Lessico critico petrarchesco PDF

Title Lessico critico petrarchesco
Course Lettere L-10
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Riassunto di alcuni capitoli del lessico critico petrarchesco...


Description

La poesia è intesa da Petrarca come un “dire altro” di quel che ostenta la lettera. Secondo l’dea dell’aretino fare poesia significava infatti porre sotto un velo la verità che il lettore saggio e amante delle lettere doveva scoprire con lo scopo di arricchire se stesso. Ciò veniva fatto anche dagli antichi autori pagani che Petrarca ammirava e che difendeva mettendo a confronto le loro opere con le scritture sacre, mostrando quanto fosse simile il metodo per trasmettere la verità. In questo modo il poeta vuole salvare dalle accuse di empietà la poesia e mostrare il suo alto valore assiologico. La poesia è ricca di significati potenziali ignoti allo stesso autore e ciò fa sì che essa possa essere interpretata liberamente dal lettore, al quale spetta compiere e inverare il senso della lettura. In questo la poesia diventa libertà sia per l’autore che per il lettore. Il poetare di Petrarca ha sempre avuto come fine non nascosto la gloria, fine che lo porterà a un grande dissidio a seguito della sua conversione, il poeta si pentirà di non essere riuscito a cantare un canzone vera, quella rivolta a Dio, come David, per seguire il desiderio del lauro. Petrarca vede nella poesia la possibilità di combattere il tempo divoratore, la possibilità di tramandarsi ai posteri e di creare qualcosa di duraturo nel tempo, duraturo ma non perenne, dato che il tempo vince tutto. Nel canzoniere non è presente la parola poesia ma solo poeta e poetare. Il poetare nei fragmenta è inscindibile dal nome di Laura, la donna che porta il poeta a cantare e a rifugiarsi nella poesia per dar sfogo al suo amore e consolazione ai suoi pianti.

Le maggior parte delle scelte politiche fatte da Petrarca nel corso di tutta la sua vita furono fatte per esigenze e comodità, molte volte infatti sceglierà città e protettori in base alle sue necessità come intellettuale e come uomo. I primi passi fatti in ambito politico da parte dell’aretino vennero mossi nell’ottica dei Colonna, grazie all’amicizia stretta a Bologna con Giacomo Colonna, e nella curia avignonese. Gli studi giuridici svolti in adolescenza, seppur non finiti, aiutarono molto Petrarca a muoversi in questi ambienti. La svolta politica avvenne nel 1348 quando inviò a Paganino, il quale teneva Parma per conto di Luchino Visconti, la Familiare III, 7, la famosa “Istitutio regia”, che doveva essere data a Luchino. Petrarca voleva guadagnarsi il ruolo di consigliere del principe e ambiva a trasferirsi in una repubblica in espansione, Milano, sotto protezione della grande famiglia dei Visconti. Petrarca immagina la sua vita a Milano come quella di un umanista libero che ornava la corte viscontea, e dunque abbastanza distante dai compiti diplomatici. L’idea che si era fatto si rivelò tuttavia errata, infatti, molteplici furono i compiti diplomatici: in primo luogo dovette far fronte diplomaticamente alla lega antiviscontea e cercare di persuadere Dandolo, doge di Venezia, alla pace con Genova e soprattutto a non servirsi delle truppe mercenarie; entrambi i propositi si rivelarono fallimentari. Petrarca tornò sullo scontro Venezia-Genova, a fine 1352 e nel febbraio-marzio del 1353, rivolgendosi questa volta al doge e al consiglio di Genova. La linea politica seguita in questo casa è differente rispetto a quella utilizzata con Dandolo: nella prima lettera Petrarca incita i Genovesi a trasformare una guerra italiana in una guerra esterna contro Aragonesi e Greci e di impegnarsi in una crociata per la liberazione della Terra Santa, nella seconda lettera incita ancora alla guerra di sterminio contro gli Aragonesi con un conclusione ambigua che prende le distanze dalla volontà di pace. Petrarca inoltre con queste due lettere non fa altro che buttare legna sul fuoco nello scontro contro Venezia rimarcando la vocazione imperiale di Genova sul mare. Il rapporto con l’imperato Carlo IV di Boemia ha un ruolo particolare nella vita politica di Petrarca, moltissime furono le missive mandate all’imperatore nelle quali chiedeva la discesa in Italia di quest’ultimo. Discesa che avvenne nel 1354 e che sottolineò l’appoggio di Carlo IV ai Visconti a discapito di Firenze.

Il tema della verità in Petrarca si divide in due nodi fondamentali: la verità della letteratura e della poesia, e la verità storica. Secondo l’aretino la poesia nasconde la verità dietro un velo steso dallo stesso autore, e dunque il vero significato delle lettere è nascosto e va riscoperto, secondo l’idea che tanta sarà la gioia di arrivare al vero quanto la difficoltà nel ricercarlo. Petrarca non fa distinzioni di letteratura, tutti gli scritti hanno celata una verità, dalle scritture pagane degli antichi alle Sacre Scritture, nelle quali è difficile leggere un messaggio chiaro e delineato con una prima e semplice lettura. In questo modo Petrarca cerca di avvicinare quanto più possibile due mondi: il classicismo e il cristianesimo, mostrando le varie somiglianze tra di loro. Per quanto riguarda la verità storica Petrarca diede origine a quello che viene definito come umanesimo filologico quando venne convocato da Carlo IV per stabilire la veridicità o meno dei documenti sui quali Rondolfo IV d’Austria fondava le sue rivendicazioni di indipendenza. I documenti vennero giudicati falsi su basi linguistiche, stilistiche, giuridiche, diplomatiche e storiche. Nel Secretum Verità appare insieme a Sant’Agostino pregandolo di operare alla salvezza di Petrarca. La questione riguardante la Verità è uno dei temi centrali dell’opera che viene sentenziata da Agostino come “una e sempre la stessa”, il poeta sente la necessità di affidarsi ad un'unica verità certa, che è quella della fede, per far fronte alle innumerevoli e varie doxai. Nel canzoniere il termine Verità appare solo una volta e in forma avverbiale, infatti è usato molto più spesso il termine vero inteso come rivelazione cristiana, esso è inteso però anche come la verità nascosta della poesia, in particolar modo nella canzone 23. Quanto a Laura, lei è la forma e l’immagine vera, dotata di doti morali tutte vere e che dopo la morte raggiunge la verità divina. Nella canzone 264 inoltre asserisce che sotto l’imperio di amore ha mal conosciuto il vero e spera che per il resto della vita possa abbracciare il vero “lassando l’ombre”.

L’amore è il tema centrale di tutte le opere di Petrarca ed è declinato in diversi modi. Nel Canzoniere molto spesso Amore è l’avversario sleale, che colpisce l’uomo indifeso, che mostra la speranza per poi frustrarla, è l’amore dictator che detta all’uomo cosa fare e lo porta alla sofferenza, che trova un perfetto alleato nella donna, dimora nel suo viso, assume le sue virtù e diventa ancora più invincibile all’uomo. È l’Amore che non tiene conto della Ragione, voglioso di vittoria e di trionfo che però davanti alla donna come Laura non ha potere e si ritrova sconfitto. Pochi sono i momenti in cui Petrarca è lasciato libero d’amore, nella prima parte della canzone 23, dove in un primo momento riesce a tenere la durezza e la solidità dell’Io ma deve in seguito arrendersi all’attacco frontale di Amore. Amore è però anche il fedele compagno che sta vicino al poeta quando Laura muore e che consola il sofferente. In entrambi le declinazione regna l’aspetto di entità divina che è al di sopra degli uomini. Nel Secretum il tema viene affrontato in ottica cristiana da Sant’Agostino che lo definisce un bene, infatti per il santo l’amore non è un male di per sé, né ciò che si ama è un male e né tantomeno chi ama è male, ma è ciò che viene amato male che è un male. Seguendo questa idea Agostino rimprovera a Petrarca di amare Dio non come creatore del mondo perfetto ma solo come creatore di Laura. Nell’epistolario delle familiari non c’è nessun accenno all’amore per una donna, ma è presente da una parte l’amore amicale, sono infatti molte le lettere dedicate ad amici ai quali Petrarca era veramente legato, e dall’altra l’amore che porta il poeta a scrivere. Lo stesso poeta rivolgendosi all’imperatore Carlo IV dirà in una familiares che se non fosse mosso da un profondo e veritiero amore non si permetterebbe mai di scrivere a un imperatore. In questo senso l’amore diventa il motore di molte lettere che dà al poeta la forza di scrivere e la base dalla quale partire.

L’attenzione per il corpo è notevole in Petrarca, nonostante sia sempre considerato in subordinazione rispetto all’anima, esso ha una valenza notevole nella vita e nelle opere del poeta aretino. Nel Secretum, infatti, Petrarca viene rimproverato da Sant’Agostino perché se l’anima di Laura fosse stata dentro un corpo brutto e contorto, lui non si sarebbe innamorato di lei. A questa attenzione giovanile per il corpo fisico si sovrappone, durante la vecchiaia, la figura del filosofo morale molto più attento all’anima. Questo emerge nelle Senili dove il poeta vede la canizie (che aveva preoccupato non poco Petrarca in gioventù) come un fenomeno esteriore della saggezza interiore e il peggioramento graduale della vista segnerà il passaggio dal respicere all’inspicere. Nel de remediis le bellezze del corpo sono definite accidentali ed effimere rispetto a quelle dell’anima. Nell’Africa la descriptio del corpo di Sofonisba segue gli stilemi medievali in un esperimento letterario. Viene narrata la bellezza della donna, dal volto celestiale capace di competere con le dee. Il corpo di Scipione è descritto invece per far emergere le sue doti morali. Il corpo di Laura viene descritto in una parte cospicua dei Triumphi: è più candida della neve ed è proprio il biancore l’elemento maggiormente espresso, e tramite il corpo della donna è annunciato il trionfo di dell’eternità. Inoltre Laura, apparsa in sogno a Petrarca, definisce la morte come la fine della prigionia dell’anima. Nel canzoniere invece la corporalità della donna è sfuggente e a volte incantabile per la troppa bellezza, quello dell’amante viene descritto di rado e solo sotto gli attacchi di amore....


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