Riassunto di Cross cultural management PDF

Title Riassunto di Cross cultural management
Course Cross Cultural Management
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Concetti per una corretta introduzione e comprensione della materia Cross cultural management...


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INTRODUZIONE La forte attrazione verso i mercati globali ha spinto nel recente passato un numero sempre maggiore di imprese ad estendere le proprie attività oltre confine. La possibilità di ampliare il mercato di sbocco per la vendita dei propri prodotti, così come quella di delocalizzare alcune funzioni aziendali e ridurre i costi, rappresentano infatti solo alcune tra le preziose occasioni che le organizzazioni non possono trascurare in ottica competitiva. Le imprese globali si trovano così sempre più ad operare in contesti diversi da quello di origine e ad intrattenere rapporti con soggetti culturalmente differenti. Infatti, nonostante la globalizzazione abbia comportato un avvicinamento delle culture, molte differenze permangono e, al contrario, spesso si rafforzano. Tutto ciò ha fatto sì che il concetto di cross-cultural management abbia ottenuto una rilevanza via via crescente agli occhi delle imprese che operano globalmente. Il tema è però complesso e tutt'ora aperto a nuove prospettive, per cui non tutte le aziende ne hanno ancora compreso appieno l'importanza. Il presente lavoro si propone dunque di capire, come prima cosa, se la cultura abbia o meno un impatto sul modo di operare delle organizzazioni e se le diversità culturali possano rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende. Scopo della trattazione è, dunque, quello di approfondire le modalità attraverso cui la cultura nazionale condiziona la cultura d'impresa e, più in generale, la gestione dell'azienda e delle relative attività. Il primo capitolo introduce il concetto di cultura e ne analizza l'evoluzione nella letteratura, cercando di capire se le differenze culturali possano essere considerate come ostacolo per le imprese internazionali o come fonte di vantaggio competitivo. Questo pone le basi per la successiva introduzione del tema del cross-cultural management. In seguito viene presentato il concetto di cultura d'impresa, poiché si ritiene che sia strettamente correlato a quello di cultura nazionale. Infatti, attraverso l'analisi

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dei lavori di Geert Hofstede1, di Fons Trompenaars2 e del GLOBE project team3, si è cercato di individuare quali siano le principali dimensioni culturali che permettono il confronto tra i diversi contesti nazionali e in che modo tali parametri influenzino la cultura d'impresa e le attività di management. Il secondo capitolo tratta invece il rapporto intercorrente tra cultura e gestione d'impresa. La prima parte concerne la struttura dell'impresa, ovvero come la cultura condizioni la forma organizzativa e, inversamente, come il modello adottato gestisca le diversità culturali derivanti dall'operare in contesti differenti. Successivamente viene considerata la relazione tra cultura e strategia d'impresa, così come l'influsso della prima sulla scelta del mercato e del metodo di ingresso; viene in seguito posta una grande enfasi sulle implicazioni culturali derivanti da alleanze strategiche, fusioni ed acquisizioni. Infine è dedicato spazio al rapporto tra la cultura e le strategie di marketing internazionale. Nel terzo capitolo si considera la comunicazione interculturale, focalizzandosi soprattutto sulle variabili culturali che la influenzano. Le abilità di comunicazione tra culture sono assolutamente necessarie per i negoziatori, per gli expatriate managers e per i membri dei team cross-culturali, di conseguenza tali argomenti verranno discussi in questa sezione. Infine il quarto capitolo mira a dare un risvolto concreto al presente lavoro, cercando di individuare quali siano le peculiarità culturali del contesto cinese e come esse possano condizionare le organizzazioni internazionali che intendono operare in Cina.

1 Si faccia riferimento a: Hofstede, G., Culture's consequences: Comparing values, behaviours, institututions and organizations across nations, Thousand Oaks, Sage Publications, 2001. 2 Si veda: Trompenaars, F., Hampden-Turner, C., Riding the Waves of Culture: Understanding Diversity in Global Business, London, Nicholas Brealey, 1997. 3 Si consideri: House, R. J., Hanges, P. J., Javidan, M., Dorfman, P. W., Gupta, V., Leadership, Culture and Organizations: The GLOBE study of 62 societies, Thousand Oaks, SAGE, 2004.

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CAPITOLO I

CROSS-CULTURAL MANAGEMENT E CULTURA D'IMPRESA

1.1 La cultura: da ostacolo a vantaggio competitivo Nei mercati globali, le attuali tendenze culturali volgono verso un progressivo avvicinamento reciproco, grazie alle molteplici leve della globalizzazione, tra cui i network mediatici (internet in primis) ed i servizi di trasporto. Tali strumenti ci stanno così proiettando verso una società sempre più globale. Questo tuttavia non comporta una omogeneizzazione culturale, in quanto sono sempre esistite differenze basilari tra soggetti appartenenti a diverse popolazioni e sembra impossibile che esse possano venire meno, o perlomeno si è ancora molto lontani da una tale prospettiva. Per questo motivo diventa essenziale per le numerose e crescenti imprese market-driven oriented4 considerare i propri consumatori come soggetti connotati da una determinata “cultura” con proprie peculiarità. 4 Le imprese “market-driven oriented sono quelle aziende il cui scopo è saper anticipare le dinamiche del mercato per cogliere le opportunità, adeguandosi in base alle esigenze dei consumatori. Sull'argomento si veda: Brondoni S. M., Market-driven management e mercati globali, Torino, Giappichelli, 2007.

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Attualmente esistono centinaia di definizioni del termine, in quanto esso può essere interpretato da discipline totalmente differenti: l'antropologia, la sociologia, la filosofia, fino a giungere agli studi manageriali. Non c'è dunque da stupirsi se ancora oggi manca il consenso sul concetto di cultura, viste le numerose contraddizioni che questa ricchezza di letteratura si porta dietro. Un buon punto di partenza per la comprensione deriva dal pensiero di Edward Burnett Tylor, il quale sostiene che “la cultura sia quell'intero complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, la legge, i costumi e ogni altra capacità ed abitudine acquisita dall'uomo come membro della società”5. Sulla stessa filosofia si può collocare l'ampiamente utilizzata definizione degli antropologi americani Kroeber e Kluckhohn: “Culture consists of patterns, explicit and implicit of and for behaviour acquired and transmitted by simbols, constituting the distinctive achievement of human groups, included their embodiments in artifacts: the essential core of culture consists of traditional (i.e. historically derived and selected) ideas and especially their attached values; culture systems may, one the one hand, be considered as products of action; on the other, as conditioning elements of future action”6. Il principale spunto che si può trarre da questa citazione è che i membri di una cultura condividano un insieme di idee e, specialmente, valori, i quali sono trasmessi da una generazione all'altra attraverso simboli. Una delle più celebrate definizioni che si ritrova nella letteratura cross-cultural, poiché è in grado di concentrare in poche parole il significato di cultura ricomprendendo il pensiero di altri Autori, è quella elaborata da Geert Hofstede, secondo cui essa è: “The collective programming of the mind which distinguishes the members of one human group from another”7. Hofstede sottolinea dunque come la cultura sia un fenomeno collettivo, in quanto 5 Cfr: Tyler, E. B., (1871) Primitive culture. Citato in: Holden, N.,Cross-cultural management: a knowledge management perspective, Harlow , Financial Times/Prentice Hall, 2002. 6 Cfr: Kroeber, A. L., Kluckhohn, C., Culture: A critical review of concepts and definitions, Cambridge, Harvard University Press.,1952. 7 Cfr: Hofstede, G., Culture's Consequences: International differences in work-related values, Beverly Hills, Sage Publications, 1980.

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essa viene condivisa, almeno in parte, con persone che vivono, o hanno vissuto, all’interno dello stesso ambiente sociale. Egli sostiene che i valori siano la parte più interna e invisibile di una cultura, cioè le tendenze a preferire certi modi di operare rispetto ad altri, mentre le pratiche ne siano l'aspetto più visibile, comprendendo i simboli, gli eroi ed i rituali8. Infine precisa che la cultura viene appresa, non ereditata: “It derives from one’s social environment, not from one’s genes”9. Joy Paul Guilford ha definito la personalità come “the interactive aggregate of personal characteristics that influence the individual’s response to the environment”10; secondo Hofstede la cultura, per la collettività umana, rappresenta ciò che per un individuo è la personalità, di conseguenza essa consisterebbe nel complesso di azioni reciproche con caratteristiche comuni che influenzano la risposta di un gruppo di persone all’ambiente circostante. La cultura determina perciò l’unicità di un gruppo umano nello stesso modo in cui la personalità determina l’unicità di un individuo11. Una volta compreso il significato della parola cultura, si può notare come nella letteratura manageriale degli ultimi quarant'anni si possano distinguere tre usi primari del termine: il primo si riferisce agli attributi mentali, come esposto da Hofstede; il secondo si rifà alle nazioni, ai gruppi regionali od etnici all'interno o tra Stati; il terzo infine fa riferimento alle organizzazioni, sotto forma di cultura d'impresa12. Il concetto di cultura può essere applicato ad una qualsiasi collettività o categoria di persone: ad esempio una professione, una fascia di età, una categoria sessuale, una famiglia, una classe sociale, etc... 8 Sull'argomento si veda: Hofstede, G., Culture's consequences: comparing values, behaviours, institututions and organizations across nations (second edition), Thousand Oaks, Sage Publications, 2001. 9 Cfr: Hofstede, G., Hofstede, G. J., Culture and organizations: software of the mind (2nd edition), McGraw-Hill, 2005. 10 Cfr: Guilford J. P., Personality. New York, McGraw-Hill, 1959. 11 Si veda: Hofstede, G., Op. Cit., 2001. 12 I concetti di cultura nazionale e di cultura aziendale verranno trattati più nel dettaglio nei paragrafi successivi.

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La cultura è un aspetto fondamentale nei mercati globali, in ragione degli effetti che determina. Il primo fenomeno, nonché il più evidente, è che gli individui appartenenti a culture diverse possano differire notevolmente sotto vari punti di vista, ad esempio un consumatore europeo non utilizzerà gli stessi criteri di scelta di un consumatore asiatico, questo perchè l'influenza delle norme sociali del territorio è forte e comporta bisogni e necessità dissimili. Ciò significa che il divario culturale può portare un'azienda ad una difficile previsione ed interpretazione delle reazioni della domanda13. Il secondo effetto riguarda invece l'influenza che la cultura esercita sull'impresa, ovvero le implicazioni che possono derivare a livello di cultura aziendale e manageriale14. A causa di questi effetti, le differenze culturali sono state spesso considerate in passato come un fortissimo ostacolo alle interazioni commerciali; questa visione è comprensibile tenendo conto degli svariati fallimenti subiti dalle aziende che si sono cimentate in operazioni internazionali15. 13 Ad esempio si può citare il caso dell'entrata di Procter & Gamble nel mercato giapponese: l'impresa fece il suo ingresso nel 1973, offrendo beni americani e focalizzandosi su uno stile di advertising tipicamente statunitense. Nel 1987 aveva totalizzato una perdita di 200 milioni di dollari, poiché non aveva considerato in modo appropriato le differenze tra le due nazioni e non era riuscita a prevedere le reazioni della domanda giapponese. Una volta compreso il problema P&G si focalizzò sull'analisi della cultura locale e vi si adattò, riuscendo ad invertire la tendenza e portare il Giappone ad essere il suo secondo maggiore mercato, con vendite che superarono il bilione di dollari nel 1990. Dati tratti da: Dyer, D., Dalzell, F., Olegario, R., Rising tide: lessons from 165 years of brand building at Procter & Gamble, 2004. 14 Sull'argomento si consideri: Arrigo E., Codignola F., “Imprese globali e Cross-Cultural Management”. In: AA.VV. (a cura di S.M. Brondoni), Cultura di network e dinamiche competitive, Torino, Giappichelli, 2006. 15 Si può portare come esempio il caso dei sandali Bata che nel 1989 in Bangladesh hanno persino provocato una rivolta in cui vi sono stati più di 50 feriti; la protesta nasceva dai fondamentalisti islamici poiché il logo riportato sul prodotto somigliava in arabo alla scritta “Allah”, come conseguenza il governo ha vietato la vendita dei sandali. Si potrebbero anche citare centinaia di casi in cui la traduzione del nome del prodotto o della marca hanno un significato negativo nel mercato di destinazione e ciò ha causato il fallimento delle vendite: ad esempio la Ford ha lanciato in alcuni paesi dell'America latina un camion chiamato Feira, la cui traduzione è “vecchiaccia”; oppure la Olympia non è riuscita a vendere bene la propria fotocopiatrice Roto in Cile poiché tale parola significa “rotto” nella lingua spagnola.

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La letteratura manageriale internazionale mostra di conseguenza in molti casi inquietudine, rappresentando il divario culturale e la cultura stessa come principale causa della rovina aziendale. In questo filone di pensiero possiamo ritrovare Hampden-Turner per la pubblicazione sull''Harvard Business Review di un articolo sotto il titolo “the cross-cultural quagmire” 16, che utilizza la metafora delle sabbie mobili per far capire in modo chiaro l'idea sull'argomento. Anche Wendy Hall sosteneva che “le differenze culturali fossero abbastanza importanti da rovinare partnership che altrimenti avrebbero avuto senso economico perfetto”17. Altri scrittori che enfatizzavano questo concetto furono Alison Rankin Frost, che comparava lo scontro culturale ad un terremoto18, e gli americani Seelye e Seelye-James, i quali lo paragonavano ad una malattia terminale19. Tuttavia si inizia ad osservare un allontanamento da questa visione estremamente negativa con Lisa Hoecklin, la quale affermava correttamente che “il divario culturale, se non propriamente gestito, potesse portare alla frustrazione manageriale, a costosi fraintendimenti e persino a fallimenti di business”20, ma l'Autrice precisava ulteriormente: “To think about cultural differences as a source of competitive advantage, there must be a shift in assumptions about the impact of cultural differences … Culture should not simply be seen as an obstacle to doing business accross cultures. It can provide tangible benefits and can be used competitively”21. Compare così per la prima volta il concetto di cultura non più considerato come un ostacolo ma come un fattore da utilizzare competitivamente per produrre 16 Cfr: Hampden-Turner, C., “The Boundaries of business: the cross-cultural quagmire”, Harvard Business Review, September-October, 1991. 17 Cfr: Hall, W., Managing cultures: Making strategic relationships work, Chichester, Uk: John Wiley & Sons, 1995. 18 Si veda: Frost, A. R., “Negotiating culture in a global environment”, Journal of Management Communication, 2000. 19 Sull'argomento si veda: Seelye, H. N. e Seelye-James, A., Culture clash: Managing in a multicultural world, Lincolnwood, NTC Business Books, 1995. 20 Cfr: Hoecklin, L., Managing cultural differences: strategies for competitive advantage, London: Economist Intelligence Unit/Addison Wesley, 1995. 21 Ibidem.

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benefici tangibili. In seguito molti altri scrittori si sono allineati su questa stessa concezione, ad esempio per John Viney il modo in cui la cultura viene gestita è forse il più importante elemento della competizione per la supremazia nel business22. Ulteriori voci a sostegno di questa tesi sono quelle di Schneider e Barsoux, ritenendo che l'obiettivo della politica aziendale non debba essere la neutralizzazione o contenimento delle differenze culturali, bensì il loro sfruttamento23; troviamo infine anche Dupriez e Simons, la cui tesi era: “The firms which are able to draw on the diverse experience of their multicultural workforce enjoy a wider and more open platform for addressing difficult problems in a critical spirit”24. Da quanto esaminato finora, appare che tutti gli Autori considerino la cultura come una componente complessa per il management; coloro che la trattano come un fattore con impatto negativo sulle operazioni internazionali sottolineano che questa influenza deve essere anticipata, controllata o limitata; coloro invece che affermano che essa sia una fonte di vantaggio competitivo enfatizzano la necessità di creare sinergie dalla diversità internazionale e intra-nazionale. In ogni caso il riconoscimento che in un contesto di international business il fattore culturale crei sfide e problemi di difficile gestione per le imprese ed il loro management ha dato vita ad una sotto-disciplina del management internazionale, chiamata “cross-cultural management”.

22 Si consulti: Viney, J., The culture wars: How American and Japanese business have outperformed Europe's and why the future will be different, London: Capstone, 1997. 23 Si consideri: Schneider, S., Barsoux, J. L., Managing across cultures, London: Prentice Hall, 1997. 24 Cfr: Dupriez, P., Simons, S., La résistance culturelle: Fondements, applications et implications du management interculturel, Brussels: De Boeck & Larcier, 2000.

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1.2 Il Cross-cultural Management “Cross-cultural management explains the behaviour of people in organizations around the world and shows people how to work in organizations with employees and client populations from many different cultures. Cross-cultural management describes organizational behaviour within countries and cultures; compares organizational behaviour across countries and cultures: and, pheraps most important, seeks to understand and improve the interaction of co-workers, managers, executives, clients, suppliers and alliance partners from countries and cultures around the world”25. La precedente definizione è attribuibile a Nancy Adler e si ritiene essere una delle più esaustive attualmente esistenti. Adler sottolinea dunque che lo scopo principale della disciplina sia quello di mostrare come lavorare in aziende che devono confrontarsi con dipendenti e clienti provenienti da differenti culture, imparando a gestire e migliorare le interazioni tra i vari soggetti legati all'impresa. L'importanza del cross-cultural management è ormai evidente in un mondo ove i mercati si ampliano e diversificano, facendo proliferare le relazioni commerciali con aziende straniere, le quali possono appartenere a paesi inseriti in una cultura radicalmente dissimile dalla nostra. É palese come anche le forme di cooperazione tra imprese di distinte nazioni siano in costante aumento. Fusioni, rilevamenti, partnership ed alleanze strategiche devono essere tutte analizzate in termini culturali, non solo per determinare quali benefici possano essere ottenuti ma anche per scoprire quali siano le difficoltà che si possono incontrare quando le aziende lavorano insieme. Infatti, i soggetti che intrattengono rapporti economici su scala globale si dovranno confrontare con individui appartenenti ad un diverso contesto e linguaggio, perciò sarà assolutamente necessario conoscere al meglio la cultura 25 Cfr: Adler N. J., International dimensions of organizational behaviour (4th edition), Cincinnati, OH, South-Western College Publishing, 2002.

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con cui essi hanno a che fare per creare un'ottima sinergia ed evitare pericolosi conflitti od incomprensioni. Diventa di conseguenza fondamentale intraprendere, come punto di inizio per un'azienda che voglia adottare l'ottica cross-cultural, una corretta comunicazione interculturale, la quale dovrà puntare a: • decidere quali siano i modelli comunicativi e culturali da accettare e quali da rifiutare, a seconda delle situazioni; • evitare che il divario culturale sia causa di conflitti non voluti; • stimolare l'interesse verso soluzioni differenti dalle proprie ed insegnarne il rispetto26. Non è comunque da sottovalutare la rilevanza del cross-cultural management persino su scala nazionale o regionale, in quanto nei merc...


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