L\'Arte del Counseling copy PDF

Title L\'Arte del Counseling copy
Author Andrea Tonelli PòEssè
Course Filologia umanistica
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

L'arte del counselling scritto da May Rollo studia la personalità....


Description

Maggie Pitzalis 1’anno Scuola Counseling Transpersonale Relazione del libro L’ARTE DEL COUNSELING di ROLLO MAY Capitolo 1 : Un quadro della personalità La parola personalità esprime in maniera più precisa la natura che sta alla base dell’essere umano e che fa di lui una persona. Un buon counselor elaborerà in maniera cosciente e razionale un quadro della personalità. Ciò che caratterizza la personalità è la libertà, l’individualità, l’integrazione sociale e la tensione religiosa. La personalità è il realizzarsi del processo della vita in un individuo libero, socialmente integrato e psicologicamente consapevole. La psicoanalisi fornisce al counselor insegnamenti di grande valore per la comprensione della mente umana. Freud osservò che gli equilibri raggiunti all’interno della mente dell’individuo possono essere gettati in un disordine caotico dalla rimozione. In realtà la rimozione rappresenta la disonestà dell’individuo nei confronti di se stesso. Una spinta istintuale preme dall’ES (il calderone dove ribollono desideri, paure, tendenze istintuali ed ogni sorta di contenuti psichici presenti nell’inconscio) e cerca espressione nel mondo esterno. Ma l’IO che sta alle soglie della coscienza e fa da mediatore tra l’ES e il mondo esterno, è consapevole delle restrizioni che la società oppone contro quel particolare desiderio, e quindi decide di reprimerlo ( l’io dice a se stesso: in fondo quel desiderio non lo volevo esprimere, o, al posto di quello farò qualcos’altro) . ma la rimozione significa soltanto che quella spinta istintuale eserciterà di nuovo una tensione, ma sotto altra forma. Questa volta attraverso qualche sindrome nevrotica, come l’ansia, l’imbarazzo o la dimenticanza o altre forme più gravi di psicosi. Il processo della psicoanalisi consiste nel fare emergere il conflitto dalle oscurità dell’inconscio, portandolo alla luce della coscienza, dove può essere riconosciuto e gestito in maniera razionale, attraverso strumenti come la confessione, in cui il paziente è invitato a verbalizzare le sue associazioni mentali secondo un processo di “libera associazione” e in cui l’analista presta attenzione alle esitazioni del paziente, a ogni segnale di rimozione, di imbarazzo, tutti spunti per individuare blocchi che segnalano l’esistenza di conflitti psicologici su cui lavorare.

Il determinismo causa- effetto , fondamento della psicoanalisi freudiana, vale soltanto per un area limitata, quello della rimozione-complessonevrosi. Una volta liberato dal complesso il paziente incomincia ad assumersi la responsabilità di elaborare in maniera creativa il proprio destino futuro. Uno dei presupposti fondamentali di ogni psicoterapia consiste nel fatto che i pazienti, prima o poi, devono accettare la propria responsabilità.

Nevrosi significa rinuncia alla libertà, arrendersi a rigidi schemi di comportamenti abituali. Salute mentale significa recupero del proprio senso di responsabilità personale, e quindi della propria libertà. La libertà è un principio fondamentale della personalità. La mente sana è capace di mantenere impulsi diversi in uno stato di equilibrio incerto, e infine prendere la decisione grazie alla quale uno di quegli impulsi avrà il sopravvento. L’individuo possiede la libertà come una qualità dell’intero suo essere. La funzione del counselor è quella di portare il cliente ad accettare la responsabilità della propria condotta e degli esiti della propria vita. Il secondo principio fondamentale della personalità è l’individualità Il tipo nevrotico, che in parte tutti noi rappresentiamo, soffre del fatto di non riuscire ad accettarsi, di non riuscire a sopportarsi e di volersi diverso. Ogni sé è diverso da tutti gli altri, è unico e la salute mentale dipende dall’accettazione di questa unicità La funzione del counselor è quella di aiutare il cliente a divenire quello che era destinato ad essere. L’errore più grave che si può commettere è quello di cercare di imprigionare i clienti in un modello particolare: in genere il tipo a cui appartiene il terapeuta. Esiste sempre una pericolosa tendenza a considerare il cliente in termini dei propri atteggiamenti mentali, standard morali e modelli generali di personalità e di conseguenza a proiettarli su di lui, violando così l’autonomia della sua individualità. Si trova se stessi creando l’unità tra il proprio sé cosciente e i vari livelli del proprio inconscio. Il materiale preconscio che può pervenire istantaneamente alla coscienza, insieme alle esperienze dell’infanzia e al materiale rimosso, possiamo chiamarlo inconscio personale. Via via che ci immergiamo nella profondità dell’inconscio, troviamo sempre più materiale che abbiamo in comune con gli altri. A questi livelli profondi Jung ha dato il nome di inconscio collettivo. Nell’inconscio esistono certi modelli che

l’individuo possiede in comune con tutta l’umanità, jung li chiama archetipi, o immagini primordiali, definiti come i modelli , o le modalità di pensiero, che gli individui possiedono per il semplice fatto di essere uomini. Questi archetipi sono in rapporto con la struttura fondamentale della mente. Per ritrovare il proprio vero sé bisogna operare una certa riunificazione della cosienza con i livelli inconsci dell’esperienza infantile, con i livelli più profondi dell’inconscio collettivo, e infine con l’origine della propria mente nella struttura stessa dell’universo. Risulta chiaro perché il nevrotico non potrà mai essere sano fintanto che chiamerà responsabile del suo disturbo l’educazione ricevuta nell’infanzia, perché egli è in qualche misura quell’educazione e nel combatterla sta combattendo se stesso. Allo stesso modo, chi si trova continuamente in lotta con la società, sta lottando contro forze presenti nell’inconscio collettivo della sua stessa mente. Chi lotta contro l’universo, chi gli nega significato e cerca di spezzare i legami con esso, in realtà sta lottando contro la parte più profonda di sé, là dove egli stesso è collegato all’universo. Compito del counselor è quello di assistere il cliente alla ricerca del suo vero sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel sé. Capitolo 2: La ricerca del proprio sé Il terzo aspetto di una personalità sana è l’integrazione sociale Un buon equilibrio sociale è fondamentale alla personalità perché l’individuo deve muoversi in un mondo che è fatto di altri individui. È compito del counselor aiutare il cliente ad accettare di buon grado la responsabilità sociale, dargli il coraggio che lo libererà dalla coazione del senso di inferiorità e aiutarlo a orientare i suoi sforzi verso scopi socialmente costruttivi. Ciò che noi desideriamo é un organizzazione nuova e costruttiva delle tensioni e non una qualsiasi unità definitiva. Non desideriamo liberarci una volta per tutte del conflitto, ma piuttosto trasformare i conflitti distruttivi in conflitti costruttivi. Ad esempio il senso di colpa non potrà mai essere eliminato del tutto né ciò è auspicabile. Il senso di colpa è la percezione della differenza tra ciò che una cosa è e ciò che dovrebbe essere. Sentiamo la colpa ogni volta che nasce in noi il sentimento del “dovrebbe”, il senso della discrepanza tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, fra ciò che facciamo e ciò che dovremmo fare, fra ciò

che una situazione è e ciò che dovrebbe essere. Il senso di colpa è un sentimento connaturato nella condizione umana. Si tratta di un sentimento ineluttabile dal momento che è inseparabilmente legato alla libertà, all’autonomia e alla responsabilità morale. Il libero arbitrio appartiene inevitabilmente all’idea del senso di colpa o del peccato. Poiché l’uomo possiede una libertà creativa, è sempre alla ricerca di nuove possibilità, e ogni possibilità porta con sé non soltanto una sfida, ma anche un elemento di colpa. Infatti , la sfida, l’andare verso il conseguimento della nuova possibilità, e il senso di colpa sono le due facce della stessa medaglia. Il senso di colpa è insito in ogni tensione che insorga all’interno della personalità. È la percezione di un divario. Da questa tensione nasce la nostra consapevolezza spirituale. La contraddizione è quindi prova dello spirito nella natura umana, e un solido senso dello spirito è indispensabile per sviluppare una personalità sana. È compito del counselor, nell’aiutare il cliente a liberarsi della morbosità del suo senso di colpa, aiutarlo anche coraggiosamente ad affermare la tensione spirituale insita nella natura umana. Capitolo 3: l’origine dei problemi di personalità Ognuno di noi ha fatto esperienza del processo di riorganizzazione delle tensioni interne, è qualcosa di dinamico e creativo che avviene continuamente . Quando sentiamo che “dovremmo” fare questo o quello, quando proviamo un senso di inferiorità, di trionfo o di disperazione, le tensioni della nostra personalità subiscono sempre un riadattamento. Dunque la personalità non è mai statica. Non dovremmo parlare di equilibrio della personalità, la staticità è sinonimo di morte. Vivere è una continua ricerca di lunghezze d’onda diverse, che sono le esperienze di tutti i giorni, sempre nuove e varie. Esiste tuttavia una certa continuità, dovuta alle tendenze dell’inconscio, che affondano le loro radici nell’esperienza passata. La grande tensione nasce dal divario tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere. Occorre accettare l’inevitabilità delle tensioni e quindi elaborare le modalità di adattamento più efficaci, in modo che la propria personalità si esprima all’esterno nella maniera più creativa. Il punto centrale del problema della personalità è l’organizzazione delle tensioni interne dell’individuo. I fattori esterni svolgono un certo ruolo, ma la loro importanza sta nel fatto che la personalità li incamera e li utilizza come punti chiave.

L’adattamento è un processo creativo, dinamico e del tutto interno. È della massima utilità che il counselor, pur tenendo conto dei fattori ambientali, riconduca la difficoltà alle tensioni interne della personalità del cliente. Ereditarietà e ambiente definiscono i limiti all’interno dei quali l’individuo si evolve. L’ambiente negativo fa aumentare le possibilità di nevrosi, ma è possibile sfruttare proprio questa potenzialità per realizzare un più creativo adattamento alla vita. Dare una mano affinchè ciò accada è la funzione del counselor. La mancanza di equilibrio può manifestarsi con ogni genere di sintomo. L’imbarazzo, ad esempio, segnala che le tensioni interne si bloccano l’una con l’altra. Per questo non si riesce a parlare o a pensare in maniera libera né ad esprimersi in modo efficacie all’esterno. Chi soffre di queste difficoltà si porta dietro un conflitto che , in un certo senso, lo paralizza. È in disaccordo con se stesso e per questo stesso motivo è in disaccordo con il gruppo sociale a cui appartiene. Il termine nevrosi deriva dalla parola “nervi”, e questo perché i disturbi psicologici vennero dapprima osservati attraverso il nervosismo che provocavano sotto forma di ansia, preoccupazione o addirittura di qualche tremito di alcune parti del corpo, ma il termine non significa che i nervi presentino un danno organico. Psicosi è il termine che designa un disturbo psichico più grave della nevrosi e che include molte forme di malattia mentale. Alcune psicosi sono organiche, ma molte sono funzionali. Le nevrosi hanno radici funzionali, sono da attribuirsi a forme di comportamento e di atteggiamenti mentali, tuttavia non è esclusa la presenza di fattori organici concomitanti, infatti molti stati organici sono il risultato di stati nevrotici. Il counselor deve conoscere le condizioni fisiche del cliente in modo da includere tutti i fattori organici di rilievo. Tutti abbiamo problemi di personalità e al counselor capiterà di riconoscere nei racconti dei clienti parte della sua esperienza. L’unica cosa saggia che può fare è quella di imparare a riconoscere le proprie tendenze nevrotiche. Chi sa riconoscere le tendenze nevrotiche della propria personalità sarà maggiormente in grado di difendersi dal precipitare in un disturbo mentale manifesto al momento di una crisi emotiva. Capitolo 4: Empatia la chiave del counselig Empatia significa uno stato di identificazione tra personalità molto profondo in cui una persona si sente dentro l’altra, tanto da perdere temporaneamente la propria identità. Il sentimento o il pensiero di una

personalità che entra dentro l’altra, fino a raggiungere uno stato di identificazione. Il counselor durante il colloquio deve dimenticare quasi completamente se stesso. Uno dei principi che regolano l’instaurarsi di un rapporto riguarda la capacità di utilizzare il linguaggio dell’altro. Jung descrive il processo di fusione , vale a dire il cambiamento tanto del counselor che del cliente, dicendo che l’incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche, se accade qualche reazione, entrambe vengono trasformate. In ogni trattamento psichico efficace il medico deve esercitare un influenza sul paziente, ma questa influenza può avere luogo soltanto quando anche il medico viene influenzato dal paziente. Empatia non significa identificazione delle proprie esperienze con quelle del cliente. Tranne che in rare circostanze non c’è posto in un vero counseling per i ricordi o l’esperienza del terapeuta. Tutto questo fa parte dell’egocentrismo e l’empatia è esattamente il contrario. lo scopo è quello di capire il cliente sulla base del suo modello di personalità unico. L’esperienza personale lo aiuterà molto a capire il cliente, in questo senso essa è indispensabile, ma il suo contributo sarà soltanto indiretto. La funzione del counselor è quella di rinunciare a se stesso, di essere pressoché tabula rasa, e di abbandonarsi alla situazione empatica. Il trasfert La telepatia è il trasferimento di idee tra persone e utilizza mezzi che vanno al di là dei sensi a noi noti. Ha chiara affinità con il processo empatico. L’empatia è il termine generico per indicare qualsiasi tipo di partecipazione di una personalità allo stato psichico di un'altra; la telepatia si riferisce invece ad un aspetto particolare di questa partecipazione. Gran parte della comunicazione umana avviene attraverso dei piccoli gesti dei quali non siamo consapevoli, le variazioni impercettibili dell’espressione facciale, i lievi trasalimenti all’apparire di pensieri sgradevoli, e il repentino illuminarsi di uno sguardo di fronte a un idea piacevole. L’espressione facciale, variando lungo una gamma infinita di sfumature, riflette, per coloro che sanno leggerla, i pensieri reconditi; e i gesti, anche sotto forma di una postura, o di un tormentarsi le dita, sono espressioni di stati mentali. In questa espressione non vocale dei nostri simili noi leggiamo molto di più di quanto ci rendiamo conto. È quindi proficuo che counselor e cliente siano consapevoli del trasfert e di conseguenza del fatto che può esserci spazio solo per l’onestà. Questo implica che , dal momento che ciascuno dei due avverte quello che pensa l’altro, non ha senso perdere tempo a cercare di ingannarsi a vicenda. La

mente e il cuore di entrambi sono spalancati davanti a loro come un libro aperto. Ciò significa abbattere tutte le barriere. Il counselor si asterrà dal fare qualsiasi gioco di inganno con il cliente e questi, a sua volta, si renderà conto che con artifici analoghi non approderà a nulla. Il vero significato dell’onestà è demolire le barriere fino a che l’uno accetta l’altro per quello che veramente è. Ciò naturalmente comporta un mettersi a nudo di fronte all’altro, ma non esiste esperienza più purificante della nudità psicologica. L’influenzamento è uno dei risultati dell’empatia. Ovunque vi sia empatia si verificherà una qualche influenza e ovunque vi sia influenza ci si può aspettare una certa identificazione di stati psichici. Prima di tutto esiste un influenzamento delle idee Una seconda forma di influenzamento è quella che potremmo definire influenza temporanea della personalità, quando due persone parlano insieme tendono a fare gli stessi gesti, ad assumere lo stesso tono di voce, e gli stessi stati psichici dell’altro. In base al principio dell’empatia è impossibile che due persone conversino tra loro in maniera autentica senza che l’uno si avvicini allo stato psichico dell’altra. Il counselor, se è capace e sensibile, fino a un certo punto sarà in grado di indurre nel cliente un determinato stato d’animo, assumendolo lui stesso. Esiste anche un influenza di fondo sulla personalità che si verifica quando un individuo fa proprio, entro certi limiti, il modello di personalità o il ruolo dell’altro Dal momento che l’influenzamento è funzione della lotta dell’individuo per la conquista del prestigio e del potere, ne consegue che esso, nel rapporto, verrà esercitato da chi, quel potere, lo detiene. In termini personali questo potere significa coraggio sociale, che deriva da qualità come la stabilità, la maturità ed altri aspetti legati alla chiarificazione di sé. Di solito, naturalmente è il counselor che detiene il coraggio, e pertanto esercita un influenza prevalente, se così non fosse è bene sospendere la seduta. Il processo imitativo è inconscio, in quanto counselor, insegnanti, religiosi o genitori abbiamo una grande responsabilità, ci troviamo davanti a importanti doveri etici, dobbiamo “ essere colui attraverso il quale intende influenzare gli altri” In quanto counselor noi siamo tenuti a sviluppare la nostra capacità di empatia. Ciò comporta imparare a rilassarsi mentalmente, spiritualmente e anche fisicamente, imparare ad abbandonare il proprio sé all’altro e, in questo processo, essere disposti a venire trasformati. Si tratta di morire a se stessi per vivere con gli altri.

Capitolo 5: Leggere il carattere Molti sono i segnali che il counselor può utilizzare per farsi un’idea della personalità del cliente, dal modo di muoversi, alle espressioni facciali, all’abbigliamento e oltre, ma ogni segnale va considerato insieme a tutti gli altri, perché seppure ciascun segnale possa darci una lettura del carattere, è possibile fare ipotesi sul modello di personalità di un individuo solo sulla base di una costellazione di molti e diversi fattori. Il modo di avvicinarsi del cliente dà al counselor la possibilità di cominciare a delinearne il carattere, se il passo è fermo e sicuro è indice di coraggio, un passo esitante può dimostrare timidezza o resistenza all’incontro. Anche la stretta di mano iniziale, se debole può indicare timidezza, se amichevole coraggio e rilassatezza, se eccessivamente forte può mascherare il tentativo di compensare un senso di inferiorità. L’abito più o meno curato o dimesso, le mani, il trucco nelle donne, sono tutti elementi da prendere in considerazione. Se il cliente avvicina la sedia possiamo supporre che abbia un atteggiamento amichevole nei nostri confronti, se invece la allontana è come se volesse mettere una barriera. Ogni pensiero, emozione ha il suo correlato corporeo in qualche alterazione muscolare e riuscire a leggere queste espressioni svilupperà una capacità molto utile alla comprensione del carattere. il continuo spostarsi sulla sedia, l’accavallare ripetutamente le gambe o contorcere le mani sono segni di nervosismo e ci aiutano a comprendere che il cliente sta conducendo una lotta interiore Attraverso la mimica facciale può essere evidente la gioia o il dolore o la paura, ma bisogna imparare a leggere che anche una compostezza esteriore può essere utilizzata per compensare e nascondere le emozioni . anche il tono della voce, il mangiarsi o scandire le parole sono segnali chiari di insicurezza o tentativo di controllare le emozioni. Se durante un racconto il cliente si scalda e insiste possiamo percepire che cerchi di convincere se stesso e noi e che non creda realmente a quello che sta dicendo. Lapsus verbali e azioni mancate, al pari del ricordo e della dimenticanza, sono espressioni dell’inconscio dell’individuo. Un altro dato significativo per delineare il carattere dell’individuo è la posizione che occupa all’interno della famiglia. Il figlio maggiore tende ad avere un pronunciato senso di responsabilità, nei primi anni di vita ha avuto tutto l’amore e tutta la sollecitudine dei genitori e questo gli ha garantito una certa stabilità. Tende quindi ad essere un fautore della legge e dell’ordine e un conservatore e ad amare la stabilità.

Il secondogenito viene el mondo e trova un riv...


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