John Wayne, Anton Giulio Mancino riassunto PDF

Title John Wayne, Anton Giulio Mancino riassunto
Course Storia del cinema
Institution Università degli Studi di Macerata
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Summary

Il titolo del libro che ho dovuto mettere non è corretto. Si tratta di un riassunto del libro di John Wayne di A.G. Mancino...


Description

1. AMERICAN WAYNE OF LIFE «Come ha fatto a riconoscermi?» «Mi hanno detto che doveva arrivare qualcuno leggermente più piccolo della Statua della Libertà.” Si era compenetrato così tanto nei personaggi interpretati che tramandò al pubblico di tutto il mondo la leggenda e il modello di vita americani: uomini schietti, liberi e vigorosi, dietro cui si intuivano profonde contraddizioni, antichi dilemmi culturali e questioni storiche irrisolte. John Wayne cercò sempre nei suoi film di ricucire le divisioni interne, migliorarne l’immagine all’esterno e ribadire la fede nei valori patriottici che sentiva il dovere di rappresentare. Il soprannome era “Duke”, lo stile di recitazione istintivo, la formazione non professionale e la vera biografia erano gli oltre centocinquanta film, soprattutto western e bellici. Gli si addiceva la parte da duro, coraggioso bastardo, incallito fumatore e bevitore. «Ad un regista chiedo solo quale cappello indossare e da quale porta entrare». Henry Hathaway era l’autore prediletto dopo John Ford e Howard Hawks. «Quello che era sullo schermo, lo era anche nella vita, non si dirigeva Wayne. Leggeva il copione poi iniziava. Durante le riprese utilizzava sempre i suoi vestiti e le sue armi. Era se stesso. Una volta, quando gli feci un’osservazione sull’intonazione di una battuta, mi gridò “La dica lei stesso”. E lo feci. Sorridendo ribatté: “Allora è così che le piace signor Hathaway!”. Più tardi ha tenuto a scusarsi davanti le cinquanta persone dell’équipe, precisando: “L’ho insultata in pubblico, voglio scusarmi in pubblico”. Così era John Wayne, franco e grande». Abbigliamento wayniano: gilet di pelle marrone, camicia a doppio petto, braccialetto d’oro, stivali nei pantaloni, fondina sulla natica destra e fibbia di metallo per cintura con incisa la “D”. E’ stato il più popolare divo di Hollywood, ma gli intellettuli, specialmente i progressisti e l’élite di sinistra, non gli hanno perdonato gli orientamenti politici e la vocazione per i film commerciali. Per lui il cinema era una forma primordiale di intrattenimento senza grandi pretese. «Nei miei film cerco di ricordare che la gente spende i propri soldi al botteghino per rilassarsi e divertirsi. Perciò mi piace offrire loro cose semplici e che si possano considerare decenti». Esercitò un controllo sulla produzione e si circondò di collaboratori che assicurassero continuità e coerenza alla sua immagine, come se l’autore implicito di tutte le pellicole fosse stato sempre e solo lui. James Edward Grant dal 1947 al 1964 fu quasi il suo sceneggiatore fisso. Pretendeva dai registi, dai tecnici e dagli sceneggiatori circostanze e personaggi autobiografici o autoreferenziali. Un suo profilo lo tracciava Graile in ‘The Comancheros’, «ha sulla faccia i contrassegni del suo carattere: il naso che fu rotto da qualcuno, le cicatrici sulle sopracciglia, tutto mostra che in passato ha imposto o tentato di imporre la sua volontà agli altri. È evidentemente un uomo molto volitivo». Perché i western e i film di guerra? Le regole di vita del John Wayne cinematografico combaciavano con le situazioni straordinarie ed estreme, in cui si rendevano indispensabili decisioni immediate, volontà, attitudine al comando e obbedienza. Non poteva fare a meno di proteggere gli indifesi, liberare la città o la comunità da ribaldi (coloro che vivono di violenze e soprusi) e profittatori, con la differenza che a cose fatte lui non abbandonava la scena, ma si integrava ed assumeva un ruolo di spicco all’interno delle neonate istituzioni. Lo si ritrovava spesso nei capi di capo e dell’uomo d’ordine, dirigente, sceriffo o altro ufficiale.

2. LA CONQUISTA DEL SET VITA – Il mondo intero l’ha conosciuto come John Wayne, ma prima del 1930 nessuno lo chiamò mai così. Il suo vero nome è Marion Michael Morrison e nacque il 26 maggio 1907 a Winterset, un paesino dell’Iowa. Fu il primogenito dei coniugi Clyde Morrison e Mary Margaret Brown. Clyde gestiva una farmacia con scarso successo e sua moglie non faceva che rinfacciarglielo. Quando venne al mondo il fratello Bob Marion aveva 5 anni e la tubercolosi di Clyde costrinse l’intera famiglia a trasferirsi a Lancaster, California, a coltivare il grano. Le condizioni di vita erano insostenibili, allora dopo due anni si spostarono a Glendale, dove Clyde tornò a condurre una farmacia, per poi dedicarsi alla produzione artigianale di gelati. Clyde viveva il malessere e il senso di disfatta di uno dei tanti uomini che in quegli anni verificavano sulla propria pelle i sintomi precoci della Depressione. Nel 1921 i coniugi Morrison divorziarono. Marion però a causa di un’infanzia ben poco esaltante tra stenti, sacrifici e un’atmosfera domestica non proprio serena ha imparato a contare solo su se stesso. Le esperienze e le disavventure gli avevano trasmesso senso di adattamento e un temperamento intraprendente e individualista.

Sebbene fosse poco più che un bambino quando giunse a Glendale, Marion si impegnò a contribuire al bilancio familiare: aiutava il padre in farmacia, distribuiva con una bicicletta di seconda mano il “Los Angeles Examiner” o i biglietti del cinema locale. Con il vantaggio di poter accedere gratis a qualsiasi proiezione. Il soprannome di “Little Duke”, che con gli anni si ridusse a “ Duke”, molto più pratico e maschile del nome di battesimo, gli fu affibbiato dai pompieri di Glendale, per distinguere il piccolo spilungone dall’enorme cane con cui era solito andare in giro, che veniva chiamato “Big Duke”. Alla Glendale Union High School Duke Morrison si rivelò un brillante studente, particolarmente portato per le attività supplementari come la recitazione e, data l’elevata statura e la costituzione robusta, il football. Al termine della scuola secondaria voleva accedere all’Accademia Navale di Annapolis ma si classificò quarto all’esame di ammissione. I meriti sportivi gli valsero però una borsa di studio all’University of Southern California, dove nel 1925 si iscrisse al corso di giurisprudenza. Nel 1933 di sposa con Josephine Saenz, figlia di un prestigioso medico, avranno 4 figli e divorzieranno nel 1944. Si sposò altre due volte e dalla terza e ultima moglie ebbe 3 figli.

INIZIO DELLA SUA CARRIERA Riuscì a mettere piede a Hollywood per vie traverse: Howard Jones, l’allenatore dei Trojan, la squadra della USC in cui Duke giocava, era solito procurare i biglietti per i principali incontri di football a Tom Mix e a molte altre personalità di spicco nell’ambiente del cinema, e un giorno chiese a Mix (sotto contratto con la Fox) di sistemare il suo giovane e promettente centrocampista. Così Morrison venne ingaggiato dalla Fox, alternando prestazioni di stuntman al ruolo di attrezzista (l’uomo di fatica). Morrison esordì sullo schermo come controfigura nella pellicola “Brown of Harvard” (1926). L’anno seguente Duke risultò uno dei dieci giocatori selezionati in varie università nazionali per il film “ Drop of the Dick”. In “La canzone della mamma” (Mother Machree, 1928) di John Ford, aveva il compito di badare alle oche e alle papere che comparivano nel film. Senza volerlo fu in grado di attirare l’attenzione di un cineasta brillante come Ford: ne “L’ultima gioia” (Four Sons, 1928) Morrison si presentò con la scopa per spazzare le foglie dal set. Era ancora in corso una commovente ripresa in primo piano della mamma in procinto di scoppiare in lacrime per aver ricevuto la notizia della morte del figlio. Accortosi all’improvviso della situazione, Duke reagì dandosela a gambe, suscitando l’ilarità dell’intera troupe e di Ford. Da quel momento il più grande regista di western non si sarebbe mai più dimenticato di Duke. Affidò a Morrison una serie di comparsate ne: “ La casa del boia” (Hangman’s House, 1929) – giovane tifoso a una corsa di cavalli; “ La grande sfida” (Salute, 1929), primo film sonoro in cui Duke recitò – allievo anziano dell’Accademia Navale di Annapolis che tormentava le matricole e giovane giocatore di football in team con Ward Bond, collega di quadra dell’USC che sarebbe divenuto amico inseparabile; “Il sottomarino” (Men Without Women, 1930) – operatore radio sul ponte di una nave. Morrison accantonò l’idea di portare a termine gli studi in legge quando Ford suggerì all’amico Raoul Walsh, in cerca di un protagonista a buon mercato per il costosissimo e spettacolare western “ Il grande sentiero” (The Big Trail, 1930), di dare una chance al suo attrezzista, cui non mancavano i requisiti per assomigliare a un vero uomo del West. Guida una carovana in marcia lungo la pista dell’Oregon al fine di vendicarsi dei razziatori responsabili della morte di un compagno. L’altezza, le maniere rustiche, la sfrontatezza spontanea, l’atteggiamento sbrigativo e lo sguardo deciso di Duke colpirono immediatamente Walsh per la parte di Breck Coleman. Inoltre, sessanta dollari a settimana bastavano per un ex attrezzista promosso sul campo al rango di star. Walsh era rimasto molto soddisfatto del provino. Cominciavano a prendere forma i tratti salienti dell’eroe wayniano: fiducia nel futuro, allegria, convivialità, impiego della violenza per debellare i soprusi, agilità e destrezza nel maneggiare armi. Il direttore di produzione della Fox, Winfield Sheehan, pretese un nome più cinematografico e imponente, e Morrison diventò John Wayne (preso dal nome di un eroe della Guerra di Rivoluzione). Non si dimostrò paziente ai corsi di dizione inglese, che avrebbero cancellato la maniera tutta sua di articolare le parole, spesso storpiandole. Walsh si rassegnò e Wayne conservò quella pronuncia caratteristica.

L’AMORE E LA DONNA L’eroe de “Il grande sentiero” non rinunciava a corteggiare la giovane Ruth, e a contenderla al giocatore d’azzardo Bill Thorpe. La conflittualità di Breck Coleman verso il nemico esprimeva meglio di qualunque altra manifestazione d’affetto la sincera attrazione per la donna. Coleman sapeva essere un tipo molto speciale e imprevedibile, capace di un’insospettabile vena romantica. Nella maggior parte dei casi non sembrava tanto sicuro di sé o spiritoso con la ragazza. Era timido e impacciato. Il suo ideale femminile corrisponde alla squaw mite e sottomessa. Non trascurava i doveri e le consuetudini della middle class, i valori tradizionali e al tempo stesso i desideri di evasione. I privilegi della vita solitaria faceva sì che le nozze dei due protagonisti rimanesse un’intenzione futura. Ci si

accontentava di un bacio o un abbraccio alla fine del film, ciò bastava a rendere sicura la futura famiglia, dove avvenivano la rinuncia individuale e la rassegnazione ad un’esistenza mediocre. “Il grande sentiero” fu un fallimento. Ancora un paio di film con la Fox, in ruoli di secondo piano, poi venne ingaggiato dalla Columbia per 7 pellicole, sempre non come protagonista. Nel 1932 la Warner Bros gli offrì un contratto come star in 6 western di serie B, a patto di figurare in particine in 4 pellicole di serie A. In queste horse operas il suo fedele cavallo bianco “Duke” gli rubava la scena con i numeri comici, gli faceva da messaggero d’amore, lo toglieva dagli impicci, gli salvava la vita ed eliminava da solo il malvagio, non era Wayne il solo protagonista delle pellicole. Ci fu un miglioramento di Wayne nei pestaggi grazie all’attore Yakima Canutt, conosciuto sul set di “The Shadow of the Eagle”. Canutt aveva perfezionato questa tecnica con Duke, scegliendo un’angolazione con la macchina da presa che simulasse il contatto del pugno con la mascella. Canutt fece la controfigura a Wayne in quasi tutti i film degli anni 30 e divenne il suo primo collaboratore, fu con lui in 30 film, e gli insegnò la famosa andatura dinoccolata. Wayne aveva messo a punto in quegli anni la tipica reazione sbalordita ai cazzotti ricevuti.

AMICIZIA Il tema dell’amicizia virile, complicato dalla malasorte e dalla rivalità amorosa, trovava maggiore approfondimento in “The Dawn Rider” dove John Mason e Ben si conoscevano e apprezzavano reciprocamente pestandosi davanti a tutti. Il loro legame era talmente stretto che in John assumeva una valenza misogina: “non c’è niente che non farei per qual ragazzo. Gli sono molto affezionato.” In “Desert Trail” la cosa migliore era ignorare le donne. Complessivamente il giovane Wayne era sempre alla ricerca di una sistemazione permanente, non aveva genitori ne famiglia e convolava a nozze ad avventura conclusa. Nel 1935 Wayne passò alla Republic Picture nella quale rimane fino al 1953 diventandone la star e accumulando 33 titoli. Girò altri 8 western a basso costo. La qualità delle produzioni Republic era superiore. La figura Weyniana acquistava maggiore risalto e si andavano precisando i contenuti di fondo:  Il personaggio di John Dawson assumeva la funzione di sceriffo non tanto per vendicarsi dell’assassinio paterno quanto per senso di giustizia e per ristabilire la legge nella cittadina di frontiera. Era sano come i suoi concittadini, in grado di fermare pacificamente l’attacco dei banditi.  John Clayborn, avvocato e pistolero, riassumeva l’ambivalenza dell’eroe wayniano, diviso tra legalità e violenza, giustizia e vendetta. Era l’uomo di legge ideale per la frontiera, ne spietato ne idealista, rispettoso dei diritti altrui ma non per questo pacifista e disarmato.  Negli 8 film dei “Three Mesqueteers”, simili ai moderni telefilm, Duke fornisce prestazioni di un certo rilievo, perfeziona la propria immagine e propone i primi messaggi sociali umanitari.  1937 interpreta 6 film per la Universal.  I western Warner, Monogram, Paramount e Republic degli anni 30 fornivano un identikit preciso del giovane, immacolato e volenteroso, sveglio e atletico, privo di complicazioni interiori e legami familiari, pronto a rimettere le cose apposto, a innamorarsi di una ragazza e sposarla. Difendeva i contadini e gli allevatori poveri e onesti da banditi e malintenzionati. Era l’emblema consolatorio del disagio popolare durante gli anni della Depressione.

3. DIRETTO DA JECK FORD Per il ruolo di Ringo Kid, in “Ombre rosse”, John Ford contattò Gary Cooper, ma il copione inviatogli fu rispinto dalla moglie così decise di dare questo ruolo a Duke. John Ford voleva bene a Duke e sapeva di poterne fare una star. Non gli mancavano i mezzi per mettere in risalto le sue doti e le sue caratteristiche affinchè nessuno lo dimenticasse mai. In “Ombre rosse” Ford non faceva altro che rimproverarlo e perseguitarlo senza ragione. Creava incidenti di percorso con l’attore Andy de Dine, lo umiliava davanti a tutti rendendogli la vita dura, pur di non dargli la sensazione di avercela fatta e di non permettergli mai di sottovalutare il talento de prestigiosi professionisti che lo affiancavano. Ringo kid non era un badman, e nessun personaggio wayniano lo sarebbe mai stato nei successivi 50 anni di carriera. Ringo, oltre a proteggere i compagni di viaggio e a non scappare difronte alle difficoltà, si impegnava a ricomporre lacerazioni, ad abbattere barriere e discriminazioni e a risollevare il morale. Quello affidato a Duke era un ruolo fondamentale, i momenti teneri con Claire Travor costituivano la base del suo alto profilo umano e civile. Ombre rosse era pervaso di spirito Roosveltiano, corale e antimonopolista. Per ogni protagonista arrivava l’occasione di dimostrarsi comprensivo eccetto che per uno: l’ipocrita banchiere furfante Gatewood.

Ne “Il lungo viaggio di ritorno” (The Long Voyage Home, 1940) Wayne rappresentava Olaf Olsen, il giovane mozzo di cui la ciurma si prendeva cura. Rappresentava la mascotte del gruppo maschile, per lui l’amicizia era un legame familiare alternativo. Non conosceva odio o rivalità. I suoi compagni si auguravano che potesse raggiungere la natia Stoccolma e riprendere l’attività da contadino. Nel ritorno a casa di questo ragazzo forte e dinoccolato, ubbidiente, leale e ingenuo, ciascuno di loro, comportandosi come un premuroso fratello maggiore, aveva riposto la speranza di un riscatto dalla buia, fatale, spietata e solitaria vita di mare. Ne “I sacrificati” (They were expendable, 1945) il tenente Rusty Ryan, stufo di starsene con le mani in mano protestava con il tenente Brickley perché le loro motosiluranti non ricevevano mai compiti importanti. Stava per firmare la domanda di trasferimento ad un altro corpo navale quando la dichiarazione di guerra lo fece recedere. Rusty avrebbe rischiato l’amputazione pur di entrare in azione. Sandy, infermiera, riusciva con paziente saggezza a frenare l’intemperanza di Rusty. Per una volta aveva anteposto l’amore al dovere, voleva gettarsi dall’aereo in partenza per raggiungere Sandy. Il film di Ford era un invito a rimboccarsi le maniche e non riposare sul senno di poi e sul facile ottimismo. Wayne era l’unico del cast a non aver combattuto. Allo scoppio della Guerra non poteva rescindere il contratto con la Republic per via delle conseguenze finanziarie, e l’esercito non voleva arruolare un uomo sposato e padre di quattro figli piccoli. La Guerra lo toccava particolarmente, per questo fu ferito dalla frecciatina di Ford (“non puoi almeno far finta di salutare come se fossi stato sotto le armi”). James Stewart disse: “nei film di Ford ogni giorno c’era una pecora nera, Duke lo è spesso, strano perché si vogliono bene come padre e figlio”. “Le ali delle aquile” (The Wings of Eagles, 1957) era il secondo film a sfondo bellico in cui recitò Wayne. Doveva interpretare Frank W. “Spig” Waed, l’aviatore, romanziere, commediografo e sceneggiatore che aveva scritto “I sacrificati”. L’inesperto Wead pilotava un aereo come fosse un giocattolo, lo sfasciava, faceva a pugni con un ufficiale dell’esercito, riceveva un premio e gli encomi per dalle alte cariche per il coraggio e l’intraprendenza dimostrati. Aveva una personalità ludica e infantile e l’essere incosciente serviva a ribadire la propria natura individualista priva di costrizioni burocratiche e familiari. Era un patriota e invocava la politica interventista. La sua vita andava a gonfie vele fino a quando un incidente lo immobilizzò per sempre, cadde dalle scale di casa per andare dalla figlia che piangeva. Sembravano svanite le speranze di far carriera nella marina come era accaduto a Wayne quando non fu accettato all’accademia. Per questo Wayne accettava spesso ruoli di ufficiale della marina o di comandante di nave. Nella seconda metà del film Wayne recitava sulla sedia a rotelle, disteso nel letto o appoggiandosi al bastone, condizioni insolite per lo standard dei suoi personaggi. Dopo l’annuncio di Perl Harbor, Spig decide di tornare a lavorare nella cabina della nave, ma un violento infarto interrompe l’idillio militare. Il film si chiude con il congedo di Spig. Per Ford l’esercito si confermava una delle tante esemplari famiglie che rendevano solido il sistema americano. Non c’è da sorprendersi se nel panorama fordiano il personaggio di Wayne dai tratti più umani fosse un militare.

“Trilogia della cavalleria”: Il massacro di Fort Apache, I cavalieri del Nord-Ovest, Rio Bravo. Ne “I cavalieri del Nord-Ovest” (She Wore a Yellow Ribbon, 1949) il capitano Nathan Brittels è uno degli ufficiali impegnati sul fronte delle guerre indiane. Soldato prossimo al congedo, la sua unica debolezza erano le lunghe conversazioni davanti alla tomba della moglie, in cui l’assenza dell’interlocutore consentiva al protagonista di aprirsi completamente. Lui non si sarebbe mai sottratto ai suoi principi ma spesso trovava il modo di andare incontro alle esigenze altrui. Doveva abbandonare l’alloggio e, giunto sorridente all’esterno, si accorse della fila di soldati in parata per l’ultimo giro di spedizione. Gli regalarono un simbolico orologio d’argento massiccio, poiché il suo tempo stava per scadere, con su incisa una dedica. Questo gesto lo aveva commosso. Ringraziava, ordinava la partenza e rimaneva in silenzio ad ammirare i suoi ragazzi. Brittels era in grado di alternare arroganza, fierezza e retorica con l’allegria, l’umorismo, la tolleranza o la malinconia. Le modeste origini, la stoffa del soldato, l’astuzia e l’insolenza, il coraggio e la competenza in materia di indiani erano le credenziali di Tyree che spingevano Brittles a nutrire per lui un affetto paterno e a considerarlo una versione aggiornata di se stesso. Esso era la compagnia più indicata per l’incontro con il vecchio capo Pony. Viene rintegrato nell’esercito con il grado di tenente colonnello.

Fino a “Il massacro di...


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