Raccontare il novecento diner PDF

Title Raccontare il novecento diner
Author Anna Rizzo
Course Storia dell'europa contemporanea
Institution Università degli Studi di Firenze
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RACCONTARE IL NOVECENTO. UNA STORIA POLITICA INTRODUZIONE Misurando il secolo dal 1917 al 1989, una simile periodizzazione mette in evidenza lo scontro tra comunismo e i suoi avversari. Il conflitto tra i suddetti antagonisti assunse la forma di una guerra civile mondiale e fu motivato come lotta tra valori e diverse forme di visioni del mondo. Il dualismo pervase tutto il secolo, assumendo forme diverse: libertà e uguaglianza, bolscevismo e antibolscevismo, capitalismo e comunismo, Est e Ovest. Tale antagonismo si presta come asse centrale per l’interpretazione del Novecento. Vi è un altro asso interpretativo, legato alla validità di elementi etnici e geografici. Ma nessuno di questi due assi interpretativi garantisce una comprensione adeguata del Novecento. 1. INTERPRETAZIONI: DUE DIVERSE GUERRE CIVILI NEL MONDO Nel 1942 Ernst Junger definì l'entrata in guerra dell'America come il passaggio da una guerra mondiale a una “guerra civile mondiale”, perché l'intervento americano era diverso. Poco dopo, nel 1943, Roosevelt e Churchill annunciarono alla conferenza di Casablanca1 lo unconditional surrender, la “resa incondizionata”. La resa incondizionata escludeva la possibilità di trattare con il nemico, pretendendo che le potenze dell’Asse2 si arrendessero senza condizioni. Essa è una sorta di sottomissione alla quale si assiste generalmente alla fine delle guerre civili. Tali guerre escludono un compromesso che permetta a entrambe le parti in causa di continuare a esistere. Le guerre fra Stati e le guerre civili si escludono a vicenda: le guerre civili sono caratterizzate da un antagonismo tra contenuti di fede, valori e diverse forme ideologiche. L'obiettivo è l'annientamento del rivale senza la possibilità di raggiungere un compromesso; nelle guerre fra Stati, questi sono in grado di riconoscersi a vicenda come avversari in quanto ogni stato è istituzionalmente distinto dall’altro. Tale violenza non mira all’annientamento dell’avversario ma si limita a sottometterlo, rispettando l’esistenza degli avversari.da sottolineare che Stato e guerra civile sono due concetti che si escludono a vicenda. Da tener presente che tutte le guerre civili sono anche guerre di valori. L'America è stata coinvolta perlopiù in guerre che, essendo state combattute per dei valori, per molti versi assomigliavano alle guerre civili: - Guerra d‘ Indipendenza dell’America nella quale vi fu una ribellione contro il re d’Inghilterra (“no taxation without representation” fu lo slogan degli insorti); - Nella I G.M. gli americani intervennero per rendere il mondo “safe for democracy”; - La II G.M. fu per loro una “crusade for freedom”. Dal punto di vista europeo, gli Stati Uniti si distinguono graie a una sovraterritorialità che appare quasi illimitata. Tale sovraterritorialità si esprime piuttosto in dottrine e valori astratti. La rivoluzione americana si basa su un universalismo dei diritti dell’uomo e dei diritti civili che non l’ha costretta a confrontarsi con condizioni preesistenti. Mentre in Stati come Francia e Russia si verificavano delle rivoluzioni in cui la violenza voleva accelerare i tempi storici, l'utopia americana si basava sul presente e il suo scopo era di abbattere determinate realtà del passato, ovvero gli anciens régimes. La storia degli Stati moderni è segnata da due date a partire dalle quali la storia si è evoluta in due direzioni contrapposte: 1815, congresso di Vienna che concludeva un'epoca rivoluzionaria, e 1919, trattato di Versailles e altri trattati di pace stipulati dopo la I G.M. che mantennero un clima di tensione. Il congresso di Vienna mise fine alle guerre napoleoniche e aprì il periodo della Restaurazione. Tra 1La conferenza di Casablanca fu tenuta aCasablanca, Marocco, dal 14 al 24 gennaio1943, per pianificare la strategia europea degli Alleat durante la seconda guerra mondiale. 2Le grandi potenze dell’Asse erano la Germania, l’Italia e l’impero giapponese

le potenze fu ristabilito il principio di equilibrio, fu arginato il pericolo di una nuova rivoluzione come quella del 1789 e si cercò di tornare a controllare la strategia bellica imponendo il rispetto di regole di una guerra combattuta per motivi dinastici e en forme, in cui cioè si distinguesse l'ambito militare da quello civile, riservando la carriera di ufficiali agli aristocratici; si reintrodusse il principio di legittimità e maggiori vincoli alla sovranità popolare. La guerra che portava già in sé i presupposti per la I G.M fu la guerra civile americana3 la quale minacciava molti di questi principi in quanto caratterizzata dalla fusione tra azione bellica ed economica, dal coinvolgimento della popolazione civile, dall’automatizzazione della morte attraverso le mitragliatrici. Si parla così di totalizzazione della guerra con riferimento all'utilizzo di una vasta pluralità di fattori nel confronto bellico. La questione della sovranità popolare si mostrava sempre più in termini nazionali, mettendo a rischio l'esistenza di stati multietnici. Durante le rivoluzioni, cioè processi politici che avevano influenzato la comunità sociale, si era combattuto in nome di una classe o ceto; adesso ci si batteva per diritti che rimandavano al concetto di nazionalità. Questa trasformazione ha portato ai conflitti di nazionalità tipici e fondamentali per l'Europa centro-orientale, meridionale e dell'Est. L’epoca della Restaurazione4 era caratterizzata dalla reintroduzione del principio di legittimità e dai vincoli imposti all’imperativo della sovranità del popolo. L'equilibrio della Restaurazione era quindi minato dalle rivendicazioni su base nazionale, contestate in particolar modo negli imperi degli Asburgo (Austria) e dei Romanov (Russia), che erano imperi multietnici legittimati dinasticamente. Per l’Austria il pericolo nasceva dalla questione delle nazionalità, per la Russia dalla rivoluzione suscitata da tale questione. Dopo il congresso di Vienna la rivalità tra le potenze si concretizzò alla periferia del continente, in particolare nella questione orientale, la quale si presentava come l’insieme dei problemi legati al risveglio nazionale dei popoli avvenuto contemporaneamente alla disgregazione dell'impero ottomano, e al contempo come la rivalità tra le potenze interessate al controllo degli stretti dei Dardanelli, dei Balcani e del Mediterraneo orientale. L'indipendenza greca5 dimostrò come la formazione di uno Stato sulla base di una memoria storica etnica comune influenzasse l'equilibrio. Le potenze invitarono il neofondato stato greco a concedere alla popolazione non ortodossa gli stessi diritti che spettavano ai greci ellenici. Nel Protocollo di Londra firmato nel 1830 lo Stato Greco si impegnò a riservare parità di trattamento anche alla popolazione non ortodossa. L'indipendenza greca fu tollerata e seguita dalle potenze perché nata da un compromesso tra Russia, Francia e Inghilterra fondamentale per l'equilibrio, e per mantenerlo ritennero necessario tutelare le popolazioni che non rientravano nell'unità nazionale con il protocollo di Londra, con cui la Grecia si impegnò a riservare alla popolazione non ortodossa la parità di trattamento, e ciò nel 1878 a Berlino rappresentò un precedente per altre potenze. Tale protocollo è stato fatto valere, nella conferenza di Berlino del 1878, come un "precedente" per la tutela delle minoranze in Montenegro, Romania e Serbia appena riconosciute come indipendenti. L’indipendenza della Grecia era dovuta a un compromesso tra Russia, Francia e Inghilterra e perciò le potenze furono costrette a tollerare la sovranità della Grecia. L'interesse di una Grecia indipendente era soprattutto dello zar russo per esercitare la sua influenza sui Dardanelli e sull'Egeo, mentre era avverso all'Austria, contraria al principio di nazionalità. I rapporti tra Russia e Austria peggiorarono fino a quando l’Austria, nel 1866, non fu sconfitta dalla Prussia. La posizione austriaca si complicò ulteriormente, nonostante l'alleanza con l'Ungheria nel 1867, quando i popoli slavi iniziarono a rivendicare la propria nazionalità. I fatti accaduti nei Balcani prima della I G.M. avevano caratteristiche di conflitti territoriali di 3 La guerra civile americana risale al 1861 e terminò nel 1865 4La Restaurazione è il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti in Europa, ossia dell'Ancien Régime ("antico regime"), dopo la sconfitta di Napoleone. Ha inizio nel 1814 con il congresso di Vienna, convocato dalle grandi potenze per ridisegnare i confini europei (gli imperi di Austria e Russia e i regni di Prussia e Gran Bretagna) 5 La guerra d'indipendenza greca fu il conflitto combattuto tra il 1821 ed il 1832 dal popolo greco per riscattarsi dall'impero ottomano.

valenza etnica. Il principio di nazionalità portò un clima di grande tensione: nei Balcani iniziarono rivendicazioni belliche delle identità dei popoli che trasformarono le federazioni imperiali multietniche e multireligiose in Stati nazionali in lotta per la definizione dei confini. La guerra etnica manca di distinzione tra sfera militare e sfera civile che caratterizza invece le guerre tra stati e perciò le guerre nei Balcani tra il 1912-13, soprattutto per il controllo della Macedonia, furono caratterizzate da violenza estrema, soprattutto verso le popolazioni che dal punto di vista etnico non appartenevano ai nuovi Stati nazionali. Si tratta di guerre civili etniche, volute da stati differenti. Le cause della prima guerra mondiale sono numerose. L’equilibrio europeo era da tempo compromesso. Al suo posto si era stabilito un dualismo che risulta paradossale in confronto alle costellazioni tradizionali del XIX secolo. La tecnica militare era stata rivoluzionata; gli eserciti e le flotte avevano conosciuto un incremento enorme. Dunque, molte cose erano cambiate, ma l'AustriaUngheria continuava a battersi contro il problema della nazionalità e rischiava di scontrarsi nei Balcani con la Russia. Nel 1908 non si arrivò a uno scontro solo perché la Russia usciva distrutta dalla guerra del 1904-1905 contro il Giappone e perché l'impero asburgico era appoggiato dai tedeschi. La Russia si schierò definitivamente con la Serbia e mobilitò il suo esercito. Visto che l'Austria-Ungheria era il perno della politica tedesca, i suoi problemi passarono alla Germania creando una debolezza fondante per lo scoppio della I G.M. Inizialmente la guerra doveva essere una guerra en forme e si prevedeva uno scontro armato di breve durata con automazione della violenza, ma avvenne tutto il contrario, tanto da farla somigliare a una guerra civile. Nonostante la dinamica di violenza, non vi è una lotta tra valori, idee e forme di concezioni della vita, del mondo in contrapposizione. La definizione più corretta è “guerra civile europea” e non mondiale, perché era una lotta tra antagonisti che volevano la rispettiva distruzione (= guerra civile) ma non era una guerra tra diverse forme di ideologia socialmente motivate (= guerra mondiale). Se vogliamo, l'unica contrapposizione forte di ideologie è quella derivata dall'esaltata coscienza che le nazioni avevano di sé sul campo di battaglia. Un esempio è il contrasto anglo-tedesco: da una parte gli inglesi, che si consideravano preservanti e fautori dell'ordine, dall'altro i tedeschi, il Reich che si considerava moderno e voleva cambiare i rapporti di forza esistenti. Uno scontro tra due ordinamenti gerarchici, uno conservatore e l'altro rivoluzionario dell'equilibrio, che rimanda al concetto di “guerra civile europea”. La prima guerra mondiale può anche essere vista come uno scontro tra il progresso tecnico e la mentalità agraria premoderna, che rimaneva soprattutto nelle forme esteriori dell'esercito. La mentalità dell'esercito aveva una concezione “romantica” del campo di battaglia caratterizzata da brevità del combattimento, accesso solo alla nobiltà, addestramento rigido e capacità di attacco. Dinanzi alla modernizzazione che prendeva piede ovunque, l’esercito, basato sulla tradizione e sui valori appariva, come un freno al progresso. Sul piano tecnico vi furono però molte innovazioni negli arsenali dell'esercito; tra questi la mitragliatrice, che rese la guerra totale impedendo la difesa assieme ai gas tossici. Nei confronti della mitragliatrice c'era una grande diffidenza, soprattutto da parte degli inglesi, perché era nata nel Nuovo Mondo, in America, durante la guerra civile contro gli indigeni. Per questo si creò una sorta di scontro ideologico tra l'uomo e la macchina, e la conduzione della guerra iniziò a sfuggire al controllo degli attori politici. Nonostante talvolta venisse ancora usata la cavalleria, la mitragliatrice rispose alle esigenze della polizia e nutrì l'idea che la vittoria di pochi su molti fosse dovuta alla superiorità dell'uomo bianco. La mitragliatrice divenne un attrezzo finalizzato alla sottomissione coloniale e inizialmente l'uso dell'arma era consentito solo ai bianchi, ma durante la prima guerra mondiale comparvero sui campi di battaglia europei le truppe coloniali di colore. Si diede a queste truppe non solo l’autorizzazione, ma l’ordine di uccidere soldati bianchi. Grazie alla loro partecipazione all’uccisione, tali truppe godevano di una sorte di uguaglianza rispetto alla situazione coloniale in cui erano solitamente sottomessi. L'automaticità dell'arma portò a un livellamento delle capacità e quindi degli uomini nella guerra: i primi movimenti di emancipazione nelle colonie nacquero proprio da coloro che si erano formati nelle trincee.

Dopo le obiezioni a questa forma di uguaglianza si credette di poter creare un altro livello di differenziazione per l'uomo bianco riguardante lo spazio aereo, ma la bravura esibita dai piloti nei loro duelli non poté suscitare le mentalità del passato. L'uguaglianza sociale cercava di imporsi attraverso rivolte (operai in rivolta, “Lega di Spartaco”) che venivano soppresse con violenza da esecutori quali i corpi franchi. Questi vennero dislocati sul confine Est tedesco. Nella zona di confine polacca, ma soprattutto in quella baltica, i conflitti sociali e etnici vennero repressi dai corpi franchi attraverso una cruenta guerra civile basata sul concetto di razza; tali conflitti sfociarono poi nell'antibolscevismo e nel nazionalsocialismo. La situazione nei paesi baltici era resa complicata dalla determinazione dei fronti e dal sistema di alleanze: la Francia e gli Stati Uniti sostenevano nella guerra civile dei paesi baltici i russi bianchi controrivoluzionari ed erano preoccupati solo per la conservazione dell'impero russo; gli inglesi appoggiavano i rivoluzionari per l'indipendenza e aiutarono Estonia e Lettonia; le unità tedesche, composte da baltici tedeschi e dai corpi franchi, erano antibolsceviche, ma erano viste con diffidenza da estoni e lettoni i quali li vedevano come alleati dei controrivoluzionari e quindi contro l'indipendenza. I conflitti nei baltici nacquero da un insieme di motivi nazionali, coloniali e controrivoluzionari e mostrarono grande violenza; in particolare la popolazione tedesco-baltica era obiettivo di violenza nazionalistica e rivoluzionaria fin dalla rivoluzione del 1917 che aveva tolto loro molti privilegi. Fino ad allora, infatti, mentre il tedesco era un “barone”, il “lettone” era un contadino dipendente, esecutore di lavori umili e ciò portava a sovrapposizioni e conflitti etnici e di ceto. I conflitti baltici erano quindi pervasi anche da unione tra i concetti di classe e di razza e ciò influenzò il nazionalsocialismo così come i simboli e rituali violenti dei corpi franchi contro i bolscevichi e i popoli dell'Est, considerati socialmente e etnicamente inferiori, una “sub umanità” su base biologica. Hitler, nel suo antibolscevismo, era stato influenzato dai baltici di origine tedesca. Da un punto di vista sociale, il XX secolo è caratterizzato dallo scontro tra due concetti propri dell’Illuminismo: libertà e uguaglianza. Il concetto di liberà fa riferimento ai diversi aspetti della libertà dai legami tradizionali di tipo corporativo o sociale. Tali libertà si basano sul principio dell’individuo libero i cui doveri verso la collettività sono volontari e autonomi. Il principio di uguaglianza si trasformò progressivamente nel contrario della libertà. I due concetti assunsero significati sociali contrapposti e corrispondevano, inoltre, al contrasto tra borghesia e proletariato. Tale contrasto penetrò in ambito internazionale portando a diversi schieramenti. Gli schieramenti derivano anche dalla differenza tra potenze marittime e continentali, evidente soprattutto nello stato di emergenza (es: martial law inglese del potere giudiziario e étate de siége francese del potere esecutivo). Le differenze hanno portato all'adozione di diverse scale di valori e istituzioni politiche. La differenza tra le culture politiche marittime e quelle continentali hanno svolto a lungo un ruolo fondamentale. Le potenze marittime (es: Inghilterra) rifiutavano il potere assoluto del monarca, puntavano sulla divisione dei poteri e sulla cultura civile, e la lontananza dai conflitti continentali permetteva una certa libertà sociale. Nei rapporti esterni si basava sull'intervento di flotte, aerei, embarghi, armi di lunga gittata. E' questa la strategia dell'Inghilterra contro la Germania e il Giappone, che trovò un alleato nella bomba atomica; il tipo di violenza era totalizzante. Gli stati continentali erano invece costretti alla violenza fisica ravvicinata e immediata, che aveva ripercussioni sulla struttura sociale. Le potenze continentali sono costrette ad avere unità militari permanenti. Nel XX secolo è iniziato un processo di “rivoluzione atlantica”, cioè di permeare di caratteristiche anglosassoni nelle civiltà continentali (in particolare dopo le due guerre mondiali e con la caduta del Muro di Berlino). Si trattava di valori e di forme politiche che si spinsero sempre più verso oriente permeando le civiltà continentali. Tali elementi atlantici permearono nell’Europa continentale in due movimenti di diversa velocità: il movimento del cambiamento culturale si spingeva lentamente verso est, derivante dalla tensione tra l'elemento marittimo e quello continentale; il secondo movimento seguì la rapida evoluzione della storia politica, derivante dall'opposizione tra libertà e mancanza, democrazia e dittatura, autodeterminazione e autocrazia. Il XIX secolo era segnato dagli

antagonismi tra Inghilterra e Russia e tra la Francia e la Russia. Tali potenze erano portatrici di diverse basi ideologiche: la Francia era la patria della rivoluzione, la Russia la contrastava, l'Inghilterra era garante della stabilità e della sicurezza. Nel 1917 i ruoli di Francia e Russia si invertirono mentre l'Inghilterra mantenne il suo ruolo, comprensiva verso la rivoluzione russa che pensava derivasse dalle misere condizioni sociali. Questo rovesciamento favoriva l'entrata in guerra degli USA, già allertati dagli attacchi sottomarini tedeschi. Nell'Aprile 1917 Wilson annunciò al Congresso l'entrata in guerra dell'America; nel 1918 enunciò il “programma per la pace mondiale” in parte affine e in parte contrastante rispetto ai “principi della pace” del 1917 di Lenin: affini in quanto entrambi imponevano la loro interpretazione sociale della realtà, opposti in quanto mentre il primo proclamava la democrazia mondiale, l'altro chiedeva la rivoluzione. Dal discorso di Wilson emerse il concetto di autodeterminazione, che raccoglieva in sé quelli di democrazia, sovranità popolare e principio di nazionalità, che avevano scosso la stabilità e la struttura degli imperi multietnici. Molto importante è anche la differenza che si affermò tra teoria politica dell’autodeterminazione (di provenienza anglosassone e americana) e l’autocoscienza (tipica delle tradizioni continentali). La teoria politica occidentale intendeva per autodeterminazione il diritto di un popolo, ossia di una popolazione, di darsi delle istituzioni sovrane e di eleggere un governo, la tradizione continentale la vedeva, invece, come diritto di una nazionalità di costituirsi indipendentemente dalle altre nazioni. La nazione era una comunità etnicamente determinata e basata su un'appartenenza oggettiva. Dopo la prima guerra mondiale rimase un misto di autogoverno e autodeterminazione: la precedenza era data alla nazione nominale, limitata però dalla tutela delle minoranze imposta nel 1919. Le potenze occidentali si aspettavano però di assimilare le minoranze nel singolo s...


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