RIASSUNTO L\'ARTE CONTEMPORANEA. Il secondo Novecento. Alessandro del Puppo PDF

Title RIASSUNTO L\'ARTE CONTEMPORANEA. Il secondo Novecento. Alessandro del Puppo
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Università degli Studi di Genova
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RIASSUNTO L'ARTE CONTEMPORANEA. Il secondo Novecento. Alessandro del Puppo...


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RIASSUNTO L'ARTE CONTEMPORANEA. Il secondo Novecento. Alessandro del Puppo Introduzione Le qualità, i materiali e la consistenza dei manufatti definibili opera d’arte sono cambiati più negli ultimi cinquant’anni che nei secoli precedenti e la geografia artistica si è estesa a tutti i paesi. Questo ha indotto un mutamento radicale dei modi di vedere e di produrre l’arte. L’arte si è conformata alla logica del capitalismo finanziario internazionale, una storia dell’arte come racconto coerente ai suoi principi e metodi canonizzati nel suo prodursi oggi non è più possibile. La storia dell’arte fondata sulle possibilità dell’evoluzione cronologica degli stili e dei movimenti artistici, dinanzi ai prodotti artistici emersi negli anni ’60 si è dimostrata incapace di fornire efficaci criteri di comprensione. Crisi quindi degli ordinamenti gerarchici ma anche degli spazi per la presentazione delle opere: senza una legittimazione storica i musei hanno abbandonato i tradizionali criteri d’esposizione cronologica e stilistica per allestimenti sperimentali a carattere tematico. Le collezioni non sono più legate ad un determinato contesto socio-culturale o volte a rappresentare il patrimonio di un territorio, ma prediligono creare un cortocircuito tra presente e passato e generare un effetto straniante in grado di offrire nuovi e diversi significati ai singoli manufatti. Non vi è quindi un significato dell’opera d’arte, quanto molte chiavi di lettura. La ricchezza degli approcci possibili rende necessaria l’adozione del proprio punto di vista.

Capitolo primo Congedo al modernismo 11 agosto 1956 muore Jackson Pollock, pittore considerato sin dal 1949 il più grande pittore americano vivente. I risultati che aveva raggiunto nel 1947 formalizzati nella pratica dell’action painting erano il più chiaro segnale di crisi della pittura di cavalletto. Pollock era giunto a negare le convenzioni illusionistiche del surrealismo e del cubismo, aveva eliminato il contrasto tra luce e ombra (come valore di delimitazione tra gli oggetti e lo spazio), annullato l’effetto scultoreo del chiaroscuro (grazie al pigmento aggrovigliato) giungendo a dissolvere la forma. Inoltre egli adotta il grande formato. Due linee critiche circa i risultati della pittura di Pollock: Greemberg e Rosenberg. Greemberg: riconosce nell’artista e nella pittura astratta della Scuola di New York il punto di arrivo del processo storico del modernismo. Nell’ideologia del modernismo l’area di competenza deve essere la natura dei mezzi espressivi, eliminando così dal linguaggio pittorico tutto ciò che non è riducibile alla sua 1

essenza. Vi è dall’Impressionismo fino all’arte astratta una progressiva eliminazione della profondità e dello spazio pittorico realistico. I pittori della Scuola di New York prestano una grande importanza alla materialità del colore e della pennellata, al tratto espressivo individuale, sintomo che questa concezione era stata raggiunta. Greemberg sostiene in Modernist Painting che l’arte moderna si pone in continuità con il passato, e ad esso va rapportato per poter essere comprensibile. Una narrazione evolutiva, che progredisce adeguandosi alla natura specifica del linguaggio artistico. Diviene più importante ciò che un opera è piuttosto ciò che essa significa: pittura come puro atto del dipingere. Rosenberg: proietta quest’arte nella cronaca del suo tempo vedendovi in essa pulsioni esistenziali e di rivolta contro la tradizione materialista. Considera le forme pittoriche come archetipi inconsci in grado di affiorare dalla psiche dell’artista. Rosenberg rovescia i termini formalisti di Greenberg, considerando l’opera d’arte come l’incontro del materiale con il supporto, in cui la rivelazione è contenuta nell’atto. Schapiro: per Schapiro, storico marxista, l’avanguardia americana segna un passaggio cruciale, in mezzo ai prodotti industriali, le opere d’arte astratte rimanevano gli unici prodotti personali e artigianali della civiltà. La manualità e invenzione tecnica esaltano la libera dimensione creativa. Politiche della figurazione Il panorama politico europeo orienta le posizioni dei critici. Nel dopoguerra si era assistito in Italia ad una lunga polemica che vide i pittori realisti contrapposti a quelli astratti. Pittori come il francese Andrè Fougeron o Guttuso difendevano l’ideale di pittura figurativa dall’esplicito intento politico, allineato al realismo socialista. Per costoro la figurazione dipendeva dall’interpretazione della pittura di Picasso. (Per capire il panorama artistico del secondo dopoguerra è importante considerare come gli artisti interpretavano la pittura di Picasso). Nel gruppo di pittori astratti, molto più numeroso, troviamo i “neocubisti” che difendevano l’eredità del Bauhaus e della tradizione astratto-geometrica degli anni ’30. Nel 1956 con la repressione dei moti di Praga avvenne una disillusione nel ceto intellettuale, questo comportò che il realismo socialista giunse alla fine, facendo emergere un realismo con una conoscenza critica della realtà consapevole del condizionamento individuale nell’osservazione delle cose. In questo panorama, fatto di spinte centrifughe si situa l’informale europeo, momento che molti autori identificano come cesura (spezzatura) della storia artistica europea del ‘900.

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Oltre l’Informale L’informale europeo era sorto dalla negazione della forma naturalistica e di una precisa definizione dell’immagine con una sfiducia nell’utopia sociale del costruttivismo e pessimismo verso l’astrazione geometrica. Se Greenberg aveva cercato una continuità tra presente e passato gli autori europei preferiscono rompere lo schema formale della tradizione. L’informale e la pittura astratta europea intesero superare il linguaggio della pittura o spingerlo all’esaurimento. Vi è una prevalenza di una lettura di carattere simbolico ed esistenziale della pittura europea rispetto al formalismo e materialismo americano. Alberto Burri: primo pittore italiano ad acquisire notorietà internazionale nel dopoguerra. Emilio Villa e James Sweeney danno una lettura dei suoi sacchi simbolista ed esistenziale, delle “ferite ricucite” in riferimento alla condizione sociale del dopoguerra. Rauschenberg ne apprezza i valori formali delle partizioni compositive. Pittura italiana degli anni ’50: ricerca di equilibrio tra forma e contenuto. Burri presentando il gruppo Origine (di cui facevano parte anche Capogrossi e Colla) evidenzia una rinuncia alla forma tridimensionale, riduzione del colore alla forma espressiva più semplice (ricercando nuclei grafici, linee e immagini pure) e anti-decorativismo. Nozione di segno (sia motivo grafico che tratto dell’azione pittorica): inteso come affermazione autonoma dell’individuo come realtà operante, espressione esistenziale. Il segno sostituì le nitide campiture dell’astrazione geometrica e in Europa si prese a modello Paul Klee che con la sua Teoria della forma e della figurazione del 1924 aveva dimostrato come elaborare la forma senza cadere nel naturalismo. Da qui vi è la distinzione tra la pittura segnica europea e l’action painting americana governata dal principio dell’automatismo. Richiamandosi all’arte primitiva Jean Dubuffet rivendicava un’arte brutale come unico spazio d’invenzione individuale, invitando a rispettare gli impulsi e le spontaneità ancestrali della mano che traccia i segni, fuggendo da modi meccanici e impersonali e da ogni possibile illusione di socialità. Esibito valore tattile e materico di Dubuffet (o come Fautier) era del tutto indesiderato a critici come Greenberg che difendevano la purezza di un’esperienza puramente ottica fondata sull’astrazione piatta e antillusionistica. Nella pittura europea vi era una componente più umanistica, legata a radici sociali e letterarie delle avanguardie storiche del primitivismo e del surrealismo. Espressionismo astratto e informale europeo avevano un tratto in comune: la mancanza di opere chiave che indicassero le tappe dello sviluppo creativo. Più che singole opere l’arte era una storia di ricapitolazioni offerte da mostre sempre più mirate pronte a prendere il primato dell’oggetto.

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La fine dell’espressionismo astratto Alla fine degli anni ’50 espressionismo astratto e informale apparivano sempre più metafisici, autobiografici, simbolici. La mancanza di una struttura pittorica definita non risultava più come segno di autenticità ma come espediente formale. L’autografia come spontaneità si svalutò in un gesto troppo facilmente riconoscibile e ampiamente replicabile. La reazione prese inizialmente tre vie: - esasperazione del formalismo pittorico verso un’astrazione sempre più radicale; in America troviamo Barret Newman (immersione campo visivo in puri valori cromatici) e Ad Reinhard che estremizzò il riduzionismo di Greenberg con le “ultimate paintings” (tele nere, quadrate, impersonali). - Intensificazione della gestualità e delle qualità materiali della pittura di Pollock (precursore di pratiche performative che lo reinterpretano come il caso del gruppo Gutai che lo fuse con forme rituali della cultura giapponese). Miglior contributo quello di Allan Kaprow il quale modificò la percezione puramente ottica del dripping evidenziandone la natura polimorfa. Per Kaprow questa generazione di artisti mescolavano pittura, scultura, teatro, trovando nell’happening lo spazio per una commistione di linguaggi (cambio ruolo artista). Importanti i recuperi storiografici della fine degli anni ’50 di fenomeni alternativi (cabaret Dada e futurista, teatro Bauhaus, Duchamp). - Recupero della realtà senza negare la pratica della pittura. Nel 1957 in una mostra alla seconda generazione della New York School si vedono le opere di Jasper Johns,White Flag e Rauschenberg con Monogram. La generazione di Pollok-De Koonig aveva raggiunto una tensione espressiva e senso di drammatica autenticità del vissuto a scapito della realtà, mentre con Johns e Rauschenberg vi è un tentativo di riscattare le possibilità di pittura del reale utilizzando oggetti dal forte impatto iconico dopo una intensa rielaborazione. Johns presenta un oggetto comune che coincide con i limiti della tela recuperando il realismo attraverso il modello del ready made di Duchamp, secondo lui il modo migliore per mantenere le forme convenzionali (idea di forme convenzionali e pubbliche che prende da Wittgenstein). A lui interessava il grado in cui ciò che sappiamo di un oggetto influisce su ciò che vediamo. Schemi elementari, colori puri e monocromi che corrispondevano ad oggetti reali. Rauschenberg con le combine paintings mescola elementi di collage con pennellate nello stile dell’espressionismo astratto e gocciolature. Anche lui utilizza il ready made, ma se Duchamp utilizza l’oggetto e poi lo riconduce allo spazio pittorico mentre Rauschenberg utilizza la superficie dipinta come pianale su cui organizzare informazioni e oggetti riconoscibili. 4

Lichtenstein dirà di Monogram: opera che segna la fine dell’Espressionismo astratto. Importante la mostra This is tomorrow del 1956 a Londra, di cui il critico Lawrence Allowey ne proclamò le potenzialità del pluralismo espressivo grazie alle sue 12 sale temaiche. Le tre vie da cui la cultura figurativa esce dagli anni ’50 condussero a delle novità: quelle del minimalismo, arte concettuale, performance, antiform, earthworks, della pop art e nuove forme di figurazione.

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Capitolo secondo Antichi e nuovi maestri Picasso è stato colui che ha affrontato la più intensa ed estesa analisi della tradizione pittorica, rovesciando i termini del rapporto tra artefice e opera al punto di essere totalmente assorbito dalla pittura stessa. Negli anni ’50 era ancora l’artista più conosciuto e ammirato, la sua opera era un punto di riferimento e termine di confronto per molti artisti. Se quest’ultimo poneva l’arte a confronto con se stessa, Duchamp segnava l’annullamento della pittura come arte retinica cercando nel ready made un nuovo rapporto con l’osservatore un nesso tra arte e vita. L’arte del secondo Novecento conferma l’assunto di T.S. Eliot secondo cui ogni importante opera d’arte obbliga a una rivalutazione di tutte le opere precedenti. Ad esempio la retrospettiva di Bonnard a NY nel ‘48 e mostra Nabis a Parigi nel ’55 contribuiscono ad una riscoperta del colore e tessiture decorative importante per la pittura di Sam Francis o Morris Louis, oppure le pratiche artistiche di Dalì (rapporto con i media, celebrazione dell’artista come personaggio popolare, cultura consumistica, arte commerciale vs arte d’élite) costituiscono un punto di partenza per Wharol e la pop art, portando ad una ridefinizione sociologica e ideologica dell’artista contemporaneo. Anche per gli artisti del modernismo gli interventi artistici decisivi vanno mitigati nel lungo periodo. La loro concezione di arte non segue più una linearità, come ad esempio il passaggio di Sol Lewitt da arte concettuale a quella murale. È importante conoscere il pregresso del lavoro di un artista. Slittamenti tra tecniche, stili e soggetti ci pongono dinanzi a una ricchezza e a una pluralità che deve farci diffidare da ogni semplificazione teorica ed accantonare le tradizionali distinzioni. Internazionalismo dello stile e ideologie della critica Fenomeno della compressione temporale è correlato a quello dell’estensione geografica e che contraddistingue il sistema dell’arte internazionale in era neocapitalista. Fenomeno che costituisce il momento iniziale della globalizzazione del mondo dell’arte contemporanea. Lo svanire degli stili nazionali favorisce la diffusione di linguaggi omogenei e indifferenziati; due poli di irradiazione con estensione mondiale diventano la Francia con l’arte cinetica e la Germania con il Bauhaus. L’arte astratta nel dopoguerra diviene il linguaggio più adatto alla rimozione e all’oblio della storia spesso omologandosi ai modelli statunitensi. Gli stili nazionali, legati alla specificità dei luoghi di nascita, venivano scoraggiati, questa abolizione condusse allo sviluppo di un sistema più fluido di segni favorendo il processo di libero scambio dei manufatti artistici. Il successo della New York school fu dovuto alla volontà di favorire un linguaggio astratto come emblema di libertà di espressione nelle democrazie occidentali.

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Se la diffusione su scala internazionale è dovuta ad un apparente depotenziamento politico ed ideologico, spesso provocò gli effetti di un ritorno di tematiche sociali. La circolazione negli anni ’60 di Pop, minimal e arte concettuale offre una varietà di assimilazione e rielaborazioni locali che confermano la persistenza di uno stile per usi iconografici diversi tra loro. Ad esempio in Italia, Argan critico d’arte di orientamento marxista nel ’63, identificò nelle tendenze cinetiche e programmate la sola forma di evoluzione dell’arte, linguaggio che convergeva materiali industriali e forme di critica sociale. Altro grande momento di diffusione internazionale di una poetica artistica è quello della pop art, sorta in Inghilterra e Stati Uniti per poi irradiarsi in tempi rapidissimi. La pop art fu un’espressione della cultura dei consumi della società affluente e non si esaurì con i 5 pittori della galleria Castelli o quelli di LA, ma comprese un insieme molto variegato di possibilità espressive. Ad esempio Alex Katz integra i caratteri della Pop Art con tagli sofisticati delle stampe giapponesi di Utamaro. Vi è anche un’irradiazione Pop europea con il gruppo di Piazza del Popolo a Roma e il pop britannico ma anche autori isolati o territori come l’Australia e il Sudamerica che integrano con iconografie locali. Linguaggio indifferenziato e neutrale del pop americano presentava quindi una ben più radicale critica sociale.

Il fattore Duchamp Nel 1960 Duchamp in una mostra venne documentato solamente con i suoi quadri del periodo cubista, la prima retrospettiva con i ready made avvenne solamente nel ’63. È facile incontrare nessi tra Duchamp e la produzione artistica contemporanea come nei Young British artists o in Maurizio Cattelan. Questa facilità o presunzione nello stabilire le più disparate connessioni costituisce la fortuna globale di Duchamp e ciò ha alimentato la natura emblematica delle sue opere. Si rischia insomma di trovare facilmente nel passato teorie per accreditare un punto di vista soggettivo. La natura elusiva del suo personaggio alimentò la sua fortuna; solo nel ’55 rilasciò un’intervista a Sweeney dove spiegò i ready made e gli aspetti più controversi del suo lavoro, dimostrando che erano oggetti artistici senza essere belli fece capire che la bellezza non aveva più spazio tra gli attributi sostanziali dell’arte, indicando infine anche la natura problematica della rappresentazione. Il ready made riconduceva al mondo reale e integrava l’esperienza puramente ottica della pittura. Il decorso di ciò avvenne attraverso la performance con Kaprow e dalle rivisitazioni in gusto neodada di movimenti come il Nouveau Realisme e Fluxus.

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Capitolo terzo Arte e cultura popolare: Gli anni pop Con pop art, secondo la definizione di Richard Hamilton del ’57 parliamo di un arte, popolare (per pubblico di massa), transitoria, espandibile (e facile da dimenticare), a basso costo, di massa, giovane, spiritosa, affascinate etc. È importante distinguere tre piani: presupposti sociali: la nascita e sviluppo della pop art coincidono con l’apogeo del capitalismo, il decennio concluso con il 1964 aveva segnato un importante rinnovamento tecnologico, l’incremento delle esportazioni e della produttività, ciò ha comportato lo sviluppo delle tecniche di marketing e di una programmazione della produzione sulla base della domanda. La pop art ha rappresentato una forma di adesione alla realtà tecnologica e alla società dei consumi, se prima veniva considerato il quadro come mondo da esplorare, ora diviene il mondo intero (quello occidentale capitalista) come un quadro da cui strappare frammenti con significativi. Repertorio visivo privo della civiltà urbana e merci di consumo che rappresentava un conformismo privo di radici storiche ed esteso a tutti. Una delle chiavi di lettura dell’iconografia pop è lo scambio tra novità ed obsolescenza: in autori come J. Rosenquist, R. Indiana e C. Oldenburg, sono evidenti gli emblemi della contemporaneità ma con allusioni a forme-modelli del passato. [Esempio: President Elect di Rosenquist, vi è Kennedy e il dettaglio di un vecchio modello di Chevrolet; oppure lettura simbolica: inesperienza di Kennedy→ immagine celebrativa→ comunicazione politica/ consenso→ réclame → cartellone pubblicitario. Linguaggio pop interprete di alcuni fenomeni importanti: mezzi di comunicazione di massa, programmi televisivi regolari, il cinema e i cartelloni pubblicitario. Greenberg aveva introdotto la distinzione dal ’39 tra arte alta autonoma e forme di contaminazione populista; mescolando l’arte d’avanguardia e immagini popolari la pop art voleva abolire le distinzione tra arte alta e bassa. La novità stava nel fatto che l’immagine quotidiana era raffigurata simulando il lessico della produzione di massa, disegno semplice, piatto e brillante, elementi che potevano coincidere con i presupposti del modernismo. Selezione e modificazione delle immagini rispondevano a rigorosi criteri compositivi che richiedevano inventiva ed esperienza, confermando la capacità della pop art d’introdurre un problema formale partendo da immagini che non ponevano questo problema. La Pop attinge alla banalità grafica della pubblicità datata ravvisandovi tratti del modernismo. Insistenza ossessiva per il cibo, come materiale deperibile in un ciclo di produzione e consumo industriale (mostra The New Realists, ’61), spesso sollecitando metafore erotiche. Uno dei punti di forza fu quello di presentare

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immagini viscerali, figure nude, indicenti, battaglie aeree ma con contegno distaccato; mostrandoci come la cultura realista non era mai morta. Gli artisti pop adottarono strategie per differenziarsi dalle immagini commerciali: nuovi pigmenti come l’acrilico,la serigrafia, stampa fuori registro, saturazione cromatica, tutti cercando un punto di equilibrio, come insegnava Jasper Johns, tra il segno dell’action painting evidente e manuale e il segno iconico di somiglianza con oggetti reali. La composizione pittorica venne sostituita con un’...


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