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Course Filologia Romanza
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Indice

CAPITOLO I, Primordi di poesia giocosa: la poesia goliardica Autori e opere Temi e modelli

1.3. I Carmina Burana 1.4. Poesia giocosa volgare

CAPITOLO II, I trovatori e la poesia comico-satirica in Italia 2.1. La poesia trobadorica in Europa 2.2. La produzione comica in Italia 2.3. Ciclo malaspiniano di Raimbaut de Vaqueiras 2.4. Aimeric de Peguillan: esempio di versatilità poetica 2.5. Riferimenti alla vita di Sordello 2.6. Il tema del testamento burlesco 2.7. Anc de Roland ni del pro N’Auliver 2.8. Anc tan bel colp de joncada ~ Anc tan bella espazada 2.9. Uc de Saint Circ e la poesia comico-satirica 2.10. Testi comico-satirici legati alla corte estense

CAPITOLO III, La tradizione comico-realistica italiana 3.1. La pastorella e il contrasto di Cielo d’Alcamo 3.2. Guittone d’Arezzo 3.3. Il Fiore 3.4. Rustico Filippi 3.5. Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti 3.6. Cecco Angiolieri 3.7. Dante Alighieri 3.8. Burchiello e il secolo senza poesia comico-realistica

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p. 40 p. 42 p. 44 p. 46 p. 47 p. 52 p. 57 p. 63 p. 66

Conclusioni

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Bibliografia

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La tesi indaga la tradizione della poesia comico-realistica in Italia a partire dai trovatori fino a Burchiello cercando di individuare i possibili collegamenti tematici con i filoni comici precedenti. La poesia goliardica latina può essere considerata un valido antecedente comune poiché sviluppa episodi e motivi che verranno ampiamente ripresi in seguito dai burleschi italiani. Autori come Ugo Primate d’Orleans o l’Archipoeta trattano, infatti, della cattiva fortuna personale, dei protettori avari, degli amici falsi; vengono lodati il vino e il gioco d’azzardo; la donna è celebrata ma anche disprezzata come, ad esempio, nella Dissuasio Valerii ad Ruffinum ne uxorem ducat di Walter Map, un’opera fortemente misogina. I temi tipici della poesia goliardica vengono ripresi in quella trobadorica. I protagonisti delle vicende narrate sono spesso impegnati nel gioco d’azzardo, assistono o partecipano ad alcune risse di ambientazione tabernaria, come nella tenzone tra Guillem Figueira e Aimeric de Peguillan N’Aimeric que·us par del pro Bertram d’Aurel, si spartiscono le attenzioni delle donne oppure lamentano le loro miserevoli condizioni. A questi motivi i trovatori aggiungono nuovi temi, come quello del vituperium personale, attraverso il quale vengono attaccati alcuni personaggi citandone difetti e comportamenti amorali. Sul tema della satira personale si basa, ad esempio, Vostra dompna, segon lo meu semblan in cui si attacca Sordello da Goito facendo riferimento ad alcuni episodi della sua vita tra cui la relazione che intrecciò con Cunizza da Romano. L’attacco personale è il motivo principale del genere del testamento burlesco e della tenzone giullaresca, un sottogenere della tenzone. Nel primo, in maniera parodica, alcuni individui si spartiscono l’eredità di un poeta costituita da vizi e difetti mentre nella seconda, di cui un esempio è la tenzone tra Alberto Malaspina e Raimbaut de Vaqueiras Ara·m digatz, Rambaut, si vos agrada, il giullare, in posizione di squilibrio sociale, accusa il signore di aver compiuto delle nefandezze mentre quest’ultimo, per difendersi, gli rinfaccerebbe la sua povertà. Un altro tema molto diffuso tra i trovatori è quello del gap in cui questi ultimi, difendendosi dalle accuse che ricevono, si vantano delle loro abilità poetiche e amatorie. In Can qe·m fezes vers ni canço, infatti, Aimeric de Peguillan, accusato da una donna di essere vecchio, controbatte e si vanta dicendo che le sue capacità sessuali, così come quelle poetiche, sono ancora intatte. Secondo Franco Suitner la satira personale elaborata dai trovatori è un modello prezioso per la poesia comico-realistica duecentesca italiana. Le accuse infamanti che i poeti si scambiano abitualmente forniscono ritratti e caricature che verranno applicate da Rustico Filippi e da Cecco Angiolieri a personaggi

della vita cittadina. Nelle invettive personali del primo gli attacchi sono linguisticamente molto violenti raggiungendo l’osceno soprattutto quando sono indirizzati alle donnacce di Firenze come in Da che guerra m’avete incominciata. Nelle sue poesie comiche l’Angiolieri riprende pienamente tutti i temi sviluppati dai trovatori, ma, come nota Claudio Giunta, scrive anche dei componimenti di carattere amoroso. Poiché il registro da lui utilizzato non corrisponde ai canoni convenzionali gran parte della critica ha ritenuto che il suo corpus poetico mirasse solo a fare parodia di testi appartenenti a filoni poetici più aulici. Pur rifacendosi alla tradizione trobadorica i poeti italiani ampliano il ventaglio tematico dello stile comico sviluppando, ad esempio, il vituperium di carattere politico. Spesso viene attaccato il singolo avversario, denunciandone l’infamia, come nel sonetto di Guido Cavalcanti, Novelle ti so dire, odi, Nerone, in cui l’autore si scaglia contro un autorevole membro della famiglia Cavalcanti, Nerone, che non riesce a farsi rispettare. Altre volte si accusa un’intera città o fazione, si veda il sonetto Più lichisati siete ch’ermellini di Folgore da San Gimignano in cui il poeta, deluso dalla fazione guelfa, si scaglia contro i suoi attaccandone e denunciandone la codardia e la debolezza. Il Trecento vede la fioritura di sonetti che attaccano l’avversario politico usando spesso gli strumenti del linguaggio comico-burlesco e, molto probabilmente, il fenomeno è dovuto alla nascita di una nuova realtà politica completamente diversa da quella cortese che inizia a prendere piede nel Duecento ovvero il comune. Suitner nota come se da un lato il ristretto ambiente comunale italiano, isolato dai grandi eventi storici del tempo, permette il fiorire della satira personale, dall’altro favorisce lo sviluppo della satira politica grazie al continuo scontrarsi con le altre città, alle differenze di pensiero, alle critiche ai personaggi politici corrotti, alla forte faziosità degli abitanti. Due differenze sostanziali che contrappongono la poesia dei trovatori a quella dei comico-realisti, e che sono strettamente legate alla realtà comunale, riguardano i destinatari dei componimenti e i generi comici utilizzati. Mentre la tradizione comica in lingua d’oc suscita corrispondenze in versi, nel caso di quella italiana i componimenti vengono indirizzati a personaggi che non hanno la facoltà di rispondere poiché, a differenza della corte, nel comune viene meno il momento dell’esecuzione pubblica del componimento. Per quanto riguarda il genere adottato, invece, dal sirventese o dalla tenzone dei trovatori si passa al sonetto nei comico-realisti. Ciò, molto probabilmente, è avvenuto grazie alla mediazione della strofa isolata di canzone, la cobla esparsa, che possiede una struttura molto simile a quella del sonetto e che, per la sua brevità, riesce a cat-

turare maggiormente l’attenzione spingendo l’autore a trattare in maniera più contratta il tema satirico. Un’eccezione a questo secondo aspetto è il Fiore, una parafrasi del Roman de la Rose che sviluppandosi in più di 200 sonetti, impartisce insegnamenti anti-cortesi incentrati principalmente sull’aspetto carnale e sessuale dell’amore. La maggior parte della critica ritiene che tutta la poesia comica del Duecento si sia sviluppata con l’unico intento di fare parodia del modello aulico. Giunta si oppone a questa ipotesi affermando che in quel periodo fosse contemplata una maggiore varietà di stili non essendosi ancora affermati modelli autorevoli come Petrarca e Boccaccio. Lo studioso ritiene più plausibile ipotizzare un rifacimento in chiave parodica del modello aulico in un periodo successivo, il Quattrocento, quando operò il Burchiello. Nei suoi componimenti, infatti, questo autore mira a ridicolizzare le pratiche degli uomini colti della sua epoca tra cui il ricorso all’auctoritas dei poeti antichi o a quelli del Duecento. Nella tesi si riserva attenzione anche alla possibile presenza, nei componimenti analizzati, di autobiografismo. Non è possibile affermare in maniera oggettiva che i fatti narrati siano realmente accaduti tuttavia è plausibile ritenere che la vita talvolta sregolata dei poeti potesse spesso portarli ad essere protagonisti o testimoni di determinate situazioni, poi riportate in poesia. Secondo Giunta con il tempo questi episodi sarebbero stati assorbiti nel codice letterario divenendo dei veri e propri topoi, utilizzati anche dai comico-realisti, per creare un gioco letterario atto a divertire il pubblico delle piazze.

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