Lo Cunto de li Cunti PDF

Title Lo Cunto de li Cunti
Author Rossella Picone
Course Letteratura italiana ii
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

analisi "lo cunto de li cunti" di Basile: introduzione e racconto quarto della seconda giornata...


Description

Lo Cunto de li Cunti, ovvero trattenemiento de’ peccerille è una raccolta di 50 fiabe scritte in lingua napoletana da Giambattista Basile, edite tra il 1634 e il 1636 a Napoli. L’opera è conosciuta anche con il titolo, improprio ma significativo, di Pentamerone: improprio perché non è quello che gli assegnò l’autore, bensì il curatore nella dedica della prima giornata; significativo perché allude agli stretti rapporti che collegano l’opera al grande modello del Decameron boccacciano, parametro di confronto pressoché ineludibile per tutta la novellistica italiana. LA STRUTTURA Il titolo Pentamerone fa riferimento alla struttura dell’opera, composta da 50 fiabe distribuite in 5 giornate e narrate da 10 novellatrici . A Boccaccio rinviano, oltre alla divisione interna, l’appello iniziale del narratore alle “femene” (le donne, destinatarie prime, come nel Decameron, dei racconti), la presenza di una brigata di narratori, il ritiro in un luogo appartato, i giochi e gli intrattenimenti piacevoli del gruppo, la presenza di componimenti in versi alla fine delle quattro giornate. Il Cunto è un’opera di grande sapienza e tecnica letteraria, unica nel sollevarsi dal generale grigiore della novellistica secentesca, e per questo definito dalla critica “ il primo e più illustre fra quanti libri di fiabe esistano nella civiltà europea ”. Dotato di una struttura flessibile, in continuo ed aperto contrasto con i canoni del racconto umanistico , con gli schemi e i vincoli del genere favolistico classico, Il Cunto rappresenta un’innovazione in ambito favolistico e crea un unicum letterario di massimo spessore. Ogni racconto presenta la stessa struttura e la stessa logica: come incipit e chiusura c’è un proverbio che ha il compito di smorzare il tono fortemente espressivo ed audace del racconto stesso. Gli eventi narrati sono disposti secondo la medesima sequenza logica : ● ● ● ●

il conflitto l’allontanamento e il viaggio il ritorno e il cambiamento di status Questa struttura fa del Cunto un sofisticato racconto multiplo, destinato a diventare un modello narrativo denominato racconto fiabesco, successivamente diffuso nelle tradizioni del racconto europeo.

● LE ANTITESI CON IL DECAMERON Gli elementi che nella struttura del Cunto sono affini al Decameron nel segno di una continuità della novellistica, sono gli stessi che ne segnano un distacco; infatti nel Cunto c’è un programmatico abbassamento in tutti i topoi: la brigata per esempio, non è più quella degli aristocratici giovani che trascorrono il loro tempo in piacevoli e raffinati diletti, ma di donne del popolo. Le novellatrici del Cunto sono grottescamente deformate, secondo un gusto tipicamente barocco, come del resto dicono già a chiare note i loro nomi e gli appellativi che li accompagnano: Zesa scioffata (sciancata), Cecca storta, Meneca vozzolosa (gozzuta), Tolla nasuta, Popa scartellata (gobba), Antonella vavosa (bavosa), Ciulla mossuta (labbrona), Paola sgargiata (strabica), Ciomettella zellosa (tignosa) e Iacova squacquarata (merdosa); i loro intrattenimenti sono giochi popolari e le egloghe che chiudono le giornate hanno un aperto scopo satirico, di denuncia dei più diffusi mali sociali: ipocrisia, falsità, prevaricazione, corruzione. Il confronto con il Decameron svela altri caratteri peculiari della novellistica di Basile, a partire dalla contrapposizione che si stabilisce tra la fiaba ( il “cunto”) e la novella boccacciana: a differenza della novella, infatti, la fiaba è ambientata in un tempo favoloso e indeterminato, in un mondo popolato da esseri fantastici (orchi, fate, animali parlanti) e governato da prodigi, magie e mirabili metamorfosi. Il Cunto non ha pretese realistiche e nemmeno di verosimiglianza, anzi il suo mondo “favoloso” e indeterminato si contraddistingue proprio per la sua lontananza dal reale e il suo esonero da ogni possibile verifica.

LA CORNICE Il principio che sorregge tutta l’opera è quello della cornice, che racchiude i 49 racconti entro un unico racconto Drago marino, Matteo Garrone - Lande Incanate iniziale, completato solo alla fine: il cunto de li cunti (il racconto dei racconti) . Una struttura dunque che non rinvia più al Decameron, ma ad altri generi di novellistica di tipo orientale (come le Mille e una notte). La cornice è costituita dalla storia di Zoza. E’ la principessa Zoza a dare occasione alle cinque giornate ed alle cinquanta novelle dell’opera. Caduta in una terribile malinconia, non ride mai, neppure alle più buffonesche imprese. Un giorno però l’atto stizzoso ed inverecondo di una vecchia contro un ragazzo la fa prorompere in una grande risata. Infuriata la vecchia le scaglia una maledizione: non avrà più pace fino a quando non avrà sposato il principe di Caporotondo, il quale, per l’imprecazione di una fata, giace in catalessi in una tomba sulla quale vi è un’anfora: la donna che in tre giorni riempirà quest’ultima di lagrime lo farà risuscitare e sarà da lui fatta sposa. Per sette anni la principessa viaggia senza sosta fino a quando trova la tomba: in meno di due giorni riempie di lagrime l’anfora, ma vinta dalla stanchezza si addormenta. Ne approfitta una schiava, la quale avendo osservato ogni cosa, strappa dal grembo di Zoza l’anfora, e in “ quattro strizzate d’occhi la riempie a ribocco ”. Il principe risuscitato la conduce a palazzo e la fa sua sposa. Svegliatasi e vista la tomba vuota, Zoza “ stette sul punto di sballare i fagotti dell’anima sua alla dogana della Morte ”. Ma riavutasi si avvia alla città, protetta dalle fate che le hanno donato una noce, una castagna ed una nocciola fatata: una volta aperte, dalla noce esce un nanetto che canta meravigliosamente, dalla castagna una chioccia con dodici pulcini d’oro, dalla nocciola una bambola che fila oro. Zoza regala ogni cosa alla schiava divenuta regina, ma la bambola infonde in lei un tale desiderio di sentire raccontare fiabe che il re, per accontentarla, chiama dieci vecchie raccontatrici, le quali narrano ciascuna una favola al giorno. All’ultimo giorno Zoza si sostituisce ad una di esse, narra la propria storia, smaschera la schiava e sposa il principe. Lo Cunto de li Cunti, tra tutte le opere della nostra letteratura, è forse quella che riproduce più direttamente le strutture della fiaba, temi e motivi di quello che nell’Ottocento sarà chiamato folclore, delineando situazioni più ingenue e ricorrenti, i comportamenti più elementari, presentando numerosi motivi magici, attribuendo agli animali un’ampia possibilità di azione. Basile non si limita a registrare i racconti popolari, né va considerato un narratore per bambini: il suo libro mira a costruire un mondo fantastico e variopinto, dove alla gioia di seguire vicende stupefacenti si accompagna una loro sottile coloritura comica, una loro sottintesa parodia; e il riso, ostacolato dal proliferare di elementi magici, finisce poi per espandersi irresistibile, senza confini, con prorompente libertà. IL DIALETTO Strumento fondamentale di questa singolare comicità è un dialetto sovraccarico e lavoratissimo, i cui caratteri popolari sono mescolati e alterati con una maliziosa sapienza letteraria, con un gustoso compiacimento per le possibilità pittoriche della parola, per i suoi effetti sonori e musicali. Le parole si accumulano e riecheggiano grazie ai delicati artifici retorici, a ripetizioni e doppi sensi di apparente ingenuità; la narrazione si svolge in una ininterrotta trasformazione magica di oggetti, di figure, di voci, che cambiano continuamente statuto, condizione, aspetto, che passano senza fine dal minerale al vegetale, all’animale, all’umano, all’incorporeo. Secondo la consuetudine della fiaba, tutto appare animato: ma, a differenza di quanto accade nella fiaba, tutto è guardato come uno splendido gioco, che oscilla tra momenti di dolcezza e di tenerezza e altri di gioconda indifferenza, inasprendosi talvolta in scatti di disinvolta crudeltà.

IL CUNTO DE LI CUNTI LA FONTE DELLA LETTERATURA FIABESCA EUROPEA Non tutti sanno che proprio “ Il Cunto de li cunti ” è stato la fonte di ispirazione di gran parte della letteratura fiabesca europea; basti pensare alle fiabe La gatta Cennerentola (Cenerentola), Sole, Luna e Talia (La Bella Addormentata nel Bosco), Petrosinella (Raperonzolo), Cagliuso (Il Gatto con gli Stivali) e molte altre fiabe che sono giunte a noi erano contenute nel Cunto. Certamente sono state epurate da tutti gli elementi crudi e drammatici, perché il Cunto era riservato a un pubblico adulto, e magari cambiate in alcuni punti poiché spesso di una fiaba si hanno molte versioni, per citarne una Cenerentola ne ha più di trecento. Il Cunto divenne un libro noto, fu tradotto in altre lingue europee già alla fine del Seicento, e da queste traduzioni presero spunto autori come Perrault, i fratelli Grimm e altri per scrivere le fiabe nella forma cui che le conobbe il resto del mondo. Il filosofo Benedetto Croce, che tradusse la raccolta in italiano, nella premessa all’edizione da lui curata definiva questo testo come “il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari“.

Cagliuso è un racconto italiano in Lo cunto de li cunti di Basile: è il quarto racconto della seconda giornata ed è narrato da Tolla. Trama Un vecchio molto povero di Napoli muore, lasciando al figlio Oraziello un crivello per lavorare e al figlio Pippo, soprannominato Cagliuso, una gatta magica. Cagliuso non apprezza l'eredità, ma scopre presto che la gatta sa parlare e lo aiuterà a uscire dalla sua miseria. La gatta va a caccia e porta le prede al re da parte del "signore" suo padrone. Il re resta colpito dai continui doni e dal fatto che il padrone della gatta gli sia tanto devoto e leale, perciò chiede alla gatta quanto sia ricco questo signore. La gatta fa le lodi delle ricchezze smisurate del suo padrone e il re manda i suoi servitori a indagare. La gatta passa per i campi e i villaggi e avverte la gente che dei banditi saccheggiano la zona, ma se diranno che tutto è proprietà del signor Cagliuso non verrà fatto loro del male. Quando gli informatori del re chiedono in giro, la gente ha paura che siano banditi e rispondono che tutto è proprietà di Cagliuso. Il re allora combina le nozze tra Cagliuso e sua figlia, e con la dote della principessa Cagliuso compra delle terre in Lombardia e diventa barone. Cagliuso non smette di ringraziare la gatta per questa immensa fortuna e le promette che quando morirà la farà imbalsamare e la metterà su un piedistallo. La gatta però vuole metterlo alla prova e un giorno finge di essere morta. Cagliuso non mostra tutta la gratitudine che prometteva e dice alla moglie di gettare la gatta dalla finestra. La gatta allora rinfaccia a Cagliuso tutto quello che ha fatto per lui e scappa via senza ascoltare le preghiere e le scuse dell'ingrato....


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