuori questa norma e adesso la esaminiamo. Soffermiamoci un attimo sul perché il giudice potrebbe o dovrebbe ritenere quel fatto non notevole: facciamo sempre l’esempio dell’assenza ingiustificata, il contratto collettivo dice che 4 giorni di assenza ingiustificata costituiscono notevole inadempimento e quindi può licenziare, il datore aspetta 4 giorni e licenzia, il giudice deve valutare in concreto la notevolezza, addirittura deve valutare in concreto l’imputabilità dell’inadempimento e ritorniamo all’ipotesi di forza maggiore e quindi in quel caso vale il principio dell’inderogabilità della norma legale alla luce del quale lì non c’è stato neanche inadempimento. Quindi da questo punto di vista il codice disciplinare è un riferimento importante, perché innanzitutto ai sensi dell’art 12 dice tutto quello che non è giustificato e quello è sicuramente ingiustificato, qui invece l’incertezza ce la introduce perché tutto quello che potrebbe essere giustificato ai sensi del contratto collettivo viene rimesso in discussione dal giudice e viene rimesso in discussione anche in termini di colpevolezza, di intenzionalità della violazione da parte del lavoratore quindi non sono non è notevole ma potrebbe anche essere addirittura non imputabile. Il 1218 è quello che comanda. Se invece è imputabile, di nuovo, il giudice non si può fermare alla previsione del contratto ma deve valutare la gravità di questo inadempimento e i parametri per valutarli sono normalmente quelli del livello delle mansioni e delle responsabilità affidate a quel lavoratore; un conto è un atto di un lavoratore che sta in magazzino e un conto è un rifiuto di svolgere un lavoro dell’impiegato con funzioni direttive, assume un ben diverso valore in termini di gravità dell’inadempimento in ragione della consapevolezza, in ragione della responsabilità, in ragione del danno, della disorganizzazione, sono tutti elementi che devono essere valutati per capire quanto è grave quello che hai fatto. Nel giudizio di notevolezza gioca un ruolo anche il danno che l’inadempimento può arrecare al datore di lavoro, anche se qui bisogna intenderci perché regna una certa confusione in giurisprudenza: può rilevare il danno ma fino ad una certa misura e l’esempio classico è quello della commessa che si ruba un flacone di profumo, il datore se ne accorge e la licenzia: abbiamo inadempimento? Si. E’ imputabile? Si. E’ notevole? E qui è difficile stabilirlo: la risposta di chi ritiene che il furto di lieve entità costituisca un licenziamento giustificato è che se non si punisce allora potrebbe giustificare anche altri a farlo e quindi c’è un orientamento che dice che il licenziamento è anche una misura preventiva; però la replica è di quelli che dicono che il furto di lieve entità non è grave da poter far perdere il posto di lavoro e questi dicono appunto che esiste la sanzione conservativa e quindi è giusto dare la massima sanzione conservativa. E allora è interessante capire come si sviluppa il concetto di notevolezza; alla fine, nel concetto di notevolezza, c’è un principio di extrema ratio, cioè deve costituire una reazione dal punto di vista disciplinare al fronte della quale non può essere utile una sanzione conservativa. Questo è un altro criterio per specificare il concetto di notevolezza. Sul discorso di modico valore c’è da fare un altro ragionamento, anche qui è fuorviante il discorso della fiducia perché quelli che sono d’accordo nel ritenere giustificato il licenziamento per furto di poco valore non presentano come argomentazione che c’è stata la lesione della fiducia ma piuttosto l’argomento è che, si, manca la fiducia ma qui è una fiducia oggettiva, manca la fiducia nella possibilità che non vengano reiterati quei comportamenti e troviamo questo concetto espresso bene in una norma che riguarda la somministrazione ma viene ritenuto di applicazione generalizzata in tutti i rapporti di durata, è il 1564 a pag 70: “in caso di inadempimento di una delle parti, l’altra ottiene la risoluzione del contratto (può licenziare) se l’inadempimento ha una notevole importanza” e infatti usa la stessa parolina (notevole) usata nell’art 3, ma non basta “ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti”, l’unica norma che parla di fiducia è questa: quinti dopo la notevolezza questo inadempimento deve avere un’altra caratteristica e cioè che sia tale per cui, oggettivamente (e non soggettivamente), secondo un canone di probabilità, lo ripeterà, ci ricascherà; ed allora c’è un ulteriore 2

riflessione da fare su questa norma: questa norma con quale altre norme è collegabile? Ci aiuta a collegare l’art 3 con il 2119 perché un pezzo di questa norma ha l’art 3 (inadempimento di notevole importanza) e non solo, c’è un altro pezzo che dice “tale da menomare la fiducia nell’esattezza” e questo pezzo potrebbe essere quel famoso criterio per stabilire l’inadempimento più che notevole per eliminare il preavviso. Se il 1564 si fermasse a inadempimento di notevole importanza sarebbe uguale all’art 3 della 604/66 e quindi il 1564 ci aiuta a capire quello che è di più di un notevole inadempimento e allora potremmo dire che il 1564 ci consente di capire quale è quell’inadempimento più che notevole che non solo rende giustificato il licenziamento ma che elimina anche il preavviso. Quindi è più che notevole quando è tale da menomare l’esattezza dei successivi adempimenti e allora è logico che il datore non se lo tiene neanche un minuto di più in azienda. La gravità dell’inadempimento più che notevole può essere specificata attraverso questo criterio, cioè la probabilità che tu reiteri l’illecito. Si potrebbe obiettare che questo è un ragionamento prognostico, di previsione, ma qui si cerca con la logica dei criteri che rendono meno incerto il giudizio e quindi di più non si può fare. E sempre da questa norma si capisce il valore della recidiva, perché in effetti dalla recidiva si capisce bene quando tu non hai più fiducia che un’altra persona adempia, la recidiva ci dà proprio la rappresentazione plastica di questa mancanza di fiducia nei successivi adempimenti perché come lo hai fatto due volte allora lo fai anche la terza e allora per evitare che tu lo faccia ancora ti licenzio. Per riassumere, i criteri di riferimento della notevolezza sono 1564, l’entità del danno (ma anche il danno lieve può costituire un elemento prognostico per i successivi danni e quindi il datore li deve evitare) e poi c’è l’elemento della colpa – intenzionalità ma dobbiamo stare attenti perché il concetto di colpa – intenzionalità agisce sia per rendere non imputabile l’inadempimento, sia per renderlo meno grave. Di fronte a quest’incertezza esce fuori la norma dell’art 30 che ha una portata di carattere generale però è chiaro che la sua ricaduta è importantissima in termini di licenziamento; la norma è quasi scritta bene solo che si perde verso la fine “nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa presenti nei contratti collettivi”: che cos’è che non va in questa norma? “Tiene conto” è differente da “è vincolato” e quindi non ci risolve niente per l’incertezza perché se ne può discostare, se invece avesse scritto è vincolato il giudice tutto quel discorso sull’inderogabilità in pejus non l’avrebbe più potuto fare (se il contratto prevede per 4 giorni di assenza ingiustificata il licenziamento lui sarebbe stato vincolato a quella valutazione, non gli sarebbe stato più consentito di andare a sindacare la notevolezza, la norma lo avrebbe vincolato); quel “tiene conto” dice che potrà anche non tenerne conto ma dovrà soltanto motivare nella sentenza perché non ne ha tenuto conto, quindi il criterio di riferimento c’è sempre ma anche prima di questa norma c’era e quindi è una norma che ci dice poco, ci dice solo che deve motivare perché non ne ha tenuto conto (è come se la norma non ci fosse). Nell’art 55 e nel 55 quater ci sono le differenze tra lavoro pubblico e lavoro privato e si nota come questa norma è diversa da quella del lavoro privato, qui c’è veramente una tipizzazione vincolante dei licenziamenti per notevole inadempimento; qui la legge ha fatto quello che nel privato il legislatore non ha fatto perché qui ha detto “ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi…”, e quindi la valutazione di notevole inadempimento ai sensi dell’art 3 già è stata fatta dal legislatore, ha ritenuto, il legislatore, che in quei casi il notevole inadempimento sia in re ipsa e sono fatti obiettivamente gravi (per esempio nel lavoro pubblico bastano 3 giorni di assenza ingiustificata per essere licenziati). Quindi è interessante capire come la tecnica normativa cambia a seconda di come cambia il datore di lavoro e qui, siccome il datore di lavoro è la pubblica amministrazione, la legge tipizza alcuni fatti particolarmente gravi perché potrebbero addirittura incidere sul 97 della Costituzione e cioè sull’efficienza della pubblica amministrazione; la cosa ulteriormente interessante poi è che nonostante questa tipizzazione, ultimamente la Cassazione, siccome non le piace la privatizzazione del rapporto di lavoro, facendo leva sull’art 55 co. 2 in cui si dice comunque si applica il 2106, si è arrogata il diritto di controllare la proporzionalità anche in riferimento a queste tipizzazioni del 55 quater e quindi anche qui il giudice ci può mettere le mani e cambiare le cose. Anche se, in realtà, di fronte ad una norma del genere il giudice dovrebbe rimettere la questione alla Corte Costituzionale perché questo è l’unico modo attraverso cui il giudice può disapplicare una tipizzazione del genere. La cosa però che bisogna sapere è che c’è una tipizzazione vincolante nel lavoro pubblico.

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LA PROCEDURA Quale è la procedura che si applica al giustificato motivo soggettivo? Il preavviso sicuramente, tranne se c’è la giusta causa. L’art 7 prevede la procedura nel caso di erogazione della sanzione e se vi andate a leggere questo articolo non c’è scritto che si applica al licenziamento ma si applica per quanto riguarda la violazione delle sanzioni disciplinari. E’ dovuta intervenire la Corte Costituzionale sull’art 7 affinchè si desumesse in via interpretativa l’applicabilità dell’art 7 anche a qualunque licenziamento “per colpa”; allora la Corte dice per colpa, che cos’è il licenziamento per colpa? E’ il licenziamento per notevole inadempimento quindi traducendo in modo corretto le parole di quella sentenza noi dobbiamo dire che l’unica forma di licenziamento per colpa che noi conosciamo è quella per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali. Ed allora se vi chiedo che cos’è il licenziamento disciplinare? E’ una espressione riassuntiva, è una variante semantica di licenziamento per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, che sta solo a significare che il licenziamento per giustificato motivo soggettivo può essere legittimamente intimato solo osservando la procedura dell’art 7 (facciamo prima a dire licenziamento disciplinare che per giustificato motivo soggettivo)

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