Lobi frontali PDF

Title Lobi frontali
Course Psicologia della personalità e dei processi cognitivi
Institution Università degli Studi di Enna Kore
Pages 13
File Size 191.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 79
Total Views 136

Summary

APPUNTI SUI LOBI FRONTALI, SUL SONNO, SULLO STRESS E SUL CIRCOLO DI PAPEZ...


Description

Lobi frontali, corteccia frontale e corteccia prefrontale I lobi frontali costituiscono la parte del cervello umano più estesa, si trovano nella corteccia frontale, suddivisa in corteccia prefrontale e motoria I lobi frontali costituiscono la parte del cervello più estesa negli esseri umani e rappresentano anche l’area ontogeneticamente e filogeneticamente più giovane. I lobi frontali occupano la porzione anteriore dell’emisfero cerebrale e costituiscono la parte anteriore del cervello. I lobi frontali I lobi frontali sono delimitati dalle scissure centrale e laterale, sulla parte laterale, e dalla scissura limbica, sulla parte mediale. Anteriormente, presentano una sporgenza che costituisce il polo frontale dell’emisfero corrispondente. In particolare, la parte laterale del lobo frontale è separata dal lobo temporale, in posizione inferiore, per mezzo della scissura laterale di Silvio e, dal lobo parietale, in posizione posteriore, dalla scissura centrale di Rolando. Anteriormente alla scissura centrale di Rolando si può individuare un’altra scissura verticale, detta solco precentrale, che segna il limite anteriore della circonvoluzione precentrale (o prerolandica). Dal solco precentrale originano altre due scissure a decorso pressoché orizzontale, il solco frontale superiore e il solco frontale inferiore, che si dirigono verso il polo frontale. Inoltre, sulla parte laterale del lobo frontale sono da rilevare due aree, la motoria primaria, localizzata nella circonvoluzione precentrale; e l’area di Broca, corrispondente all’opercolo della circonvoluzione frontale inferiore, sede del principale centro per la coordinazione motoria del linguaggio. La parte mediale del lobo frontale, invece, è separata dalla parte laterale per mezzo del margine superiore dell’emisfero, e dal lobo limbico per mezzo della scissura limbica. È costituita dalla sola circonvoluzione frontale interna, che segue il decorso della circonvoluzione limbica sottostante. Al suo estremo posteriore, essa accoglie parte del lobulo paracentrale, grossa piega di passaggio tra le circonvoluzioni precentrale e postcentrale. La parte inferiore (od orbitaria) del lobo frontale poggia sulle cavità orbitarie, scavate nello spessore dell’osso frontale. È percorsa in senso anteroposteriore da due scissure, i solchi orbitari, che individuano i confini delle circonvoluzioni orbitarie

mediale, intermedia e laterale. Un’ulteriore scissura, il solco olfattivo, accoglie nella sua compagine il bulbo olfattivo. La corteccia frontale La corteccia frontale è suddivisa in: corteccia motoria che comprende l’Area Motoria Primaria e le aree motorie non-primarie (area premotoria e area supplementare motoria) e la corteccia prefrontale che ha connessioni reciproche con tutti i sistemi sensoriali e motori, sia corticali che sottocorticali. Inoltre la corteccia prefrontale è interconnessa con strutture coinvolte nella memoria, regolazione delle emozioni e rinforzi, sia positivi che negativi. Grazie all’ampia rete di connessioni anatomiche, la corteccia prefrontale ha accesso ad una varietà di informazioni interne ed esterne all’organismo. La corteccia prefrontale opera la sintesi di queste varie informazioni allo scopo di regolare una gamma di processi mentali e comportamenti. Essi sono connessi con le aree posteriori cerebrali mediante fibre di associazione intraemisferiche e intervengono in complessi circuiti neuronali, unitamente alle strutture subcorticali quali il talamo, l’amigdala, i gangli della base e il cervelletto. La corteccia prefrontale La corteccia prefrontale occupa la parte più rostrale dei lobi frontali e costituisce una vasta area che si collega alle aree motorie, percettive e limbiche del cervello. La corteccia prefrontale svolge un ruolo fondamentale nei processi cognitivi e nella regolazione del comportamento e, grazie alle connessioni con diverse aree corticali, risulta essere il substrato neuroanatomico delle funzioni esecutive: pianificazione, attuazione e conclusione di comportamenti diretti ad uno scopo attraverso azioni coordinate e strategiche, integrazione e sintesi di informazioni, organizzazione, regolazione del comportamento emotivo. Inoltre, le connessioni con le aree limbiche determinano i processi di riconoscimento e gestione delle emozioni. Le funzioni esecutive sono legate all’apprendimento di nuove esperienze, alla pianificazione, al decision making, all’apprendimento di nuovi comportamenti derivanti da una sequenza di azioni, etc. Lesioni a carico di questa area portano al manifestarsi di sindromi disesecutive, ovvero deficit a carico delle funzioni esecutive, quali perdita di iniziativa, apatia, lentezza nell’iniziare azioni, comportamenti di perseverazione, risposte emozionali ridotte oppure disinibizione, euforia, impulsività e deficit a livello cognitivo, come disturbi a carico

della memoria di lavoro, deficit di pianificazione, incapacità di usare strategie e perdita dell’attenzione. La corteccia prefrontale si connette attraverso una serie di fascicoli ai gangli della base e il talamo. Danni a carico di queste strutture porta al manifestarsi di disturbi motori, deficit esecutivi e compromissione della motivazione e della personalità. La corteccia prefrontale si suddivide principalmente in due regioni: la corteccia dorsolaterale e la corteccia orbitofrontale. La corteccia prefrontale dorsolaterale La corteccia dorsolaterale comprende le porzioni laterali dell’emisfero, ovvero le aree di Brodmann dalla 9 alla 12, le aree 45 e 46 nonché la parte superiore dell’area 47. Inoltre, si estende fino al giro frontale superiore, al giro frontale medio e al giro frontale inferiore, tre grandi circonvoluzioni connesse ciascuna con altre aree cerebrali, posteriori e frontali. La corteccia dorsolaterale è una delle componenti principali dei processi esecutivi, quali comportamento strategico, pianificazione, astrazione e flessibilità cognitiva, e working memory. La working memory, in particolare, è una memoria a breve termine che permette l’immagazzinamento di informazioni in entrata e allo stesso tempo il loro recupero dalla memoria a lungo termine. La working memory è fondamentale nella pianificazione dell’azione, e consente di recuperare le conoscenze passate, e le loro rappresentazioni, depositate nella memoria a lungo termine, utilizzandole nel dirigere il comportamento presente. Quando questa capacità è compromessa, non si è più in grado di orientare il comportamento verso uno scopo attraverso azioni coordinate e strategiche. Inoltre, risulta essere deficitaria anche la capacità di monitorare il decorso dell’azione volta a passare da un piano all’altro e, di conseguenza, il comportamento messo in atto appare caotico, confuso, rigido. I soggetti con lesioni della corteccia prefrontale dorsolaterale presentano i comportamenti perseverativi: non riescono a ricordare le esperienze passate e di conseguenza continuano a comportarsi nel medesimo modo reiterando il comportamento. La corteccia orbitofrontale

La corteccia orbitofrontale o ventromediale interessa le porzioni inferiori dell’area 47 di Broadman e quelle mediali delle aree 9- 12 ed è coinvolta nei processi di riconoscimento emotivo e di decisione mantenendo in memoria l’associazione fra uno stimolo familiare e la risposta considerata gratificante per il soggetto. La corteccia orbitofrontale mette insieme le esperienze interne e quelle esterne, permette di compiere una valutazione sociale istantanea che consente di agire in base alle circostanze. Inoltre, la divisione ventromediale si attiverebbe quando l’individuo deve operare una decisione in mancanza di molte informazioni esterne, quindi deve prendere decisioni basandosi maggiormente sulla sensazione più che sulle conseguenze logiche. Il ruolo dell’intera corteccia orbitofrontale è quello di regolare una vasta gamma di comportamenti sociali. Il lobo orbitofrontale presenta una enorme rete di proiezioni che si estende nei centri emotivi, permettendo di modulare le reazioni emotive. Una delle funzioni primarie di queste reti sembra essere quella di inibire le reazioni emotive, coordinandole con gli stimoli provenienti dal mondo esterno per rendere le azioni adeguate al contesto. Inoltre, la corteccia orbitofrontale sembra essere coinvolta nei processi di problem solving. I pazienti con lesioni nella regione ventromediale, mostrano incapacità di gestione della vita quotidiana e deficit nella regolazione di comportamenti socialmente adattivi. Alcuni non sono capaci di prendere decisioni poiché non integrano le informazioni emotive e sociali, per questo è possibile che risultino incapaci di fare scelte appropriate alle circostanze e di modulare il comportamento in modo adattivo nel rispetto delle norme sociali. Suddivisione funzionale della corteccia prefrontale La corteccia prefrontale può essere suddivisa, inoltre, a livello funzionale in porzione di destra, sede delle emozioni negative, e la parte sinistra legata alle emozioni positive. Esse si attivano in maniera asimmetrica in risposta a emozioni e stati diversi in situazioni sociali diverse (Davidson, 2002).

Davidson ha elaborato la teoria degli Stili Emozionali identificando 6 Stili fondati neurobiologicamente determinati, in quanto riflettono livelli di attività diversi riguardanti le attivazioni delle aree in questione. Ogni dimensione ha due estremi che sono il risultato di un’attività più intensa o ridotta in quei circuiti. Gli Stili Emozionali sono trasversali rispetto alle categorie diagnostiche dei Disturbi Psichici e rappresentano caratteristiche sottostanti le manifestazioni psicologiche che ne condizionano l’espressività

IL SONNO E I RITMI BIOLOGICI Il sonno è un comportamento. Dal momento che ricordiamo così poco di ciò che accade durante il sonno, tendiamo a considerarlo più come uno stato di coscienza che un comportamento. La ricerca più attendibile sul sonno negli esseri umani si conduce nei laboratori del sonno. Un laboratorio del sonno, di solito è ospitato in un centro medico o universitario, consiste in una o più piccole camere da letto adiacenti a una stanza di osservazione, dove il ricercatore passa la notte. Il ricercatore prepara il soggetto a tutte le misurazioni elettrofisiologiche, montando elettrodi sullo scalpo per l’elettroencefalogramma (EGG) e sul mento per controllare l’attività muscolare, che viene registrata come elettromiogramma (EMG). Gli elettrodi attaccati intorno agli occhi controllano il movimento oculare e vengono registrati come elettro-oculogramma (EOG). Il ricercatore monte gli elettrodi, spegne la e chiude la porta. Il nostro soggetto diviene sonnolento ed entra presto nel 1 stadio del sonno, caratterizzato dalla presenza di attività theta (3,5,7 Hz) che indica che le scariche dei neuroni nella neocorteccia stanno divenendo più sincronizzate. Questo stadio rappresenta una transizione tra le veglia e il sonno, se si osservano le palpebre del soggetto sperimentale, si vedrà che ogni tanto si aprono e si chiudono lentamente, che gli occhi si muovono verso l’alto e il basso. Dopo circa 10 minuti, si entra nello stadio 2, l’EGG risulta essere irregolare, ma contiene periodi di attività theta, fusi del sonno e complessi k.

I fusi del sonno, sembrano essere implicati nel consolidamento delle memorie e un aumento del loro numero è risultato correlato ai punteggi più elevati di un test di intelligenza. Circa 15 minuti dopo, il soggetto entra nel 3 stadio del sonno, e viene segnalato dal prodursi di attività delta (attività elettrica cerebrale regolare, inferiore a 4Hz) di elevata ampiezza. La distinzione tra il 3 e il 4 stadio del sonno, non è netta: il 3 stadio contiene dal 20% al 50% di attività delta, mentre il 4 stadio ne contiene più del 50%, questo perché l’attività dell’EGG a onde lente predomina lo stadio 3 e 4 del sonno e si definiscono sonno ad onde lente (SONNO NON-REM). Studi fisiologici, hanno dimostrato che le persone sono paralizzate durante il sonno REM, ad eccezione di qualche mioclonia occasionale. Questo particolare stadio del sonno, risulta essere piuttosto particolare. Viene definito sonno REM, per i movimenti oculari rapidi che lo caratterizzano, si possono verificare anche dei sogni e paralisi muscolare, viene infatti definito anche sonno paradosso. Se si sveglia il soggetto, durante il sonno REM, tende ad assumere una forma narrativa di eventi simile a una storia. Al contrario, se svegliamo il soggetto dal sonno NON-REM (sonno a onde lente) e le chiediamo se stava sognando, il soggetto risponderà no. Durante una notte di riposo, la volontaria alternava periodi di sonno REM e sonno NREM, ciascun ciclo dura approssimativamente 90 minuti e contiene all’incirca 20-30 minuti di sonno REM, quindi 8 ore di sonno conterranno 4 o 5 periodo di sonno REM. In fase REM diventiamo paralizzati, la maggior parte dei nostri motoneuroni centrali e spinali sono inibiti. Però il cervello è molto attivo, il consumo di ossigeno è accelerato. La coscienza durante il sonno è certamente diversa da quella durante la veglia, ma abbiamo pur sempre un’attività cerebrale mentre dormiamo. Diversi ricercatori hanno suggerito, che i movimenti oculari durante il sonno REM sono correlati alle immagini visive che accompagnano i sogni. I particolari meccanismi cerebrali che si attivano durante i sogni sono gli stessi che si attiverebbero se gli eventi onirici stessero accadendo davvero. I sogni narrativi, simili a storie, si verificano durante il sonno REM, un’attività mentale può accompagnare anche il sonno ad onde lente. Alcuni degli incubi più terrificanti, si verificano durante il sonno profondo (ovvero stadio 4). L’INSONNIA -> è definita come la difficoltà ad addormentarsi dopo essere andati a letto o a seguito di un risveglio durante la notte. Molte persone trascorrono la maggior

parte del loro tempo in uno stato di deprivazione di sonno, ma non perché soffrono di insonnia: il loro problema solo le richieste quotidiane, che li portano a stare svegli fino a tardi o a svegliarsi presto la mattina, concedendo a se stessi una quantità di sonno inferiore rispetto al normale. La deprivazione di sonno cronica può portare allo sviluppo di gravi problemi di salute, compreso obesità, diabete, e varie patologie cardiovascolari. Una particolare forma di insonni è causata dall’incapacità di dormire e respirare contemporaneamente. I pazienti con questo disturbo, apnea morfeica (cessazione del respiro durante il sonno), si addormentano e smettono di respirare. NARCOLESSIA -> (disturbo del sonno caratterizzato da periodi di sonno irresistibile, paralisi del sonno e allucinazioni ipnagogiche) è un disturbo neurologico caratterizzato da sonno e movimenti inadeguati. Il sintomo principale è l’attacco di sonno, ovvero si parla di un bisogno incontrollabile da parte del soggetto, di dormire in qualsiasi momento della giornata, ma si verifica in condizioni monotone e noiose, dove il sonno sembra essere completamente normale, e dura generalmente 2-5 minuti e subito dopo la persona si sveglia riposata. Un altro sintomo della narcolessia è la cataplessia, dove l’individuo sviluppa debolezza muscolare di varia entità, in certi casi la persona diventa completamente paralizzata e cade a terra. Questo sintomo, è parecchio diverso dagli attacchi narcolettici del sonno, di solito è percepita da un’emozione forte o da uno sforzo fisico improvviso, specialmente se il soggetto è colto alla sprovvista. Gli scoppi di ilarità, come rabbia o il tentativo di prendere un oggetto al volo possono innescare questo attacco. Le paralisi del sonno REM, non rappresenta un pericolo fisico, appena primo o dopo un sonno normale. Questo sintomo viene definito paralisi del sonno e consiste nell’incapacità di muoversi appena prima dell’insorgenza del sonno o al momento del risveglio. Le componenti mentali del sonno REM, fanno si che la persona sogna mentre giace sveglia, paralizzata. Questi episodi sono chiamati allucinazioni patologiche, che spesso sono allarmanti e terrorizzanti. Il disturbo narcolettico, è un disturbo ereditario ed è fortemente influenzato da fattori ambientali. Il sonno REM è accompagnato dalla paralisi e le persone sono incapaci di muoversi. Alcune persone, però non si paralizzano, ma sviluppano un disturbo comportamentale del sonno REM, ovvero un disturbo neurologico in cui la persona non sviluppa paralisi durante il sonno REM e quindi mette in atto i propri sogni. Il comportamento degli individui che esibiscono questo disturbo sembra corrispondere al contenuto dei loro sogni.

Alcuni comportamenti disadattivi possono verificarsi, soprattutto nella fase più profonda del 4 stadio del sonno. Questi comportamenti includono enuresi notturna (bagnare il letto), sonnambulismo (camminare nel sonno), terrori notturni. Eventi che si producono in maniera frequente, soprattutto nei bambini. Nessuno di questi fenomeni è correlato al sonno REM: una persona che cammina nel sonno non sta mettendo in atto un sogno. I terrori notturni e il sonnambulismo, si risolvono nella maggior parte dei casi in maniera spontanea, con la crescita. Il sonno è essenziale per la sopravvivenza. I due emisferi cerebrali, dormono a turno, questa strategia, permette ad almeno un emisfero di rimanere vigile, inoltre l’occhio controlaterale dell’emisfero attivo, resta aperto. Il ruolo primario del sonno non è il riposo ma il recupero del corpo. Evidenze empiriche, dimostrano che la funzione primaria del sonno sia quella di far riposare il cervello piuttosto che il corpo. Il sonno REM, rappresenta un periodo di intensa attività fisiologica. Gli occhi si muovono rapidamente, il battito cardiaco mostra improvvise accelerazioni e decelerazioni, la respirazione è irregolare. Uno dei primi rapporti sugli effetti del sonno REM è il fenomeno di rebund che si sviluppa nei soggetti, un vero e proprio effetto rimbalzo, ovvero un aumento di frequenza o intensità di un fenomeno dopo la sua temporanea soppressione. È stato dimostrato, che il sonno REM facilita le modificazioni cerebrali, che si verificano in età evolutiva, ma anche quelle più modeste responsabili dell’apprendimento in età successive. Il sonno aiuta anche al consolidamento delle memorie a lungo termine. Durante il sonno REM, le persone hanno un livello di coscienza elevato, cosa che non accade durante il sonno a onde lente (SONNO NON-REM). Vari studi suggeriscono, ancora che il sonno ad onde lente, favorisce il consolidamento della memoria dichiarativa, il sonno REM favorisce il consolidamento della memoria procedurale. Il sonno è regolato, se un organismo è deprivato di sonno, tende a recuperare, quando gli sarà permesso, almeno una parte di sonno perso. Per questo, il copro produce una sostanza che promuove il sonno durante la veglia, sostanze che promuovono la veglia durante il sonno, più una persona reta sveglia, più a lungo deve necessariamente dormire, per disattivare la sostanza in questione. L’adeonosina, gioca un ruolo importante nel controllo del sonno: durante il sonno ad onde lente, i neuroni del cervello

si riposano, e gli astrociti rinnovano la loro riserva di glicogeno, se si prolunga lo stato di veglia si accumula adenosina, il che inibisce l’attività neurale e produce gli effetti cogniti ed emotivi che si osservano in associazione alla deprivazione del sonno. Il sonno non è una condizione unitaria, consiste di diversi stadi con caratteristiche molto differenti tra loro. Anche la veglia, non è uniforma e la sonnolenza influisce sullo stato di veglia. I circuiti neuronali che giocano un ruolo importante nell’aspetto di vigilanza e veglia, è l’arousal , dove i neurotrasmettitori in questione sono: acetilcolina, norepinefrina, seratonina, istamina e orexina.  ACETILCOLINA: la sua localizzazione è nell’ippocampo e nella neocorteccia, le sostanze che attivano questi neuroni inducono il pieno stato di veglia.  NORADRENALINA: i neuroni locus coeruleus inviano assoni ramificati a livello della neocorteccia, dell’ippocampo, talamo ponte e bulbo, tale processo aumenta la vigilanza.  SERATONINA: sono localizzate nei nuclei del rafe, localizzati nelle aree bulbari e pontine nella formazione reticolare. Gli assoni di questi neuroni inviano proiezioni in molte parti del cervello, come talamo, ipotalamo, ippocampo e neocorteccia. Questi neuroni sono più attivi durate la veglia, la loro velocità di depolarizzazione decli...


Similar Free PDFs