Canfora- Giulio Cesare PDF

Title Canfora- Giulio Cesare
Author Francesca Catanzani
Course Storia romana
Institution Università degli Studi Roma Tre
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LUCIANO CANFORA GIULIO CESARE- IL DITTATORE DEMOCRATICO

1)IN FUGA DA SILLA: PRIME ESPERIENZE DI UN GIOVANE ARISTOCRATICO La prima giovinezza di Cesare è quella di un uomo impegnato nella difesa dell’onore del partito “popolare”. Si scatena contro di lui l’ostilità di Silla dittatore, che vorrebbe eliminare fisicamente il nipote di Gaio Mario: che però è anche i rampollo della gente Giulia. Silla preferisce così tentare d’umiliarlo cercando di imporgli di lasciare la moglie, Cornelia, a sua volta figlia di Cinna, l’altro capo “popolare” che Silla aveva sconfitto quando aveva marciato su Roma. Dopo averne bloccato l’entrata in carica come flamen Dialis(carica cui Cesare era stato destinato da Cinna e Mario) Silla decide di far uccidere Cesare. Silla trova la resistenza nel suo stesso entourage contro l’iniziativa di liquidare Cesare. Cesare per qualche tempo sceglie di scomparire da Roma. Nasce così la sua missione, come legatus di Marco Minucio Termo. Egli nell’81 era stato inviato nella provincia d’Asia ed aveva con se Giulio Cesare, era un modo di portarlo via da Roma. In Asia Cesare fu incaricato da Termo di svolgere una missione presso Nicomede,re di Bitinia e amico della repubblica romano, fu allora che sorse la loro amicizia, su cui gli avversari infierirono con pesanti allusioni all’aspetto sessuale di tale amicizia. La missione in Asia fu caratterizzata anche da eventi bellici. Cesare si illustrò nell’assedio di Mitilene-ultimo focolaio di resistenza anti-romana dopo la sconfitta di Mitridate- e fu decorata da Termo con una corona per aver salvato la vita ai cittadini romani. Nel 78 lo troviamo in Cilicia al servizio di Servilio Isaurico, il quale, dopo il consolato, era stato investito di un delicato comando contro i pirati. Sembra evidente che Cesare abbia continuata ad operare in Oriente non tornando a Roma, associandosi via via con speciali incarichi, presso comandati romani che sopraggiungevano in Asia Minore, possibile grazie alla sua appartenenza al patriziato. C’è da dire anche che magistrati pur graditi a Silla gli aprivano le porte: e questo ha contribuito non poco alla sua sopravvivenza e alla sua salvezza. Solo alla notizia della morte di Silla e dell’insurrezione di Marco Emilio Lepido(console nel 78) contro l’ordinamento sillano, rientrò a Roma. Si comporta come un leader e rifiuta le ciance di Lepido che lo riconosce come un capo popolare. Svetonio qui dà preziosi dettagli: precisa che Cesare rifiutò di schierarsi con Lepido per due ragioni:  perché non aveva fiducia nell’indole di Lepido;  e perché guardando le cose da vicino, s’era subito resto conto che si trattava di un’iniziativa ben al di sotto delle aspettative. L’insurrezione di Lepido, prematura e male organizzata finì male; dopo aver fomentato disordini nella Gallia Transalpina, ormai proconsole(77 a.C), marciò su Roma ma si fece liquidare da Catulo, quindi fuggì in Sardegna. Una parte dei suoi uomini si rifugiò presso Sertorio in Ispagna.

Lepido aveva alle spalle una carriera squallida. Era stato con Cinna, e aveva sposato una donna che era imparentata con Saturnino. Ma quando la vittoria di Silla parve imminente ripudiò la moglie e si mise con Silla arricchendosi con le proscrizioni. Divenuto console, si mise a tramare con Pompeo per cambiare la costituzione sillana, le cui norme liberticide accentuavano il carattere oligarchico della repubblica romana. Ecco a cosa può riferirsi Svetonio quando parla della diffidenza di Cesare verso l’ingenium di Lepido. Peraltro a Roma la politica è per eccellenza un mestiere ereditario: e Cesare,il quale non mancava di cinismo nell’usare uomini anche squalificati, raccetterà nel 48-49, al principio della guerra civile, il figlio di Lepido, se ne servirà per formalizzare l’assunzione della dittatura e lo farà suo magister equitum, usandolo anche come ‘rivale’ del troppo indipendente e inquieto Antonio. Cesare denuncia per concussione per la sua gestione come proconsole in Macedonia Gneo Cornelio Dolabella(console dell’81, e comandante l’anno prima della flotta di Silla). E’ probabile che il comando di Dolabella in Macedonia si sia prolungato fino all’arrivo nel 77 di Appio Claudio Pulcro(console nel 79). Questo significa che il processo ebbe luogo nel 77-76. Tacito, invece, data questo processo in cui Dolabella fu difeso e la fece franca, nel 79, o addirittura nell’80. Ciò è impossibile perché così si sostituirebbe il processo ancora sotto il governo di Silla. Il discorso di accusa di Cesare contro l’ex console concussore si leggeva ancora al tempo di Gellio, nel 2° secolo.Velleio Patercolo, che vive al tempo dell’imperatore Tiberio precisa che l’opinione pubblica si dimostrava favorevole a Cesare. Ma il concussore se la cavò grazie agli ottimi avvocati dai quali era assistito. La sconfitta non fu indolore. Non va dimenticato che l’insuccesso di Lepido aveva rafforzato il regime che egli si proponeva invece di abbattere. La vittoria processuale di Dolabella fu un segnale di vitalità della parte sillana, rimasta solidamente al potere. I Greci, che avevano sperato di ottenere giustizia contro Dolabella erano rimasti delusi. Cesare li sostenne in un ulteriore azione giudiziaria, questa volta contro un altro figuro della cricca sillana, Gaio Antonio Ibrida. Costui, destinato ad una carriera accidentata, ma celebre forse presso i poteri soprattutto per essere zio del tribuno Marco Antonio, si era scatenato in vasti taglieggiamenti ai danni dei Greci quando Silla era lì, e tornato in Italia si era illustrato come speculatore sui beni dei proscritti. Ma i Greci depredati-siamo nel 76- lo denunciarono dinanzi al praetor peregrinus di quell’anno, Marco Terenzio Varrone Lucullo. Secondo Plutarco,Cesare,il quale sosteneva l’accusa dei provinciali contro l’estortore sillano, fu così efficace, che Gaio Antonio finì con l’appellarsi ai tribuni sostenendo che non gli erano garantite eque condizioni processuali. Né Plutarco né il grammatico Asconio dicono come sia andato a finire il processo, ma tutto fa pensare che alla fine Antonio abbia evitato la condanna. Certo è che, all’indomani di queste vicende politcogiudiziarie, Cesare ha scelto di ‘scomparire’ per far assorbire le ostilità accumulatesi contro di lui, commenta Svetonio. Quale migliore occasione che un viaggio d’istruzione a Rodi,luogo di raccolta e di pellegrinaggio per giovani romani delle classi elevate protesi ad una buona formazione greca? 2)PRIGIONIERO DEI PIRATI(75-74 A.C)

Il viaggio fu sconvolto da un imprevisto. Giunto all’altezza dell’isola di Farmacussa l’imbarcazione di Cesare fu catturata dai pirati di Cilicia. A Cesare i pirati chiesero 20 talenti per il riscatto, egli vi rise affermando che ne avrebbe dati 50. Mandò in giro la sua gente a cercar denaro e nel frattempo, nei suoi 38 giorni di ostaggio si comportava come un comandante, e con una naturale tendenza agli scherzi. In seguito giunse l’ammontare del riscatto ed egli fu fatto sbarcare sulla terraferma. Era riuscito ad ottenere l’elevata somma del riscatto, ci informa Velleio, con il pubblico denaro delle civitates. La procedura meglio si comprende se si considera che Cesare ha potuto far leva sul fatto di essere caduto nelle mani dei pirati per l’insufficiente sorveglianza da parte della “guardia costiera” delle civitates della zona. Siamo nel 74 durante il governo del propretore Marco Iunco nella provincia d’Asia: momento negativo per il dominio romano sui mari. Per la pirateria cilicia è un momento di fioritura e di predominio in ispecie nel Medierraneo orientale: le città costiere d’Asia sono ridotte sulla difensiva; alla richiesta di Cesare, un nobile romano caduto nei pirati, non hanno potuto che ottempare raccogliendo la rilevata somma in tempo breve. Appena liberato Cesare si è impegnato nella punizione dei suoi rapitori. A Mileto armò delle navi e si mosse sorprendendo i pirati. Ci fu uno scontro navale: una parte delle navi piratesche fuggì, un’altra parte fu affondata, altre catturate. In quel momento il propretore della provincia d’Asia,Iunco, con imperium proconsolare si trovava in Bitinia,p er le operazioni attuative del testamento di Nicomede 3°(il quale morendo aveva lasciato in eredità il regno di Bitinia al popolo romano). Perciò Cesare da Pergamo si spostò in Bitinia con i suoi pirati prigionieri pretendendo che il propretore provvedesse alla loro punizione. Ciò non accadde. Iunco non intendeva procedere a nessuna condanna, secondo Plutarco mirava soprattutto al bottino,visto che erano molti i soldi recuperati da Cesare. Ma forse più esatta è l’informazione di Velleio:Iunco pensava di far molti soldi rivendendo i pirati, e infatti emanò disposizioni in tal senso, ma Cesare si rimise in mare, prima che le missive del propretore giungessero a chicchessia e procedette di sua iniziativa alla crocifissione dei prigionieri. Plutarco precisa che con tale crocifissione non aveva mantenuto la promessa fatta ‘con l’apparenza di scherzare’ quando era loro prigioniero. Con il soggiorno di Cesare in Asia e con il suo non felice incontro col governatore Marco Iunco è da porsi in relazione un discorso di Cesare Per i Bitini, di cui Gellio ha conservato poco. Sembra chiaro però che Cesare parla di fronte a Iunco e spiega perché i suoi antichi legami di amicizia con Nicomede gli impongano di sostenere la causa dei Bitini. E formula una teoria che è anche un architrave della condotta del buon politico a Roma: non si possono abbandonare i clienti. Questa vicenda conferma che con Iunco i rapporti non erano ottimi, e aggiunge un altro tassello alle altre vicende giudiziarie in cui Cesare si era impegnato in difesa dei provinciali. Del resto il viaggio originariamente rivolto verso Rodi ha visto vari imprevisti. Nella provincia d’Asia,Cesare ha preso parte a operazioni contro un generale di Mitridate, di cui Svetonio non fornisce il nome. La provincia era afflitta dalle scorrerie di questo generale di Mitridate;Cesare ha arruolato milizie ausiliarie, ha respinto l’invasore ed è riuscito a rinsaldare nell’amicizia per Roma città alleate la cui fedeltà traballava, appunto in ragione

della debolezza del dominio romano. Come da privatus ha armato navi per inseguire i pirati, ora ha arruolato ausiliari. Intanto,pur assente, Cesare era stato eletto nel collegio dei pontefici in sostituzione di Gaio Aurelio Cotta. Per Velleio questo era un risarcimento della perdita del flaminato dovuta alla persecuzione sillana. Sin dal principio Cesare ha avuto chiara l’importanza delle cariche sacralli: come era ovvio per qualunque esponente della classe dirigente romana,le sue personali vedute religiose non hanno interferito nelle sue scelte politiche. Non è diventato leader per caso, ha costruito man mano il proprio potere, e il pontificato ne fa a buon diritto parte. 3)ASCESA DI UN CAPOPARTE Tornato a Roma con un viaggio che Velleio immagina insidiato dai pirati, Cesare ottiene un primo successo elettorale:l ‘elezione al tribunato militare, nel 72 per l’anno seguente. Fu il primo degli eletti. Si adoperò-dice Svetonio-a restituire ai tribuni della plebe il potere sottratto loro da Silla. L’altra sua iniziativa è il sostegno alla Lex Plotia volta ad ottenere il rientro in patria dei seguaci di Lepido,nel frattempo passati con Sertorio,tra i quali anche suo cognato Lucio Cinna. Il problema più di delicato lasciato in eredità da Silla era il ripristino dei diritti dei tribuni della plebe e ciò era chiaro a tutti. Era già stato uno dei punti del programma di Lepido, Cotta,Quinzio,Macro e sarà una delle realizzazioni del consolato di Crasso e Pompeo nel 70 a.C. Le elezioni consolari per il 70 si svolsero nel 71: è probabile pensare ad una convergenza di Cesare a sostegno di una candidatura che non mancava dei mezzi necessari per catturare il consenso. Nella Vita di Crasso Plutarco riferisce una frase forse pronunciata da Cesare, in cui egli afferma che Crasso sarà felice della sua cattura; se tal notizia non fosse falsa starebbe a testimoniare nonostante un grande dislivello sul piano dei poteri, un attrito che vi è tra Cesare,ancora apprendista politico, e Crasso, ricco e aspirante al consolato. Plutarco narra però che in seguito divennero amici. E infatti come vedremo, Crasso è a vario titolo accomunato a Cesare, figura centrale del decennio 70-60. E’ dunque probabile che la campagna elettorale del 71,quando Crasso aspira al consolato(e vi giunge mettendosi d’accordo con Pompeo) e Cesare è tribuno dei soldati, abbia rappresentato l’occasione per un avvicinamento tra i due sulla base di una reciproca convenienza. L’anno 70 fu epocale per la costituzione e per la politica romana. I due consoli si accordarono per la demolizione dell’impalcatura costituzionale sillana, e in particolare per la restituzione ai tribuni delle loro prerogative. Il clima era mutato, si nota quando, entrato in carica come questore il 5 dicembre del 70,Cesare mise in opera una serie di gesti dal valore emblematico di restituzione in forma ufficiale,alla parte mariana, dell’onore politico. Pronunciò l’elogio funebre di sua zia paterna Giulia, vedova di Gaio Mario e quello di sua moglie Cornelia,figlia di Cinna,morte entrambe nel 69. Durante il trasporto funebre fece esporre in prima fila le immagini di Gaio Mario e di suo figlio Mario il giovane,esibite in pubblico allora per la prima volta dal tempo della vittoria sillana. Alle proteste di alcuni, rispose l’entusiasmo popolare per quella iniziativa. Il discorso che pronunciò per Giulia ci è molto noto grazie a Svetonio che ne ha estratto un’ampia citazione. Cesare si sofferma sulla discendenza di Giulia per

parte di madre, notando con insistenza che Giulia discendeva da Anco Marzio(i Giulii da Venere). La scelta è forse intenzionale. Svetonio ha voluto segnare questa forte rivendicazione di regalità, questo collocarsi compiaciuto di Cesare nella tradizione regia. L’elogio di Cornelia parve insolito: non era abituale pronunciare discorsi funebri per donne giovani. In questo caso Cesare fu un innovatore:secondo Plutarco proprio per questo gesto insolito e innovativo gli guadagnò ancor di più il favore popolare. Politicamente l’esperienza più rilevante della questura furono i mesi trascorsi in Ispagna Ulteriore nel seguito di Gaio Antistio Venere, pretore nel 70 e governatore l’anno seguente in quella regione. Cesare ricordava ancora quando nel 45 aveva dovuto affrontare i figli di Pompeo, che quella regione lui l’aveva scelta sin dall’inizio con entusiasmo e che aveva fatto di tutto all’epoca per gratificare quella provincia. Ciò significa che egli ha cercato subito di costruirsi rapporti in quella provincia: la formazione di una rete di clientele nelle varie regioni dell’impero gli è ben presente come veicolo principale della crescita di un politico. Ricordiamo la piccola lezione sulla importante della clientela e sul modo di tutelarla da lui inflitta al pretore Iunco in Bitinia. Il maggior modello è quello di Pompeo che sta costruendo la sua rete clientelare. Così, dovendo scegliere la provincia da amministrare dopo la pretura(rivestita nel 62) Cesare sceglierà la Spagna Ulteriore,dispiegandovi nel 61 una vasta azione di governo. Svetonio racconta di Cesare come di un uomo freneticamente impegnato nell’attività giudiziaria. Velleio parla di questura affrontata con impegno. Plutarco afferma che, divenuto pretore,Cesare volle a sua volta come questore il figlio di Antistio Vetere. Sollecitò con insistenza il proprio congedo per rientrare nella capitale e cogliere le occasioni per le imprese più grandi. Che sia partito dalla provincia prima della scadenza dell’incarico,Svetonio lo ribadisce subito dopo. E’ il famoso episodio dell’improvviso raffronto che Cesare avrebbe istituito tra se stesso e Alessandro Magno. L’episodio, così come il sogno attribuitogli(gli parve di avere un rapporto sessuale con la propria madre) è itinerante(sogno significativo,necessità di tornare in patria). Plutarco ad esempio pone l’improvvisa consapevolezza di Cesare, di essere indietro rispetto alla carriera di Alessandro, al tempo della pretura(62 a.C), ed il sogno, nella notte precedente il passaggio del Rubicone. Proprio la mobilità di tali episodi ci assicura della loro inconsistenza. Al viaggio di ritorno dalla Spagna è legato un episodio, a noi noto unicamente da Svetonio, il quale però si esprime, in modo vago. Cesare prima di rientrare a Roma si sarebbe recato presso le colonie di diritto latino che si agitavano per ottenere la cittadinanza. Si trattava delle colonie della Transpadana, che godevano del ‘diritto latino’ sin dalla conclusione della ‘guerra sociale’(88 a.C). Dopo di che ciò li avrebbe spinti ad avventurarsi in qualche azzardo se i consoli non avessero trattenuto per qualche tempo in Italia le legioni che erano già state arruolate in vista delle campagne in Cilicia. Il console in questione non può che essere Quinto Marcio Re, console nel 68 impegnato in Cilicia. Che davvero Marcio Re abbia rinviato la partenza al fine di intimorire i progetti del giovane questore che rientrava dalla Spagna è difficile credere. Ha forse ragione chi ritiene che questa notizia provenga da fonti non benevole larghe di insinuazioni sulle compromissioni di Cesare, e di Crasso, nelle

‘congiure’, la più nota delle quali fu quella di Catilina, e la più riuscita delle quali potrebbe considerarsi il triumvirato. E’ con l’edilità,da lui rivestita nel 65 con Marco Bibulo,che Cesare,dall’anno 68, terminata la questura,ormai membro del Senato, si afferma come leader: fa una sua politica e si impone all’attenzione della grande politica. Peraltro in questa sua marcia non ha mai perso di vista Pompeo, il vero patron della politica romana di quegli anni: appoggia nel 67 la legge Gabinia che affida a Pompeo il comando nella guerra contro Mitridate. Due scelte che avranno il loro peso quando Cesare compirà la mossa decisiva per l’intera sua carriera e per la storia della repubblica: il ravvicinamento e l’accordo politico-programmatico con Pompeo. Ora nell’edilità, c’è per lui ampio spazio in vista della affermazione personale da conseguire con i consueti metodi di cattura e consolidamento del consenso. Tra le varie occasioni di munificenza pubblica, Cesare organizzò dei giochi gladiatori in memoria del padre. Ma i suoi avversari, allarmati e intimoriti dalla grande quantità di squadre di gladiatori che aveva fatto giungere da ogni dove,fecero varare una norma in forza della quale, nella città di Roma, non si poteva possedere e allenare oltre un determinato numero di gladiatori. Nel 63 Cicerone,console, farà passare, nella Lex Tullia de ambitu, una norma che vietava di dare giochi gladiatori nel biennio anteriore alla candidatura,salvo che per obbligo testamentario e con data fissa. Nel caso dei giochi cesariani del 65,Svetonio purtroppo non dice chi esattamente abbia fatto passare la delibera ‘de numero gladiatorum’. Per l’arruolamento e la cura dei gladiatori Cesare aveva un’attenzione quasi maniacale. Quando morì sua figlia, promise al popolo uno spettacolo di gladiatori. Ciò costava molto: la notizia più esplicita sugli effetti della edilità sul patrimonio cesariano, sul suo colossale indebitamento per la gestione delle edilità e poi della pretura si legge in Appiano, da fonte molto vicina a Cesare. Comincia allora il bisogno di denaro che ha determinato una serie di mosse politiche. Come edile fece rimettere in piedi i trofei delle grandi vittorie militari di Mario contro i Cimbri e i Teutoni, a suo tempo abbattuti da Silla; inoltre si trovò a presiedere processi per omicidio. La guerra dei simboli si faceva così sempre più aspra. Ed il ruolo del nuovo leader ne riusciva rinsaldato grazie alla contrapposizione dei suoi avversari. 4)PONTEFICE MASSIMO Una delle mosse politiche meglio riuscite fu quella che lo portò a conquistare, nel 63, il ruolo di pontefice massimo. Su sua pressione, il pontificato massimo era ridiventato carica elettiva. Lo scettico Cesare, molto vicino agli epicurei non voleva rinunciare al ruolo di massimo garante della religione di Stato. In quanto epicureo Cesare sapeva quanto fosse potente quell’instrumentum regni. Sapeva benissimo che le false idee sugli dei hanno creato la paura e che questa ha generato una religione falsa. Apprezzava gli epicurei i quali diffondevano la ‘pericolosa’ dottrina secondo cui Dio non ha dimora nei templi, anche se è lo Stato che li ha fatti innalzare. Que...


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