Riassunto: IL Secondo Ottocento Naturalismo E Verismo PDF

Title Riassunto: IL Secondo Ottocento Naturalismo E Verismo
Author Elisa De Luca
Course Storia
Institution Liceo (Italia)
Pages 4
File Size 150.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 28
Total Views 139

Summary

Riassunto: IL Secondo Ottocento Naturalismo E Verismo. Materia storia, riassunto breve per Liceo scienze umane utile per interrogazione...


Description

IL SECONDO OTTOCENTO: NATURALISMO E VERISMO Il Naturalismo Erede del realismo, il naturalismo è una corrente artistica, filosofica e letteraria che sceglie la realtà quotidiana come soggetto privilegiato e la indaga con la stessa obiettività impersonale con cui viene studiata dagli scienziati. Così come gli scrittori naturalisti si accostano agli ambienti e ai personaggi dei romanzi e dei racconti con un atteggiamento di studio distaccato, gli artisti creano paesaggi e scene di vita quotidiana senza interpretazioni o abbellimenti. Il termine naturalismo indica la tendenza a riprodurre il più fedelmente possibile la realtà e la natura: gli artisti e gli scrittori cercano di adottare la stessa obiettività e immediatezza della macchina fotografica, dipingendo e raccontando senza alcuna modifica o intervento personale. Il naturalismo assume così, nelle arti figurative e nella letteratura, gli stessi caratteri del positivismo. Prima lo scrittore poteva intervenire nella vicenda di volta in volta narrata con suoi giudizi e commenti in prima persona; ora, invece, all’autore naturalista viene richiesto il massimo distacco, per ottenere una rappresentazione il più possibile impersonale: per gli scrittori naturalisti il narratore deve scomparire dietro l’azione che racconta. Anche l’artista evita ogni abbellimento e ogni sintesi: il paesaggio deve essere tradotto sulla tela in maniera impersonale ed esatta, senza interpretazioni o semplificazioni. Il naturalismo sembra allora mettersi in gara con la realtà e raggiunge un virtuosismo impressionante; non cerca di idealizzare la realtà ma riproduce ogni dettaglio in maniera obiettiva: un frutto viene ritratto anche se è marcio, un volto viene descritto anche quando è segnato dalle rughe. E’un movimento letterario che nasce in Francia come applicazione diretta del pensiero positivista e si propone di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi metodi usati dalle scienze naturali. Lo scrittore deve realizzare la realtà nel modo più oggettivo ed impersonale possibile, lasciando alle cose e ai fatti stessi narrati e descritti il compito di denunciare lo stato della situazione sociale, evidenziare il degrado e le ingiustizie della società. Gli scrittori naturalisti abbandonano la scelta narrativa del narratore onnisciente, che sa tutto dei personaggi e che racconta la storia in terza persona, comune nel romanzo romantico, sostituendola con una voce narrante che assiste ai fenomeni descritti, così come accadono. Il naturalismo in senso stretto è una corrente letteraria sorta in Francia e poi diffusa nel resto d’Europa, nella seconda metà del 19° secolo, come continuazione del realismo: ricerca la rappresentazione della realtà in modo obiettivo, senza gli eccessi e la fantasia degli artisti del romanticismo. Ha influenzato l’arte, la filosofia, l’economia. Uno dei suoi maggiori teorici fu Hyppolite Taine, critico e storico positivista, legato al pensiero filosofico del determinismo, che affermava che tutti i fenomeni sono il prodotto di alcune cause precise, Taine riconosceva nella “ereditarietà, nell’ambiente sociale e nel momento storico” i tre fattori fondamentali che determinano i comportamenti e le scelte degli esseri umani, così anche degli scrittori, oltre che, sul piano della finzione narrativa, dei loro personaggi. Tra i maggiori esponenti del naturalismo francese, ricordiamo H. de Balzac, G. Flaubert, i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, Guy de Maupassant e soprattutto Émile Zola. Quest’ultimo si sofferma spesso nei suoi libri sul motivo dell’ereditarietà, per dimostrare come la storia di ogni persona sia determinata da fattori biologici e psicologici di origine familiare. La poetica naturalista La poetica naturalistica deriva dalla concezione deterministica della vita e dell'uomo e il romanzo non è altro che una piccola parte di vita analizzata con il metodo delle scienze sia naturali che sociologiche. I principi della teoria del romanzo sperimentale furono comunque fissati da Émile Zola in due punti fondamentali secondo i quali lo scrittore:  deve osservare la realtà, e non inventarla, per poi riprodurla oggettivamente;  deve utilizzare una scrittura che risulti essere un documento oggettivo dal quale non deve trasparire nessun intervento soggettivo dell'autore. I temi della narrativa naturalista I temi preferiti della narrativa naturalista furono anti-idealistici e anti-romantici, in modo che la narrazione portasse con sé una forte carica di denuncia sociale che doveva risultare dalla descrizione scientifica ed obiettiva dei fatti. Tra i temi principali vi erano dunque:  la vita quotidiana con le sue banalità, le sue meschinità e le sue ipocrisie;  le passioni morbose che dovevano rasentare il limite della patologia psichiatrica, come la follia e il crimine;  le condizioni di vita delle classi subalterne, soprattutto del proletariato urbano . Honoré de Balzac Honoré de Balzac, precursore del naturalismo francese, nel 1842, già nella prefazione al suo ciclo narrativo "La Comédie humaine", nello stabilire i canoni delle future tendenze realiste, aveva scritto che "... il romanziere deve ispirarsi alla vita contemporanea, studiando l'uomo quale appare nella società e aveva rappresentato la società capitalistica, con un nuovo interesse per il fattore economico, di cui aveva messo in rilievo l'importanza predominante nei rapporti fra gli uomini, tenendosi vicino anche nel linguaggio e nello stile alla realtà del mondo rappresentato”. Procedendo su questa linea e rafforzandola con le idee positivistiche, il Naturalismo si era proposto uno studio scientifico della società e della psicologia dell'uomo, rigettando ogni idealismo e studiando di preferenza i ceti più umili, che, per le loro reazioni psicologiche elementari, meglio sembravano prestarsi a un'analisi scientifica oggettiva. segue

pag.2 Gustave Flaubert Lo scrittore che i naturalisti indicheranno come loro maestro sarà Gustave Flaubert, autore di Madame Bovary (1857), per la sua teoria dell'impersonalità che fa largo uso del "discorso indiretto libero". Flaubert aveva, con i suoi romanzi, impresso una svolta radicale alla tradizione del realismo romantico. Nel 1857, a proposito della sua teoria dell'impersonalità, scriverà: "L'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente, sì che lo si senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l'Arte deve innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle suscettibilità nervose. È ormai tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze fisiche". Flaubert porta in letteratura un sarcasmo che investe tutte le strutture tradizionali della società perbenista e ipocrita. Émile Zola Al metodo di Flaubert si rifà la scuola naturalistica di Émile Zola che, è “L'artista di questa scuola”. È lui, che, pur combattendo ogni tendenza convenzionale dell'arte, e atteggiandosi a novatore, ripiglia le tradizioni, e non distrugge, ma compie il romanzo psicologico e storico assorbendolo e realizzandolo ancor più nel suo romanzo fisiologico, il suo romanzo è dunque uno studio più acuto e più compiuto dell'uomo, a base fisiologica". Se la critica tradizionale aveva fatto una precisa distinzione tra Zola come romanziere e Zola come teorizzatore, oggi gli studiosi, nel rivalutare il lavoro critico e teorico dello scrittore hanno saputo dimostrare che fra la parte programmatica e quella artistica vi è una forte connessione. Nel saggio su Il romanzo sperimentale ("Le roman expérimental") che raccoglie gli scritti teorici di Zola pubblicato nel 1880 e che viene considerato l'unico Manifesto del Naturalismo, egli definisce il romanzo "una conseguenza dell'evoluzione scientifica del secolo; esso è, in una parola, la letteratura della nostra età scientifica, come la letteratura classica e romantica corrispondeva a un'età di scolastica e di teologia " e aggiunge che "Il romanziere muove alla ricerca di una verità... È innegabile che il romanzo naturalista, quale ora lo intendiamo, sia un vero e proprio esperimento che il romanziere compie sull'uomo, con l'aiuto dell'osservatore". Nel Saggio di apertura di quest'opera troviamo il programma letterario dello scrittore che,in sintesi,conferisce una serie di regole che caratterizzano un romanziere: Il romanziere deve far proprio il metodo sperimentale e deve applicarlo ai fenomeni della società,deve poi scrutare scrupolosamente i personaggi principali dei racconti e collocarli in contesti ambientali precisi. Infine un romanziere,deve rispettare i canoni dell'impersonalità secondo cui nei romanzi,non devono trasparire i sentimenti dello scrittore,che deve tenersi fuori dal racconto. Maupassant è profondamente influenzato da Zola e Flaubert, nonché dalla filosofia di Schopenhauer, sulla quale egli fonda il suo amaro, angoscioso realismo. I suoi racconti ed i suoi romanzi nascono spesso dal disgusto nei confronti dell'ipocrisia, dell'opportunismo, del meschino egoismo della piccola borghesia. Per contro, Maupassant mostra una sensibilità costante verso i tormenti cui sono sottoposti i deboli, coloro che non si possono difendere dalla stupida, ottusa crudeltà dei "benpensanti". Ed ecco comparire in primo piano il mendicante, la prostituta, l'animale, disprezzati e condannati a soffrire senza che nessuno si curi della loro sorte. Le sue novelle si contraddistinguono per lo stile secco, sintetico, e per la lucidità con cui i temi sono sviluppati. Maupassant eccelle nella costruzione dell'intreccio. La sua espressività si identifica con quella della fotografia (che alla fine dell'Ottocento stava raggiungendo livelli di grande maturità): gli sono sufficienti poche pagine per fissare in modo straordinariamente incisivo le caratteristiche di una vita intera. Il suo stile sceglie quindi la sintesi piuttosto che l'analisi. In questo egli prende le distanze rispetto agli scrittori naturalisti suoi contemporanei. I fratelli Goncourt Tra gli esponenti del naturalismo vanno considerati i fratelli Edmond de Goncourt e Jules de Goncourt autori del romanzo “Le due vite di Germinie Lacerteux” pubblicato nel 1865 che si ispirava ad una vicenda vissuta e che venne classificato come il primo esempio di romanzo-documento e di romanzo vero. Nella prefazione alla prima edizione gli autori, rivolgendosi ad un ipotetico pubblico abituato ai romanzi falsi, scrivono "... questo è un romanzo vero... Ed ora questo libro venga pure calunniato: poco importa. Oggi che il Romanzo si allarga e ingrandisce, e comincia ad essere la grande forma seria, appassionata, viva, dello studio letterario e della ricerca sociale, oggi che esso diventa, attraverso l'analisi e la ricerca psicologica, la Storia morale contemporanea, oggi che il Romanzo s'è imposto gli studi e i compiti della scienza, può rivendicarne la libertà e l'indipendenza. Ricerchi dunque l'Arte e la Verità; mostri miserie tali da imprimersi nella memoria dei benestanti di Parigi; faccia vedere alla gente della buona società... la sofferenza umana, presente e viva". Il teatro naturalista in Europa Nella seconda metà dell’Ottocento anche il teatro fu influenzato dal Realismo e dal Naturalismo, in particolare dal contributo teorico di Émile Zola. Nei suoi scritti sul teatro (Il naturalismo nel teatro, 1881), lo scrittore, polemico con la Comédie Française per come rappresentava la vita sul palcoscenico e per lo stile enfatico della recitazione, affermava la necessità di dare anche in teatro un quadro autentico del mondo in tutti i suoi aspetti, compresi quelli più quotidiani, brutti e sgradevoli, frutto di un’osservazione analitica e distaccata. Zola affermava :«Io immagino, un’opera teatrale moderna così fatta: un grande fatto semplice, che si sviluppi grazie al solo studio logico delle passioni e dei caratteri». segue

pag.3 Queste affermazioni stimolarono importanti innovazioni negli aspetti tecnici della messinscena, come la scelta di ambientazioni realistiche, e nella recitazione, con l’abbandono delle pose declamatorie tipiche dei grandi attori del tempo (i cosiddetti “mattatori”), così che i personaggi potessero essere recepiti dagli spettatori come persone vere, comuni. Tradizionalmente i “caratteri” dei personaggi erano costruiti intorno a un’azione ed erano determinati dall’intreccio; ora invece l’azione è la conseguenza logica e naturale degli stati d’animo dei personaggi e del conflitto delle loro diverse psicologie. All’eroe romantico subentra l’uomo comune, con le sue fragilità quotidiane, unico responsabile dei propri comportamenti ed errori, di cui sconta le conseguenze sul piano sociale. Nelle opere di Ibsen e di Cechov, ai quali si deve il profondo rinnovamento del dramma borghese europeo, il denaro e il prestigio sociale comportano spesso un sacrificio sul piano etico e affettivo. L’esigenza di fedeltà al vero, assegna allo spazio teatrale un ruolo fondamentale, in quanto deve rappresentare la vita quotidiana, e per questo Ibsen e Cechov forniscono dettagliate didascalie sceniche su ambienti e momenti dell’azione. I temi ricorrenti sono le relazioni familiari e sociali, il lavoro, i problemi economici, i rapporti tra padri e figli, la condizione femminile. A essere scandagliata è soprattutto la famiglia, in quanto luogo di inquietudini, frustrazioni, ipocrisie (il “triangolo” marito-moglie-amante). I personaggi (padri e madri, impiegati, professionisti) agiscono nei salotti delle case borghesi di provincia, negli uffici pubblici, nelle strade delle periferie urbane. La conclusione generalmente non è consolatoria,come avveniva, per esempio, nella commedia con il lieto fine, e l’analisi dei personaggi e delle loro relazioni prevale sull’intreccio, tanto che molti drammi iniziano quando già tutto è accaduto e i protagonisti non fanno altro che ripercorrere quanto hanno vissuto. La Francia fu la patria del teatro naturalista. Le idee di Zola furono messe in pratica dal drammaturgo Henry Becque (1837-1899) e dal regista e teorico teatrale André Antoine (1858-1943). I drammi di Becque furono tra i primi esempi di teatro naturalista e tra essi i più noti sono “I corvi”(1882), storia di una famiglia rovinata dagli usurai che, come “corvi” appunto, si mangiano il suo intero patrimonio, e “La Parigina”(1885), in cui affiora il tema dell’adulterio. Antoine fu, invece, artefice di una riforma teatrale che riguardò innanzitutto il rinnovamento del repertorio: non solo fece rappresentare i lavori di Zola e dei fratelli Goncourt, ma fece conoscere in Francia i nomi nuovi del teatro europeo, da Ibsen a Strindberg, da Tolstoj al tedesco Hauptmann. Affrontò inoltre i problemi della messinscena, che fu resa realistica, e della recitazione degli attori, cui ora si richiedevano una ferrea disciplina e un’interpretazione più autentica. L’arte Nel linguaggio della critica d’arte un’opera naturalista è molto simile a un’opera realista, tanto che spesso i due termini vengono usati come sinonimi. Ma mentre il realismo a volte accentua certi dettagli per descrivere le condizioni di vita sociale anche con intenti polemici, il naturalismo non esprime giudizi, è anzi sempre distaccato, e inoltre non ha intenti provocatori né pittoreschi. Tra i maggiori protagonisti del naturalismo europeo vanno anche ricordati i tedeschi Adolf Menzel e Hans Thoma e i belgi Constantin Meunier e Charles de Groux. Tra gli artisti italiani, si annoverano i fratelli Filippo e Giuseppe Palizzi e Serafino De Tivoli, che seguendo la nuova ideologia del naturalismo trovano ispirazione diretta nella realtà soprattutto dei soggetti umili e quotidiani, raffigurando l’ambiente della campagna o del mondo del lavoro. Proprio per questi specifici caratteri il naturalismo influenza anche lo stile pittorico dei macchiaioli. Il Verismo è la variante italiana del naturalismo francese. Questo forte movimento letterario si afferma difatti nella penisola italiana e soprattutto nel meridione negli anni settanta del XIX secolo, ma il principale centro di diffusione del verismo è Milano. Riproduce sostanzialmente nella sua poetica quella del Naturalismo francese, ma con caratteri regionalistici derivanti da una situazione economica e sociale segnata dal ritardo dell'industrializzazione e dalla centralità della questione contadina. Infatti, mentre in Francia il naturalismo si sviluppa in una società industrializzata e in un contesto cittadino, il verismo ha a che fare con una realtà, quella italiana, ancora arretrata dal punto di vista economico, povera e con uno sfondo soprattutto rurale. In altre parole, mentre i naturalisti francesi rappresentano soprattutto la vita del proletariato urbano, i veristi concentrano la loro attenzione sulle condizioni di miseria e di sfruttamento nelle quali viveva un sottoproletariato fatto di contadini e di pescatori. Inoltre, mentre gli scrittori naturalisti manifestano una certa fiducia nel progresso, l’ideologia dei veristi è molto più pessimistica. Un miglioramento delle condizioni di vita dei ceti subalterni sembra impossibile: quando, nelle opere veriste, un personaggio di umile condizione cerca di salire nella scala sociale, il suo sforzo finisce quasi sempre in tragedia Il verismo è una corrente letteraria nata all'incirca fra il 1875 e il 1895 ad opera di un gruppo di scrittori che non costituirono una vera e propria "scuola" ma era comunque fondato su precisi principi. Il Verismo nasce sotto influenza del clima positivista, quell'assoluta fiducia nella scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca che si sviluppa e prospera dal 1830 fino alla fine del XIX secolo, inoltre il Verismo si ispira in maniera evidente al Naturalismo, per gli scrittori naturalisti la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà sociale e umana, rappresentandone rigorosamente le classi, comprese quelle più umili, in ogni aspetto anche sgradevole; gli autori devono comportarsi come gli scienziati analizzando gli aspetti concreti della vita. Il Verismo si sviluppa a Milano, allora il centro culturale più vivo della penisola, in cui si raccolgono intellettuali di regioni diverse; le opere veriste però rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare. Così la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga, di Luigi Capuana e di Federico de Roberto; segue

pag.4 Napoli in quelle di Matilde Serao e di Salvatore di Giacomo; la Sardegna nelle opere di Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926; Roma nelle poesie di Cesare Pascarella; la Toscana nelle novelle di Renato Fucini. Il primo autore italiano a teorizzare il verismo fu Luigi Capuana, il quale teorizzò la "poesia del vero"; fu il vero teorico del verismo italiano, anche per il suo ruolo di docente all’Università di Catania che lo portava, per statuto professionale, alla riflessione critica oltre che all’attività creativa. Nei suoi libri, soprattutto nei romanzi Giacinta (1879) e Il marchese di Roccaverdina (1902), si alterna l’interesse per le psicologie tormentate dei personaggi, studiati nelle più intime risonanze interiori, spesso ai limiti del morboso. Il caposcuola riconosciuto del movimento è Giovanni Verga, con i romanzi I Malavoglia (1881), Mastro-don Gesualdo (1889), le raccolte di novelle Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883). Verga, che dapprima era collocabile nella corrente letteraria tardo romantica (era stato soprannominato il poeta delle duchesse e aveva un successo notevole) intraprese la strada del verismo con la raccolta di novelle Vita dei campi e Novelle rusticane e infine col primo romanzo del Ciclo dei Vinti, I Malavoglia, nel 1881. In Verga e nei veristi, a differenza del naturalismo, convive comunque il desiderio di far conoscere al lettore il proprio punto di vista sulla vicenda, pur non svelando opinioni personali nella scrittura. La caratteristica del Verismo rispetto ad altre tecniche narrative è l'utilizzo del "principio dell'impersonalità", tecnica che, come mostrato da Verga, consente all'autore di porsi in un'ottica di distacco nei confronti dei personaggi e dell'intreccio del racconto. L'impersonalità narrativa è propria di una narrazione distaccata, rigorosamente in terza persona e, ovviamente, in chiave oggettiva, priva, cioè, di commenti o intrusioni d'autore che potrebbero, in qualche maniera, influenzare il pensiero che il lettore si crea a proposito di un determinato personaggio o di una determinata situazione. Il verismo, come si...


Similar Free PDFs