6 Dispensa Kulesov PDF

Title 6 Dispensa Kulesov
Author Piero Passaro
Course Storia delle teorie del cinema
Institution Università di Bologna
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Questo è il file originale che la prof Dall'Asta mette a disposizione anche sul sito dell'insegnamento....


Description

Università degli Studi di Bologna Corso di Storia delle teorie del cinema – Dispensa n. 6

LEV KULEŠOV MAESTRO DEL CINEMA SOVIETICO

© Monica Dall’Asta 2010 Dopo la Rivoluzione, il processo di rinnovamento del cinema russo riceve un impulso straordinario dalla costituzione, a Mosca, nel 1919, del VGIK, la nuova scuola di cinematografia statale la cui direzione viene affidata a Vladimir Gardin, uno dei pochi registi del periodo zarista che era rimasto in Russia, impegnandosi fin dall’inizio nella realizzazione di agitki. Nel 1920 all’interno di questa scuola viene creato il celebre laboratorio sperimentale di Lev Kulešov, nel quale si formerà un'intera generazione di nuovi cineasti, registi, tecnici e attori.

Il laboratorio di Kulešov è il più chiaro esempio di come le ricerche dell’avanguardia abbiano raggiunto i risultati più innovativi proprio attraverso lo sforzo di trasformare in ricchezze i gravi limiti materiali che caratterizzano il primo periodo del cinema sovietico. Kulešov deve infatti affrontare un dilemma apparentemente insolubile: come insegnare il mestiere del cinema in una situazione di mancanza quasi totale di risorse, pellicola, attrezzature, denaro? La soluzione escogitata da colui che passerà alla storia come il padre del cinema sovietico è ingegnosa: in assenza

di

pellicola

vergine,

Kulešov

ha

l'idea

di

strutturare

la

sperimentazione a partire da materiali d'archivio, verificando quali effetti di senso sia possibile ottenere attraverso la combinazione di immagini prelevate da film preesistenti. Si tratta con ogni evidenza del primo esempio documentato di quella pratica oggi assai diffusa che va sotto il nome di found footage: smontaggio e rimontaggio di vecchi film come metodo per produrre nuovi effetti di senso, dando alle immagini un significato diverso da quello originale. Lavorando alla moviola con i suoi allievi Kulešov, si accorge infatti che le possibilità di significazione consentite dall’uso del montaggio sono quasi infinite. Le sue ricerche danno risultati sorprendenti e sono alla base del ruolo fondamentale che il montaggio viene ad assumere nella teoria e nella prassi cinematografica dell’avanguardia sovietica. Dal punto di vista teorico, il frutto più importante di queste ricerche è rappresentato dalla formulazione del cosiddetto “effetto Kulešov”. Il termine si riferisce a una serie di esperimenti (oggi perduti) che dimostravano la capacità del montaggio di originare un significato di per sé assente dalle inquadrature utilizzate. L'esperimento più famoso era costituito dalla giustapposizione di un medesimo primo piano (il volto di Ivan Mozzuchin, ripreso da un film di Bauer, colto in un momento di assoluta inespressività) a tre diverse inquadrature, che mostravano

rispettivamente una scodella di minestra, il cadavere di una donna in una bara e una bambina che giocava. Proiettati uno di seguito all’altro, i tre segmenti suscitavano nel pubblico tre impressioni completamente diverse. Associato alla scodella di minestra, il volto impassibile di Mozzuchin sembrava esprimere una sensazione di fame, avvicinato all’immagine della donna morta lo stesso primo piano faceva pensare a un dolore intenso, mentre

accostato

all’immagine

della

bambina

il

volto

sembrava

trasmettere un'irresistibile sensazione di tenerezza. In questo modo Kulešov arrivò a dimostrare l’importanza del montaggio nel processo di costruzione del senso filmico. A partire da immagini neutre era possibile comunicare significati del tutto assenti da quelle stesse immagini prese singolarmente. Elaborando i risultati ottenuti nel corso dei suoi esperimenti, Kulešov si spinse fino a sostenere che era possibile ad creare geografie immaginarie, paesaggi virtuali, spazi mentali, la cui esistenza era limitata al rettangolo luminoso dello schermo. Nell’articolo Cinematografia da camera, del 1922, Kulešov afferma per esempio che il montaggio permette la costruzione di una superficie terrestre immaginaria, indipendentemente dalla qualità delle singole parti [...] riprese separatamente dalla macchina da presa: le singole parti risultano collegate infatti da un unico tempo d’azione. Se noi, riprendendo una scena, la smembriamo nei suoi momenti costitutivi e in ognuno di questi momenti cambiamo la posizione della macchina da presa (cominciando le riprese in un luogo, continuandole in un secondo

e

concludendole

in

un

terzo

luogo),

da

un

giusto

collegamento dei frammenti ripresi otterremo un curioso risultato: una geografia terrestre inventata, creata a piacere. (Kulesov 1922b, 86-87)

Queste riflessioni trovarono un momento di verifica sperimentale in un altro montaggio realizzato da Kulešov che mostrava l’incontro per strada tra un uomo e una donna. I due personaggi furono ripresi in luoghi diversi di Mosca mentre si avviavano verso il luogo dell'appuntamento, ma a queste immagini furono alternate inquadrature effettuate altrove, tra cui anche un'immagine della Casa Bianca. In quale città si trovano i personaggi? Dove si svolge il loro incontro? Si tratta evidentemente di uno spazio del tutto virtuale, immaginario, una città inesistente, ma al tempo stesso credibilissima, costruita con mezzi esclusivamente cinematografici. Lo stesso principio è alla base di un terzo esperimento: questa volta non si trattava di costruire uno spazio immaginario, ma di creare ex novo un corpo mai esistito, una sorta di mostro di Frankenstein realizzato assemblando pezzi estratti da una molteplicità di corpi diversi. Scrive ancora Kulešov: Fu ripresa una donna che si truccava al tavolo da toilette. Si guardava nello specchio, sollevava da terra una sigaretta, apriva una scatola con la matita per gli occhi, si metteva il rossetto, poi si disegnava gli occhi, si infilava le scarpe. Le mani erano di una donna, la schiena di un’altra, la testa di una terza, gli occhi di una quarta, i piedi di una quinta. Il risultato fu la creazione di una persona non esistente in natura ma perfettamente reale sullo schermo (Kulesov 1922b, 88)

Ora, è evidente come nella descrizione dei suoi esperimenti Kulešov ponga

l’accento

sui

poteri

illusionistici

del

montaggio,

con

un

atteggiamento apparentemente assai vicino a quello dei registi americani

dell'epoca, Griffith in testa, che proprio in questo periodo stanno elaborando le regole del “montaggio in continuità”. Basato su una precisa grammatica dei raccordi tra le inquadrature, già alla fine degli anni Dieci il montaggio in continuità si presenta come lo stilema più caratteristico del cinema

americano,

all'origine

di

quell’effetto

di

trasparenza,

di

illusionismo spazio-temporale, che sarebbe in seguito divenuto l'emblema del cinema classico. In effetti Kulešov non fa mistero dell'ammirazione incondizionata che nutre nei confronti del cinema americano. Nel 1922, quando ancora l’avanguardia è in fase di gestazione e la programmazione delle sale cinematografiche russe si divide tra melodrammi realizzati nel vecchio stile russo e i nuovi polizieschi, western e serial realizzati a Hollywood, Kulešov si schiera senza mezzi termini al fianco del cinema americano. “Abbasso il film psicologico russo!”, dichiara. "Ora dite evviva ai polizieschi americani e alle gags”. L’amore per il cinema americano è più evidente che mai nel primo film realizzato da Kulešov con gli allievi del suo Laboratorio, Le straordinarie avventure di Mr. West nel paese dei bolscevichi. Tutto costruito sul principio del gag, sul movimento stilizzato degli attori, su un ritmo scatenato e

su un’atmosfera di leggerezza e sfacciataggine

irriverente che poi andrà perdendosi nel cinema sovietico, Mr. West è un vero e proprio omaggio rovesciato alla tradizione del film comico d’oltreoceano. Un omaggio rovesciato perché è comunque un film di propaganda, che gioca con i mezzi del cinema americano contro l’ideologia del paese simbolo del capitalismo (vedi Appendice) Anche il successivo Dura lex, realizzato due anni dopo, è un’altra limpidissima dimostrazione dell’americanismo del regista. Tratto da un racconto di Jack London su sceneggiatura di Victor Sklovskij, il film è ambientato durante la corsa all’oro nel Klondyke, in un contesto dominato dalle dure leggi della vita dei pionieri. E tuttavia proprio questo film, del

resto più serio e composto di Mr West, dimostra come, al di là delle enunciazioni teoriche, l’idea di montaggio di Kulešov fosse in realtà molto lontana da quella praticata dai registi americani. Come scrive Boschi, nella celebre sequenza dell’omicidio da cui scaturisce il violento dramma che forma il cuore del film: la frammentazione dello spazio e del tempo operata dal montaggio non si ricompone in una continuità lineare come nei film americani coevi. I numerosi primi piani di volti e dettagli di oggetti in cui è scomposta la scena rappresentano altrettante fratture del continuum diegetico, fratture che minacciano l’integrità dello spazio, relegano costantemente fuori campo l’azione principale e producono sul piano temporale un effetto di freeze, di fermo-fotogramma (Boschi 1998, 214) vedi qui E del resto, le stesse teorizzazioni di Kulešov sulla “possibilità di costruire attraverso il montaggio un corpo umano artificiale”, assemblando dettagli di parti del corpo di individui diversi, appaiono secondo Boschi “più prossime

ai

principi

ispiratori

di

alcune

pratiche

caratteristiche

dell’avanguardia sovietica – come la tecnica del collage, utilizzata sistematicamente dai costruttivisti o la biomeccanica teorizzata da Mejerchol’d – che non all’estetica del classicismo hollywoodiano”. In ogni caso la passione per il cinema americano è un tratto distintivo di

gran

parte

dell’avanguardia

sovietica,

e

non

solo

di

quella

cinematografica. All’opposto dei critici del periodo prerivoluzionario, gli esponenti dell’avanguardia guardano al dinamismo dei film americani come alla quintessenza della sensibilità moderna, come a una qualità intrinsecamente rivoluzionaria. E la chiave della modernità rivoluzionaria del cinema americano viene

individuata proprio nel montaggio, il

procedimento che innalza la frammentazione a principio costruttivo. Lo stesso Kulešov ricorda in uno dei suoi articoli come l’impulso iniziale alle sue ricerche nel campo dell’analisi del linguaggio cinematografico gli fosse venuto dal riconoscimento del fatto che il pubblico prediligeva nettamente i film americani. Divenne palese che il film russo era composto di inquadrature molto lunghe e riprese da una sola posizione. Il film americano, al contrario, comprendeva un gran numero di inquadrature riprese da diverse posizioni. Procedendo nella comparazione fra il cinema russo e quello americano ci convincemmo che la fonte fondamentale dell’impatto del film sul pubblico non era semplicemente il contenuto di certe inquadrature ma la loro organizzazione, combinazione e costruzione, ovvero la relazione tra le inquadrature, la sostituzione di una inquadratura con un’altra (Kulešov 1929, p. 46) Kulešov riconosceva nel montaggio dei film americani “un principio essenziale di economia e di sintesi, una concisione ammirevole” ottenuta soprattutto attraverso l’impiego sistematico dei primi piani e dei dettagli, che isolavano di volta in volta ciò che era realmente importante sul piano narrativo, eliminando totalmente il superfluo. Gli americani, scrive ancora Kulešov, dividevano ogni singola scena in unità di montaggio, in una serie di inq. che componevano ciascuna sequenza; riprendevano ogni singolo momento in modo tale che solo l’azione fosse visibile, soltanto ciò che risultava

categoricamente

essenziale.

[…]

Chiamammo

questo

metodo di mostrare solo il momento o il movimento essenziale di una data sequenza, omettendo tutto il resto, “metodo americano” e lo

ponemmo

tra

i

fondamenti

del

nuovo

cinema

che

stavamo

cominciando a creare (Kulešov 1929, pp. 49-50). L’esempio del cinema americano costituisce un importante modello di riferimento anche per molti altri esponenti dell’avanguardia sovietica. Tra questi un ruolo di prim’ordine spetta indubbiamente a Leonid Trauberg e Grigorij Kozincev, fondatori a Pietroburgo della FEKS, ovvero la Fabbrica dell’Attore Eccentrico, un collettivo attivo tanto in ambito teatrale che cinematografico. Il programma teatrale della FEKS ha molti punti di contatto con la poetica del Futurismo italiano e in particolare con la celebrazione del Teatro di Varietà compiuta da Marinetti nel 1916. Non diversamente dai manifesti del Futurismo, i manifesti dell’Eccentrismo esaltano la macchina, l’elettricità, la velocità, il ritmo nervoso, il circo e il varietà, lo sport, e condannano invece i simboli della cultura tradizionale come i musei, le cattedrali, le biblioteche ecc. Ma rispetto al futurismo italiano l’Eccentrismo si caratterizza per una sorprendente insistenza sull’America come emblema del modernismo estetico. Tant’è vero che secondo Kozincev il modello per eccellenza dell’attore eccentrico è Charlot, da lui definito Lord Scompiglio, così come il modello per eccellenza della commedia eccentrista è individuato nello stile della slapstick comedy, lo stile comico tipico del cinema muto americano introdotto a Hollywood da Mack Sennett. Per Kozincev la slapstick è “un modo di pensare spostato, il grimaldello eccentrico che apre la porta di un mondo in cui la logica è stata messa al bando” (citato in Verdone, 111). Kozincev fornisce anche uno spunto di interpretazione ideologica di questa celebrazione dell’illogicità citando una frase di Lenin riportata da Gor’kij. Secondo Gor’kij, commentando uno spettacolo visto a Londra, Lenin avrebbe definito la comicità “eccentrica” degli artisti di varietà come “un atteggiamento satirico e scettico verso le opinioni comunemente accettate

e la tendenza a rovesciarle completamente, a deformarle, a dimostrare l’illogicità di quella che è la regola. Un po’ arzigogolato, conclude Lenin, ma interessante!” (citato in Verdone, 111) Kozincev riferisce questa testimonianza di Gor’kij per mettere in luce il carattere rivoluzionario della comicità novecentesca, in grado, come nel caso dimostra di Chaplin, di rappresentare l’assurdità come sistema e insieme, di converso, il sistema (evidentemente il sistema borghese) come assurdità.

L’americanismo dei membri della FEKS emerge prepotentemente fin dal primo allestimento teatrale di Kozincev e Trauberg, uno spettacolo tratto dal Matrimonio di Gogol’, messo in scena al teatro del Proletkul’t di

Mosca il 25 settembre 1922. Il manifesto dello spettacolo, tradotto in tre lingue (tedesco, inglese e francese), conteneva uno slogan scopertamente filoamericano “America, avanti!”. Il testo di Gogol’ era in realtà un semplice pretesto per la realizzazione di un vero e proprio caleidoscopio teatrale,

un

collage

volutamente casuale

di

materiali

eterogenei

accostati

in

maniera

che andavano dalle esibizioni di trasformisti,

giocolieri, cantanti, ballerini, all’apparizione di personaggi emblematici della cultura popolare americana di quegli anni, come Nat Pinkerton, impegnato

a

inseguire

Charlot.

Il

principio

costruttivo

di

questo

vertiginoso caleidoscopio teatrale era evidentemente quello del montaggio, di cui però Kozincev e Trauberg non offrivano una vera teorizzazione, limitandosi a ricavarne il principio in modo pragmatico dal teatro di varietà. In seguito Kozincev e Trauberg misero in pratica le idee dell’Eccentrismo anche in campo cinematografico, realizzando alcuni scatenatissimi film ispirati alle comiche e ai serial americani. Per esempio, Le avventure di Ottobrina era, nelle parole di Nikolaj Lebedev, storico ufficiale del cinema sovietico: un capriccio burlesco zeppo di trucchi e trovate esplosive nelle stile delle vecchie comiche americane. Nessuna trama: un semplice ‘cumulo di trucchi’. All’eroina del film, la capocasa Ottobrina, si opponeva

la

figura

simbolica

dell’imperialismo

internazionale,

Coolidge Curzonovic Poincaré. L’azione si svolgeva nei luoghi più scomodi, sul tetto di un tram, in un aeroplano, sulla cupola della cattedrale di Sant’Isacco. [...] C’erano riprese rallentate, accelerate, all’indietro,

[montaggio

molteplici esposizioni

rapido]

animazioni

duplici,

triplici

e

(in un’inquadratura si arrivava a sedici

sovrimpressioni) (citato in Verdone, 113).

Di fatto, pur senza teorizzarlo esplicitamente, Kozincev e Trauberg mettono in pratica una concezione allargata del montaggio, che oltre all’assemblaggio

delle

inquadrature

comprende

anche

un’impiego

sistematico della sovrimpressione, in modo da creare effetti analoghi a quelli del collage. Ma è sempre nel contesto dell’Eccentrismo che si assiste all’emergere della prima formulazione di una teoria del montaggio in ambito teatrale. Ne è autore un giovanissimo Sergej Ejzenstejn, quando nel 1923 si cimenta in un allestimento in chiave eccentrista della pièce di Ostrovskij Anche il più saggio si sbaglia , presso il teatro del Proletkul’t di Mosca.

APPENDICE: SCHEDA FILMOGRAFICA

Le straordinarie avventure di Mister West nel paese dei bolscevichi (Neobychajnye priklucenija Mistera Vesta v strane bol'sevikov URSS 1924, bianco e nero, 98’);

regia: Lev Kulesov; produzione: Goskino; soggetto e sceneggiatura: Nikolaj Aseev, Lev Kulesov, Vsevolod Pudovkin; fotografia: Aleksandr Levitskij; scenografia: Vsevolod Pudovkin; assistenti alla regia: Vsevolod Pudovkin, Aleksandra Chochlova, Leonid Obolenskij, Sergej Komarov, Porfirij Podobed, Leo Mur; montaggio: Lev Kulešov. Interpreti e personaggi: Porfirij Podobed (Mr. West), Boris Barnet (Jeddy, il cowboy), Aleksandra Chochlova (la contessa), Vsevolod Pudovkin (Iban, l’avventuriero), Sergej Komarov (l’uomo con un occhio solo), Leonid Obolenskij (il damerino), Valja Lopatina (Elli, l’americana), Petr Galad 〉 ev (uno della banda), Vladimir Flogel (controfigura di Barnet), A. Gorilin, V. Latysevskij, P. Charlampev.

Mr. West, presidente della Youth Male Christian Association, parte per un viaggio in URSS con la testa piena di frottole messe in giro dalla propaganda antibolscevica. Per proteggersi dai comunisti, che in una serie di illustrazioni ha visto rappresentati come esseri sanguinari regrediti allo stato barbarico, l’ingenuo capitalista porta con sé il cowboy Jeddy, che, armato di lazo, colt e stivaloni, gli farà da guardia del corpo. Appena giunti sul suolo sovietico i due sprovveduti cadono vittime del raggiro organizzato da una banda di truffatori, capeggiata dal losco Iban. Mentre Jeddy viene arrestato per

aver provocato disordini con la sua slitta a cavallo, West è circuito da Iban e da una sedicente contessa. Convinto di trovarsi con le uniche persone oneste in un paese di delinquenti e profittatori d’ogni sorta, West finisce, invece, per trovarsi di fronte a un grottesco tribunale d...


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