La Struttura del Cattivo Gusto - Umberto ECO PDF PDF

Title La Struttura del Cattivo Gusto - Umberto ECO PDF
Author Alberto Stella
Course Estetica
Institution Università di Pisa
Pages 8
File Size 193.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 25
Total Views 140

Summary

Riassunto molto dettagliato dell'opera "La Struttura del Cattivo Gusto" di Umberto Eco, nelle parti previste dal programma di esame di Estetica 2019/2020....


Description

LA STRUTTURA DEL CATTIVO GUSTO Per introdurre il cattivo gusto, Eco ricorre ad una riflessione che Croce effettuò sull’arte: “tutti sanno benissimo che cosa sia e non temono di individuarlo e predicarlo, salvo trovarsi imbarazzati nel definirlo”. La difficoltà nel definirlo fa sì che ci affidiamo al giudizio dei periti, delle persone di gusto. Talvolta il riconoscimento è istintivo e deriva dalla reazione irritata a qualche disproporzione palese, a qualcosa che sembra fuori luogo, ad una assenza di misura. Le regole della misura, però, variano con le epoche e con le civiltà. Un esempio interessante è quello delle sculture funerarie del Cimitero Monumentale di Milano, esercitazioni canoviane rappresentanti il Dolore, la Pietà, la Fama e l’Oblio. Sono di cattivo gusto, ma tale caratteristica non può essere ricondotta ad una assenza di misura (intesa nel senso formale). La smisuratezza, allora, sarà storica (rifare Canova nel ventesimo secolo), circostanziale (ma riprodurre tali temi in un cimitero non è sicuramente fuori luogo) oppure sarà collegata al tentativo di imporre ai fruitori i modi e l’intensità del dolore, invece di lasciare ad ognuno la possibilità di articolare i propri sentimenti. Ci accingiamo ad una nuova definizione di cattivo gusto che non considera la misura: prefabbricazione ed imposizione dell’effetto. La cultura tedesca ha elaborato il termine Kitsch. STILISTICA DEL KITSCH [Brano di Walther Killy] È un pastiche di brani di sei autori tedeschi. Killy sottolinea che l’origine composita del brano è difficilmente rilevabile perché la caratteristica costante dei pezzi è la volontà di suscitare un effetto sentimentale, facendo sì che l’umore di base risulti più importante del contenuto oggettivo. L’obiettivo è creare un’atmosfera liricizzante e, per farlo, gli autori usano espressioni cariche di fama poetica o elementi dotati di una capacità di mozione affettiva propria (vento, notte, mare). Altre parole accessorie (incantato, d’oro, carezzano) consolidano l’effetto. Killy sostiene che lo stimolo è intercambiabile e ricorre alla tecnica della reiterazione del suddetto, la ridondanza. Alcuni verbi vengono usati per conferire fluidità al testo. Killy precisa che il ricorso all’espediente lirico, al verso, si ritrova anche in alcuni grandi poeti (Goethe), per rivelare tratti essenziali della vicenda. Nel Kitsch, però, il cambio di registro ha come unica funzione quella di rafforzare lo stimolo sentimentale. Il Kitsch appare come una forma di menzogna artistica perché non tenta di coinvolgere il fruitore in un’avventura di scoperta attiva, ma vuole solamente fargli avvertire un determinato effetto. Broch lo definisce come “il male nel sistema di valori dell’arte… La malizia di una generale falsità della vita.” È il cibo ideale per un pubblico pigro che vuole fruire del bello senza sforzarsi. Killy ricollega questo atteggiamento al mondo piccolo borghese, allineandosi ad una vasta tradizione critica che definisce il Kitsch come “la forma più appariscente di una cultura di massa e di una cultura media, e comunque di una cultura di consumo.” Del resto, Broch ipotizza che senza una goccia di Kitsch nessuna arte potrebbe esistere, mentre Kelly si domanda se il Kitsch non sia altro che il soddisfacimento all’inestinguibile esigenza di illusione che caratterizza l’uomo. Definendo il Kitsch come figlio dell’arte, Kelly si chiede se non sia la conseguenza scontata di un periodo in cui la società vuole fruire degli effetti dell’arte, piuttosto che impegnarsi in dispendiosi sforzi interpretativi. Questa è una concezione dell’arte astorica, in quanto quest’ultima, in altri contesti, aveva come obiettivo la produzione di un’opera capace di suscitare un effetto. Un esempio ci è dato dalla concezione aristotelica della musica e della tragedia, capaci di provocare effetti psicologici. In altre società l’arte si integra così profondamente nella vita quotidiana che la sua funzione sembra quella di stimolare determinate reazioni. La stimolazione dell’effetto viene considerato Kitsch in un contesto in cui l’arte sia vista non come “tecnicità inerente a una serie di operazioni diverse, ma come forma di conoscenza attuata mediante una formatività fine a se stessa, che permetta una contemplazione disinteressata.” Un’operazione artistica con fini eteronomi può essere concepita come

artisticità, ma non come arte. Ma cosa ci autorizza a dire che un oggetto in cui si manifesti una artisticità volta a fini eteronomi, sia di cattivo gusto? Se la provocazione dell’effetto sola non caratterizza il Kitsch, interverrà qualcos’altro. La risposta la troviamo nella conclusione dell’analisi che Kelly fa sul brano riportato: “il brano riportato è Kitsch non solo perché stimola effetti sentimentali, ma perché tende continuamente a suggerire l’idea che, godendo di questi effetti, il lettore stia perfezionando una esperienza estetica privilegiata.” Il Kitsch non dipende solo dai fattori linguistici, ma anche dall’intenzione con cui l’autore vende il brano al pubblico e dall’intenzione con cui quest’ultimo vi si approccia. A tal proposito ha ragione Broch quando sostiene che il Kitsch non riguarda tanto l’arte, quando un comportamento di vita, poiché il Kitsch non potrebbe prosperare se non ci fosse un “uomo di cattivo gusto” bisognoso di questa menzogna. KITSCH E CULTURA DI MASSA Se si definisce il Kitsch come comunicazione che tende alla provocazione dell’effetto, si capisce perché sia venuto spontaneo identificare Kitsch e cultura di massa: vedendo il rapporto tra cultura superiore e cultura di massa come una dialettica tra avanguardia e Kitsch. L’industria della cultura è portata a vendere effetti confezionati. Quindi, se l’industria si orienta sulla produzione dell’effetto, gli artisti, con senso reazionario, si sono interessati al procedimento che porta all’opera. Greenberg ha affermato che l’avanguardia (intesa come arte) imita l’atto dell’imitare, mentre il Kitsch (inteso come cultura di massa) imita l’effetto dell’imitazione. Le avanguardie prediligono l’operazione che porta all’opera d’arte, il Kitsch la reazione che l’opera suscita (cosa che ha portato a ragionare sul “fare poesia” piuttosto che sulla poesia stessa). Erroneamente si può pensare che il Kitsch nasca come conseguenza e differenziazione rispetto all’elevarsi della cultura d’élite. Il processo, tuttavia, è opposto. Il diffondersi di un’industria della cultura di massa ha fatto sì che vari artisti sentissero vocazioni diverse rispetto al voler suscitare una reazione. L’anno della crisi è situato intorno al 1950, ma già dagli inizi dell’800 i poeti avvertirono un cambiamento in tal senso. Però se il Kitsch fosse unicamente il prodotto di un’industria della cultura di massa volto a soddisfare certe esigenze ma senza voler assurgere al ruolo di arte, non esisterebbe una dialettica con l’avanguardia. Questo fraintendimento deriva da una percezione erronea della comunicazione di massa e, nello specifico, dalla mancata distinzione di comunicazione di massa in quanto “servizio” e di comunicazione di massa con fini artistici. La dialettica tra il Kitsch e le avanguardie esiste: le avanguardie nascono come azione eversiva rispetto ai prodotti dell’industria della cultura di massa, mentre il Kitsch mette a frutto i prodotti dell’avanguardia, rendendoli cultura di massa e creando un circolo vizioso. È interessante notare come un concetto sorto per far ragionare sulle cause, venga trasformato in un metodo per suscitare delle reazioni. Vi è, quindi, una continua dialettica tra istanze innovatrici e adattamenti omologatori, dove i secondi tradiscono continuamente i primi. La maggior parte del pubblico fruisce dei secondi credendo di fruire dei primi. IL MIDCULT In questi termini, la dialettica appare troppo semplificata. Analizziamo dei casi concreti: poniamo come livello minimale della cultura di massa la produzione di lampade votive funerarie e la produzione di soprammobili raffiguranti marinaretti. Il prodotto in questione ha come obiettivo quello di suscitare una reazione ma, nel caso in cui l’artigiano sia particolarmente accorto, impiegherà dei procedimenti formativi artistici presi dalla tradizione più recente. La scelta, tuttavia, non sarà dipesa dalla volontà di promuovere il messaggio per cui tali procedimenti sono stati ideati, ma semplicemente perché risultano funzionali. Il prodotto colto non ha più nulla a che vedere con l’esperienza estetica (se non frammenti percettivi). Si hanno prodotti di massa volti alla provocazione di effetti, ma che non si presentano come sostituti dell’arte.

Di questo si sono resi conto alcuni critici della cultura di massa i quali da un lato hanno relegato i prodotti funzionali tra i fenomeni indegni di analisi e, al tempo stesso, si sono impegnati nella definizione di un altro livello del consumo culturale, quello “medio”. Se MacDonald trova una ragione di esistere nella cultura bassa, il “Masscult”, diverso è il discorso riguardante il “Midcult”, bastardo del Masscult, che appare come una corruzione della cultura alta, soggetto ai desideri del pubblico come il Masscult, ma in apparenza invita il fruitore ad una esperienza privilegiata e difficile. Analizziamo, con MacDonald, il vecchio e il mare di Hemingway: lo stesso Hemingway è stato oggetto della dialettica tra avanguardia e Kitsch, alternando ad un prima fase avanguardistica una seconda volta alla produzione di opere commestibili per il grande pubblico, pur mantenendo inalterato, in apparenza, lo stile. MacDonald procede nella sua analisi mettendo a paragone due frammenti tratti rispettivamente da “The Undefeated” e dal sopracitato “Il Vecchio e il mare”. Il secondo brano ricorda, attraverso l’impiego reiterato della “e,” un antico poema ed i due protagonisti, il vecchio ed il ragazzo, vengono mantenuti fin da ultimo in un’aura di generalità, per sottolineare che non siano individui ma Valori Universali, dando all’opera un appannaggio filosofico. MacDonald attribuisce al secondo poema un “constant editorializing”, un continuo farsi pubblicità: quando il vecchio asserisce di essere uno “Strano Vecchio”, MacDonald risponde di dimostrarlo, non di dirlo. Se nel primo poema l’ipersensibilità di Manuel Garcia, avvezzo alla sfortuna, è dimostrata attraverso la sua capacità di percepire, oltre la porta chiusa, la presenza dell’impresario ostile, nel “Vecchio e il mare” la sensibilità del lettore viene stimolata attraverso immagini dal facile coinvolgimento emotivo, come quella della vela, elevata a bandiera della sconfitta. È opportuno precisare che un simile ragionamento può essere effettuato unicamente inscrivendo Hemingway nella tradizione letteraria ormai affermatasi. Il lettore pensa di aver conosciuto, tramite la fruizione della Bellezza, la Verità. Invece, il fatto che l’informazione sia data travestita da esperienza estetica, ne conferma la falsità. Il Midcult diventa Kitsch, assume al ruolo di consolazione, si fa illusione commerciabile. Il brano letto è un esempio di Midcult per 5 motivi: 1) Prende in prestito procedimenti dell’avanguardia e li adatta per confezionare un messaggio godibile e comprensibile per tutti; 2) Impiega questi procedimenti quando sono già noti, consumati; 3) Costruisce il messaggio come provocazione di effetti; 4) lo vende come Arte; 5) Pacifica il proprio consumatore, convincendolo di aver avuto un incontro con la cultura. MacDonald porta altri esempi di Midcult presentanti solamente alcuni dei motivi sopracitati. Quando, però, definisce come Midcult i prodotti di un design medio che divulga in oggetti di uso comune le vecchie scoperte del Bauhaus (il cui obiettivo era sostanzialmente quello di diffondere forme d’uso comune), sorge il dubbio che ad irritarlo, nella maggior parte dei casi, sia la divulgazione. È plausibile che MacDonald vedesse l’avanguardia come il regno del Valore e che ogni tentativo di mediazione sfociasse nel Cattivo Gusto solamente perché il cittadino Medio era irrecuperabile; che i modi dell’avanguardia divenissero sospetti quando compresi dai più. Sembra quasi che il criterio del valore sia la non diffusione e la non diffusibilità, il quale potrebbe causare l’uscita di un concetto valido dall’ambito del Valore, quando compreso dai più. Si rischia, così, di diventare nuovamente dipendenti dal gusto del Midcult, non ammirando ciò che lui ama, ma odiandolo. Un’equilibrata comunicazione culturale non passa attraverso l’abolizione di messaggi volti alla provocazione di una reazione, ma dal loro dosaggio e nell’evitare che

vengano venduti come arte. Un’analisi del messaggio potrà darci delucidazioni sulla radice di questa variabilità degli esiti e delle fruizioni e potrà permetterci di individuare la molla del Kitsch nella struttura stessa del messaggio, la sua possibilità di funzionare come Kitsch. STRUTTURA DEL MESSAGGIO POETICO Provocazione di effetti e divulgazione di forme consumate, sembrano essere i due poli tra cui oscilla una definizione di Kitsch e di Midcult. Nel primo caso, però, si indica una caratteristica formale del messaggio, nel secondo una dimensione sociologica. A tal proposito, Adorno ci avverte che il rapporto tra uomo massificato e prodotto artistico mercificato si configura come adorazione di un oggetto feticcio, irriflessa e non analizzabile; l’oggetto (es. la musica) non viene percepito analiticamente, ma viene accettato in blocco perché il mercato ce lo impone e ci dice che è buono. Tentando di spostare il focus da una visione così critica, è possibile interrogarsi sul destino di un prodotto indiscutibilmente valido immerso nel consumo di massa e quale sia il meccanismo che permetta di funzionare ad un prodotto costruito utilizzando elementi elaborati in altri contesti e ad altri livelli (ritmi visivi, ritmi sonori, contenuti ideologici). Definiamo il prodotto come struttura (non come “forma” poiché potrebbe far pensare ad un organismo indecomponibile), formato dalla relazione di più elementi (materiali, sistemi di riferimenti, reazioni psicologiche), i quali possono essere prelevati ed inseriti in altri contesti strutturali. La qualità estetica della struttura è il fatto che appaia organizzata secondo un procedimento sempre riconoscibile, secondo un modo di formare tipico, secondo uno “stile”. In esso si manifestano la personalità dell’autore, le caratteristiche del periodo storico, del contesto culturale, della scuola. Quindi, è possibile identificare degli “stilemi” che, grazie al carattere unitario della struttura, risulteranno collegati ad essa e tra loro. Un’opera d’arte, solitamente, genera degli imitatori e può fare scuola in due modi: - diventa un esempio concreto di un modo di formare, ispirandosi al quale un altro artista può anche elaborare modi operativi propri ed originali; - offre degli stilemi, utilizzabili anche avulsi dal contesto originario, ma comunque capaci di evocare le caratteristiche di quel contesto. Agli sfruttatori basterà utilizzare anche uno solo di quegli stilemi per provocare una percezione, almeno mnemonica, del contesto originario, attribuendo a quello nuovo delle caratteristiche tipiche del primo. Come abbiamo accennato in precedenza, però, l’opera non è un insieme di relazioni interne autosufficiente. L’opera è un sistema di sistemi, alcuni dei quali riguardano le relazioni dell’opera con i propri fruitori o con il contesto storico-culturale da cui trae origine. In tal senso, l’opera ha alcune caratteristiche in comune con ogni tipo di messaggio, inteso come rivolto da un autore ad un ricettore e contestualizzato. Analizziamo, in primis, le caratteristiche del messaggio comunicativo (linguistico) in generale, per poi passare alla disamina del messaggio artistico. I fattori fondamentali della comunicazione sono: l’autore, il ricettore, il tema ed il codice a cui si fa riferimento. Il codice, in questo caso, è la lingua che stabilisce il rapporto tra significante e significato e l’insieme delle regole di combinazione tra i significanti. L’autonomia nella combinazione del messaggio prevede vari livelli, salvo raggiungere la libertà nella formazione degli enunciati. Ogni segno linguistico presenta elementi costituenti e appare in combinazione con altri segni: è un contesto che si inserisce in un altro contesto e viene scelto attraverso un’opera di selezione. Il ricettore, che percepisce il messaggio come combinazione di elementi selezionati, deve continuamente riferire i segni al codice ed al contesto. Jakobson sottolinea che il codice non si limita alla componente cognitiva, sarà quindi necessario valutare anche la percezione del messaggio in quanto organizzazione concreta di stimoli sensoriali. Il ricorso al codice percettivo acquisterà maggior valore passando dalla considerazione di messaggi che rivestono precise funzioni comunicative (linguistico) a

messaggi come quello plastico o sonoro, dove emerge maggiormente la necessità di una decodificazione a livello percettivo. Torniamo ad esaminare il rapporto messaggio-ricezione a livello linguistico. Il ricettore si impegnerà in un’opera di interpretazione, definita decodificazione. L’autore, dal canto suo, introdurrà elementi volti alla comprensione del messaggio. Il messaggio sarà tanto più univoco, quanto più sarà ridondante e tanto più difficile da decodificare quanto più sarà ellittico. Il messaggio univoco può essere definito come proposizione referenziale, dove si cerca di stabilire un’assoluta identità tra il rapporto posto dall’autore e quello che porrà il ricettore. Quest’ultimo percepirà il codice come familiare, che già conosceva. Il messaggio poetico, invece, usa di proposito i termini in modo cui la loro funzione referenziale venga alterata; per farlo, contravviene alle regole consuete del codice: elimina le ridondanze, elimina la possibilità di decodificazione univoca; dà l’impressione che il codice venga violato, così che il ricettore non lo utilizzi più per decodificare il messaggio. Il ricettore dovrà estrapolare il significato non da un codice che conosceva già in precedenza, ma dal contesto del messaggio. Così facendo, la sua attenzione si sposta dai significati alla struttura dei significanti, ottemperando al fine del messaggio poetico: proporsi come primo oggetto dell’attenzione. L’ambiguità, in questo caso, è la molla fondamentale che porta il ricettore ad avere un atteggiamento diverso sul messaggio: quest’ultimo non verrà consumato come puro veicolo di significati e dimenticato, ma verrà visto come una sorgente continua di significati pluridirezionali, che stimolano una continua decodificazione. Si parla di arte come di “esperienza aperta”. Il decodificatore si pone in una situazione di tensione interpretativa poiché l’ambiguità, realizzata come offesa al codice, genera una sorpresa. Il ricettore fa convergere nel messaggio tutte le ipotesi consentite dalla sua particolare disposizione psicologica ed intellettuale. Una volta compresa, l’opera rischia di urtare contro un’abitudine che il ricettore ha lentamente elaborato nei suoi confronti; quello specifico modo di offendere il codice diventa una nuova possibilità del codice. il messaggio poetico, così, trova il ricettore preparato e non lo sorprende più, perde la sua carica di informazioni, gli stilemi di quell’opera si sono “consumati”. RECUPERO DEL MESSAGGIO POETICO Una definizione del Kitsch potrebbe suonare: è Kitsch ciò che appare consumato; che arriva alle masse o al pubblico medio perché è consumato; e che si consuma proprio perché l’uso a cui è stato sottoposto da un gran numero di consumatori ne ha affrettato e approfondito l’usura. Questo non dice nulla sulla struttura del messaggio, la quale viene posta in primo piano nel messaggio poetico, cosa che lo rende più complesso del messaggio referenziale comune. Quest’ultimo, una volta rispettate le convenzioni del codice, deve essere abbandonato. Il suo autore non si pone interrogativi sulla scelta dei termini, se non per esigenze di ridondanza. Nel messaggio poetico, invece, l’autore accentua le caratteristiche che rendono più imprecisa la referenza del termine e che inducono a soffermarsi sul termine stesso. L’autore nella scelta tra due termini considera elementi non primari nel messaggio referenziale comune, come il suono o le relazioni che un determinato termine intreccerà con gli altri ed il risultato di ciò. Questo porterà il ricettore a soffermarsi sui referenti dei due termini, al chiedersi se ne esista un terzo (...


Similar Free PDFs