Intervento iussu iudici 107 cpc (10) PDF

Title Intervento iussu iudici 107 cpc (10)
Author Manuel Greco
Course Diritto Processuale Civile
Institution Università degli Studi di Parma
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Summary

appunti sull'intervento iussu iudici presi a lezione, anno 2021...


Description

Trattiamo l’ultimo tema relativamente agli interventi in causa. Intervento iussu iudici = per ordine del giudice La prima premessa necessaria riguarda il fatto che l’ordine di intervento non è direttamente rivolto al terzo, questo soggetto quindi non partecipa al processo come conseguenza all’ordina del giudice; l’ordine è rivolto nei confronti delle parti del processo che sono tenute, ove aspirino ad una pronuncia di merito sulla controversia, segnatamente l’onere di fatto grava sull’attore, a coinvolgere nel processo il terzo. Vi è una situazione di eguaglianza con l’ordine di integrazione del contraddittorio esaminato con riferimento al litisconsorzio necessario; anche in quel caso è previsto che laddove non partecipino nella controversia tutti coloro che vi dovrebbero partecipare a seconda del dettato di legge, il giudice ordini un coinvolgimento dei litisconsorti pretermessi nel processo. Tale forma di intervento è regolata dall’articolo 107 cpc che in prima battuta sancisce una netta differenza rispetto alla chiamata del terzo ex 106 cpc; mentre quella del 106 cpc è una chiamata posta in essere dalla parte sulla base di una propria valutazione di opportunità; nel caso del 107 cpc la chiamata è ordinata dal giudice.  La parte interessata ad una pronuncia di merito chiama in giudizio il terzo ottemperando in questo modo ad un ordine del giudice. Inottemperanza dell’ordine del giudice: laddove le parti non provvedano a dare esecuzione all’ordine di chiamata emesso dal giudice, le conseguenze sono abbastanza simili all’inottemperanza dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex 102 cpc ( non sono identiche come pare di desumere dal testo ), c’è comunque una differenza: cioè ex 102 cpc l’inottemperanza comporta l’immediata estinzione del processo. Mentre l’inottemperanza nell’ipotesi di chiamata del terzo iussu iudici comporta, in base alla lettura combinata degli articoli 107 e 270 cpc, non un’immediata estinzione del processo, bensì la cancellazione della causa dal ruolo. Cancellazione della causa dal ruolo: provvedimento in un certo senso prodromico all’estinzione del processo, ma non è necessariamente l’estinzione. È un provvedimento per effetto del quale la causa entra in una sorta di stato di arresto. Dalla quale situazione la causa può essere riattivata a mezzo di tempestiva riassunzione nel termine di tre mesi dalla pronuncia della cancellazione della causa dal ruolo. Qualora nessuno provveda nel termine trimestrale, a riassumere la causa, si determinerà l’estinzione del processo. Radicalmente diverse le conseguenze della scelta del giudice di non ordinare la chiamata del terzo, rispetto alla non integrazione del contraddittorio: laddove il giudice non provveda ad integrare il contradittorio, non rilevi la mancanza di un litisconsorte pretermesso e quindi non ordini l’integrazione di costui, avremmo una sentenza inefficace

o inutile nei confronti delle stesse parti presenti; mentre laddove il giudice non ravvisasse gli estremi di opportunità che giustificherebbero l’ordine di chiamata ex 107 cpc non cambierebbe assolutamente nulla, cioè la sentenza sarebbe perfettamente efficace. Presupposti dell’ordine di chiamata ( iussu iudici ) La legge individua un presupposto come risultato dell’integrazione fra due elementi: -

Comunanza di causa tra le parti e il terzo Valutazione di opportunità del coinvolgimento del terzo in questa controversia

L’intervento per ordine del giudice, comporta una deroga al principio della domanda e al principio dispositivo in senso sostanziale. Principio della domanda: per il quale il processo può essere attivato solo su impulso di un soggetto che richiede tutela, si proietta naturalmente nel principio per cui sono le parti ed è un potere esclusivamente di parte quello della determinazione dei limiti soggettivi ed oggettivi del giudizio: cioè spetta alle parti determinare su quali diritti il giudice deve pronunciare e nei confronti di quali soggetti questo accertamento debba essere emesso. Deroga suddetta: nella misura in cui il giudice impone alle parti di coinvolgere nel giudizio parti che non si erano originariamente coinvolte, si va a determinare una limitazione al principio dispositivo in senso sostanziale. Il professore ha chiarito come sia rilevante parlare di principio dispositivo in senso sostanziale, differenziandolo dal principio dispositivo in senso processuale che sancisce il tendenziale monopolio delle parti sulle prove utilizzabili nel processo dalle parti. Il fatto che l’ordine di chiamata del terzo abbia una valenza derogatoria rispetto al principio dispositivo in senso sostanziale implica, come conseguenza indiscussa, che la chiamata del terzo per ordine del giudice sia una chiamata non innovativa, o meglio il giudice non possa imporre una chiamata innovativa. Il giudice può imporre solo una chiamata non innovativa, quindi volta ad estendere semplicemente al terzo l’accertamento e gli effetti dell’accertamento sul rapporto inter partes; il giudice non può imporre alle parti di proporre una domanda contro il terzo, con cui sia fatto valere un diritto che una delle parti vanti contro il terzo, di proporre una domanda contro il terzo con cui il rapporto facente capo al terzo sia introdotto nel processo nella sua interezza in vista di una pronuncia con forza di giudicato e di un’eventuale condanna. Da ciò quindi deduciamo che l’esecuzione dell’ordine del giudice comporta semplicemente una chiamata di tipo non innovativo; è poi nella libertà delle parti, sulla base di una propria funzionale valutazione e in forza della libertà della chiamata in causa derivante dall’articolo 106 e non in ottemperanza ad un ordine del giudice che non può imporre ciò, porre in essere una chiamata innovativa.

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Comunanza di causa: questo concetto, come utilizzato dal 107 cpc, deve essere valutato in termini restrittivi, rispetto al medesimo concetto quale utilizzato e recepito all’interno dell’articolo 106 cpc. Quindi la stessa locuzione assumerebbe all’interno di queste due norme un significato più esteso nell’ottica del 106, più ristretto nell’ottica del 107 cpc. L’interpretazione restrittiva richiesta del 107 cpc, è giustificata dalla valenza derogatoria della chiamata per ordine del giudice, nei confronti del principio della domanda e del principio dispositivo in senso stretto.

La lettura restrittiva non produce significative differenze rispetto all’interpretazione che si è data della comunanza di causa nell’ottica del 106, nel senso che: colore che, noi non apparteniamo a questa categoria, ritengono che nella prospettiva dell’articolo 106 cpc che il concetto di comunanza di causa sia sostanzialmente equipollente a quello di connessione fra le cause ritengono che sia possibile la chiamata ai sensi del 106 del coobbligato solidale, del condebitore parziario; per cui attribuiscono qualifica di fattispecie di comunanza di causa anche l’ipotesi di connessione debole, cosa che noi nel solco dell’indicazione della merlin abbiamo escluso; noi abbiamo escluso che la chiamata ex 106 possa coinvolgere il condebitore parziale e il condebitore solidale, cosa che invece molti ammettono. E questo fa si che per noi che escludiamo quanto detto prima, l’ interpretazione restrittiva dell’articolo 107 sia molto meno percepibile. Chi è nell’ottica a noi opposta dice che la parte possa chiamare in causa nei termini previsti dalle legge il condebitore solidale e quello parziario, ma il giudice non glie lo può imporre cioè laddove la domanda sia proposta del creditore nei confronti di uno dei coobbligati il giudice non gli può imporre di chiamare in causa gli altri coobbligati. Questa è una conclusione che anche noi percepiamo, ma per la ragione che noi a monte riteniamo che questa chiamata non possa essere fatta nemmeno spontaneamente; dal momento che abbiamo ritenuto che il concetto di comunanza di causa non comprenda queste ipotesi di connessione media o connessione debole. Quindi il fatto che il giudice non possa ordinare al creditore di chiamare in causa i coobbligati, è per noi scontato dal fatto che non si potrebbe fare nemmeno spontaneamente ai sensi dell’articolo 106 cpc. Per cui in concreto questa esigenza di interpretazione restrittiva si risolve nel fatto che la misura in cui il concetto di comunanza di causa viene ridimensionato è dato dal modo di intendere il concetto di opportunità della chiamata del terzo  il criterio per selezionare all’interno della figura della comunanza di causa le ipotesi in cui vi possa essere intervento iussu udicis è dato dalla opportunità cui la legge fa riferimento nell’articolo 107 cpc. Cioè la comunanza di causa che coinvolge i terzo al punto da consentirne la chiamata per ordine del giudice è legata al fatto che il coinvolgimento di questo terzo nel processo sia opportuno. ( secondo presupposto indicato sopra ). Cioè la comunanza di causa sussiste quando la partecipazione del terzo al processo sia opportuna, per cui l’elemento chiave

per comprendere quando questa chiamata sia consentita o meno è il criterio della opportunità. La chiamata in causa del terzo è opportuna, quando la presenza del terzo nel processo sia funzionale alla giustizia della decisione, ad una decisione più corretta, ad un accertamento giusto quindi meglio rispondente al vero di quanto non sarebbe se il terzo rimanesse al di fuori del processo. I due presupposti della comunanza di causa e dell’opportunità si rifondono ad unità  la chiamata del terzo per ordine del giudice, è ammissibile allorché la presenza del terzo nel processo vada ad assicurare una decisione più giusta. Ciò accade solo in determinate ipotesi che abbiamo esaminato nell’ambito dell’articolo 106 cpc. Ipotesi in cui ciò è ravvisabile: 1) Diritti incompatibili ed obbligazioni alternativi: cioè diritti incompatibili: l’esistenza

dell’uno esclude l’esistenza dell’altro o obbligazioni alternative: dal lato passivo l’esistenza dell’una nei confronti di un determinato soggetto esclude automaticamente l’altra. Quanto l’alternativa dipenda dalla risoluzione di questioni di fatto: perché la presenza del terzo nel processo consente l’apporto delle sue conoscenze in ordine a quelle determinate circostanze fattuali, quindi permettendo al giudice una soluzione più corretta. Ex: titolare del fondo danneggiato da immissione moleste derivanti da un vicino depuratore, con l’alternativa su chi effettivamente il soggetto debba agire cioè il gestore o il comune. Ai sensi del 107 trattandosi di una questione meramente giuridica o di un’interpretazione di fatti meramente giuridici, la presenza del terzo quindi la mobilitazione delle sue conoscenze di fatto sulla vicenda ha un rilievo molto più limitato. Viceversa l’opportunità di coinvolgimento del terzo, ai fini di una superiore qualità della decisione, si apprezza quando l’alternativa dal lato attivo o passivo dipende dalla soluzione di questioni di fatto: tipo quando in relazione ad un determinato illecito extracontrattuale si discuta se il danno di cui si chieda il risarcimento, sia riconducibile in senso causale al comportamento di un certo soggetto piuttosto che a quello di un altro soggetto; ecco che in queste ipotesi in cui la soluzione di chi sia il vero soggetto passivo di quella obbligazione dipende da questioni di fatto, allora il coinvolgimento del terzo appare utile e sarà sicuramente utile l’ordine di chiamata pronunciato dal giudice.

2) Terzi parti di rapporti pregiudiziali rispetto a quello di cui si discute nel processo: la

controversia verte su un rapporto dipendente dal rapporto pregiudiziale di cui sia parte un terzo; per cui il coinvolgimento del terzo nel processo serve indiscutibilmente ad una più corretta decisione della controversia. Questa l’abbiamo noi individuata come l’ipotesi più pura di comunanza di causa, poiché il terzo è già parte della causa; il giudice per decidere la causa deve risolvere questioni che coinvolgono il terzo. Ed è sicuramente un’ipotesi in cui il coinvolgimento del terzo nel processo è sicuramente funzionale ad una più giusta decisione nella controversia. Ex1: cause promosse dall’inps nei confronti del datore di lavoro per contributi non versati, la difesa del datore di lavoro consta nell’opporre che l’attività dei lavoratori per le quali è mancato il versamento dei contributi non fosse attività di lavoro subordinato. Per risolvere la controversia quindi è necessario risolvere la questione inerente il rapporto pregiudiziale cioè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; questo rapporto pregiudiziale però non coinvolge le parti del processo, ma solo una parte del processo e un terzo cioè il lavoratore subordinato. Ecco l’opportunità di coinvolgere questo soggetto nel processo al fine di conoscere le informazioni dei fatti che questo terzo possegga. Ex2: ipotesi della vendita successiva ad una prima vendita che si assume nulla ( INTERVENTO VOLONTARIO DI C/ CHIAMATA IN CAUSA DI C )  A vende il bene X a B, B a sua volta vende il bene X a C. Il venditore A, rilevato un vizio che rene la vendita nulla e quindi inefficace, travolgendo a cascata tutti gli acquisti successivi anziché rivolgersi a B per la declaratoria di nullità della vendita, si rivolge, agendo in rivendica, a C chiedendone la condanna alla restituzione del bene X sul presupposto della nullità della vendita originaria. nel processo che A abbia instaurato verso C, si dovrà discutere della nullità della prima vendita cioè il giudice dovrà necessariamente stabilire, al fine della decisione di merito, se il primo atto di vendita fosse valido oppure no è questa una questione pregiudiziale al rapporto AC , questione che coinvolge un soggetto terzo (B). il giudice quindi ordina la chiama in causa di B come soggetto la cui presenza nel processo può consentire una più corretta decisione del processo medesimo grazie all’apporto dei fatti di sua conoscenza. Quello che interessa al giudice è la presenza di B nel processo, a prescindere da domanda nei suoi confronti. EX2: banca disposta a concedere un finanziamento a B della somma di 1000, sul presupposto che l’adempimento dell’obbligazione sia garantita da un terzo fideiussore C; per effetto della stipula del contratto di fideiussione la banca diventa creditrice verso B per effetto del contratto di finanziamento e nei confronti di B per effetto del contratto di mutuo. Si determina così la nascita di un’obbligazione solidale in quanto la banca può chiedere l’adempimento tanto a C quanto a B.

quello che a noi interessa è il rapporto di pregiudizialità intercorrente fra il rapporto AB e il rapporto AC, vale a dire l’obbligo del fideiussore sussiste in quanto sussiste l’obbligazione principale, quindi il fideiussore è tenuto se e nella misura in cui sia tenuto il debitore principale. A fronte del mancato adempimento di B, la banca si rivolge al fideiussore C , quella tra la banca e il fideiussore è una controversia per la cui decisione è necessaria la risoluzione di una questione pregiudiziale, la banca per stabilire se ha ragione la banca o il fideiussore la banca deve dimostrare che esista ancora il credito AB , per la risoluzione di questa questione è utile il coinvolgimento di un terzo ovvero di B per una più corretta soluzione della causa. Ed ecco qui la legittimità di chiamare in causa il terzo creditore B.

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ESTROMISSIONE DI UNA PARTE DAL GIUDIZIO Fuoriuscita/ esclusione dal processo di un soggetto che precedentemente rivestiva la qualità di parte di quel processo e che in conseguenza dell’estromissione esce dal processo e vede dismessa necessariamente questa veste, qualità di parte. Questo può verificarsi soltanto dove si tratti di processi cumulativi, dove quindi venga coinvolto un numero di parti superiori a due, l’estromissione non può avvenire in un processo bilaterale in quanto per effetto della estromissione verrebbe meno una condizione imprescindibile del processo e cioè la bilateralità. Ipotesi di estromissione del processo sono ipotesi tipiche 1) Estromissione del garantito: estromissione regolata dal 108 cpc  processo con coinvolgimento in causa del soggetto tenuto a prestare garanzia. Ex1: A vende il bene X a B - C rivendica il bene X detenuto da B, compratore garantito - B chiama in causa A, venditore garante. Il venditore garante può essere chiamato a fini non innovativi o perché intervenuto spontaneamente ai fini di interventore adesivo dipendente, in supporto alle ragione del garantito: questa è la soluzione processuale che fa da sfondo all’estromissione del garantito. L’estromissione si realizza attraverso una serie di step: sul presupposto che il garante a seguito della chiamata in causa essi è comparso e quindi si è costituito nel giudizio, quindi non è rimasto contumace. Il primo step è che il venditore garante manifesti la disponibilità di assumere la causa in luogo del garantito  vi è una richiesta del garantito al garante di assumere la causa in suo luogo; a fronte di questa richiesta il venditore garante fa una dichiarazione con la quale accetta in suo luogo, quindi in tale dichiarazione viene espressa la disponibilità del garante di far valere le ragioni del garantito nei confronti

del soggetto rivendicante. Di fronte a tale disponibilità di A di far valere/ tutelare nel processo BC le ragioni processuali di B, B può chiedere al giudice di essere estromesso dal processo, qualora nulla si opponga B sarà estromesso. Inquadramento del fenomeno: si tratta di un fenomeno di sostituzione processuale  l’accertamento del rapporto CB è portato avanti dal giudice in presenza di A e C dal momento che A fa valere nel processo le ragioni di un soggetto diverso da lui, non un diritto altrui. Peculiarità di questa fattispecie di sostituzione processuale: che dove si assista ad un fenomeno di legittimazione straordinaria cioè di un soggetto che agisce in nome proprio per un diritto altrui, la peculiarità di questi processi è che vi è un litisconsorzio necessario tra legittimato ordinario e legittimato straordinario cioè il legittimato straordinario partecipa ad un processo su un rapporto altrui, al quale processo sono presenti entrambe le parti sulle quali dovrà calare il giudicato. Qui viceversa il garantito esce dal processo, quindi vi è una deroga al principio per cui nei processi condotti dal legittimato straordinario è parte necessaria anche la parte legittimata ordinaria. Ratio della deroga: la sentenza che verrà emessa alla fine di questo processo è una sentenza che fa stato sul rapporto altrui, per cui vale il principio generale per cui il soggetto nei cui confronti il processo deve manifestare i suoi effetti, deve essere presente nel processo in cui si formi questa sentenza. Qui la sentenza che si formerà al termine del processo CA farà stato nei loro confronti e andrà a vincolare B condannandolo eventualmente, B ovviamente in tal caso sarà tenuto a dare esecuzione a tale condanna. Ma com’è possibile che una sentenza destinata a sfociare in questi effetti da un determinato processo, da questo stesso processo il soggetto possa uscirne ? questa previsione normativa è accettabile dai valori costituzionali ? La risposta è affermativa, vi sono due ragioni concorrenti che giustificano l’estromissione dal processo del creditore garantito, da un processo la cui sentenza è destinata a fare stato nei confronti delle parti e del terzo garantito: 1) Il soggetto realmente interessato all’esito finale di questo accertamento, quindi il soggetto su cui dovrebbe cadere il peso finale della soccombenza di B verso C , non è il garantito; nel senso che se il garantito perde la causa e dovrà restituire il bene, comunque potrà rivalersi nei confronti del garante. È il venditore il soggetto che ha tutto da perdere in questo processo e quindi di per se è il più motivato a far valere le eventuali ragioni da contrapporre a C, perché il garante non ha un soggetto su cui scaricare la sua soccombenza. 2) Il garante nell’ipotesi perlomeno di garanzia reale è il soggetto che meglio conosce i fatti di causa, sicuramente li conosce meglio del garantito. Il garantito ha acquistato la cosa fidandosi di quanto dettogli dal venditore.

Ed ecco perché si giustifica la fuoriuscita del processo del compratore garantito. Il processo verte sul rapporto CB, tant’è che il secondo periodo del 108 cpc dice che l’estromissione è...


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