\"Teoria dei Sentimenti Morali\" di Adam Smith, Riassunto PDF

Title \"Teoria dei Sentimenti Morali\" di Adam Smith, Riassunto
Author Giulia Guzzetti
Course Filosofia teoretica
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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TEORIA DEI SENTIMENTI MORALI

di Adam Smith

Sezione 1: il senso dell’appropriatezza LA SIMPATIA La simpatia è intesa la forza che congiunge insieme; è il nostro sentimento di partecipazione per qualunque passione. Gli uomini anche se sono centrati su sé stessi, partecipano al destino degli altri. Allo spettatore gli capita una situazione in cui un altro è costretto a provare una situazione mentre il lettore è uno spettatore immaginativo delle emozioni altrui. Noi non abbiamo esperienza diretta di quello che possono provare gli altri uomini in una determinata situazione quindi concepiamo solo come noi proveremmo nella loro stessa situazione; e questo avviene soltanto grazie all’immaginazione. Ci sono espressioni che non suscitano alcun genere di simpatia ma ci disgusta e ci rende ostili (ad esempio davanti a un uomo che ha un attacco di collera noi ci schieriamo contro di lui perché vediamo facilmente la situazione di quelli che sono oggetti della sua collera e proviamo un sentimento di simpatia con il loro timore o risentimento). La simpatia non sorge tanto dalla vista della passione, ma dalla vista della situazione che la suscita infatti noi stessi a volte proviamo una passione che in realtà il soggetto interessato è all’oscuro. Spesso ci comportiamo in un determinato modo non sapendo realmente perché una persona si è comportata cosi. Proviamo simpatia anche per i defunti soprattutto per le circostanze che colpiscono i nostri sensi: siamo dispiaciuti perché presto saranno dimenticati da tutti, saranno mangiati dai vermi e non vedranno più la luce del sole: da qui deriva il principio della paura della morte. Il lettore viene concepito come un osservatore e deve essere in grado di osservare, di sapersi osservare e di osservare come gli altri ci osservano. L’uomo si rallegra quando osserva che gli altri fanno propria la sua passione: il divertimento della compagnia ravviva il nostro divertimento e il loro silenzio, ci delude. La simpatia ravviva la gioia presentando un’altra fonte di soddisfazione e allo stesso tempo allevia la pena in quanto insinua nel cuore l’unica sensazione piacevole che è in grado di ricevere in quel momento. È per questo che gli uomini preferiscono esprimere agli altri le loro passioni spiacevoli. Quando le passioni originali della persona interessata sono in concordanza con le emozioni simpatetiche dello spettatore, esse appaiono giuste e appropriate, al contrario, quando attraverso l’immaginazione esse non coincidono con quello che lui prova, gli appaiono ingiuste e inappropriate. Il sentimento del cuore, da cui deriva ogni azione può essere considerato sotto due diversi aspetti: - in relazione alla causa che lo provoca: può suscitare un sentimento di proporzione o sproporzione - in relazione al fine che propone o l’effetto che tende a produrre: può suscitare un sentimento di beneficio o danno. In base al danno o alla natura benefica degli effetti cui l’affezione mira, consiste il merito o demerito dell’azione, la qualità per le quali ha titolo una ricompensa o una punizione. Se non provi nessun sentimento per la pena dell’altro; gli essere umani diventano insopportabili gli uni con gli altri. Quando l’uomo è in compagnia, è in grado di capire quello che l’altro provoca quindi il suo animo si calma. Grazie allo sforzo dello spettatore di entrare nei sentimenti della persona coinvolta ci sono le virtù amabili, gentili e miti (consistono nel grado di sensibilità che sorprende per la delicatezza e tenerezza); grazie alla persona coinvolta che cerca di attutire le sue emozioni fino a un livello condivisibile dalla spettatore ci sono le virtù solenni, maestose e degne di rispetto (consistono in quel grado di dominio che ci lascia attoniti per la sua superiorità rispetto alle passioni della natura umana). La virtù consiste nell’eccellenza, in qualcosa di grande e bello in modo fuori dal comune che si pone al di là dell’ordinario.

È stata formulata da Hume un obbiezione in quanto sostiene che Smith ha commesso un incoerenza: la base portante della teoria dei sentimenti morali è ls simpatia ma la simpatia ha sempre un riflesso di grandevolezza quindi Hume si chiede come la simpatia può assumere delle valenze negative. Smith risponde che la valenza della simpatia ha due funzioni: io posso gioire per la gioia di un’altra persona ma posso anche gioire di fronte a una persona che sta male.

Sezione 2: i gradi delle diverse passione in accordo con l’appropriatezza (causa-sentimento: possono esserci situazioni di proporzione o sproporzione e in relazione a questo nascono i giudizi appropriati o no) Se la passione è troppo forte o troppo debole, lo spettatore non può prendervi parte. È sconvenente esprimere in modo molto eccessivo delle passioni e ce ne sono altre che anche quando vengono espresse in modo molto eccessivo mantengono una certa grazia. È indecente esprimere a un livello alto le passioni che derivano da una certa situazione o disposizione del corpo, perché non ci si può aspettare che la compagnia simpatizzi con esse, non trovandosi nella stessa disposizione fisica. La sofferenza fisica suscita molta simpatia anche se la ferita risulta più leggera. Una delusione d’amore attira di più la simpatia altrui in quanto queste passioni derivano interamente dall’immaginazione in quanto nulla si dimentica più rapidamente del dolore fisico. Le passioni che derivano da una particolare inclinazione o abitudine non riscuotono molta simpatia. Se un nostro amico è stato offeso, noi simpatizziamo con il suo risentimento e andiamo in collera con la stessa persona con cui è in collera lui; se ha ricevuto un favore, prendiamo parte alla sua gratitudine; ma se è innamorato non ci riteniamo costretti a provare una passione dello stesso tipo e per la stessa persona per cui la prova lui. L’amore non ci interessa come passione ma come situazione che dà occasione ad altre passioni: speranze, timore e angosce. PASSIONI ASOCIALI: possono essere considerate passioni asociali l’odio e il risentimento con tutte le loro diverse modificazioni. Riguardo a tutte queste passioni, la nostra simpatia si divide tra la persona che le prova e quella che ne è oggetto. Gli esseri umani hanno una profonda percezione delle offese fatte a un altro: il malvagio è oggetto della nostra indignazione mentre l’eroe è oggetto della nostra simpatia e del nostro affetto. Gli effetti remoti di queste passioni sono piacevoli mentre gli effetti immediati sono un danno per la persona verso cui sono diretti. Le passioni asociali sono spiacevoli non solo per lo spettatore ma anche per la persona che le prova. PASSIONI SOCIALI: esistono delle passioni che vengono rese piacevoli e convenienti da una simpatia: la generosità, l’umanità, la gentilezza, la compassione, l’amicizia reciproca e la stima. La simpatia per la persona che prova quelle passioni coincide esattamente con la preoccupazione per la persona che ne è oggetto. Le passioni amabili non sono mai considerate con avversione, anche quando si riconosce he sono eccessive. PASSIONI EGOISTICHE: la pena e la gioia sono considerate come passioni egoistiche. Anche quando sono eccessive non sono mai cosi spiacevoli perché nessuna simpatia può mai farci volgere contro di esse. Noi siamo generalmente disposti a simpatizzare di più con le piccole gioie e le grandi sofferenze. Gli uomini bene educati sono in grado di nascondere il dolore provocato da un qualunque incidente, e quelli meglio adattati alla vita sociale trasformano di loro stessa iniziativa tali incidenti in una corazza.

Sezione 1: il senso del merito e del demerito (sentimento-fine: intendere il fine può essere definito benefico o dannoso creando un giudizio di merito o demerito in base agli effetti che l’azione ha creato) Il sentimento che più immediatamente e direttamente ci spinge a ricompensare è la gratitudine mentre quello che ci spinge a punire è il risentimento. Ricompensare è ricambiare, restituire del bene in cambio del bene ricevuto; anche punire è cambiare ma in questo caso si restituisce del male in cambio del male ricevuto. Il risentimento non ci spinge solo a desiderare che l’altra persona sia punita, ma che sia punita per mano nostra. Come simpatizziamo con la sofferenza del nostro simile ogni volta che vediamo la sua angoscia, allo stesso modo prendiamo parte alla sua ripugnanza per qualsiasi cosa l’abbia causata. Ogni volta che ci sembra che i motivi della condotta non siano appropriati, siamo meno disposti a prendere parte alle gratitudini della persona che ha ricevuto il beneficio delle sue azioni. Quando ci sembra che la condotta dell’agente sia stata diretta da motivi che comprendiamo e approviamo del tutto, non possiamo provare nessuna simpatia per il risentimento della persona che soffre. MERITO E DEMERITO: dal momento che non possiamo prendere parte interamente alla gratitudine della persona che riceve il beneficio, il senso del merito sembra essere un sentimento composto (simpatia diretta e indiretta). La simpatia diretta è quella rivolta alla persona coinvolta mentre la simpatia indiretta è rivolta a chi subisce l’azione del soggetto coinvolto. Quando l’animosità della vittima supera, come spesso avviene, il livello che possiamo condividere, dal momento che non possiamo prendervi parte, necessariamente la disapproviamo. Nonostante l’uomo sia naturalmente provvisto di un desiderio di benessere e conservazione della società, tuttavia l’autore della natura non ha affidato alla sua ragione il compito di scoprire che il mezzo adeguato per ottenere tale fine è un a certa applicazione delle punizioni. Prima di approvare i sentimenti di una persona come appropriati e adatti ai loro oggetti, non solo dobbiamo essere colpiti come lei lo è, ma dobbiamo percepire questa armonia e corrispondenza di sentimenti tra lei e noi. Al contrario, quando vengo a sapere di una buona azione fatta a un’altra persona, qualsiasi siano i sentimenti di chi l’ha ricevuta, se, riportando il caso a me, sento sorgere gratitudine nel mio cuore, necessariamente approvo la condotta del suo benefattore, e la considero degna di merito e appropriato oggetto di ricompensa.

Sezione 2: la giustizia e la beneficienza CONFRONTO TRA LE DUE VIRTU’ Le azioni di tendenza benefica sembrano le uniche a esigere ricompensa. La beneficienza è sempre libera, non può essere esorta con la forza. Le azioni di tendenza malvagia sembrano le uniche a meritare punizione. La giustizia è una virtù che non è lasciata alla nostra volontà e la cui violazione espone al risentimento e di conseguenza alla punizione. La violazione della giustizia è il delitto che arreca un reale e positivo danno a qualche persona per motivi che vengono disapprovati. Quando un uomo assale, o deruba, o tenta di ucciderne un altro, tutti i vicini si mettono in allarme e ritengono di far bene a intervenire per vendicare la persona che è stata offesa o per difendere chi è in pericolo di esserlo. A colui che viola le leggi della giustizia bisognerebbe far provare lo stesso male che egli ha fatto a un altro. Non ci può essere alcun motivo appropriato per danneggiare il nostro prossimo, né ci si può aspettare di esser condivisi se si incita a fare del male a un altro, tranne nel caso di giusta indignazione per il male che l’altro ha fatto a noi. La morte è il male più grande che un uomo possa provocare a un altro. Quanto più è grande e irreparabile il male fatto, tanto più si accresce il risentimento della vittima e si accresce l’indignazione per l’agente. Quando l’uomo che ha compiuto un’azione generosa non per capriccio, ma per motivi appropriati guarda verso coloro che hanno ricevuto i suoi servigi, sente di essere il naturale oggetto del loro

amore e della loro gratitudine, e, per simpatia con loro, della stima e dell’approvazione di tutta l’umanità. La sua mente si riempie di allegria, serenità e calma. È in amicizia e in armonia con tutta l’umanità. Tutti i membri della società umana hanno bisogno dell’assistenza degli altri e allo stesso modo sono esposti a reciproche offese. In alcune occasioni noi puniamo e approviamo la punizione semplicemente tenendo presente l’interesse generale della società. Sono di questo tipo tutte le punizioni inflitte per infrazione di ciò che viene chiamato ordine pubblico o disciplina militare: questi crimini non danneggiano immediatamente o direttamente nessuna persona ma le loro conseguenze possono produrre un grande disordine nella società. L’uomo desidera naturalmente non solo di essere amato, ma di essere amabile cioè di essere un naturale e appropriato oggetto di amore. Teme non solo di essere odiato ma di essere odioso. Non ci fa piacere solo la lode ma anche aver fatto ciò che è degno di lode. Ci fa piacere pensare di aver fatto qualcosa che ci ha resi oggetti naturali di approvazione, anche se non dovessimo riceverla. Ad esempio nel caso di un offesa minore, la persona sensibile è ferita molto più dall’accusa ingiusta di quanto non lo sia un criminale della colpa effettiva. L’amore per l’autoapprovazione è amore per la virtù. L’accordo o il disaccordo dei sentimenti e dei giudizi degli altri con i nostri è di importanza maggiore o minore per noi, in proporzione alla nostra maggiore o minore certezza sull’appropriatezza dei nostri sentimenti. La lode e il biasimo esprimono quali siano realmente i sentimenti degli altri sulla nostra personalità e sulla nostra condotta. L’amore per la lode è il desiderio di ottenere i sentimenti favorevoli dei nostri fratelli. L’amore per l’esser degni di lode è il desiderio di diventare oggetti appropriati di quei sentimenti. L’autore della Natura, nella sua infinita saggezza ha insegnato all’uomo a rispettare i sentimenti e i giudizi dei suoi fratelli; gli ha insegnato a provare maggiore o minore piacere quando essi approvano la sua condotta, e maggiore o minore dispiacere quando la disapprovano. Viene loro insegnato a provare maggiore o minore umiliazione e mortificazione quando incorrono nel rimprovero, e maggiore o minore esaltazione quando ottengono elogio. Sebbene l’uomo sia stato reso giudice immediato dell’umanità è stato reso tale solo in prima istanza, mente l’appello spetta a un tribunale molto più alto, al tribunale delle loro coscienze, quello dell’uomo interiore. La giurisdizione dell’uomo interiore si fonda del tutto sul desiderio dell’esser degno di lode e nell’avversione per l’esser degno di biasimo. In tali casi, l’unica effettiva consolazione per l’uomo umiliato e afflitto consiste nell’appellarsi a un tribunale ancora più alto, al tribunale del Giudice del mondo che vede ogni cosa. Per comprendere davvero una cosa non dobbiamo considerare né la nostra posizione né la posizione dell’altra persona ma dobbiamo prendere in esame la posizione di una terza persona che non abbia particolari connessioni con nessuno dei due e che giudichi con imparzialità. Solo dall’uomo interiore impariamo la piccolezza nostra e di tutto ciò che è in relazione con noi, e le naturali errate interpretazioni dell’amor di sé possono venire corrette solo dall’occhio di questo spettatore imparziale. Anche il giudice interiore è spesso in pericolo di venire corrotto dalla violenza e dall’ingiustizia delle nostre passioni egoistiche, e viene spesso spinto a dare un resoconto molto diverso da quello consentito dalle reali circostanze del caso. Ci sono due diversi gruppi di filosofi: - un gruppo si è occupato di aumentare la nostra sensibilità verso gli interessi degli altri. Volevano farci sentire per gli altri come ci sentiamo per noi stessi. In questo gruppo fanno parte i moralisti lamentosi e malinconici che ci rimprovano continuamente per la nostra felicità - un gruppo si è occupato di diminuire la sensibilità verso noi stessi. Volevano farci sentire per noi stessi come ci sentiamo per gli altri. Fanno parte di questo gruppo i moralisti che compongono gli Stoici antichi: secondo loro l’uomo deve considerarsi non come qualcosa di separato e distaccato, ma come un cittadino del mondo. Le disgrazie private per le quali i nostri sentimenti tendono a oltrepassare i limiti dell’appropriatezza sono di due diversi tipi:

-

colpiscono indirettamente o colpiscono qualche persona che ci è particolarmente a cuore. In questo tipo di disgrazie le nostre emozioni possono oltrepassare il limite della giusta appropriatezza, ma possono allo stesso modo non raggiungerlo. - colpiscono direttamente e immediatamente noi stessi. In questo tipo di sventure, il senso dell’appropriatezza viene infastidito più dall’eccesso che dal difetto della nostra sensibilità. Gli uomini si adattano a qualunque situazione diventi per loro permanente. Nelle sventure per le quali la natura della cose ammette un rimedio ma in cui i mezzi per applicare tale rimedio sono al di fuori della portata di colui che soffre, quest’ultimo non è in grado di ritrovare la tranquillità. La nostra sensibilità per i sentimenti degli altri ci permettono di compatire la sofferenza dell’altro e di fronte al suo successo, noi gioiamo. L’uomo che sente di più le gioie e le sofferenze degli altri è più adatto ad acquisire il più completo controllo delle proprie gioie e sofferenze. Ci sono due occasioni nelle quali esaminiamo la nostra condotta e ci sforziamo di vederla nella luce in cui la vedrebbe lo spettatore imparziale: - quando stiamo per agire: la violenza delle passioni raramente ci consentirà di considerare quel che stiamo per fare con imparzialità - dopo aver agito: le passioni dopo che si sono calmate, possiamo più freddamente prendere parte ai sentimenti dello spettatore indifferente. I nostri giudizi attuali sono spesso poco importanti al confronto di quelli precedenti e spesso non producono altro che un rammarico e pentimento, senza metterci al sicuro da errori nel futuro. Il riguardo verso le regole generali è detto il senso del dovere: l’uomo di principio aderisce in modo fermo alle sue massime in tutte le occasioni e lungo tutto il corso della sua vita conserva una condotta regolare mentre l’uomo di nessun conto agisce in modo ogni volta diverso e casuale a seconda dell’umore e dell’interesse che ogni volta prevale. Ci si può chiedere in quali casi le nostre azioni derivino in tutto o in parte da un senso del dovere o da un rispetto per regole generali e in quali casi altri sentimenti vi debbano concorrere e avere un’influenza centrale: - dipende dalla circostanza della naturale gradevolezza o deformità del sentimento che spingerebbe all’azione indipendentemente da ogni riguardo per le regole generali - dipende dalla precisione e dall’esattezza o imprecisione e inesattezza delle regole generali. Può accadere che pur desiderando di agire in modo tale da meritare approvazione, possiamo confondere le regole appropriate di condotta ed essere ingannati da quello stesso principio che ci dovrebbe dirigere.

Sezione 1: il carattere dell’individuo, relativamente alla sua influenza sulla propria felicità, ovvero: la prudenza Gli oggetti che la Natura sembra raccomandare alla cura di ogni individuo sono la conservazione e la salute del corpo. Il rango e il credito di cui godiamo presso i nostri pari dipendono da elementi che sono il nostro carattere e la nostra condotta o fiducia che questo suscita nella persone con cui viviamo. La cura della salute, della reputazione dell’individuo e di tutti gli oggetti da cui si suppone che dipenda la felicità, viene considerata l’oggetto di quella virtù che chiamiamo Prudenza. L’uomo prudente è sempre sincero e il pensiero di esporsi alla vergogna che segue la scoperta della falsità lo disgusta. Ma sebbene sia sempre sincero, non sempre è aperto e anche se dice sempre la verità, a volte non si sente tenuto di dire tutta la verità se non è espressamente richiesto.

Sezione 2: il carattere dell’individuo relativamente alla sua influenza sulla felicità degli altri Il carattere di ogni individuo può influenzare la felicità degli altri. Il risentimento appropriato causato da un’ingiustizia realmente commessa è il solo motivo che può giustificare il danneggiamento o il disturbo della felicità degli altri. Ogni uomo sente i propri piaceri e i propri dolori più profondamente di quelli delle altre persone. Dopo se stesso, gli oggetti naturali degli affetti più cari dell’uomo sono i membri della sua famiglia.

Quello che viene chiamato affetto in realtà è una simpatia abituale. Comunque di tutte ...


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