Riassunto il secondo sesso PDF

Title Riassunto il secondo sesso
Author Vincenzo Grasso
Course Filosofia teoretica
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto prima parte Il secondo sesso...


Description

Introduzione.

Simone De Beauvoir inizia la sua opera filosofica più importante con un’affermazione: ella dichiara di aver indugiato a lungo prima di attuare la realizzazione di un libro riguardante la donna. Perché ci si chiederebbe? Perché il succitato soggetto rappresenta un motivo irritante, persino per la donna, anzi, soprattutto, per questa. Però bisogna parlarne: di fatti è impossibile negare l’esistenza delle donne e la loro vitalità che si espande all’interno della società. Tutti, proprio tutti, sono d’accordo sull’affermare che nella specie umana è ammessa la presenza di individui di sesso femminile, propriamente femmine, le stesse a costituire la metà del genere umano. Nonostante questo alcuni inneggiano alla vulnerabilità attuale della femminilità: le donne ci sono e devono essere tali e devono rimanere incastrate nello schema concettuale determinato dal sistema sociale di riferimento affinché possano essere identificate come tali. È necessario che la donna non scavalchi il recinto della propria identità. Ma, se bisogna esortare le donne ad appartenere all’identità di genere correlata immediatamente, ciò sancisce in automatico la scissione del piano sessuale da quello identitario. Un individuo di sesso femminile appartenente alla specie umana, quindi, non per forza è donna. Affinché sia donna allora, ammetteremo, che tale individuo debba partecipare a quel misterico credo chiamato femminilità.

Cos’è la femminilità? Viene secreta dalle ovaie? Basta una sottana per indossarla? Che contenuto possiede la parola donna? Secondo le correnti illuministe, razionaliste, nominaliste, le donne sono individui che hanno il vezzo di farsi chiamare in questo modo. A questo punto la De Beauvoir cita una propria collega, responsabile di aver rimarcato l’uguaglianza identitaria di uomo e donna, in quanto tutt’e due appartenenti al genere umano. È semplice, quindi, basterebbe abbattere qualsivoglia barriera, farsi chiamare umani e togliere il disturbo. Giusto? No, non è così facile. È facile dire che tutte e due i sessi appartengono alla stessa specie. Su questo, di nuovo, siamo tutti d’accordo. Ma la donna non è un uomo, o meglio: la donna è come l’uomo, ma non è un uomo. Dire che uomo e donna sono categorie insignificanti significa dire addio alla propria autenticità, rinunciare al proprio diritto ad essere: porsi al di là del proprio sesso. È possibile? Di nuovo, torniamo a porci un’altra domanda.

Cos’è una donna? È possibile una risposta a tale domanda? Perché è necessario chiederselo? D’altronde, sarebbe necessario chiedersi cos’è un maschio o addirittura affrontare la posizione del maschio.

Innanzitutto la relazione tra i due sessi non è una relazione di opposizione: ad esempio l’uomo rappresenta tutte e due i poli, in quanto basta designare con il termine uomo l’intera specie. La donna invece è solo il polo negativo, al punto che ogni determinazione le è attribuita in quanto limitazione. Un uomo è nel suo diritto essendo tale, è la donna in torto. Il tipo umano assoluto, per gli antichi, era l’uomo. L’uomo dimentica spessa di avere che un’anatomia, ormoni etc. egli intende il proprio corpo in diretta relazione con il mondo, dove egli afferma la propria oggettività ad essere, mentre la donna appare limitata nel rapporto con il mondo dal suo corpo, che in qualche modo rappresenta una mediazione, una continua castrazione che avviene ogni volta che si tenta di stabilire un contatto. Il corpo della donna è ostacolo, prigione: Aristotele già affermava che la femmina è tale in assenza di una qualche qualità; S. Tommaso rimarcava il concetto descrivendo la donna come uomo mancato, essere occasionale. Ed è questo che è stato insegnato sin dalla genesi, in cui Eva viene ricavata da un osso in soprannumero di Adamo. Maschile è invero l’umanità, una volta che il soggetto giunge a questa presa di coscienza non definisce l’altro in quanto tale, ma l’altro in relazione a se stesso: così facendo la donna non esiste indipendentemente dall’uomo, ma esiste grazie all’uomo, come degenerazione di quest’ultimo e quest’ultimo la vede e la determina come ipostasi della sua vitalità. La donna è quindi l’essere relativo, colei che non può pensarsi senza l’uomo, è quest’ultimo che decide cosa ella sia. La donna reciprocamente compie lo stesso errore. Si caratterizza come inessenziale dinanzi all’essenziale. L’uomo è il soggetto, l’assoluto: lei è l’altro. La categorizzazione dell’altro ha origini remote: la dualità è una costante delle civiltà anche più primitive e si dà all’uomo in modo immediato. Urano-Zeus, Sole-Luna, Giorno-Notte. Tuttavia in queste coppie non vi è un elemento femminile, almeno in un primo momento. L’alterità è una categoria fondamentale del pensiero umano. L’altro è ostile, generalmente; egli è di natura sospetta, provenienza non identificata, è straniero. Levi Strauss che si preoccupò di studiare le opposizioni arrivò alla conclusione che il passaggio dallo stato di natura allo stato di cultura è contrassegnato dalla tendenza dell’uomo a pensare le reazioni biologiche sotto forma di sistemi di opposizione. E tali fenomeno non si capirebbero se la realtà fosse un mitsein basato esclusivamente sulla solidarietà e sull’amicizia.

Complicità In teoria il soggetto si pone opponendosi, si costituisce come essenziale e determina l’altro in quanto in essenziale. Solo che a questo punto l’altro dovrebbe compiere lo stesso meccanismo e possedere la medesima pretesa. Perché questa reciprocità non si è attuata tra i sessi? Perché la donna è rimasta in una condizione di passività assoluta? Spesso avviene per ineguaglianza numerica. Ma le donne non sono una minoranza. Spesso i due gruppi in contrasto sono stati indipendenti. In questo caso per le donne non c’è stato un prima, così come alle spalle non c’è un passato, una tradizione, una religione. Le donne ci sono sempre state e sin dal primo passato furono subordinate all’uomo, la loro subordinazione non è la

conseguenza di un fatto, essa non è avvenuta. Al contempo, un evento oggettivo, un accaduto, può mutare nel tempo, è suo destino avere una evoluzione, ma una condizione naturale? La natura in realtà non è un dato immobile, anche essa possiede una dimensione storica. Se la donna ci appare come inessenziale che non torna mai all’essenziale è perché ella stessa non vuole operare questo ritorno. Le minoranze solitamente esortano la loro condizione al grido di “noi”, le donne, tranne in qualche situazione specifica, non si rivolgono a loro stesse come una comunità; gli uomini dicono “le donne”, le donne usano la stessa parola, ma non si rivendicano autenticamente come soggetti. Le minoranze organizzano cortei, proteste; l’azione delle donne non è mai stata altro che un movimento simbolico: esse hanno ottenuto ciò che gli uomini si sono degnati di concedere loro, hanno ricevuto. Le donne vivono disperse in mezzo agli uomini, legate ad alcuni uomini più che vicine alle altre donne. Le donne borghesi sono solidali con i borghesi e non con le donne proletarie, le bianche con i bianchi e non con le donne negre etc…; e allo stesso tempo, mentre il proletariato potrebbe sognare lo sterminio della classe dirigente, la donna non potrebbe mai auspicare allo sterminio dei maschi. Il legame che la unisce al suo oppressore non ha paragoni, perché la divisione dei sessi è una questione biologica, non un momento storico, non un prodotto del tempo che passa, un risultato. La coppia è unità fondamentale della specie umana e nessuna frattura della società in sessi è possibile: la donna è l’altro nel seno di una totalità i cui due termini sono indispensabili l’uno all’altro. L’unica dipendenza apparente è una dipendenza sessuale e biologica (desiderio sessuale e di prole), ma nemmeno quest’ultima ha riscattato socialmente la donna. Nel rapporto padrone-schiavo, il padrone non pone il bisogno che ha dell’altro: egli ha il potere di soddisfare questo desiderio e non ne fa oggetto di mediazione, mentre lo schiavo per speranza o paura interiorizza il bisogno che ha del padrone e anche se l’urgenza raggiungesse la stessa soglia in entrambi, tornerebbe sempre in favore dell’oppressore. La donna è sempre stata, più che schiava, suddita: i due sessi non si sono mai spartiti il mondo in parti uguali e nonostante le cose stiano cambiando la condizione della donna appare mutilata. Il potere degli uomini possiede un altro aspetto: la storia. La storia è stata fatta dai maschi ed è espressione del loro punto di vista e di questo le donne dovrebbero accorgersi nel momento in cui elaborano i fatti derivati dalla tradizione; rifiutare di essere l’altro, di continuare a reggere questo sistema sociale di sudditanza, significherebbe rinunciare anche a dei vantaggi, che l’alleanza con il potere superiore garantisce, come quello di protezione o semplicemente la giustificazione dell’esistenza: la donna non deve compiere un cammino di ricerca per realizzarsi ontologicamente nel mondo, ci penserà l’uomo a determinarla e a conferire a questa un significato. È molto più agevole così, evitare il rischio di una libertà che deve fondare le proprie finalità senza il concorso altrui, evitare l’angoscia e la tensione di una vita autenticamente vissuta.

Com’è cominciata tutta questa storia? Ogni dualità si traduce in un conflitto. Non è chiaro perché sia stato l’uomo a vincere in partenza, sembra che il conflitto non sia nemmeno stato accennato. Il mondo è sempre appartenuto agli uomini, e solo adesso le cose cominciato a cambiare. Ma questo cambiamento è un bene? Condurrà all’eguale spartizione del mondo? Gli uomini, proprietari del mondo e creatori della storia, sono delle donne i giudici e parti in causa, scrive Poulain de la Barre. È per questo aspetto, per la virtù creatrice che soggiace nella tradizione artefatta dell’uomo, che gli ebrei uomini nelle preghiere mattutine ringraziano il loro Dio per non averli fatti donna e le donne invece benedicono Dio per averle create così per sua volontà. Per Platone così come è meglio essere libero anziché schiavo, lo è anche essere uomo e non donna. Sempre de la Barre afferma che coloro che hanno creato e compilato le leggi sono stati uomini e hanno favorito giustamente il loro sesso, mentre il resto del mondo intellettuale ha dato una giustificazione di ciò rendendo assioma, principio, la subordinazione della donna giacché voluta dal cielo e utile per la terra. I movimenti che sono stati avanzati nei confronti di questa discriminazione è possibile scorgerli ad esempio all’interno del diritto romano: si parla di debolezza di spirito, di fragilità del sesso, quindi è giusto limitare i suoi diritti. È inoltre, come l’appella S. Agostino, una bestia né salda né costante, per questo la donna maritata è posta sotto tutela dell’uomo. Montaigne diceva che le donne, per esempio, non hanno per nulla torto quando rifiutano le leggi che amministrano il mondo, perché gli uomini le hanno create senza il loro consenso. Altri intellettuali arriveranno a parlare della donna con obiettività, ma tutti si mantengono estremamente imparziali.

Termine minimo di paragone Con la rivoluzione industriale, nel diciannovesimo secolo, la donna entra a far parte del lavoro produttivo: le rivendicazioni trovano basi economiche, escono dalla teoria. In contrapposizione la borghesia invoca una morale fondata sulla salvaguardia della famiglia, che vorrebbe la donna come individuo incatenato al focolare domestico; è chiaro come le donne stessero diventando concorrenti pericolose, giacché abituate a lavorare a bassi salari. Gli uomini per contrastare l’avanzata dell’Altro si sono ritrovati a dover chiamare in causa la filosofia, la religione, la scienza, la psicologia, affermando al massimo un’uguaglianza nella differenza; la stessa che veniva ammessa per i negri. Era necessario testimoniare l’inferiorità dell’altro e quando un individuo si trova in una condizione di inferiorità in quanto costretto, esso è di fatto inferiore. Ma cosa significa l’essere? L’essere non è qualcosa di immoto, ma continuato divenire, non è sostanziale, ma il suo nucleo è il dinamismo. Lo stato di cose non deve perpetuarsi.

Ma non si tratta solamente di un problema economica. Si tratta di mantenere il proprio stato di superiorità. Il povero bianco sarà sempre migliore dello sporco negro, e il maschio più mediocre avrà sempre voglia di rendersi legislatore divino dinanzi alla donna. La donna diventa un sollievo miracoloso così per coloro che soffrono di complessi di inferiorità: è il termine minimo di paragone. Tanto è vero che nessuno è più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità. Il mito della donna, il mito dell’altro, è caro a tutti, perché ci vuole davvero tanta abnegazione, giustamente, per smettere di considerarsi il soggetto unico e assoluto. Eppure la maggior parte degli uomini non esprime apertamente la sua presunzione di essere assoluto, bensì proclama uguaglianza tra i sessi, in nome di una democrazia fittizia. La donna è libera finché in essa egli non scorge delle inferiorità che attesta alla natura. Vi sono due gradi di uguaglianza: astratta e concreta. L’uomo tematizza quella astratta, quella concreta viene constata ma non posta. Appena subentra il conflitto, la situazione si rovescia, l’uomo sfodera l’arma dell’Inuguaglianza concreta e nega pure l’uguaglianza astratta: costa fatica misurare le discriminazioni sociali, discriminazioni che finiscono per avere ripercussioni morali e intellettuali da far convincere alla donna che esse traggano origine dalla natura e non vi si possa porre rimedio alcuno. Punto di vista dell’opera: il punto di vista che si adotta è quello della morale esistenzialista: ogni soggetto si pone come trascendenza attraverso una serie di finalità; egli non attua la propria libertà che in un perpetuo passare ad altre libertà – l’esistenza trova la sua giustificazione in un continuo espandersi verso un avvenire indefinitamente aperto. Ogni volta che la trascendenza ripiomba nell’immanenza, in ciò che è immobile, stabile, stagnante (il concetto di felicità che l’uomo vuole imporre alla donna, per esempio, come nell’harem), vi è uno scadere dell’esistenza nel suo in sé, della libertà nella contingenza. Si parla di colpa morale quando questa caduta è accompagnata consensualmente dal soggetto, ma se è imposta è privazione, oppressione. Ogni individuo sente la necessità di dare significato alla propria esistenza e perciò nasce il desiderio della trascendenza. Però la dona nonostante possa godere di libertà autonoma, non si ribella e continua a vivere in un modo imposto, costretta a rivestire la controparte negativa dell’altro, la cui trascendenza non possiede indipendenza, ma è asservita all’uomo, che è coscienza sovrana. La sorte dell’individuo sarà posta in termini di libertà e non felicità.

1. I dati della biologia. La donna è definibile da molti come una matrice, un’ovaia; il termine femmine per l’uomo suona come un insulto, tuttavia egli stesso non si vergogna di essere maschio, nel nucleo denso della sua animalità, anzi, attribuisce valore aggiunto al soggetto all’interno della società che egli stesso domina. Il termine femmine invece relega la donna al suo sesso biologico e come abbiamo precedentemente visto, il corpo della donna è visto come una prigionia. Il maschio proitenna sulla donna tutte le femmine della natura, timoroso della mantide religiosa, sfregiato dalla fierezza della tigre e della leonessa etc… 1.1.

Tipi di riproduzione asessuale

Maschi e femmine sono individui di una specie che si differenziano ai fini della riproduzione: ma questa selezione in due sessi non è chiara, infatti non sempre si realizza. Basta notare la presenza nel regno animale di unicellulari, amebe, bacilli, infusori, dove la moltiplicazione è distinta dalla riproduzione sessuale perché le cellule si dividono e suddividono da sole. Alcuni metazoi si riproducono per schizogenesi:  l’individuo unicellulare forma, per semplice scissione del suo corpo in due parti, due nuovi individui. La scissione avviene per la comparsa di una strozzatura o di un anello di membrana nuova che si accentuano fino a dividere in due la cellula  suddivisione dell’individuo di origine asessuata Blastogenesi:  La blastogenesi è una riproduzione cellulare asessuata, che si verifica mediante il processo di gemmazione: propriamente una gemma cresce o all’interno del corpo della cellula genitrice o come estroflessione, fino ad arrivare alla soglia di maturazione per cui si stacca definendosi come essere indipendente. Troviamo anche fenomeni di partenogenesi:  ossia di riproduzione non sessuale dove le femmine producono la prole senza l’intervento di fecondazione da parte del maschio; come nel caso delle api, che producono i fuchi per partenogenesi, ossia individui solo maschi che nascono dalle uova vergini, le quali si evolvono in embrioni senza essere fecondate; ma per far sì che nasca un individuo femmina, ad esempio, è necessaria la fecondazione, lo zigote che nasce dalla fusione di due cellule. 1.2. L’esistenza di gameti ( i gameti sono cellule sessuali maschili e femminili destinate ad unirsi nel processo di fecondazione al fine di dare vita a un nuovo

organismo) eterogenei non basta a creare due sessi distinti; succede spesso che la differenziazione non porti a due sessi distinti: tutte e due i sessi possono benissimo appartenere allo stesso individuo – nel regno animale e vegetale non è raro riscontrare casi di ermafroditismo, e si realizza la autofecondazione o la fecondazione incrociata. Il gonocorismo, ossia la condizione per un cui un individuo appartenente alla specie dei metazoi si ritrova ad essere portatore unicamente di gameti maschili o femminili è vista in biologia come il perfezionamento dell’ermafroditismo, come il compimento ultimo della differenziazione dall’unicum originario; altri biologi invece vedono il gonocorismo come la natura primitiva e l’ermafroditismo come la degenerazione. Tuttavia non possiamo affermare nulla con certezza, quindi ci limiteremo a sancire la coesistenza di entrambe le pratiche riproduttive, che realizzano il perpetuarsi della specie e il suo verificarsi in un modo o nell’altro, così come l’eterogeneità dei gameti, è accidentale. La separazione degli individui in sessi è un fatto contingente. Vari miti nella filosofia hanno tentato di spiegare ciò:  platone con il mito che figurava un’umanità composta da uomini, donne e androgini, ognuno aveva due visi, quattro braccia, quattro gambe e due corpi: furono spaccati a metà un giorno e da quel momento ognuno cerca di riprnedersi la sua metà complementare; da ciò gli dei decisero che i nuovi individui sarebbero nati dall’unione delle parti diverse.  Aristotele afferma come indispensabile la cooperazione tra materia e forma, ma non per questo è necessario che principi passivi e attivi siano distrubuiti in due categorie di individui eterogenei.  S tommaso afferma l’essere occasionale della donna e così potremmo parlare di accidentalità del sesso (?)  Per hegel la sessualità rappresenta la mediazione attraverso cui il soggetto si realizza come genere. Solamente nell’accoppiamento l’individuo ritrova il sentimento di sé, si realizza come genere e quindi per realizzarsi il processo di avvicinamento bisogna che ci sia distinzione tra i sessi. L’errore compiuto è quello di attribuire un’importanza sostanziale al sesso. Non è il sesso che realizza l’essenza della vita. Infatti, come dice Sartre, discutendo l’affermazione di Heidegger, sarebbe sì concepibile una esistenza finita e illimitata nel tempo; tuttavia se la vita umana non fosse strettamente connessa alla morte il rapporto dell’uomo con il mondo e con sé sarebbe sconvolto. La definizione, quindi, che l’uomo è mortale si rivela più che veritiera, un uomo immortale non è un uomo. La morte è quindi elemento sostanziale dell’individuo nella sua finitezza costitutiva che lo rende tale: essa è inoltre responsabile di creare una periodizzazione del singolo che lo conduce alla riproduzione. Quest’ultima non ha una caratterizzazione necessaria in sessi distinti. La divisione sessuale è una componente accidentale del soggetto procreato. 1.3.

Il ruolo dell’uomo nella riproduzione sessuata

Il ruolo del padre all’interno della concezione del bambino, in molte ...


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