La pittura gotica europea PDF

Title La pittura gotica europea
Author Rosa Macchi
Course Storia Terzo Liceo Scientifico
Institution Liceo (Italia)
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La pittura gotica europea Tra il XIII e XIV secolo le tecniche del mosaico e dell’affresco in Europa vanno in declino poiché, con i nuovi sistemi costruttivi gotici, nelle nuove cattedrali le vetrate predominano sulla muratura e non si ha più la necessità di decorare le pareti; però, in questo periodo si raffinano le tecniche della pittura su tavola, della miniatura e, in particolare, della pittura su vetro. La pittura su vetro caratterizza l’arte gotica: consiste nella realizzazione di vetrate colorate da applicare ad ampie finestre e a rosoni di chiese e cattedrali. La pittura su vetro Ogni finestra doveva essere composta da più pezzi di vetro messi insieme: si pensò di utilizzare dei vetri colorati uniti tra loro tramite delle cornici (legature) formate da bacchette di piombo a forma di H. I pezzi venivano tagliati seguendo i disegni preparatori, poi incastrati tra le due ali della bacchetta che poteva essere facilmente adattabile alla forma del vetro; le bacchette venivano saldate a comporre il disegno previsto e la raffigurazione veniva inserita in un telaio ti ferro, a sua volta murato davanti all’apertura predisposta. Si potevano così ottenere grandi effetti cromatici, ma non erano abbastanza espressivi e raffinati. Bisognava disporre di colori che facessero presa sul vetro: in Francia fu così sperimentata la cosiddetta grisaille, un miscuglio di polveri di vetro e vari ossidi impastati con acqua, aceto e resine vegetali, il cui uso era assai semplice: -poteva essere nera o bruna- veniva spalmata sui pezzi di vetro colorato da decolorare ed, essiccatasi, li rendeva opachi; con un pennello duro o con un legnetto si graffiava la grisaille, riportando alla luce la trasparenza del vetro e con strumenti idonei si potevano realizzare minuti ed effetti di chiaroscuro. Per fissare il dipinto si ricuocevano i pezzi in modo che la grisaille si amalgamasse nella pasta di vetro; poi si legavano al piombo ecc. Tra XIII e XIV secolo la grisaille verrà affiancata dall’impiego del giallo d’argento, che consentiva effetti più efficaci e suggestivi. La tecnica richiedeva manodopera specializzata; in Francia, Inghilterra e Germania nacquero botteghe artigiane per la realizzazione e la progettazione delle vetrate. I temi sono sostanzialmente legate alla religione, ma si assiste a una attualizzazione delle narrazioni: gli elementi del mondo reale assumono una certa importanza, non più solo simbolica; cominciano a essere considerati anche temi di carattere profano, legati alla rappresentazione di scene di vita quotidiana.

Basilica di San Francesco ad Assisi È il primo edificio in cui si assiste al superamento del gotico francese e all’affermazione del gotico italiano. In onore di san Francesco la Chiesa di Roma fece costruire la basilica nel 1228, consacrata nel 1253 e ultimata nel 1280, ma dal 1230 conservava il corpo di san Francesco. Essa sorge alle falde del monte Subasio, è a crocce commissa, comprende due ambienti su due livelli diversi: la chiesa inferiore ha una navata di 4 campate, un transetto con i bracci a volta a botte, un’abside semicircolare e cappelle laterali; le campate sono definite da tozzi e bassi pilastri e coperte da volte a ogiva molto ribassate (sembra una cripta, ed è poco illuminata); la chiesa superiore è molto luminosa, costituita da una grande aula, divisa in 4 campate quadrate coperte da volte ogivali le cui nervature sono sostenute da colonnine addossate a semipilastri, seguita da un transetto e un’abside poligonale. Vi è uno zoccolo, poi affrescato da Giotto, al di sopra del quale si trova il claristorio. Il gotico italiano tende a equilibrare superfici vuote e piene, conservando ai muri la funzione di sostegno. La facciata è divisa in 3 registri: superiore=timpano; mediano=rettangolare con rosone; inferiore=portale strombato bipartito. È stata danneggiata da un sisma e recentemente restaurata. Basilica di Santa Maria Novella a Firenze

La paternità del progetto (1246) spetta ai conversi domenicani fra Sisto e fra Ristoro, i lavori cominciarono nel 1279. Pianta a croce commissa, divisa il 6 campate le cui dimensioni diminuiscono verso il coro (per accentuare la visione prospettica, quindi la chiesa sembra più lunga), transetto e abside a pianta quadrata affiancata da 4 cappelle. La navata centrale è molto ampia, illuminata da oculi, le laterali sono illuminate da monofore, gli archi acuti che collegano le navate sono molto alti, la chiesa appare come un’unica grande aula. Basilica di Santa Croce a Firenze Nel 1294 i francescani ne iniziarono la costruzione secondo il progetto di Arnolfo di Cambio. I lavori si protrassero a lungo e la basilica fu consacrata solo nel 1443. È a croce commissa, a 3 navate; 7 campate precedono il transetto e l’abside semiottagonale è affiancata da 10 cappelle disposte simmetricamente. Altre cappelle si trovano nel transetto. L’interno è austero e spoglio; il tetto è a capriate lignee, gli archi acuti delle campate poggiano su robusti pilastri ottagonali. Per maggior stabilità delle pareti della navata centrale, furono posti archi trasversali in corrispondenza dei pilastri. L’edificio sembra slanciato verso l’alto, ma il tetto e il ballatoio fanno percepire l’interno come una sovrapposizione di più piani orizzontali. Appare come un’unica grande aula. L’interno è simile a quello di una basilica paleocristiana.

Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze Progettata nel 1296 da Arnolfo, in sostituzione della chiesa di Santa Reparata, prevedeva un edificio più piccolo. È a 3 navate, ha 4 grandi campate e 3 absidi poligonali che si articolano attorno a un vano ottagonale coperto da una cupola, costruita nel XV secolo, ma già prevista. Un affresco di Andrea Buonaiuti nella basilica di Santa Maria Novella ne mostra l’aspetto: la cupola, a sesto leggermente acuto, avrebbe dovuto reggersi su un tamburo ottagonale, costoloni avrebbero separato le vele e una lanterna avrebbe coronato l’edificio. Nel 1302 i lavori rallentarono, ripresero nel 1331 con Francesco Talenti che non poté aumentarne le dimensioni, impedito dalle case e dal basamento del campanile di Giotto. Talenti conserva la ripartizione in 3 navate, allungandole, suddividendo la centrale in 4 campate quadrate. La parte absidale viene modificata in rapporto alle proporzioni delle campate. Due delle tribune contenenti 5 cappelle ciascuna fungono da transetto; la terza tribuna funge da abside. Al suo arricchimento hanno contribuito quasi tutte le Arti di Firenze, in particolare quella della Lana; Filippo Brunelleschi costruirà la cupola (diametro di 46 m) senza sostegni.

Il campanile di Giotto Iniziato nel 1334, egli fornì un progetto con una terminazione a cuspide piramidale; egli costruì solo il primo basamento (morì nel 1337), proseguì Andrea Pisano che finì i primi due piani rispettando il progetto, abbellendolo con le losange, anche con l’intervento di Alberto Arnoldi. Per due anni i lavori furono interrotti, e il campanile fu portato a termine solo nel 1359 da Francesco Talenti, creatore dei finestroni dei livelli alti, le bifore accoppiate e le grandi trifore timpanate, che rendono l’edificio elegantemente gotico, pur mantenendo l’impostazione classica. La copertura a guglie è sostituita da una grande terrazza protesa verso l’esterno che fa da tetto panoramico.

Cimabue Personalità di maggior spicco della pittura fiorentina del Duecento, Cenni di Pepo, noto come Cimabue. Poche notizie biografiche: nacque a Firenze intorno al 1240, attivo anche a Roma, ad Assisi e a Pisa. La sua

formazione è legata alla tradizione bizantina colta, punto di riferimento artistico e culturale. Egli cominciò a sperimentare forme pittoriche ispirate da un nuovo concetto di aderenza alla realtà. Secondo Giorgio Vasari (raccolta delle Vite), Cimabue si sentì sempre attratto dall’idea di dipingere soggetti ispirati alla vita quotidiana. Crocifisso di San Domenico ad Arezzo Prima opera attribuita a Cimabue. È una croce dipinta di grandi dimensioni, ispirata al Christus patiens. Di straordinaria novità: il corpo di Cristo non pende dalla croce, ma quasi si distacca nell’ultimo sussulto di agonia; il disegno è nitido e incisivo, i colori sono dosati con effetto di chiaroscuro che modellano la figura conferendole volume e maestosità solenni. Ma non si allontana dalla tradizione romanico-bizantina: la complessa geometria della croce, gli occhi a S, il ventre tripartito, le dorature del perizoma. La raffinatezza si nota nella raffigurazione del volto. L’incarnato è ottenuto da un fondo in terra verde e bianco su cui sono stati incisi numerosi strati di sottili tratteggi; il colore digrada, mettendo in evidenza il modellato del volto, dall’ocra chiaro all’arancio. Crocifisso di Santa Croce Entrato in contatto con nuove esperienze pittoriche, Cimabue realizza una nuova croce (1287-1288), nella quale appare progredita la trasformazione simbolica di Cristo da Dio a uomo: tutto sembra più plastico e naturalistico. Il chiaroscuro suggerisce il senso del volume del corpo, il volto ha espressione dolorosa, il perizoma è di stoffa leggerissima, quasi trasparente, attraverso le cui pieghe il corpo di Gesù continua a percepirsi in tutta la sua fisicità (richiamo ali panneggi bagnati della tradizione greca). La Madonna di Santa Trinita La tavola è datata intorno al 1285-1286 o all’ultimo decennio del XIII secolo. Rappresenta la Madonna in trono con il Bambino, contornata da 8 angeli e 4 profeti. Con la prospettiva e il chiaroscuro Cimabue riesce a dare un senso di rilievo al trono, facendolo comprendere il tutta la sua complessità spaziale, messa ancora in evidenza dai 4 profeti con le barbe bianche che si affacciano da 3 aperture poste alla base del trono. I corpi dei personaggi sono dipinti con complicati panneggi che ne sottolineano la fisicità. Il volto della Vergine spezza la fissità espressiva, ha tagli decisi, quasi spigolosi, attraverso i quali traspare l’accenno di un sorriso soave e umanissimo. Gli aspetti della tradizione rimangono comunque evidenti: diffuso uso dell’oro per lo sfondo e le aureole e la schematicità degli atteggiamenti. La Madonna è più grande degli altri personaggi. Palazzo della Signoria a Firenze Costruito tra il 1299 e il 1314 su progetto di Arnolfo, è una delle interpretazioni più grandiose dei palazzi pubblici medievali in Italia. Ha forma squadrata a parallelepipedo che gli conferisce un aspetto semplice e severo, è rivestito da un paramento esterno in pietra forte. Non ci sono finestre a pian terreno, piccole bifore ai piani superiori: sembrerebbe un castello fortificato, idea suggerita anche dalla presenza dell’alto ballatoio a coronamento del palazzo, sporgente dal filo della facciata e sorretto da piccole mensole in pietra sormontate da archetti a tutto sesto (beccatelli), tra le quali si aprivano botole da cui si gettavano pietre ai nemici. Il ballatoio è sormontato da robusti merli guelfi. È il simbolo di un comune forte e fiero, capace di autodifendersi. La grandiosa massa dell’edificio appare ingentilita dalla torre di 94 metri che risulta decentrata verso destra poiché sono state usate parti delle fondamenta di un vecchio torrione; in essa un ballatoio sporgente ripete le forme di quello del palazzo, ma la sua funzione è più decorativa (sono stati impiegati merli ghibellini) e vi è un’edicola terminale che funge da cella campanaria. Palazzo Pubblico a Siena

Uno dei palazzi pubblici fortificati tra i più pregevoli in Italia. È composto da un massiccio corpo centrale e da due ali simmetriche, rialzate nel 1681, che imprimono uno sviluppo prevalentemente orizzontale. La facciata, meno austera del palazzo della signoria per la muratura in mattoni, risulta movimentarsi sia in prospetto sia in pianta, grazie alle diverse altezze e al fatto che i 3 blocchi che la compongono non sono allineati, ma quasi concavi. È più un palazzo da abitazione (ampie aperture al piano terra), soprattutto evidente nella Torre del Mangia, più snella della fiorentina. Importante la scelta dei materiali di costruzione: mattoni rossi, pietra grigia, marmo bianco, che conferiscono alla facciata un ornamento quasi pittorico.

Duomo di Santa Maria Assunta La facciata riflette il gusto gotico per la pittura e scultura. Vicenda costruttiva complicata: il cantiere si aprì intorno alla metà del XII secolo e si protrasse fino alla fine del Trecento; il promo nucleo fu sicuramente romanico. È a croce latina immissa, con 3 navate scompartite da pilastri polistili che sorreggono grandi archi a tutto sesto. L’intersezione corpo longitudinale-transetto è sottolineata da una cupola esagonale retta da 6 pilastroni. Alla fine del Duecento la costruzione passò a Giovanni Pisano che si incaricò di costruire e decorare la parte inferiore della facciata, inserì i 3 portali strombati, aggiunse una ricca decorazione scultorea. Nel 1339 fu intrapresa la realizzazione del Duomo Nuovo o Grande Cattedrale: l’attuale corpo longitudinale avrebbe dovuto essere il transetto di un edificio molto più grande di cui furono costruite solo le mura perimetrali, progetto non riuscito a causa della crisi conseguente alla pestilenza dal 1348 e alle difficoltà tecniche (l’edificio si trova su una vetta franosa). Nel 1355 tramontò l’idea del nuovo progetto, furono innalzate le navate, fu ultimata la parte superiore della facciata e fu completata l’abside. La facciata principale appare unitaria, nonostante l’incoerenza tra le parti superiore e inferiore, grazie alla ricchezza dell’ornamentazione e alla varietà cromatica dei marmi: è una grandiosa opera scultorea. I due alti pinnacoli che incorniciano la parte centrale della facciata poggiano non a terra, ma sulla fascia orizzontale che corre lungo i vertici dei timpani posti sui portali.

Giotto Il più grande pittore del Trecento, uno dei massimi artisti della cultura occidentale. Figlio di un fabbro, Bondone, nasce a Firenze intorno al 1267; la sua formazione probabilmente comincia intorno al 1280. Forse allievo di Cimabue; alla fine del Duecento a Roma conosce la pittura e i mosaici del IV e V secolo, entra in contatto con Pietro Cavallini e con Arnolfo, poi è ad Assisi dove prende parte alla decorazione della Basilica di San Francesco. Nel 1300 torna a Roma in occasione del Giubileo, tra il 1302 e il 1305 è a Padova, dove affresca la cappella degli Scrovegni, poi ancora ad Assisi, Firenze e Roma. Nel 1325 affresca la Cappella Bardi nella Basilica di Santa Croce, nel 1328-1333 è a Napoli al servizio del re Roberto d’Angiò. Nel 1334 è nominato Capomastro e Sovrintendente del cantiere di Santa Maria del Fiore, anche se si occupa solo del campanile. Nel 1336 è a Milano presso i Visconti, l’anno successivo muore a Firenze. Era già stimato dai suoi contemporanei come Boccaccio che lo definisce il miglio dipintor del mondo, Villani riconosce in lui quegli che più trasse ogni figura e atti al naturale, Dante e Petrarca lodano le sue opere. Verso il 1390 Cennino Cennini lo definì colui che rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno, ossia ruppe con la tradizione medievale di origine greca per ricollegarsi agli esempi classici del naturalismo romano; anche Ghiberti lo definirà inventore e trovatore di doctrina.

Egli è per la pittura del Trecento è un vero fulmine a ciel sereno: egli conferisce alle proprie pitture verosimiglianza, volume e taglio nuovi e sconvolgenti, utilizzando la prospettiva, i colori e il chiaroscuro. I corpi sono rappresentati con libertà, lo spazio acquisisce tridimensionalità, appare molto più vicino a quello naturale e reale. Negli affreschi i cieli sono di un azzurro intenso, i volti “vivono”, le storie narrate sono descritte all’insegna della semplicità e della naturalezza della rappresentazione. Ciclo di Assisi Nella chiesa di San Francesco, nel 1290 Giotto inizia a lavorare a fianco di Cimabue. Ispirato alle storie di San Francesco, condotto tra il 1292 e il 1296: occupa la fascia inferiore delle pareti longitudinali della Basilica, è composto da 28 affreschi quadrangolari di grandi dimensioni incorniciati da 2 colonne dipinte che sorreggono un architrave con mensole affrescate con una prospettiva molto realistica. Sotto gli affreschi sono dipinte una cornice marmorea e un drappo che imita un ricco tessuto adornato. Grazie a questo artificio, egli riesce a dilatare lo spazio delle pareti e a far apparire le scene come se fossero viste da un porticato. Il dono del mantello Primo ad essere eseguito; sono presenti il chiaroscuro, la prospettiva e la composizione. L’episodio rappresenta Francesco che dona il proprio mantello a un cavaliere nobile ma povero. I personaggi sono messi in evidenza e hanno volume grazie al chiaroscuro; il paesaggio roccioso ha il senso della profondità, si trovano un monastero da una parte e una città fortificata dall’altra, alla sommità di due colline opposte che convergono sulla testa del santo, il cielo è vivamente azzurro, l’abito di Francesco ne replica il colore, come se la santità dell’uomo sia lo specchio del Cielo. I personaggi hanno un volume, il paesaggio è squadrato, le architetture sono in prospettiva, importante è la figura realistica del cavallo, un tempo di colore bianco.

Croce dipinta di Santa Maria Novella Commissionata dai domenicani per la basilica. Tempera su tela incollata a una tavola di grandi dimensioni, ispirata al Christus patiens. Struttura in legno di pioppo, novità della struttura trapezoidale alla base. La croce appare come qualcosa di materiale e concreto. Giotto realizza un cristo davvero sofferente, la natura umana prevale su quella divina, il corpo reca le tracce dell’agonia. Egli studia le reazioni e gli atteggiamenti di un uomo in carne crocifisso. La testa ricade in avanti pesantemente, le braccia tese quasi al limita della lacerazione, il sangue sgorga in abbondanza dalle ferite, colando sulla terra del Calvario, il ventre è modellato realisticamente, leggermente rigonfio....


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