Positivismo, naturalismo e verismo riassunti PDF

Title Positivismo, naturalismo e verismo riassunti
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi dell'Aquila
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Positivismo, naturalismo e verismo riassunti...


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Positivismo In Italia, negli anni 70-80, si stava sviluppando un sistema capitalistico moderno, che portava all’industrializzazione. Per questa ragione le idee degli scrittori e degli uomini di cultura di questo periodo fanno sempre riferimento all’economia. Si possono individuare tre tipi di atteggiamento degli scrittori di fronte a questa modernizzazione: 1) quelli che inneggiano il progresso; 2)quelli che inneggiano i valori del passato, rifiutando il presente; 3) quelli che non approvano e non condannano, ma si limitano a conoscere quel processo. Il primo atteggiamento è quello della cultura che diventa egemone in questo periodo, tra tutti i ceti, ovvero il positivismo. Inizialmente si afferma in Inghilterra, Francia e Germania poi, nella seconda metà dell’800, si afferma anche in Italia. Grande importanza assumono le scoperte scientifiche poiché sono fondamentali per il progresso. Questo insieme di fattori genera in Europa un entusiasmo nelle forze dell’uomo e nell’ambito scientifico-tecnologico. La figura mitica, secondo il positivismo, diventa lo scienziato, il medico, il capitano d’industria. Il positivismo si basa su dei concetti: -il metodo scientifico è l’unico valido, vengono esclusi tutti gli altri principi; -una visione materialistica, il reale è un gioco di forze materiali che possono essere spiegate solo attraverso la scienza. Il positivista, dunque, crede solo ai fatti , osservabili e dimostrabili sperimentalmente. Un esponente che credeva molto nel progresso fu Carducci, ma in lui vi è anche una forte componente romantica, egli prova disgusto per la nuova era, pertanto rifiuta il presente e si rifugia in un mondo passato. Verga invece è il rappresentante del terzo atteggiamento; l’autore esalta il mondo arcaico della campagna come sede di innocenza e genuinità, ma dall’altro lato studia la realtà, assume quell’atteggiamento conoscitivo nei confronti di questa realtà senza indicare alternative. Verismo, Positivismo e Romanticismo convivono nello scrittore. All’inizio dell’800 c’era stata una crisi del ruolo dell’intellettuale, ormai visto inutile per la società, ma poi con il Risorgimento aveva riacquistato il suo ruolo. Con la fine del Rinascimento il conflitto intellettualesocietà riappare: nascono atteggiamenti di rifiuto verso i valori borghesi, un senso di sconfitta e di frustrazione poiché il letterato si sente emarginato da questo progresso ma, soprattutto, si sente schiacciato dalla lotta alla concorrenza, che deve combattere per avere successo. Gli scrittori si dividono in due campi: quelli che rifiutano questo meccanismo senza preoccuparsi dell’insuccesso, e quelli che lo accettano, adattandosi a scrivere per il pubblico. La Scapigliatura A questa corrente in particolare si oppongono gli Scapigliati, una avanguardia letteraria, ovvero un gruppo di letterati che danno vita a tendenze letterarie innovative. La Scapigliatura si sviluppa soprattutto a Milano, massimo centro dell’industrializzazione in Italia, e quindi luogo dove l’intellettuale percepisce maggiormente la crisi del suo ruolo nella società. Il termine “scapigliato” è il corrispettivo italiano del termine francese “boheme”. Il rapporto degli Scapigliati con il progresso è molto contraddittorio: da un lato lo guardano con orrore, ma dall’altro si rendono conto che è ormai un processo inevitabile nella società contemporanea. Proprio per questo, quasi

involontariamente, riprendono una serie di tematiche già affrontate dal Romanticismo europeo, quali l’orrore, la malinconia, la stanchezza del presente, ecc. Il manifesto degli Scapigliati è considerato “Preludio”, un’opera di Emilio Praga, che affronta tutte le tematiche sostenute dalla Scapigliatura, quali la perdita di valori, il disorientamento e la miseria della società contemporanea. Il Naturalismo Accanto all’avanguardia degli Scapigliati, a partire dalla Francia, si diffonde un’altra corrente letteraria, il NATURALISMO. Il Naturalismo prende vita a partire dalle idee filosofiche del Positivismo, che rifiuta ogni visione di tipo trascendente e religiosa, per spiegare la realtà attraverso la scienza. Il padre del Naturalismo francese, però, è considerato Emile Zola. Nello scritto “Il romanzo sperimentale” racchiude tutti i punti fondamentali del Naturalismo: - la superiorità del romanzo rispetto agli altri generi, in quanto permette in maniera più semplice di descrivere la realtà. - un’analisi rigorosa della realtà, in maniera del tutto oggettiva. L’opera scritta deve “fotografare” la realtà, il narratore non si deve sentire né deve far emergere il suo punto di vista. - la letteratura deve fungere da denuncia sociale, con la speranza che la situazione possa migliorare. Il Naturalismo arriva anche in Italia, ma, mentre in Francia si era sviluppato come corrente nazionale, in Italia si diffonde come fenomeno regionale: si diffonde soprattutto in Sicilia e prende il nome di VERISMO. I veristi appoggiano e riprendono le tecniche oggettive utilizzate da Zola. I massimi esponenti sono Capuana, De Roberto e Verga. Giosuè Carducci Vita: Nacque nel 1835 a Valdicastello, in Versilia, da una famiglia medio borghese. Trascorse la sua infanzia in Maremma e qui ebbe contatto con una natura aspra e selvaggia, che divenne poi oggetto di nostalgia della sua poetica. Studiò alla Normale di Pisa, si laureò in lettere e iniziò la carriera di insegnante. Gli fu poi affidata la cattedra di Letteratura italiana a Bologna, che tenne per 40 anni. Fu un grande studioso, partecipò anche alla vita culturale del tempo scrivendo per i periodi più prestigiosi. Ottenne il premio Nobel per la poesia nel 1906 e morì l’anno dopo. L’evoluzione ideologica e letteraria: Carducci inizialmente fu di idee profondamente democratiche, vedeva di buon occhio la Rivoluzione francese e il Risorgimento, in particolare le imprese garibaldine. Poi, però, vedendo che più che non si stava seriamente realizzando un programma democratico, rimase molto deluso, e si servì della sua poesia per farsi sostenitore del popolo, indirizza la sua poesia all’Italia “vile” del suo tempo. Fu anche anticlericale, e osteggiò Chiesa e religione, esaltando, invece, la cultura pagana del classicismo; esalta la scienza e il progresso, avvicinandosi in questo modo alle contemporanee idee del Positivismo. Con l’età, invece, andò cambiando le sua posizioni, avvicinandosi alla monarchia. Questo cambiamento di ideale politico si riflette anche nel suo percorso culturale: la prima parte della sua vita è dedita ai classici, e critica il Romanticismo eccessivamente sentimentale e manzoniano. Nella maturità,

invece, si accosta ai romantici europei, ed in particolare francesi, e si ripiega in un’analisi intima, alla ricerca di un modo per sfuggire allo squallore del presente, che trova nell’esotismo. Secondo molti critici, fra cui Croce, Carducci è considerato “l’ultimo dei classici”, prima delle innovazioni che avverranno nel ‘900; in realtà di recente non è più considerato così, ma per meglio dire un poeta “tardo-romantico”, in quanto, seppur in maniera minore, anche nel pensiero di Carducci è possibile rintracciare una chiusura e un’analisi interiore. La prima fase della sua produzione: i suoi inizi sono caratterizzati da opere in cui riprende temi, immagini e metri degli autori della tradizione, da Dante a Foscolo. La sua prima raccolta di versi è “Juvenilia” e “Levia grava”, è la poesia in cui si definisce dunque il linguaggio è aulico. “I Giambi ed Epodi” è una seconda raccolta di poesie il cui titolo allude ai metri utilizzati dai poeti antichi, come Orazio, per la poesia di satira. Sono infatti le poesie in cui Carducci esprime la sua polemica contro l’Italia del suo tempo. In opposizione a questa Italia vile, Carducci evoca l’epoca risorgimentale di Garibaldi. In questa raccolta sperimenta un linguaggio che si allontana dai classici, e ricorre a termini della lingua parlata. “L’Inno a Satana” è invece la poesia con cui Carducci esprime a pieno il suo anticlericalismo. Le Rime nuove: è una raccolta di poesie che si rifanno alle forme tradizionali della lirica italiana, usate nel Medio Evo, e caratterizzate dalla rima. Da qui deriva il titolo, un omaggio alla rima. Gran parte di queste poesie è ispirata dalla letteratura: le emozioni che nascono dalla lettura di opere a cui vuole rendere omaggio; sono liriche dedicate ad Omero, Virgilio, Dante, Petrarca, Ariosto. L’altra parte di queste poesie rievoca momenti storici o particolari atmosfere del passato, a cui si contrappone la mediocrità del presente. Le età verso cui Carducci esprime la propria nostalgia sono la Roma repubblicana, il Medio evo comunale, la Rivoluzione Francese e il Risorgimento. Vi è un gruppo di poesie però in cui esprime la volontà di fuggire in un’Ellade antica poiché questa rievoca la sua infanzia e la sua giovinezza, viste come momento di libertà, di gioia, di vita sana, contrapposte al grigiore e la delusione attuale. La rievocazione della giovinezza si proietta nel paesaggio della Maremma. Le odi barbare: nel primo libro Carducci abbandona la metrica tradizionale italiana cercando di riprodurre quella classica. Seguì un secondo libro e poi un terzo, i quali fecero scaturire molte critiche poiché questo esperimento metrico non fu accettato, poi però questo tipo di metrica fu accettato dal pubblico. Queste poesie riprendono gli stessi temi delle Rime nuove. Rime e ritmi: l’ultima raccolta contiene grandi odi celebrative. Sono quelle poesie che hanno fatto di Carducci il poeta dell’Italia umbertina e il vate dei destini della patria. In queste poesie pare notare una nuova poetica, più vicina al decadentismo. Carducci critico e prosatore: Accanto alla produzione di Carducci, non va dimenticato il Carducci oratore (che scrisse numerose orazioni in circostanze ufficiali), e la raccolta di epistole (Carducci ci ha lasciato 22 volumi di lettere). Federico De Roberto

Vita: Nasce a Napoli nel 1861, ma da una famiglia siciliana, si trasferì a Catania dopo la morte del padre, dove ebbe una formazione scientifica alla quale affiancò il suo interesse per la letteratura. Fu decisivo nella sua formazione il trasferimento a Milano, dove conobbe Verga e Capuana e fu introdotto nella cerchia degli Scapigliati. Alla sua produzione letteraria va associata quella di giornalista, a Milano infatti collaborò con Il corriere della Sera. I primi anni del 900 si ritirò a Catania, dove ebbe un incarico come bibliotecario, e morì isolato e dimenticato nel 1927. Il suo capolavoro è il romanzo “I Viceré”. Successivamente fu pubblicato “L’imperio”, il seguito dei Vicerè, che racconta del successo politico dell’ultimo rampollo della famiglia Uzeda, Consalvo. La poetica: Sostenitore convinto della poetica naturalista e verista, De Roberto portò alle estreme conseguenze quegli aspetti di impersonalità del narratore e di osservazione rigorosa dei fatti. Le tecniche narrative di De Roberto sono diverse da quelle di Verga. Non è presente la regressione della voce narrante nella realtà rappresentata; è presente invece il discorso indiretto libero ma la narrazione si fonda maggiormente sul dialogo e sulla presenza di didascalie descrittive. Secondo De Roberto l’impersonalità assoluta si ottiene attraverso il dialogo, come se la scena fosse stata scritta per il teatro. Le opere di carattere verghiano: scrisse novelle, seguendo il modello di Verga, in cui si concentra sul mondo della nobiltà in disfacimento, e il mondo della borghesia che tenta di confondersi con quello dei nobili. I romanzi psicologici: prima di scrivere il suo capolavoro, De Roberto si dedicò ad altri romanzi psicologici come “L’illusione” e “Ermanno Reali”. In questi romanzi la tematica psicologica si rifà al contrasto tra illusione e realtà. I Viceré: La stesura del romanzo, iniziata a Catania nel 1891, fu lunga e difficoltosa, e fu completata nel 1892; De Roberto sottopose poi il testo a un lungo lavoro di revisione, terminato verso la fine del 1893. L'opera fu finalmente pubblicata nel 1894. Questa storia si ispira al principio naturalistico e positivistico della race, ovvero dell’ereditarietà e le sue conseguenze. Narra le vicende della famiglia Uzeda, discendente da antichi viceré spagnoli dell’isola, intrecciate con avvenimenti storici avvenuti tra il 1850 e il 1880. I componenti della famiglia degli Uzeda sono accomunati dalla razza e dal sangue vecchio e corrotto, dovuto anche ai numerosi matrimoni tra consanguinei. Quanto emerge da questa famiglia è la spiccata avidità, la sete di potere, le meschinità e gli odi che i componenti nutrono l'uno per l'altro alimentando in ciascuno una diversa patologica monomania. La sete di potere domina anche l’ultimo discendente, Consalvo, protagonista della parte finale del romanzo che, dopo l’adolescenza, affronta con cinismo la carriera politica e per opportunismo abbraccia le idee di sinistra. È convinto che al di là di ogni coinvolgimento storico nulla può mutare e che i privilegiati debbano sapersi adattare ai nuovi cambiamenti per mantenere intatto il loro potere. Il Verismo Il verismo è una corrente letteraria nata all'incirca fra il 1875 e il 1895 ad opera di Giovanni Verga e Luigi Capuana con la collaborazione di altri scrittori. Nasce sotto influenza del clima positivista,

quell'assoluta fiducia nella scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca. Inoltre, il Verismo si ispira in maniera evidente al Naturalismo, un movimento letterario diffuso in Francia a metà ottocento. Per gli scrittori naturalisti la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà sociale e umana, rappresentandone rigorosamente le classi, comprese quelle più umili, in ogni aspetto anche sgradevole; gli autori devono comportarsi come gli scienziati analizzando gli aspetti concreti della vita. Si sviluppa a Milano, allora il centro culturale più vivo della penisola, in cui si raccolgono intellettuali di regioni diverse; le opere veriste però rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare. Il primo autore italiano a teorizzare il verismo fu Luigi Capuana, il quale teorizzò la "poesia del vero"; così Giovanni Verga, che prima era collocabile nella corrente letteraria tardoromantica intraprese la strada del verismo con la raccolta di novelle Vita dei campi e Novelle rusticane e infine col primo romanzo del Ciclo dei Vinti, I Malavoglia, nel 1881. In Verga e nei veristi, a differenza del naturalismo, convive comunque il desiderio di far conoscere al lettore il proprio punto di vista sulla vicenda, pur non svelando opinioni personali nella scrittura. Tecniche: La principale caratteristica del Verismo è l'utilizzo del "principio dell'impersonalità", tecnica che consente all'autore distaccarsi dai personaggi e dall'intreccio del racconto. La narrazione è in terza persona e oggettiva, priva di commenti o intrusioni d'autore che potrebbero influenzare il pensiero del lettore. Il verismo si interessa molto delle questioni socio-culturali dell'epoca in cui vive e si sviluppa. In Giovanni Verga, per esempio, ritroviamo in molte opere la questione della situazione meridionale. Secondo Verga, non è possibile che un personaggio di umili origini riesca in qualche modo, per quanto esso valga, a riemergere da quella condizione in cui è nato. Non è possibile che un povero diventi ricco. In questo caso vi è l’eccezione narrativa nella novella La roba, in cui il povero e umile contadino Mazzarò riesce a divenire ricco, grazie al suo impegno. Ma anche se benestante, il personaggio non potrà mai integrarsi con l’ambiente alto-borghese, proprio perché egli non vi appartiene di nascita. Il narratore è popolare, quasi sempre un contadino o artigiano che usa espressioni gergali. Gli autori veristi, in particolare Verga, tendono ad usare un linguaggio non colto, povero, fatto di modi di dire, imprecazioni, proverbi popolari,espressioni dialettali e spesso anche di vocaboli siciliani. Giovanni Verga Vita: Nasce a Catania nel 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri. Fece i primi studi di impianto romantico. I suoi studi però non furono regolari perché, dopo essersi iscritto all’università di legge di Catania, non li terminò per dedicarsi all’attività letteraria e al giornalismo. I testi su cui si formò furono quelli degli scrittori francesi. Si trasferisce a Firenze perché era convinto che per diventare uno scrittore autentico doveva liberarsi dei limiti della sua cultura provinciale e entrare a contatto con la società letteraria italiana. Si trasferisce poi a Milano e si accosta alla Scapigliatura, di questo periodo sono i suoi romanzi “ Eva”; “Eros” e “Tigre reale”. La svolta avviene con la “conversione” al Verismo in seguito alla pubblicazione di “Rosso Malpelo”. Seguono le novelle di “Vita dei campi”; il primo romanzo del ciclo dei Vinti, “I Malavoglia; le “Novelle rusticane”; il dramma “Cavalleria rusticana”, il secondo romanzo “Mastro don Gesualdo” e infine il terzo, “La Duchessa de Leyra” che non porta a termine. Torna a vivere a

Catania e si chiude in un silenzio totale per dedicarsi alle sue proprietà agricole. Quando scoppia la prima guerra mondiale è un interventista, nel dopoguerra invece si schiera dalla parte dei nazionalisti. Muore nel 1922. I romanzi preveristi: A Catania scrive “Una peccatrice” che narra la storia di un uomo che insegue il successo e la ricchezza, ma che perde l’amore della donna amata, causandone il suicidio (fase catanese). A Firenze infatti termina “Storia di una capinera”, romanzo sentimentale che narra di un amore impossibile e una monacazione forzata (fase fiorentina). A Milano invece pubblica “Eva”, la storia di un giovane pittore siciliano che, a Firenze, brucia le sue illusioni e i suoi ideali per amore di una ballerina, simbolo della corruzione di una società materialista, che punta solo ai piaceri, e che disprezza l’arte. “Eros” invece è la storia di un giovane aristocratico, corrotto da una so cietà raffinata e vuota. “Tigre reale” è la storia di un giovane innamorato di una donna fatale, divoratrice di uomini, e la sua redenzione segnata dal ritorno alle gioia della famiglia (fase milanese). La svolta verista: avviene con la pubblicazione di Rosso Malpelo, dopo un silenzio di 3 anni. È la storia di un garzone che vive in un ambiente duro e disumano, narrata con un linguaggio nudo, tipico di una narrazione popolare. Il cambio di temi e di linguaggio è stato interpretato come una vera e propria conversione. Verga si proponeva di raccontare il vero già ai tempi dei primi romanzi; l’adesione al Verismo non va quindi vista come una svolta bensì come un’inversione di tendenza. Poetica e tecnica narrativa: alla base della sua tecnica narrativa c’è l’impersonalità. La narrazione deve descrivere il vero, che deve essere raccontato in modo tale da porre il lettore faccia a faccia con il fatto, e non vederlo attraverso la lente dello scrittore. Per questa ragione l’autore deve eclissarsi, non devono comparire le sue riflessioni all’interno della narrazione. L’autore deve mettersi nei panni dei personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole. Proprio per dare l’impressione al lettore che i fatti si stiano svolgendo sotto i suoi occhi, egli viene introdotto nel mezzo degli avvenimenti, senza che nessuno gli spieghi gli antefatti e gli intrecci dei personaggi. Il narratore, dunque, non è il narratore onnisciente tradizionale. Il punto di vista dello scrittore non si avverte mai perché la voce che racconta è all’interno del mondo rappresentato, allo stesso livello dei personaggi. Il narratore non fornisce informazioni sui personaggi, sulla storia o sul luogo in cui si svolge, è come se si rivolgesse a un pubblico che abbia sempre conosciuto quei personaggi e quei luoghi; in realtà il lettore arriva a conoscere i personaggi attraverso ciò che fanno e ciò che dicono. L’ideologia verghiana: Verga sostiene che il narratore debba eclissarsi perché non ha il diritto di giudicare ciò che scrive. Alla base c’è una visione pessimistica: la società è dominata dal meccanismo della lotta per la vita, per cui inevitabilmente il più forte schiaccia sempre il più debole. La generosità, l’altruismo, la pietà sono valori che non trovano posto nella società reale; gli uomini sono mossi solo dall’interesse economico e dall’egoismo. Questa legge domina qualsiasi società, di qualsiasi tempo e luogo. Secondo Verga non c’è alternat...


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