Prove geotecniche in sito PDF

Title Prove geotecniche in sito
Author Francesco Langella
Course Geologia e paleontologia
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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LE PROVE GEOTECNICHE IN SITO Prove geotecniche in laboratorio: Vantaggi: si possono analizzare le caratteristiche meccaniche di un provino avendo ben chiare le condizioni di sforzo alle quali è sottoposto il provino in quanto le tensioni sono controllate. - Svantaggi: si sottopone a prova un volume necessariamente piccolo di terreno e che quindi possono essere rappresentativi di un terreno omogeneo ma di granulometria non troppo grossolana; inoltre prelevando il campione dal sottosuolo per sottoporlo a prove, questo subisce un disturbo perché estraendolo dal sottosuolo si troverà in uno stato tensionale differente. Prove geotecniche in sito: - Vantaggi: si può investigare un volume rappresentativo del terreno; il volume investigato è nelle condizioni naturali di tensione; sono più economiche rispetto alle prove di laboratorio; molte di esse possono esplorare in continuo il terreno in verticale, si possono cioè eseguire delle “stratigrafie meccaniche”. - Svantaggi: non si possono determinare con la stessa precisione del laboratorio le condizioni di tensione alle quali è sottoposto il terreno investigato La corretta programmazione delle indagini, sia per definire il modello geologico del sottosuolo che per la caratterizzazione geotecnica deve essere ben equilibrata, cioè devono essere opportunamente scelte un certo numero di prove di laboratorio abbinate ad un certo numero di prove geotecniche in sito.

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LA PROVA SCISSOMETRICA La prova scissometrica (field vane – lett. Paletta da campo) consente la misura diretta della resistenza al taglio non drenata (Cu oppure Su) in terreni coesivi saturi: si possono testare argille di consistenza molle, allo stato plastico, in quanto materiali più resistenti potrebbero provocare la rottura dell’attrezzo. Il risultato della prova scissometrica è paragonabile a quello ottenuto in laboratorio su campioni indisturbati con prove triassiali di compressione, consolidate anisotropicamente e non drenate. La prova consiste nell’infiggere nel terreno, al fondo di un foro o di uno scavo, una paletta (vane) a 4 lame ortogonali (che può essere rettangolare o lanceolata) e nel farla poi ruotare misurando il valore massimo (di picco) del momento torcente necessario. La misura diretta in situ viene normalmente eseguita nelle argille di consistenza tenera e media e questo per la resistenza intrinseca delle lame ortogonali che devono essere sottili per limitare il disturbo nel terreno naturale nella fase di infissione. La paletta è collegata alla superficie con una batteria di aste alla cui sommità viene impresso uno sforzo di torsione mediante una leva e misurato lo sforzo di torsione mediante un sensore. Il sensore che misura lo sforzo di torsione, ed eventualmente la deformazione angolare, può essere di tipo “meccanico” oppure “elettrico” e può essere posto in superficie oppure, in alcuni casi, inserito nella prima asta collegato alla paletta. La coesione non drenata Cu si calcola considerando il rapporto tra il momento torcente (T) e la costante geometrica (K) che dipende dalle dimensioni dell’utensile utilizzato (in particolare d è il diametro dell’asta che consente il movimento delle palette e D è la lunghezza delle palette stesse). [

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Le dimensioni di Cu sono analoghe a quelle di una pressione. Il fenomeno di rottura genera una superficie di rottura cilindrica passante per l’estremità delle palette. Anche in questo caso è possibile la costruzione di una curva sforzo-deformazione per riconoscere il fenomeno della rottura: in questo caso lo sforzo è rappresentato dal momento torcente mentre la deformazione è la distorsione angolare cioè la rotazione che si riesce ad imprimente alle palette. Dal grafico si può riconoscere il momento in cui l’argilla si rompe grazie al valore di picco seguito poi da valori più bassi che rappresentano resistenze residue. La possibilità di realizzare una curva sforzo-deformazione non è tipica di tutti gli strumenti ma solo ai più sofisticati: normalmente, infatti, ciò che è possibile registrare durante il fenomeno di rottura è il valore massimo del momento torcente. È sensibilità dell’operatore riconoscere quando le resistenze si abbassano perché si è giunti a rottura. 57

In ogni caso, è molto utile registrare anche la resistenza per ampie deformazioni, cioè una resistenza non drenata in condizioni residue,in quanto il rapporto tra la coesione non drenata di picco (Cu) e quella residua (Cur) esprime la sensitività dell’argilla:

La sensitività è una proprietà delle argille che non dipende esclusivamente dalla prova scissometrica: esistono infatti, particolari argille che sono dette sensitive o sensibili le quali hanno un forte decadimento della loro resistenza quando sono rimaneggiate, ed esse possono essere riconosciute proprio grazie a questo parametro. Il massimo della sensitività è stato attribuito ad argille speciali della Norvegia, chiamate “quick clays” (lett. argille veloci), che hanno una struttura metastabile in quanto sono argille depositatesi in ambiente marino durante le epoche glaciali e successivamente per il ritiro dei ghiacciai ed il sollevamento delle masse continentali sono emerse e sono state sottoposte ad un regime di circolazione dell’acqua diverso da quello nel quale si sono formate. La continua filtrazione delle acqua piovane ha allontanato dalla loro struttura, una grossa quantità di cationi presenti tra le lamelle, lasciandola apparentemente inalterata ma di fatto più debole: il risultato è che quando esse sono sollecitate diminuiscono drasticamente la loro resistenza trasformandosi in fluido. Influenza della velocità di rotazione La resistenza al taglio determinata mediante la prova scissometrica è influenzata dalla velocità di rotazione. Per basse velocità di rotazione si verificano due fenomeni contrapposti , in relazione alla plasticità delle argille (IP): - Diminuzione della resistenza al taglio per effetto viscoso (argille di alta plasticità); - Incremento della resistenza al taglio per consolidazione (argille di bassa plasticità). Dalle sperimentazioni effettuate su argille di alta plasticità e di bassa plasticità i suddetti fenomeni inducono effetti contrastanti della differente velocità di rotazione . Il grafico illustra una prova scisso metrica effettuata sulla stessa argilla con velocità di rotazione differenti, ottenendo quindi, risultati diversi. La curva (1) mostra un comportamento fragile che man mano passa a duttile al diminuire della velocità di rotazione. Da ciò si deduce che una rotazione molto lenta produce una deformazione che avviene in condizioni drenate, se invece la rotazione è veloce la deformazione avviene in condizioni non drenate. È per questo motivo che bisogna assegnare una velocità standard che è di 6° al minuto.

Nei grafici viene espressa la resistenza in funzione del tempo necessario per raggiungere la rottura: in altre parole, se la rottura avviene con una velocità di 5 gradi, a questi 5 gradi ci si può arrivare con velocità diverse. Per il grafico riferito alle argille di bassa plasticità (IP): man mano che aumenta il tempo alla rottura e quindi diminuisce la velocità, diminuisce anche la resistenza. La resistenza al taglio, espressa mediante Cu, viene normalizzata rispetto alla tensione normale efficace (σ’v) esistente alla profondità alla quale viene realizzata la prova.

Questo parametro consente di stimare la storia tensionale della terra coesiva (NC od OC). Si consideri, ad esempio, un deposito di argilla omogeneo dal punto di vista granulometrico di qualche decina di metri sul quale si vogliono eseguire delle prove scissometriche a differenti profondità. L’argilla è la stessa ma i valori della coesione non drenata non sono gli stessi a diverse profondità in quanto l’argilla più profonda subisce un carico maggiore ed è più consolidata; ne consegue una resistenza maggiore all’aumentare della profondità, per cui esprimendo il rapporto tra coesione non drenata (Cu) e carico verticale effettivo (σ’v) ne vien fuori un rapporto quasi constante in quanto aumenta Cu ma aumenta anche σ’v. Quando si tratta di argilla sovra consolidata (OC) il rapporto, però, non è costante in quanto essa ha subito nel passato delle tensioni superiori a quelle attuali e quindi la coesione non drenata non è compatibile con la profondità alla quale si trova attualmente. In sintesi quindi: il rapporto di normalizzazione è una costante per le argille NC, mentre è variabile per le argille OC. Influenza dell’indice di plasticità e della storia tensionale La resistenza al taglio, determinabile mediante la prova scisso metrica, oltre che mediante altre prove, è influenzata dalla capacità di interazione della fase solida con quella fluida (indice di Plasticità) e dalla storia tensionale della terra coesiva (tensioni effettive cui la terra è stata sottoposta nel passato e alle quali essa ha consolidato) Alcuni grafici empirici, come quello riportato nella figura affianco, consentono di classificare l’argilla dal punto di vista della storia tensionale. Il grafico riporta in ordinate la resistenza al taglio normalizzata ed in ascisse l’indice di plasticità. Nel range compreso tra OCR=1 e OCR=1,5 il rapporto oscilla intorno allo 0.2 (ordinate) o poco si discostano. Nella parte superiore del grafico, invece, al di fuori di questo range, il rapporto cresce. Nella pratica, dunque, quando il rapporto è circa 0.2 si ha a che fare con un’argilla normal-consolidata, mentre se lo stesso rapporto è sensibilmente più alto ci si trova di fronte ad un’argilla sovra-consolidata. Quindi la resistenza al taglio cresce all’aumentare dell’indice di plasticità (IP) e/o dell’OCR. La relazione che lega la resistenza al taglio normalizzata con l’OCR

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Dove C1= resistenza al taglio non drenata NC (OCR≈1); m= esponente pari a 0.8≤m≤1.35 con valore medio di 0.97.

Fattori empirici di correzione La resistenza la taglio mobilitata nei casi di rottura reali (Cu) (instabilità dei pendii naturali ed artificiale e rottura dei terreni di fondazione) è diversa da quella determinata mediante la prova scissometrica (CuFV). Ciò è imputabile alle differenti scale alle quali avviene la rottura, e soprattutto tempi diversi: 30-60 secondi per la prova scissometrica e ore-giorni nei casi reali. Per sopperire a tale problema sono stati stimati, su base empirica, fattori di correzione (µ) per terre coesive NC e OC. I fattori di correzione derivano dall’osservazione comparata delle resistenze misurate con lo scissometro e le resistenze occorse durante un fenomeno di rottura reale. Da queste osservazioni sono derivati grafici necessari per la determinazione di un opportuno fattore di correzione, dato un rapporto di resistenza al taglio normalizzata. Il fattore di correzione, poi, si colloca all’interno delle formule: Dove: Cu= coesione non drenata reale; µ= fattore di correzione; CuFV= coesione non drenata determinata con lo scisso metro; σ’V= tensione verticale efficace. Il fattore di correzione tende a portare il rapporto tra la Cu e σ’V uguale ad una costante (0.22). Si osserva, ad esempio, che quando il rapporto di normalizzazione vale 0.2, il fattore di correzione è uguale a 1.0 (ciò significa che i membri delle equazioni sono uguali e non è necessaria alcuna correzione); man mano che la resistenza al taglio normalizzata cresce, il fattore di correzione diventa inferiore a 1 (ciò significa che bisogna ridurre la resistenza misurata con lo scissometro per renderla compatibile con quella reale).

Il concetto della resistenza al taglio normalizzata è importante in quanto la stima della coesione non drenata su terre coesive non è specifica solo della prova scisso metrica nell’ambito delle prove geotecniche in sito, infatti, tutte le altre prove geotecniche in sito (per esempio le penetometriche statiche e dinamiche, la dilatometrica o la pressiometrica) comunque esprimono come forma di resistenza al taglio delle argille la coesione non drenata. Quindi con le prove geotecniche in sito, per le terre coesive non è possibile determinare c e φ ma solo cu come nelle prove triassiali CU. Mentre per le terre incoerenti è possibile determinare solo φ ‘. Lo strumento: SCISSOMETRO Questo tipo di scissometro è provvisto di tre tipi di palette che vengono fatte ruotare tramite la chiave dinamometrica. La parte superiore dell’asta viene fissata ad un perno e successivamente, è applicato alla testa dell’asta, un momento torcente a mano. Il dinamometro misura il momento 60

torcente e registra il valore più alto registrato grazie ad un sistema di doppia lancetta: la prima ruota, la seconda di ferma sul valore massimo mentre la prima, raggiunta la rottura torna indietro. Lo strumento è dotato anche di aste di prolunga, in modo da poter essere utilizzato a profondità differenti. In superficie le aste, sono connesse ad un centratore che garantisce la verticalità. Strumenti più professionali sono costruiti da una casa norvegese (GEONOR). Lo scissometro H-10 ha un dispositivo di superficie che consente di imprimere la rotazione in maniera più regolare. Il tipo H-70 ha le palette lanceolate e consente quindi di fare a meno della perforazione perché la prova può essere eseguita a profondità differenti semplicemente infiggendo le palette. Anche qui, comunque, c’è un limite di profondità dato dall’aumento dell’attrito tra l’asta e il terreno.

Altro tipo di scisso metro sono gli scisso metri tascabili per i quali la chiave torsiometrica è inserita all’interno del manico, senza leva a parte. Questo tipo di scisso metro si usa in particolar modo in cantiere e si vuole valutare la resistenza delle argille affioranti da uno scavo appena fatto. Lo scisso metro “Torvane” invece ha una struttura delle palette diverse: non ne ha solo quattro come tutti i precedenti scisso metri ma ne ha molte di più e può essere utilizzato solo in maniera superficiale non essendo provvisto di una batteria d’aste che ne consenta l’utilizzo a profondità maggiori. Esso si utilizza spesso su prelievi di campioni (carote). Presentazione dei risultati I risultati delle prove scisso metriche possono essere rappresentati in forma di log discontinuo, eventualmente in abbinamento alla stratigrafia e con caratterizzazione geotecnica dei campioni prelevati in foro. Il log è discontinuo in quanto le misure non possono essere eseguite a tutte le profondità ma devono avere una certa distanza le une dalle altre. Si nota inoltre che lo strumento viene utilizzato solo sulle argille. Esso non è applicabile sulle ghiaie o sulle sabbie 61

perché non si possono conoscere le condizioni di tensioni normali alla superficie cilindrica, cioè non si conosce la σ3. Nelle argille invece, non è necessario conoscere la σ3 in quanto il processo di rottura non drenato genera cerchi di Mohr con uguale raggio e quindi è possibile determinare anche un solo cerchio con σ3=0. Un altro modo di rappresentazione dei dati è tramite la diagrafia (è propriamente il log: è una graficizzazione di una variabile del terreno in funzione della profondità). In questo caso è rapportata la coesione non drenata con la profondità. La crescita progressiva è un andamento che ci si deve aspettare in quanto, si è detto in precedenza, che all’aumentare della profondità aumenta il carico soprastante e quindi aumenta anche la consolidazione e la resistenza al taglio. Ad ogni trattino corrisponde un intervallo di valori in quanto a quelle profondità sono state eseguite più prove: vengono evidenziati il valori massimo e minimo ed il valore medio. Nel secondo grafico si osserva che la resistenza al taglio non cresce con la profondità: questo potrebbe significare che quello strato di argilla è di recente deposizione e non ha avuto ancora il tempo di consolidare del tutto.

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PROVA DILATOMETRICA (Dilatometro Marchetti) Questo tipo di prova risulta essere una prova più versatile delle scissometrica in quanto i parametri ottenibile sono in numero maggiore ed inoltre è applicabile non solo sulle argille. La prova consiste nell’infissione verticale nel terreno, mediante spinta di tipo statico, di una lama di acciaio fino alla profondità voluta e nella determinazione della pressione necessaria all’espansione di una membrana circolare di acciaio, inserita in un lato della lama stessa, mediante immissione di gas in pressione dal piano campagna mediante un apposito apparato. Mediante un manometro vengono misurati due valori di pressione: P0 alla quale la membrana inizia ad espandersi una volta vinte la spinta orizzontale del terreno (σh) e dell’acqua (u) e P1 alla quale si ha la massima espansione della membrana (1.1 mm).

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Dai valori P0 e P1 sono ricavabili tre parametri: Indice dilato metrico (o del materiale):

Per conoscere il valore di u sono necessari altri dati ricavabili da pozzi o piezometri circostanti che permettono di comprendere dove è posizionata la falda grazie alla quale si può calcolare la pressione dell’acqua a quella profondità. La differenza P0-u assume lo stesso significato di σ’3 in quanto è la pressione alla quale si trova il terreno meno la pressione dell’acqua. La differenza P1-P0 esprime la resistenza meccanica del materiale: maggiore è la differenza tra i due termini più resistente è il terreno. - Indice di tensione orizzontale:

Questo indice esprime il rapporto tra la tensione efficace σ’3 e la tensione normale efficace σ’v o σ’1. Grazie a questo rapporto si può convertire il valore di σ1 in valore di σ3 che nei terreni non è uguale a 1 come lo è quando si è in acqua. - Modulo dilatometrico: ( ) Questi tre parametri consentono di classificare il terreno in base alla granulometria, alla consistenza. La prova consente di ottenere una verticale dilatometrica (log) con determinazioni ogni 0.2 m. quando in presenza di strati non penetrabili è necessaria la realizzazione di una perforazione. La prova è standard ed è inclusa nella versione definitiva dell’Eurocodice. Il campo di applicazione del dilatometro piatto è quello del penetrometro statico con alcune differenze limitative: - La lama tende a deviare dalla verticalità in terreni disomogenei (ghiaia, cementazioni, ecc.); - La membrana circolare laterale, dilatabile, ha uno spessore di circa 0.2 mm e quindi può essere danneggiata dallo strisciamento su ghiaie a spigoli vivi, ecc. Dietro la membrana è posto un disco di contatto, fisso ed isolato elettricamente rispetto alla lama. La lama apre un circuito elettrico quando infissa nel terreno e lo chiude quando raggiunge la sua massima espansione. Sono possibili due posizioni della membrana: - a diretto contatto con il disco (prima dell’espansione della membrana); - quando il centro della membrana si è spostato di 1,1 mm (massima espansione della membrana); da cui derivano due letture: 63

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P0 corrispondente alla pressione alla quale la membrana non è più in contatto con il disco retrostante, quindi eguaglia le tensioni del terreno; - P1 corrispondente alla pressione della massima espansione della membrana (1.1 mm). L’attrezzatura utilizzata per l’infissione della lama può essere costituita da vari tipi di penetrometri impiegati per l’esecuzione delle prove penetrometriche statiche (CPT), preferibilmente con spinta elevata (20 T) e zavorrati oltre che ancorati, oppure dal dispositivo di spinta pull-down dell’attrezzatura di sondaggio. Presentazione dei risultati È possibile effettuare la classificazione delle terre interessate dalla prova dilatometrica utilizzando relazioni empiriche basate sull’indice dilatometrico (ID) e sul modulo dilatometrico (ED). A seconda del campo in ricade la relazione tra i due punti si può stabilire il tipo di terreno ed è possibile conoscere i valori di consistenza per le argille e di addensamento per le sabbie. L’indice dilatometrico (ID) aumenta al crescere della granulometria (dalle argille alle sabbie), mentre il modulo dilatometrico (ED) aumenta al crescere della consistenza (argille) e dell’addensamento (sabbie). L’indice del materiale per le argille è più basso perché considerando il rapporto che lo esprime in quanto il membro al numeratore è solitamente più piccolo del denominatore: ciò significa che per deformare un’argilla c’è bisogno di un intervallo di pressio...


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