Riepilogo DI C Itologia Appunti - Endomembrane PDF

Title Riepilogo DI C Itologia Appunti - Endomembrane
Author Riccardo Seppa
Course CITOLOGIA E ISTOLOGIA
Institution Università degli Studi dell'Insubria
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Riepilogo DI C Itologia Appunti - Endomembrane...


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RIEPILOGO DI CITOLOGIA APPUNTI - ENDOMEMBRANE Stiamo parlando sempre del sistema delle endomembrane, l’altro giorno abbiamo parlato della Nglicosilazione del reticolo endoplasmatico rugoso, che consiste nell’aggiunta di un oligosaccaride formato da 14 zuccheri nella catena laterale dell’asparagina, che contiene un gruppo NH che è in grado di formare il legame glicosidico. Abbiamo visto come questo oligosaccaride viene assemblato nel reticolo endoplasmatico ad opera di un trasportare di lipidi che è il dolicolfosfato il quale inizia il caricamento di questi zuccheri a partire dal lato citosolico, dove inizia a inserire 2 acetilglucosammina, più 5 mannosi. Dopo si ribalta e quindi trasferisce questi 7 oligosaccaridi all’interno del lume del reticolo endoplasmatico, dove continuano a essere aggiunti gli altri mannoisi più i 3 glucosi; così quando l’oligosaccaride è completo viene trasferito sulla proteina. Una volta che la proteina riceve questo oligosaccaride nel frattempo che si sta maturando il livello di folding, nel frattempo che va migrando nelle cisterne del reticolo endoplasmatico rugoso; subisce quello che viene detto CONTROLLO DELLA QUALITA’, che è ad opera della calnexina e della calreticulina le quasi hanno la funzione e la capacità di riconoscere le proteine glicosilate quando su di esse è presente un solo glucosio; quindi già due glucosi sono stati tolti. Quando la calnexina e la calreticulina si legano a queste proteine cercano di aggiustare il folding, quando le liberano queste proteine si agganciano a un enzima di monitoraggio, che se la proteina è correttamente avvolta la proteina prosegue per l’apparato del Golgi, se non è correttamente foldata viene aggiunto nuovamente un residuo di glucosio, per cui ricicla attraverso la calnexina e la calreticulina fino a un determinato momento in cui o la proteina non è riuscita a foldarsi bene e quindi viene esportata nel citoplasma e degradata attraverso il sistema ubiquitina proteasoma; oppure se ne va nell’apparato del Golgi, ma prima di penetrare nell’apparato del Golgi, un altro residuo di mannosio viene tolto; quindi l’oligosaccaride che era stato assemblato con 14 zuccheri arriva all’apparato del Golgi con 8 zuccheri. Nell’apparato del Golgi la N-glicosilazione continua attraverso il rimaneggiamento dell’oligosaccaride ad opera della mannosidasi che tolgono alcuni mannosi e altri glicosiltransferasi che aggiungono altri zuccheri sulla catena oligosaccaridica formando quello che viene chiamato oligosaccaride complesso. Man mano che la proteina prosegue nell’apparato del Golgi subisce delle modificazioni differenti, a seconda se si trova nella porzione cis, mediana o trans, perché le glicosil transferasi hanno una destinazione territoriale. (es. l’amminosidasi si trova nella regione cis, invece la siasiltransferasi si trova nella porzione trans.). Una volta che la proteina attraversa le cisterne del Golgi viene impacchettata nelle vescicole e quindi inviata alla destinazione finale. Ricordiamo che le vescicole sono delle strutture che gemmano dalle membrane per portare un carico a qualcuno, il carico è selezionato ad opera di recettori del carico, che quindi riconoscono in maniera specifica proteine che devono essere inglobate nella membrana. Il recettore per il carico è aiutato dai complessi proteici che si assemblano sulla superficie della membrana, perché ciascuna delle vescicole è ricoperta da un rivestimento proteico, il quale indirizza le vescicole in un determinato compartimento; ad esempio le vescicole ricoperte del COP I che sono le vescicole che hanno un andamento retrogrado e dall’apparato del Golgi tornano verso il reticolo, oppure dalla porzione trans vanno a quella mediana… invece le vescicole ricoperte dal COP II hanno un andamento anterogrado, quindi dal reticolo endoplasmatico verso l’apparato del Golgi…. Invece le vescicole che sono ricoperte dalla CLATRINA o emergono dal trans Golgi network e si distribuiscono verso la membrana plasmatica, verso i lisosomi, verso gli endosomi; oppure si originano dalla membrana plasmatica quando siamo davanti un processo di endocitosi. Però l’indirizzamento non può essere definito solo dal rivestimento proteico, perché la vescicola non appena gemma lo perde e quindi l’indirizzamento definitivo avviene ad opera delle proteine del tethering ovvero del ormeggio, che richiamano la vescicola verso la membrana target e come una sorta di fune l’avvicinano alla membrana target e poi ci sono delle proteine: le t- snare che sono presenti nella membrana e v -snare sulla vescicola, che attraverso un meccanismo di riconoscimento fondono la vescicola alla membrana target. Fine riepilogo

Quali sono i segnali che le proteine portano in modo che possono essere riconosciute dai recettori specifici, che li indirizzeranno o ai lisosomi o al reticolo endoplasmatico o all’apparato del Golgi ecc… ?

Iniziamo con una sequenza che viene denominata: 

Sequenza di ritenzione nel reticolo endoplasmatico: Sono delle sequenze amminoacidiche che una proteina che deve risiedere nel reticolo endoplasmatico rugoso possiede. Queste sequenze amminoacidiche vengono denominate KDEL (lisina, acido aspartico, acido glutammico, leucina). quindi le proteine che devono andare nel reticolo endoplasmatico lo sanno perché hanno questa sequenza di ritenzione. Però se diciamo ritenzione vuol dire che ogni tanto una proteina può scappare, infatti può succedere che un proteina possa erroneamente possa essere caricata all’interno di una vescicola che sta gemmando e che sta andando verso l’apparato del Golgi, quindi vuol dire che quella proteina non doveva entrare all’interno di quel carico; però esiste il processo retrogrado, che attraverso le vescicole ricoperte con COP I, reindirizzano la proteina verso il reticolo endoplasmatico. Però non dobbiamo pensare che questo processo retrogrado serve principalmente a portare indietro le proteine caricate erroneamente, ma portano indietro proteine che sono più utili nel reticolo endoplasmatico rispetto all’apparto del Golgi e che svolgono attività nel reticolo endoplasmatico. Ad esempio gli Chaperon accompagnano le proteine fino all’apparato del Golgi, lì smettono di funzionare e se ne ritornano nel reticolo endoplasmatico.

Ma come fanno le proteine del Golgi a sapere se si devono localizzare nella faccia cis, nella faccia intermedia o nella faccia trans? REINDIRIZZAMENTO AL RER mo che ciascuna glicosiltransferasi si trova in un punto ben preciso dell’apparato del Golgi (es. la siaasiltransferasi si trova sulla faccia trans) Si pensa che man mano che le proteine vengono localizzate nelle cisterne cis, mediane e trans hanno dei segmenti transmembranaria più grossi, quindi le proteine con segmenti transmembranaria più piccoli saranno quelle che rimarranno nella porzione cis, quelle che hanno più segmenti transmembranali nella porzione mediana, se ne hanno ancora di più in quella trans. Questa ipotesi è supportata dal fatto che le varie porzioni (cis, mediana e trans) hanno spessore diverso. 



Dal trans Golgi network emergono tutta una serie di proteine che devono avere o destinazione verso la membrana plasmatica, o verso i lisosomi ecc… Però come si fa a distinguerle? Per esempio le proteine che devono essere indirizzate nei lisosomi contengono un etichetta, che è il mannosio 6 fosfato, significa che un residuo glucidico è stato fosforilato. Questa etichetta serve a essere riconosciuti da un recettore, infatti il mannosio 6 fosfato è riconosciuto da un recettore mannosio 6 fosfato, quindi una volta che arriva alla faccia trans del Golgi tutte le proteine che hanno il mannosio 6 fosfato vengono riconosciute dal proprio recettore, caricate nelle vescicole ricoperte di clatrina e indirizzate ai lisosomi. Cosa succede ogni volta che una vescicola si distacca? La clatrina si dissocia, questa vescicola si fonde con i lisosomi, il ph acido determina la dissociazione del ligando, per cui la proteina viene immessa all’interno dei lisosomi al quale viene rimosso il fosfato, invece attraverso vescicole che hanno un processo inverso il recettore del mannosio 6 fosfato viene riciclato e quindi riportato nuovamente nella faccia trans del Golgi, il quale può nuovamente legare proteine con il mannosio 6 fosfato e riportarle verso i lisosomi.

Sequenza di ritenzione KDEL -> K -> lisina, D -> acido glutammico, E -> acido aspartico, L -> leucina. Qui è schematizzato l’indirizzamento delle proteine ai lisosomi, in cui, il mannosio 6 fosfato, che, viene aggiunto su una proteina, viene riconosciuto dal recettore per il mannosio 6 fosfato e, quindi, indirizzata nei lisosomi. Lisosomi I lisosomi sono organuli citoplasmatici, ricoperti da una membrana propria, hanno un aspetto estremamente eterogeneo, cioè, non hanno tutti la stessa forma, neanche la stessa dimensione. Quindi potrebbe essere più difficile riconoscerli in un preparato. Non si possono vedere al microscopio ottico, solo a quello elettronico. Sono stati scoperti attraverso la tecnica di centrifugazione su gradiente di densità, la quale, ha permesso di isolare questa porzione lisosomiale su un gradiente di densità differente sia del RE, sia dei mitocondri, sia dei lisosomi. La caratteristica più importante dei lisosomi è quella che funzionano da “sede di degradazione delle proteine”, quindi, le proteine, che, devono essere degradate, possono essere degradate sul sistema dei proteasomi, sistema ubiquitina-proteasoma, oppure all’interno dei lisosomi. Quindi i lisosomi posseggono al loro interno un ambiente molto acido, a livello di PH 4-5. Questo PH intracellulare, così basso, dei lisosomi, è mantenuto grazie a delle pompe protoniche, presenti sulla membrana del lisosoma, che, quindi, fanno entrare H+ ed acidificano l’ambiente. Inoltre all’interno del lisosoma, poiché deve degradare le proteine, sono presenti gli enzimi che degradano le proteine, ovvero le idrolasi acide (idrolasi -> idrolizzano il legame peptidico; acide -> perché funzionano a PH acido), quindi abbiamo: nucleasi, proteasi, glucosidasi, lipasi, fosfatasi: categorie diverse che degradano componenti o macromolecole differenti. Le quali idrolasi funzionano a questo PH acido.

I lisosomi hanno un numero svariato di funzioni: -

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Intervengono nei processi di difesa -> quando un patogeno attacca il nostro organismo, una volta che esso viene riconosciuto dal sistema immunitario, viene poi eliminato all’interno dei lisosomi. Presiede alla degradazione degli organuli invecchiati -> abbiamo detto che le componenti intracellulari possono andare incontro a rinnovamento, per esempio i mitocondri sono quelli che vengono rinnovati. Quindi i lisosomi si occupano di eliminare dei pezzi della cellula che sono andati incontro ad invecchiamento e quindi li rinnova (processo spiegato in seguito). Gli ormoni tiroidei vengono prodotti all’interno della tiroide a più step, uno step dei quali prevede la formazione di un endosoma e, quindi, della degradazione di un precursore, il quale precursore, libera l’ormone tiroideo.

Lisosomi al microscopio elettronico (foto) -> hanno forma e dimensioni differenti Mitocondri al microscopio elettronico (foto) -> facilmente riconoscibili sia per la doppia membrana sia per la presenza delle creste mitocondriali. I lisosomi non funzionano inglobando una proteina e degradandola, funzionano in un ciclo molto complesso all’interno della cellula, dove, per esempio, intervengono nei processi di fagocitosi. Fagocitosi -> Inglobamento di qualcosa da parte della cellula. In genere, la fagocitosi, consiste nell’inglobare, per esempio un patogeno, per esempio del materiale extracellulare. Quindi nei processi di fagocitosi (che significa mangiare), la cellula mangia qualcosa dall’esterno e si viene a formare quello che viene chiamato vacuolo fagocitico.

Vacuolo -> Sia i processi di endocitosi che di fagocitosi, sono tutti processi in cui si viene a formare una fossetta rivestita di clatrina, che, quindi, si libera all’interno della cellula. Supponiamo che questo è il materiale che deve essere fagocitato, si viene a formare questo vacuolo fagocitico, ricoperto da una doppia membrana, il quale fondendosi con le idrolasi acide, le quali, provengono dalle vescicole del trans-Golgi network, formano quello che viene chiamato lisosoma eterofagico. Slide -> C’è un vacuolo fagocitico, se la cellula fagocita qualcosa è per eliminarla, come la elimina? La elimina o perché ci sono già i lisosomi pronti e quindi questi si fondono con il vacuolo; oppure, ancora non ci sono i lisosomi pronti, ci sono soltanto le vescicole ricoperte di clatrina, in cui il recettore per il mannosio 6 fosfato si è acchiappato tutte le proteine con il mannosio 6 fosfato, quindi abbiamo le idrolasi acide, che, sono ancora chiuse nelle vescicole, le quali vescicole sono gemmate dal trans-Golgi network, si legano e quindi formano questo lisosoma, che, già contiene il materiale da degradare. Gli enzimi agiscono, degradano il prodotto della fagocitosi ed in genere del prodotto della fagocitosi, rimane traccia. Se noi mangiamo, produciamo spazzatura. Anche la cellula mangiando, produce un certo tipo di spazzatura, che in genere la cellula cerca di riciclare tutto al massimo, ma, ci sono delle componenti, che, non riesce a riciclare. Per cui, si viene a formare quello, che, viene chiamato corpo residuo, ovvero ciò che è rimasto indigerito dal fagocita, che, o si accumula all’interno della cellula, oppure viene buttato fuori. Questa è una fase in cui intervengono i lisosomi. Nel processo di fagocitosi, intervengono i lisosomi, quando dico “fagocitosi”, già immediatamente immagino i macrofagi che inglobano un patogeno e questo patogeno deve essere degradato, viene degradato all’interno del macrofago stesso attraverso questi lisosomi, che, si fondono sul vacuolo fagocitico e quindi degradano il patogeno. O ancora i lisosomi intervengono nei processi di endocitosi, in tali processi di endocitosi c’è qualcosa che deve essere tolto dalla membrana plasmatica. I recettori, se non servono sulla membrana, vengono endocitati per essere distrutti oppure essere riciclati. Anche l’endocitosi prevede la formazione di una vescicola ricoperta di clatrina, equivalente al vacuolo fagocitico. Quindi noi abbiamo un endosoma, dato dal prodotto dell’endocitosi, che, si fonde con i lisosomi, formando l’endosoma precoce o tardivo, quindi -> degradazione del prodotto di endocitosi. Un vacuolo si può formare da dentro la cellula come vacuolo autofagico. Siamo nel momento in cui per esempio un mitocondrio deve essere degradato. Per degradarlo: prima questo mitocondrio invecchiato viene racchiuso all’interno di un vacuolo autofagico, si fonde con le vescicole contenenti le idrolasi o contenenti lisosomi, per formare un lisosoma autofagico e poi un lisosoma che libera le idrolasi acide all’esterno della cellula o i componenti del mitocondrio all’esterno della cellula.

Processo di degradazione dei componenti invecchiati della cellula -> processo chiamato AUTOFAGIA, letteralmente: la cellula che manda se stessa, cioè parti della cellula che possono essere o danneggiati, o malfunzionanti o invecchiati, per es. i mitocondri vengono rivestiti all’interno di un vacuolo ad opera delle membrane del RE, le quali si fondono con il lisosoma per formare l’autofago lisosoma, per cui, il mitocondrio viene degradato. La parte insolubile, quella che rimane, viene accumulata sotto forma di corpo residuo e quindi accumulato nella cellula sotto forma di granuli, chiamati lipofuxina. Sono delle parti insolubili, non riciclabili, del prodotto della digestione lisosomiale, e altre componenti che vengono esocitate.

2016 -> premio Nobel allo scopritore del meccanismo dell’autofagia; non è impensabile pensare che la cellula, quando ci sono parti, che, non vanno bene, inneschi dei processi di questo tipo. Il processo di autofagia si può anche innescare nel momento in cui una cellula è affamata, cioè deprivata di nutrienti. Se una cellula si trova in carenza di nutrienti, deve decidere: continuo a vivere o mi suicido? La morte della cellula avviene con un programma di morte, che, consiste in un suicidio cellulare, su cui la cellula attiva dei meccanismi di apoptosi, che, la conducono a morte. Nel momento in cui una cellula è affamata, quindi deprivata di nutrienti, per resistere a questa deprivazione, può attivare il meccanismo dell’autofagia, in cui, in questo caso, i mitocondri sono ben funzionanti, però è un meccanismo che definiamo di “salvataggio” per la cellula. Quindi, magari, in attesa che arrivino i nutrienti, perciò i mitocondri se li può rifare. Se questo processo si spinge oltre, quindi non c’è poi la possibilità di recuperare, la cellula va incontro a morte.

Perossisomi Simili ai lisosomi per quanto riguarda la loro struttura, hanno funzioni decisamente diverse. I perossisomi contengono, al loro interno, degli enzimi deputati all’eliminazione delle specie reattive dell’ossigeno. Cosa sono queste specie reattive dell’ossigeno? La cellula, durante il proprio metabolismo, può produrre delle specie reattive, che, se non vengono eliminate, vanno a reagire per esempio con le proteine, con i lipidi, con gli amminoacidi, con gli acidi nucleici, andandoli a distruggere. Per esempio, l’acqua ossigenata è ridotta ad acqua più anidride carbonica, dagli enzimi ossidasi e catalasi, che, si trovano all’interno del perossisoma. -

Sono coinvolti nei processi di detossificazione di farmaci o di sostanze nocivi, li ritroveremo molto sviluppati nelle cellule del fegato, che, è coinvolto nella disintossicazione da farmaci. Preposto all’ossidazione degli acidi gassi, grazie al fatto, che, contiene gli enzimi ossidasi. E’ coinvolto nel catabolismo dei composti azotati, quindi, poi, li ritroveremo come organuli intracellulari molto sviluppati a livello del rene, il quale, ha la funzione di eliminare questi prodotti azotati, formatisi dalla degradazione delle proteine (i composti azotati).

Endocitosi -> La cellula acchiappa qualcosa da fuori. Possiamo avere due tipi di endocitosi: Processo di ENDOCITOSI

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Endocitosi generalizzata -> Un’endocitosi, che, acchiappa liquido dall’esterno, che, ingloba nella cellula sostanze extracellulari e quindi proteine extracellulari eliminandole dall’ambiente extracellulare perché non servono più, oppure perché ne ricava nutrienti eliminando sostanze extracellulari. Endocitosi mediata da recettore -> Vengono portate all’interno della cellula solo delle componenti specifiche riconosciute da specifici recettori e quindi inglobate all’interno della cellula. Per esempio è il modo in cui vengono assunti gli ormoni all’interno della cellula -> endocitosi mediata da recettore, es. il fattore di crescita ed anche gli enzimi. In qualunque meccanismo, sia se parliamo di endocitosi generalizzata, sia se parliamo di endocitosi mediata da recettore, entrano in gioco i lisosomi, perché il processo endocitico porta alla formazione di un endosoma, che, fondendosi con i lisosomi degrada o ricicla.

Compito del lisosoma-> Non solo degradare, ma, anche, separare le cose. Per esempio, in questo processo, la fossetta rivestita da clatrina contiene i recettori, che, hanno riconosciuto la sostanza, la quale, doveva essere portata all’interno della cellula. Una volta che si fonde con il lisosoma, può succedere, che, la sostanza, che, doveva essere trasportata viene digerita o utilizzata, il ricettore viene riciclato nuovamente sulla superficie cellulare, ritorna sulla membrana plasmatica e può iniziare un nuovo processo di riconoscimento di sostanze da endocitare, per esempio i fattori di crescita, gli ormoni, gli enzimi enzimi e qualunque altra cosa. Nel processo di endocitosi mediata da recettore intervengono le fossette rivestite di clatrina.

La clatrina l'abbiamo vista già parlando di fossette rivestite da clatrina. Una fossetta rivestita di clatrina si formerà sempre e comunque perché c'è ARF1 (proteina G che affonderà la sua alfa-elica nel doppio strato fosfolipidico e inizia a piegare la membrana plasmatica). Ci sono le proteine del coatomero che non sono le stesse e identiche del processo di gemmazione ma altre appartenenti alla stessa famiglia. Si forma questo complesso p...


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