Le civiltà del medioevo pdf claudio azzara PDF

Title Le civiltà del medioevo pdf claudio azzara
Course Storia Medievale
Institution Università degli Studi di Salerno
Pages 63
File Size 910.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 69
Total Views 122

Summary

riassunto dettagliato del libro "Le civiltà del Medioevo" di Claudio Azzara. Esame di storia medievale con il prof Azzara...


Description

LE CIVILTÀ DEL MEDIOEVO La cultura umanistica italiana del 15º secolo ebbe per prima la consapevolezza di un’epoca di passaggio, un'età di mezzo ( medium-aevum), successiva alla fine dell’Impero Romano e appena terminata in cui le tenebre della barbarie avevano offuscato il mondo lasciando decadere le conquiste del sapere e dell’arte dei greci e dei romani. Questo periodo di tempo corrispondeva all’arco cronologico che oggi viene adottato per indicare il Medioevo dalla convenzione scolastica, cioè andava dalla deposizione dell'ultimo imperatore romano d'occidente (476) e dalle invasioni barbariche alle loro stesso presente: insomma, un totale di circa 1000 anni. La connotazione negativa di tale fase di oscura transizione da un passaggio aureo a un’attualità piena di nuovo vigore non si appuntava su vicende propriamente storiche bensì sullo stato delle lettere delle arti, assumendo un'unica prospettiva e un unico metro di giudizio, di carattere culturale ed estetico. Un ampliamento di visuale si ebbe piuttosto con i polemisti tedeschi impegnati nella Riforma Protestante, per i quali il tratto connotante il periodo storico appena passato era il predominio della Chiesa cattolica romana, con le sue pessime realizzazioni nell'esercizio del potere temporale e nella pratica di una religiosità che tradiva il messaggio evangelico. Proprio la polemica religiosa fra protestanti e cattolici animò, negli anni successivi, la discussione su quello che potremmo chiamare Medioevo, colto comunque come il momento di massimo trionfo della chiesa romana. In palese controtendenza si dispose l'estetica del romanticismo che inventò invece un medioevo tutto positivo, apprezzato proprio per i motivi per i quali altri lo avevano respinto, cioè per il suo asserito carattere oscuro, misterioso, spirituale, esaltatore delle passioni dell'anima. L'ottocento non si interessò al medioevo solo per il gusto estetico ma anche perché in quella lontana epoca storica si vollero vedere i predoni dei nazionalismi che agitarono l'Europa e che condussero alla disgregazione dell'impero asburgico e alla nascita di molte realtà nazionali fra cui l'Italia e la Germania. Per la cultura italiana ottocentesca età medievale fu anche l'epoca della dominazione straniera  parallelismo proposto nell’Adelchi di Manzoni. Dalla valutazione degli umanisti fino a quella ottocentesca, l'idea di Medioevo appare essersi sempre contraddistinta per 2 peculiarità: in primo luogo, l'essere stata perennemente gravata da un’accezione negativa, dallo stereotipo mai morto dei “secoli bui”; In secondo luogo, quella di essersi prestata ogni tipo di deformazione interpretativa. La definizione il concetto di Medioevo negli studi storici sono convenzionali e gli specialisti sono portati a suddividere tale periodo in partizioni più circoscritte e specifiche. L'uso storiografico italiano separa un ALTO MEDIOEVO, che va all'incirca dal quinto al un 12º secolo, da un BASSO MEDIOEVO che prosegue fino al 15º secolo. Altre tradizioni usano criteri differenti, per esempio introducendo un pieno medioevo o medioevo centrale fra i due estremi alto e basso. Se il punto di partenza convenzionale del Medioevo è in genere 1

assunto nel menzionato 476, qualche oscillazione maggiore conosce il termine d'arrivo, che può essere il 1453 della conquista turca di Costantinopoli oppure il notissimo 1492 della scoperta dell’America. La partizione fra Alto e Basso medioevo ha un suo senso non solo per divergenze strutturali, ma anche per una radicale differenza nella disponibilità quantitativa e qualitativa delle fonti, cioè delle testimonianze del tempo sulla cui scorta lo storico cerca di ricostruire l'epoca oggetto della sua indagine. In generale, per tutto l'occidente i secoli altomedievali tramandano pochissime fonti scritte, a causa di un analfabetismo di massa e di una cultura consuetudinaria e orale che rendevano difficoltoso e non sempre indispensabile il ricorso al mezzo scritto. Si producevano pochi documenti e non si aveva gran cura di conservarli e le uniche opere di carattere letterario sono pressoché interamente di produzione ecclesiastica. Dal 12º secolo la mole della documentazione scritta aumenta in modo esponenziale, per le mutate esigenze della società e dell'economia. Si nota una differenza sostanziale fra la base di dati di cui dispone il basso medievista e la situazione cui deve adattarsi invece l'alto medievista; per quest'ultimo risulta assolutamente indispensabile il soccorso del dato materiale, cioè dell'archeologia, che per esempio è essenziale per gettare luce su le stirpi barbare, portatrici di una cultura orale, ma che peraltro è importantissima anche per i secoli successivi, in quanto fornisce informazioni non ricavabili altrimenti sia su specifici aspetti della vita e delle attività degli uomini del medioevo, sia su segmenti della società che non scrivevano e sui quali poco si scriveva (come ceti subalterni o esclusi dal potere e dalla cultura ufficiale). CAPITOLO 1 1.1  Verso la fine del 2° secolo d.C. la conclusione del processo di espansione territoriale di Roma fissò i confini di un vastissimo impero che si estendeva:  dall’Asia minore alle rive dell'oceano Atlantico (da est verso ovest)  dal Reno e Danubio all'Africa settentrionale (da nord verso sud). Con l'inizio del 3° secolo si avviò una stagione di consolidamento e di organizzazione delle aree conquistate che andavano protette dalle minacce esterne, soprattutto l'impero dovette adeguare le istituzioni sorte in epoca repubblicana o augustea a un quadro politico territoriale profondamente mutato, tenendo unite nella solidarietà con Roma tutte le varie realtà locali e garantendo il corretto rapporto di scambio fra la raccolta delle risorse delle province attraverso il fisco e la protezione militare e la fornitura dei servizi essenziali per le medesime. Nel rispetto della tradizione romana si puntò a valorizzare le autonomie locali tentando di creare una dialettica ordinata e funzionale fra il centro e la periferia per mezzo di un rinnovato apparato burocratico, necessariamente complesso. Nel 293 Diocleziano introdusse l’ORDINAMENTO TETRARCHICO: l’impero era sempre unito, ma suddiviso in una pars Occidentis e pars Orientis. In ciascuna pars vi erano 2 augusti con 2

accanto 2 cesari, designati a succedere automaticamente i primi, assicurando così la continuità imperiale. La città di Roma perse la sua unica sede del princeps, il quale cominciò a spostare la propria residenza in centri differenti, finché nel 330 Costantino fondò Costantinopoli > verso la quale si trasferì presto il baricentro politico. Diocleziano riformò anche l’ordinamento amministrativo, ridisegnando le vecchie regiones in provinciae, di estensione ridotta. Anche l’esercito venne riorganizzato nella struttura e nel modo di impiego, con l’incremento degli organici, l’aumento progressivo dei mercenari barbari in sostituzione dei cittadini romani e il prevalere di compiti difensivi. Le frontiere venivano fortificate e le truppe furono dislocate lungo i confini, ma anche all’interno delle singole province. Le popolazioni dovevano farsi carico dell’ANNONA MILITARIS (rifornimento grano x esercito) e dell’ANGAREIA (il trasporto militare), obblighi sempre più gravosi, così come lo era l’alloggiamento forzoso di soldati nelle proprie dimore. Il 4° sec. Vide l’aggravarsi delle situazioni di squilibrio: in particolare dal punto di vista economico, vi erano delle regioni che consumavano più di quanto producevano ed altre che, erano costrette a pagare i costi altrui, frenando il proprio sviluppo. Si rese più evidente la divaricazione fra la pars occidentis, che si stava impoverendo, e quella orientis, più florida e attiva. La stessa figura dell’imperatore venne esaltata e sacralizzata. Così lo sviluppo di un sistema sempre + accentrato e la pretesa di imporre un’uniformità culturale alle province dell’impero costituirono un ribaltamento della politica di Roma. Questo nuovo assetto riuscì sgradito alle realtà provinciali, come testimoniano alcuni episodi di rivolta. Il quadro sociale dell’impero si presentava complesso e conflittuale. La crisi si riversò anche in ambito militare, in quanto il limes che coincideva con la linea del Reno e Danubio venne sempre + spesso violato da varie tribù barbare. Dunque, l’esercito era ora chiamato a proteggere l’impero da aggressioni esterne. 1.2  La tendenza sempre + accentuata dei romani a sfuggire agli obblighi di leva militare rese necessario, a partire dal 3° sec., un crescente ricorso all’arruolamento di mercenari barbari al punto che l’esercito era ormai pressoché del tutto composto da contingenti di varie etnie. La presenza dei barbari nell’esercito romano era regolata da precisi strumenti giuridici; ai barbari arruolati si applicava il regime della foederatio, che comportava l’obbligo di combattere per Roma dietro pagamento di un compenso. Le tribù che erano accolte sul suolo imperiale per difenderlo erano soggette al sistema dell’hospitalitas, in ragione del quale si consentiva loro di stanziarsi in un determinato territorio ricevendone in cambio un terzo (tertia) o le quoti fiscali corrispondenti. La “barbarizzazione” dell’esercito interessò anche gli alti gradi, infatti i magistri militum erano quasi tutti barbari. 3

Con il termine barbari, i romani indicavano l’insieme delle stirpi con cui avevano dovuto confrontarsi durante la propria espansione. I romani non erano interessati a cogliere a pieno le differenze tra le diverse tribù, ma appiattivano tutto in un’unica categoria, gravata di stereotipi e pregiudizi: il mondo dei barbari rappresentava l’antitesi della civiltà romana, unica depositaria di tutti i valori + elevati. Con i barbari si potevano intrattenere rapporti, anche di scambi economici, ma essi continuavano ad essere percepiti come minaccia sostanziale. Allo stesso tempo si cercava di sfruttare l’alleanza con le tribù + romanizzate perché facessero da cuscinetto rispetto ad altri stirpi + ostili. Le stirpi barbare restano mal conoscibili nella propria autentica fisionomia perché, depositarie di una cultura orale, non hanno lasciato alcuna testimonianza scritta, ma solo tracce materiali. Le uniche descrizioni provengono da osservatori esterni, quali autori greci e latini. Gli stessi nomi che le fonti applicano alle varie stirpi barbare, in realtà non corrispondono alle reali denominazioni; si tratta di una galassia costituita da una pluralità di stirpi di culture diverse. 1.3  Già dal 160-70 si verificarono incursioni dei barbari oltre il limes renano-danubiano. Fu però dalla fine del 4° sec. Che sulle frontiere romane si abbatté una massa d’urto barbara di portata senza precedenti. A determinare tale fenomeno concorsero molteplici fattori: riassetti generali del mondo asiatico (gli unni si mossero vs ovest) e possibili mutamenti del clima. Il 9 agosto del 378 nella piana di Adrianopoli, l’esercito romano guidato dall’imperatore Graziano venne sbaragliato dai goti che avevano attraversato il Danubio e puntavano vs le regioni mediterranee. La morte in battaglia dello stesso imperatore suscitò un gravissimo contraccolpo a Roma, cogliendo il segno dell’evidente incapacità dell’impero di sconfiggere i nemici, con i quali anche in quella circostanza si dovette venire a patti. Nuove invasioni di goti furono contrastate dal generale Stilicone, ma nel 410 le bande del goto Alarico espugnarono e misero a sacco Roma per 3 giorni. Negli stessi anni diverse tribù travolsero le deboli difese romane in Gallia e nella penisola iberica, stanziandosi in quelle regioni e dando vita a nuovi regni, retti da capi barbari. Nel frattempo, Roma tentò di mantenere una qualche forma di controllo attraverso vincoli di accordo di foederatio e cercando di contrapporre le varie tribù l’une alle altre, ma ciò non nascondeva la realtà critica della pars Occidentis. Entro la metà del V sec. Fu persa anche la ricca provincia dell’Africa Settentrionale ad opera dei vandali, mentre tra il V e VI sec la Britannia romana venne invasa da tribù di angli, sassoni e juti proveniente dal Nord Germania. Nel 452 l’unno Attila devastò molte città italiane e nel 455 Roma subì un nuovo saccheggio per opera dei vandali, i quali, partendo dalle coste nord-africane, razziarono anche le regioni meridionali. A seguito di rapide successioni sul trono di figure deboli, nel 475 il patrizio Oreste cacciò l’imperatore 4

Nepote e lo sostituì col proprio figlio Romolo. Data la fragile situazione, i barbari pretesero lo status di foederati e, di fronte al rifiuto, elessero re barbaro l’ufficiale Odoacre, che nel 476 uccise Oreste e depose Romolo. Nessun imperatore venne mai + eletto in Occidente e per questo si può collocare in quella data la fine dell’Impero Romano d’Occidente. In ogni caso la potestà imperiale continuava in Oriente, a Costantinopoli. CAPITOLO 2 2.1  Le vicende politiche e militari che interessarono l’Impero Romano, a partire dal 3° sec, diffusero in tutti gli strati della società un sentimento di insicurezza che spinse alla ricerca di nuove espressioni religiose in grado di rispondere in modo + efficace alla domanda di salvezza individuale. La religione ufficiale (pantheon derivante dalle divinità greche) appariva legata a un assetto anteriore e culturalmente + omogeneo del mondo romano; la natura multiculturale del tardo impero aveva invece favorito la circolazione delle differenti credenze religiose. Tra le numerose predicazioni di salvezza, il cristianesimo, malgrado le dure persecuzioni ad opera di imperatori come Decio e Diocleziano, conobbe una rapida propagazione in Oriente e, in maniera + graduale, anche in Occidente. Il credo dei seguaci di Cristo attecchì soprattutto negli ambienti urbani, mente incontrò resistenze superiori nelle campagne, dove rimasero a lungo le pratiche pagane. Le aristocrazie cittadine furono le + pronte a recepire i contenuti teologici della nuova religione, mentre + lenta e difficoltosa si rilevò la penetrazione del cristianesimo nelle campagne. Il Vangelo fu qui portato dal clero delle chiese erette in campagna ma dipendenti dal vescovo. Accanto a queste vi erano oratori e basiliche private, che contribuivano, con la loro presenza fisica, a sacralizzare in senso cristiano il paesaggio rurale. I luoghi di culto e le feste del paganesimo furono riadattate in chiave cristiana. La fortuna del cristianesimo fu tanto rapida ed incisiva che in pochi decenni divenne la religione ufficiale dello stato romano. Nel 313 l’imperatore Costantino, con un editto, rese libero il culto cristiano e riconobbe alle comunità cristiane precisi diritti in campo patrimoniale; nel 380 Teodosio, con l’Editto di Tessalonica, proclamò il cristianesimo unica religione ammessa dello stato romano, mettendo al bando gli altri culti, che cominciarono a essere a loro volta perseguitati. La Chiesa cristiana si trovò a godere di una posizione di privilegio assoluto: la sua predicazione non incontrava + ostacoli e al contempo i suoi patrimoni erano tutelati dalla legge, e i sacerdoti erano chiamati a collaborare con i funzionari pubblici nel controllo sociale. Costantino  emblema del princeps cattolico, difensore della vera fede e protettore della Chiesa.

5

2.2  Le comunità cristiane provvidero a dotarsi di un’organizzazione interna ordinata e coerente, separando i laici dai sacerdoti. Il clero cristiano si sviluppò così come una categoria sociale a sé stante. Il responsabile di ogni singola comunità era il vescovo, cui venivano attribuiti compiti di governo del “gregge” dei fedeli a lui affidati virgola di magistero e di amministrazione dei sacramenti; ai presbiteri era assegnata la cura delle anime, mentre i diaconi assistevano gli altri 2 nello svolgimento delle rispettive funzioni. I laici conservavano mansioni inerenti alla gestione degli affari della comunità e partecipavano all’elezione dei vescovi, scelti per concorso di clero e popolo. L’ambito su cui si esercitava il ministero di un vescovo era la diocesi, termine con il quale si indicava solo il popolo di fedeli che a lui faceva capo e che nel corso del tempo venne invece a designare un preciso ambito territoriale. Nella propria diocesi il vescovo assolveva anche a funzioni amministrative e pubbliche e di fronte alle sempre più frequenti incursioni delle stirpi barbare, i vescovi si fecero anche protettori della popolazione romana e rimasero il termine di riferimento principale per i romani, pure al di fuori della sfera religiosa. Nei primi secoli della diffusione del cristianesimo le singole chiese erano autonome l'una rispetto all'altra e si svilupparono secondo tradizioni diversificate e con usi particolari, mancando ancora un'organizzazione centralizzata e gerarchica della Chiesa cattolica. Il Papa, cioè il vescovo di Roma, fino al 4° secolo non aveva nessuna preminenza reale sulle istituzioni ecclesiastiche. Nel corso del V sec, grazie anche al prestigio personale di pontefici come Leone I, cui venne attribuito il merito di aver fermato le scorrerie del khan degli unni, come Attila, i papi iniziarono a porre la questione di una loro supremazia effettiva sugli altri vescovi proprio facendo leva sul fatto di essere i successori di Pietro, cui Cristo aveva affidato la responsabilità principale della Chiesa. Il processo di affermazione del vescovo di Roma quale vertice dell’intera Chiesa si sarebbe completato solo nel 11° sec. tutte le decisioni che riguardavano le istituzioni ecclesiastiche e la fede venivano assunte in forma collegiale attraverso i CONCILI , vale a dire le assemblee periodiche di vescovi, che potevano essere provinciali o universali. A questi ultimi prendeva parte lo stesso imperatore, che presiedeva le riunioni e garantiva l’applicazione delle deliberazioni conciliari. 2.3  Accanto al clero secolare, nella fede cristiana si ebbe un’ulteriore esperienza di vita religiosa, quella monastica. Il monachesimo cristiano si sviluppò a partire dalla fine del III sec nelle regioni dell’Egitto, della Palestina e della Siria; esso costituiva un’esperienza spirituale individuale tesa alla ricerca di Dio, attraverso il distacco dal mondo, la rinuncia ai beni terreni e il dominio delle passioni. Singoli individui si ritiravano nel deserto per condurre una vita interamente dedicata alla preghiera e alle pratiche ascetiche, in piena solitudine (eremitismo) oppure in comunità di monaci (cenobitismo). La scelta eremitica era considerata la forma più elevata di vita spirituale, ma si riconosceva che non era accessibile a tutti per i duri sacrifici che comportava. Dal 4° secolo tali esperienze monastiche si 6

diffusero anche in occidente; i monasteri si diffusero rapidamente in Italia, in Gallia, nella penisola iberica e in Irlanda. Il sorgere di comunità monastiche sempre più numerose richiese la redazione di norme che sapessero regolare la vita dei monaci in tutti i suoi aspetti, organizzativi, disciplinari, liturgici, pratici. Le prime raccolte di norme monastiche, o regole, vennero prodotte in Oriente e in seguito in Occidente. Con il moltiplicarsi dei cenobi si verificò un cospicuo proliferare di molte regole diverse finché nel 9° secolo si impose quella di Benedetto, in virtù della decisione in tal senso assunta dal Concilio di Aquisgrana nel 181617 e dall’emanazione di un’apposita norma dell'imperatore Ludovico il Pio, il cosiddetto Capitolare Monasticum: da quel momento la regola benedettina divenne il testo fondamentale per tutto il monachesimo occidentale. La formula di Benedetto scartava ogni condotta estrema e postulava piuttosto un equilibrato alternarsi di preghiera e di lavoro manuale e intellettuale, insieme con la costante penitenza e con la ferma obbedienza al capo della comunità monastica, l’abate. Il monachesimo benedettino occupò una posizione di assoluta centralità nella graduale costruzione di uno spazio occidentale cristiano fornito di una propria identità specifica. 2.4  Una volta radicata la fede cristiana e consolidate le istituzioni ecclesiastiche all'interno dell’Impero Romano, durante il 4° secolo, l'opera di diffusione del messaggio evangelico poté rivolgersi anche verso le stirpi che erano estranei alla civiltà di Roma e che i romani comprendevano sotto la definizione generica di barbari. Queste eterogenee stirpi ricevettero la prima predicazione del nuovo messaggio religioso da parte di monaci e sacerdoti che aderivano all’inte...


Similar Free PDFs