2. La Parabola di Giona - Pessani PDF

Title 2. La Parabola di Giona - Pessani
Author Michele De Maio
Course Teologia I
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Riassunto del libro La Parabola di Giona di Pessani...


Description

La parabola di Giona Capitolo 1 – Il profeta Giona

Protagonisti: Giona è uno dei dodici profeti minori della Bibbia. Il testo è un racconto breve (4 capitoli) e narra di un profeta che prima vorrebbe sottrarsi alla missione che Dio gli affida, e poi si lamenta del successo della sua predicazione a Ninve. Figura principale è il signore, poi Giona. Terza figura è Ninve. ➔ Messaggio: l’amore non conosce barriere, non è privilegio di alcuni ma un dono offerto a tutte le genti. La chiamata del profeta: Giona ha mentalità intollerante ed egoista in cui tutti possiamo identificarci, con le nostre debolezze e interrogativi; di fronte al capovolgimento che Dio può creare nella sua vita preferisce la fuga. Dio chiede a Giona di farsi suo portavoce e di andare a Ninive, città malvagia, uscendo dalla sua mentalità chiusa di credente di un dio costruito secondo le sue concezioni religiose, per aprirsi al mistero dell’unico e vero Dio.

Capitolo 2 – La chiamata di Giona Storia di un uomo che Dio chiama per annunciare la sua parola. Il testo comunica un messaggio: Dio è misericordioso anche nei confronti di Ninive, città simbolo di malvagità e violenza. Per fuggire, Giona si dirige a Tarsis, imbarcandosi su una nave. Dio scatena una tempesta sull’equipaggio, e mentre tutti sono terrorizzati Giona dorme tranquillo. Per placarne la furia, i marinai gettano Giona in mare. Ninive, la grande città e la “nostra città”: la vicenda di Ninive inizia col Signore che manda Giona in terra straniera per predicare conversione e salvezza. Ninive è simbolo delle nostre città moderne, perché espelle ogni simbolo di fede e religiosità. Riassume in sé i problemi urbani, con problemi di integrazione, solitudine, povertà sotto gli occhi di tutti. Manca fraternità, moralità, si impongono l’individualismo e la paura. C’è un grande bisogno di Dio. L’esperienza di Giona sollecita ad accogliere l’appello alla conversione e penitenza, ed attivarsi per affrontare i mali del nostro tempo: -

Il primo è la fragilità della vita dell’uomo, che genera prepotenza, non rispetto dell’altro, violenza. L’ingiustizia sociale rende precarie le vite di giovani e adulti.

-

Secondo è la solitudine di molti, a causa di età avanzata, poca salute, povertà;

-

Terzo è la corruzione, in vita amministrativa e privata, creando conseguenze sull’intera città.

Come ha conosciuto i mali di Ninive, così il Signore conosce i mali della nostra società. La fuga del profeta: Giona non riesce a comprendere il disegno di Dio, si pone tanti interrogativi: perché perdonare Ninive? Perché quelle persone dovrebbero meritare la bontà del signore? Incarna i nostri sentimenti: la sua fuga e perplessità riflettono i nostri interrogativi sulla fede. In mare vi fu una tempesta: Giona sperava che il Signore si dimenticasse di lui, invece in mare si scatena una tempesta, ma nel momento di pericolo Giona dorme rivelando la debolezza della sua fede. Compaiono tre simboli: nave, tempesta, sonno. La nave raffigura il mondo, l’equipaggio l’umanità, il sonno indica distacco e allontanamento da Dio. La tempesta richiama all’uomo il senso della sua impotenza. Giona assume la sua colpa e dice ai marinai di gettarlo in mare: si riconosce peccatore, vede la gravità del male che ha commesso. Il suo esempio è illuminante, e ci sollecita a confidare nella misericordia del signore. L’esperienza di Giona e la nostra esperienza: l’annuncio di Dio si scontra con la mentalità chiusa di Giona, è lo stesso rischio che corriamo ai giorni nostri. Dobbiamo invece accettare il

fatto che l’apertura agli altri è un valore, arrivando a conoscere il volto del Signore e il messaggio di verità. L’invito alla conversione deve raggiungere i credenti, diventando una sincera volontà di ritrovare il centro su cui ogni esistenza è costruita, riconoscendo i nostri egoismi, mettendo da parte le necessità meno urgenti e imparando a confidare nella bontà del Signore.

Capitolo 3 – La preghiera di Giona

Dio, Giona e il grosso pesce: il secondo capitolo si divide in due parti: 1. Il signore interviene, che non abbandona il suo servo in mare. Un grande pesce lo inghiotte, e Giona vi resta per 3 giorni e 3 notti, finché non viene gettato sulla spiaggia. 2. Cantico che conferma il messaggio di misericordia e salvezza. Dio è il protagonista dell’azione: lascia che Giona venga gettato in mare, così che dal luogo di paura e solitudine potesse comprendere e pentirsi. Qui emerge la solitudine dell’uomo quando si chiude al mistero di Dio; nell’abisso Giona comprende il vero senso della vita e della missione affidatagli da Dio. Spesso possiamo identificarci con Giona. L’acqua del mare e l’acqua del battesimo: nel battesimo si muore al peccato e si risorge a vita nuova, rinunciando al male e impegnandosi a servire Dio. Il cantico di Giona: nelle profondità del mare, Giona si rivolge a Dio. L’autore biblico presenta una preghiera, un collage di versetti provenienti da altri libri della Bibbia, in cui si coglie un movimento di discesa e salita, e un duplice registro: domanda e ringraziamento. Il primo momento discesa-ascesa va da sofferenza all’abbandono, pericolo mortale, angoscia di essere in acqua; la risalita è fiducia in Dio e della salvezza donata. Il primo registro è la preghiera di domanda: Giona tocca il fondo e si scopre solo, spogliandosi di ciò che gli impediva di assolvere la missione, ora si rivolge a Dio. La preghiera di ringraziamento è il secondo. Nel secondo capitolo, Giona sperimenta la misericordia di Dio. La sua storia prefigura la morte e risurrezione di Cristo, suggerendo alcune riflessioni: recupero della consapevolezza del battesimo, il riconoscimento della misericordia del signore ogni volta che la sperimentiamo, la qualità della preghiera.

Capitolo 4 – La predicazione di Giona Fu rivolta a Giona per la seconda volta la parola del Signore: nella seconda chiamata non vi è nessuna parola di opposizione: ascolta Dio e obbedisce. La seconda chiamata è caratterizzata dalla “resa”, segnata dal silenzio che può guidare verso la purificazione per ricercare la volontà di Dio. Giona arriva in città ed inizia a predicare: “ancora 40 giorni e Ninive sarà distrutta”. C’è un tempo offerto da Dio per ravvedersi, mostrando la sua misericordia e pazienza. I cittadini di Ninive credettero a Dio: i Niniviti riconoscono la gravità del loro peccato e si convertono. Digiuno, vestiti di sacco, cenere sul capo sono i segni della penitenza per far desistere Dio dal castigo. La conversione inizia con presa di coscienza della gravità delle proprie colpe verso Dio. Per il cristiano, il peccato è un’offesa a Dio e un rifiuto del suo amore, con gravi ripercussioni nella vita e nei rapporti coi simili. Attualmente, viene percepito come atto di debolezza della natura umana, imputabile al disagio sociale. Viene a meno la capacità di scelta autonoma del soggetto, tutto è giustificabile. Ognuno si converta dalla sua condotta: l’esperienza a Ninive fa capire che è possibile dominare il peccato. Accanto alla perdita del senso del peccato, altro aspetto critico è il non saper pentirsi, facendo ricorso ad attenuanti per autoassolversi, mostrando una fede debole. La fatica a riconoscersi colpevoli è un tarlo che compromette relazioni. Nel cammino degli abitanti di Ninive si trova un ritorno a Dio valido anche per oggi: c’è l’ascolto della voce di Dio, l’apertura a Dio, pentimento, rinuncia al male e fiducia in Dio.

La notizia giunse fino al re: partecipa in prima persona al movimento popolare, si veste di sacco e si siede sulla cenere, predicando penitenza anche agli altri. Si propone come esempio di conversione, non teme di scambiare abiti lussuosi con vesti umili, assume nun nuovo stile di vita. Il terzo capitolo si chiude con una constatazione: Dio vede la reazione degli abitanti di Ninive, e si ravvede riguardo alla sua minaccia. Fin dall’inizio in realtà desiderava usare la misericordia. Giona, gli abitanti di Ninive e noi: perdono e digiuno: l’atteggiamento divino al perdono trova parallelismo con la parabola del servo spietato. Un re condona il debito ad un servo, quando questo incontra un suo debitore, chiede l’immediata restituzione della somma dovuta. In lui prevale l’incapacità di esprimere la bontà che aveva appena sperimentato, e deve intervenire il re, facendolo arrestare. Emerge una situazione attuale: l’incapacità di perdonare. Nel perdono di Dio dobbiamo riconoscere il suo amore. Oggi si punta sulla chiusura e il particolarismo, come strumento di difesa, invece che percorrere la difficile strada del perdono. Facciamo fatica a pensare che c’è la possibilità di pentirsi e di cambiare. Più che dell’amore e della verità, a volte la vittoria è dei pregiudizi.

Capitolo 5 – La conversione di Giona Nel quarto capitolo si descrive la reazione del profeta dopo la conversione dei niniviti: Giona è sdegnato. Si ferma in una località poco distante, per assistere alla distruzione che non si realizza. Non riesce ad accettare il volto misericordioso di Dio, e si sfoga con lui, opponendosi in modo ostinato, per una salvezza donata gratuitamente alla città simbolo del male. Si spinge fino al punto di invocare la morte. La sua mente è nuovamente chiusa, non vuole ascoltare le parole di Dio. La pedagogia di Dio: rivela la sua paziente pedagogia nei confronti di Giona. Non lo rimprovera, si rivolge a lui con una parabola (la pianta di ricino che gli offre ombra); usa bontà e pazienza. Spesso ci chiediamo, vedendo il male intorno a noi, perché questo resti impunito: Dio fa prevalere la pazienza e l’attesa che i suoi figli di convertano. Dobbiamo imparare a guardare a lui, adottando questo modo di agire. La pianta di ricino: il piccolo seme cresce rapidamente e dà ombra, Giona prova per questo grande Gioia. All’alba, Dio manda un verme a far seccare la pianta; Giona torna sulla sua posizione, e con il calore del giorno si sente ancora più affranto e invoca la morte nuovamente. Non ha compreso il messaggio di Dio, non si è lasciato plasmare dalla sua pedagogia amorosa e ha scambiato ciò che gli era offerto come dono totalmente gratuito. Nuovamente Dio gli parla: è giusto essere sdegnato per la pianta di ricino? Questa parabola diventa immagine del comportamento del Signore verso Ninive: la minaccia di castigo lascia spazio al perdono, ora è Giona a doversi far guidare da Dio. Il lamento di Giona: qui Giona riflette il comportamento del popolo di Israele, che pensa di poter manipolare Dio a proprio piacimento e decidere della salvezza delle genti. Dio rivolge un ultimo appello a Giona: ha pietà per la pianta di ricino, ma non per Ninive? Dio ha compassione e non può abbandonarli. Colpisce, oltre alla pazienza di Dio, il suo atteggiamento di resa verso Giona: sembra quasi che non sia riuscito a convertirlo dal suo essere ottuso. La figura di Giona è estremamente attuale. ➔ Il libro si conclude con una domanda, senza risposta: a ciascuno di noi è dato di scrivere il finale della parabola: si è lasciato convertire o ha opposto resistenza?

Capitolo 6 – Il segno di Giona Gesù e Giona: Gesù paragona la sua generazione, chiusa al messaggio, agli abitanti di Ninive. Chi ascolta Gesù chiede un segno di conferma della loro fede, ma Gesù rifiuta, perché lui stesso è segno di misericordia. Il segno rimanda a una realtà presente: nella nostra vita quotidiana è pieno di simboli che rinviano a qualcosa al di là del nostro orizzonte. È sbagliato fermarsi al segno, bisogna andare oltre, continuare a cercare la verità. Dio ci offre segni per raggiungere la fede, ma scompariranno. Per questo chi cerca sempre segni non entra nella logica della fede.

Gesù stesso, consegnato nelle mani degli uomini e ingiustamente crocifisso, è segno dell’amore di Dio. Il volto del padre: Gesù è venuto a rivelare il volto del padre, ricco di amore e misericordia; il messaggio del libro di Giona trova realizzazione nella rivelazione di Gesù, che ha chiamato alla conversione. Sono tre i brani evangelici che invitano a contemplare il volto misericordioso di Dio: -

Padre misericordioso e figliol prodigo: qui il padre misericordioso assume i tratti del Signore. C’è un figlio minore, che chiede al padre l’eredità per andare a vivere lontano. Tutti possiamo rappresentarlo, stufi di obbedire alla legge di Dio, cercando una vita diversa. Fugge di casa, cancellando ogni principio morale; tuttavia a un certo punto deve tornare a casa. Il figlio minore si arrende la verità: solo una persona gli poteva andare incontro, suo padre, che gioisce del suo rientro a casa. Il figlio maggiore è egoista, non vuole gioirne, il suo cuore resta chiuso. Il ritratto del padre corrisponde a quello di Dio, stessi atteggiamenti con cui Dio accoglie la conversione in Giona.

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Buon samaritano; un uomo scende da Gerusalemme e cade nelle mani dei briganti, un sacerdote lo trova e passa oltre, ma un samaritano (straniero ed eretico per i giudei) si ferma a prestargli cure. Due atteggiamenti: compassione, coinvolgimento e immedesimazione per compatire l’altro, vincendo l’egoismo; e prossimità, interrogarsi su come essere vicino all’altro, senza sapere chi è. Spesso i cristiani si comportano come il sacerdote, presi da atteggiamenti di chiusura. I nemici da sconfiggere sono la fretta e la paura.

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L’episodio di Zaccheo: capo dei pubblicani (esattori delle tasse), ricco grazie a comportamenti disonesti, “peccatore”. Zaccheo salì su un albero per vedere Gesù, che a sua volta lo vide e lo chiamò, dicendogli di voler andare a casa sua. Zaccheo è felice, la folla è di malumore: perché Gesù è vicino a un peccatore? Zaccheo accoglie con gioia Gesù nella sua casa, e come segno di conversione, dà i suoi averi ai poveri e restituisce ciò che ha rubato. Gesù è venuto per salvare i peccatori, cercare l’uomo.

Giona e noi: quale messaggio vuole trasmettere la parabola di Giona? 1. Convertirsi e credere nel vangelo; 2. Essere misericordiosi come il Signore; 3. Verranno da oriente e occidente, da settentrione e mezzogiorno e si siederanno alla mensa di dio: accogliere la volontà di Dio, che vuole la salvezza di tutti gli uomini....


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