L\'età Giolittiana - Riassunti PDF

Title L\'età Giolittiana - Riassunti
Course Storia - Anno 5 - Tecnico commerciale
Institution Liceo (Italia)
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Riassunti...


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L’ETA’ GIOLITTIANA Giolitti al governo Per età giolittiana s'intende quel periodo della storia italiana che va dal 1901 al 1914, fino alla 1 guerra. Quattro fasi del potere di Giolitti:  (1892, aveva dovuto lasciare la carica a causa di scandali finanziari legati alla Banca Romana)  1991-1903  1903-1905  1906-1909  1911-1914 Giolitti era un liberale di Sinistra costituzionale, e prende il potere in una situazione difficile per l’Italia, seguente alla crisi di fine secolo. Egli perseguiva l’equilibrio tra tutte le forze sociali e riconosce la legittimità del conflitto sociale, favorendo il colloquio tra la parti sociali. Giolitti inoltre seguiva una teoria di imparzialità dello Stato di fronte alle controversie economiche tra imprenditori e lavoratori. Quindi, lo Stato, invece che intervenire e reprimere i movimenti, doveva garantire la libertà di svolgimento della lotta sindacale. Giolitti operò su vari ambiti: LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE Viene abolita la restrizione della libertà di associazione, e rinasce il partito socialista, insieme alla CGDL (Confederazione generale del lavoro)  compromesso tra partiti e società RIFORMA ELETTORALE Nel 1913 introdusse il suffragio generale maschile (24%, 8 milioni e mezzo). RIFORME SOCIALI  Legislazione a favore degli anziani, infortunati e invalidi (Assicurazione obbligatoria sugli infortuni sul lavoro, INA)  Regola il lavoro femminile e alza l’età minima dei bambini a 12 anni  Introduce il giorno di riposo settimanale e aumenta la remunerazione  INA: la legge 305 del 4 aprile 1912, emanata dal quarto governo Giolitti, ordinò la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita. Conseguentemente, nello stesso anno, fu istituito l'INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni), ente pubblico specializzato nel monopolio italiano delle assicurazioni sulla vita, con un decreto del ministro Francesco Saverio Nitti. RIFORMA DELL’ISTRUZIONE Nel 1911 la legge Daneo-Credaro, che affidò la gestione delle scuole primarie allo Stato e aumentò l’età dell’obbligo di frequentazione scolastica fino ai 12 anni e l’obbligo di stipendiare i docenti (diminuisce l’analfabetismo) SANITA’ PUBBLICA La malaria viene debellata grazie alla distribuzione del chinino (31%  2%)  causa anche un aumento demografico, grazie al miglioramento delle condizioni di vita. Questo clima di miglioramento, insieme all’aumento delle rimesse degli emigrati, causa:  Il risanamento dell’economia  L’aumento delle tasse  Il pareggio (e per un periodo anche l’attivo) del bilancio POLITICA INDUSTRIALE L’età giolittiana rappresenta per l’Italia il periodo del decollo industriale. Le fabbriche diventano più grandi e si concentrano nel triangolo industriale (Milano, Breda – Torino, FIAT – Genova, Ansaldo). Inizialmente, si svilupparono in modo più veloce le aziende di minori dimensioni, come la Nebiolo, la Olivetti, la Marelli, la Bianchi. Cresce il mercato interno, i consumi alimentari, di prodotti tessili e di beni di consumo durevoli (biciclette, macchine per cucire, utensili da cucina, articoli per la casa).

Crescendo i consumi, crebbe il mondo del commercio, e si affermò la pubblicità. Il reddito nazionale aumenta del 50%; il reddito medio pro capite del 30%. Nonostante ciò, il divario economico-sociale tra Nord e Sud è forte . Lo sviluppo industriale riguarda quasi esclusivamente l’Italia centro-settentrionale.  Industria automobilistica (FIAT, 1899 – federazione italiana automobili Torino)  Industria della gomma  Industria elettrica  Sviluppo rete ferroviaria  sviluppo industria siderurgica e metallurgica RIFORMA SULLA MIGRAZIONE (Veneto, Piemonte, Friuli: verso Francia e Svizzera; Sud Italia: verso gli USA) si era creata una vera e propria tratta dei migrant. Infatti, il governo aveva lasciato l’emigrazione non regolamentata, serviva solo un passaporto ed essere in linea con il servizio militare. Si agiva tramite agenzia di organizzazione dei viaggi, che facevano intermediari tra gli immigrati e i Paesi. Queste agenzie incentivarono la tratta transoceanica, in condizione di schiavitù. Infatti, il biglietto costava circa 140-180 lire, troppo costoso per tutti: così, si veniva mandati a debito, e questo si saldava diventato schiavi. Così, nel 1901 fu abolita l’agenzia, sostituita dalle compagnie di navigazione, così tutelando i migranti. Il divario Nord-Sud Lo sviluppo economico legato al decollo industriale non coinvolse tutto il paese, ma escluse quasi totalmente il Sud, che fu influenzato dalla "grande migrazione", in prevalenza verso gli Stati Uniti. L'80% degli emigranti proveniva dal Sud. Molti intellettuali discussero a "questione meridionale”. Alcuni, come Francesco Saverio Nitti volevano per il Sud un processo di industrializzazione; altri, chiedevano una riforma agraria per risolvere il problema dei grandi latifondi. Gaetano Salvemini (1873-1957) osservò che Giolitti, che al Nord aveva aperto governo al confronto con i ceti maggiormente coinvolti nell'industrializzazione, al Sud avesse perseguito un'alleanza con i notabili locali e con gli agrari proprietari di latifondi, in grado di controllare i consensi elettorali, trascurando le esigenze delle masse contadine. Giolitti non pensò per il Sud a riforme di carattere generale, ma interventi locali (1906) e leggi speciali (Napoli 1904), che prevedevano lo stanziamento di fondi statali, l'incremento delle opere pubbliche e la concessione di sgravi fiscali alle industrie. Nel complesso, però, queste scelte politiche non incisero efficacemente sulla realtà economica e sociale del Sud già notevole divario Nord si accrebbe ulteriormente. LA CRISI DEL SISTEMA GIOLITTIANO La guerra di Libia La questione coloniale non era però finita. Nacque la guerra di Libia contro l’Impero Ottomano (3/10/1911 – 18/10/1912), conclusa positivamente con la pace di Losanna, con il quale l’Italia otteneva le regioni costiere della Libia, Rodi e Dodecaneso. Grazie alla guerra, Giolitti ottenne largo consenso da parte della destra dei nazionalisti, perdendo quello del Partito Socialista e della sinistra. Giolitti è spinto a intraprendere una politica di espansione territoriale per soddisfare gli interessi della borghesia nazionalista, che desiderava una nazione compatta all’interno e favorevole al conflitto esterno (in linea con la competizione imperialista e la selezione naturale vista favorevolmente in questo periodo). Si opponevano a questa decisione i socialisti, secondo cui l’espansione territoriale aveva l’unico fine di aumentare i profitti dei borghesi a discapito di migliaia di poveri che sarebbero dovuti andare a combattere. Il conflitto con l’impero ottomano durò un anno e terminò con il successo dell’Italia. TRASFORMISMO DELL’ETA’ GIOLITTIANA Giolitti stabilì intese sia con i cattolici moderati sia con i socialisti riformisti. Il trasformismo giocò un ruolo significativo anche alle origini del fascismo. I nazionalist

A spingere Giolitti alla guerra erano stati i nazionalisti (tra cui D’annunzio). Questi erano sia nostalgici del passato che animavano il futurismo, un movimento artistico-culturale che esaltava la tecnica, la velocità, il progresso industriale. I nazionalisti ritenevano necessario una nuova guida politica, forte e autoritaria. Tutto si basava sul concetto di nazione: compatta e che riunisse in un blocco tutte le classi sociali, con come obiettivo la grandezza e la prosperità italiana. Si opponevano quindi al conflitto tra classi, che indeboliva la nazione. Questo conflitto andava portato verso fuori, con progetti di espansione e conquiste territoriali. Nel clima decadente del ‘900, di fronte a tutti i problemi, la guerra viene vista dai nazionalisti come unica igiene del mondo (deflagrazione universale) I socialist Il Partito socialista era un’altra categoria irrequieta. Si divideva in concezioni gradualiste (sostenute dalla CGDL), basate sul presupposto che in Italia ci fosse una borghesia moderna con cui allearsi per le riforma. Poi c’era il sindacalismo rivoluzionario. Negli ultimi anni di Giolitti, le idee radicali si consolidarono, arrivando nel 1912 allo scontro tra il riformista Leonida Bissolati e il rivoluzionario Benito Mussolini (quest’ultimo prevalse), indirizzandosi verso una politica violenta basata sullo sciopero generale e l’azione diretta. I cattolici C’era anche una forte rappresentanza cattolica. A lungo, la Non Expedit del 1874 aveva impedito un’uniformazione, però con la seconda rivoluzione e grazie all’Opera dei Congressi, si passò ad una democrazia cristiana, basata sulla conciliazione tra classi, sula piccola proprietà contadina e le classi medie. Era una scelta centrista, che privilegiava i soggetti esclusi da Giolitti (proletariato industriale e borghesia imprenditoriale). Leone XIII, con a Rerum Novarum, aveva indirizzato i cattolici su questa via. La crisi del progetto giolittiano  Divario tra nord e sud  Forze politiche importamiti e dinamiche  escluse (cattolici: rifiutano alleanza parlamentare coi socialisti; socialisti: prevalgono i rivoluzionari; nazionalisti: guerra=soluzione)  Opposizione a Giolitti: tematica della guerra/rivoluzionari; nazionalisti, socialisti, intellettuali, anarchici Le elezioni del 1913 Nel 1913, alle elezioni politiche, ci fu il patto Gentloni: stipulato da Vincenzo Gentiloni (presidente dell’Unione elettorale cattolica, col fine di gestire il comportamento dei cattolici nelle elezioni) e Giolitti (che voleva ottenere i voti dei cattolici e bloccare l’ascesa socialista). Gentiloni aveva offerto il voto dei cattolici candidati che avrebbero salvaguardato in Parlamento le posizioni della Chiesa in materia di istruzione e diritti civili. Giolitti così aveva conservato una maggioranza, però c’erano scontri tra i candidati eletti con i voti cattolici (rottura coi socialisti) e tra gli altri favorevoli alla prosecuzione del rapporto con i socialisti riformisti. Così, si annullarono i termini politici del compromesso, e Giolitti si dimise il 10 marzo 1914. Fu succeduto da Antonio Salandra, liberale di destra....


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