AI Confini DELL’ Anima - I greci e la filosofia PDF

Title AI Confini DELL’ Anima - I greci e la filosofia
Course Filosofia
Institution Università degli Studi di Milano
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I greci e la filosofia ...


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AI CONFINI DELL’ANIMA, I Greci e la follia Per i Greci la follia non fu solo un baratro buio della ragione ma anche una possibilità di incontro con sfere nascoste della mente: un mezzo per superare i limiti dell’essere umano e dilatare la possibilità. Due estremi: corruzione dell’anima e profonda esperienza dello spirito; infatti i rituali estatici di Dioniso permettevano di accedere a una superiore forma di sapienza attraverso la follia, Euripide lo fa dire dalle Baccanti. La natura di Dioniso è delirio e follia e il suo culto fu un fenomeno ben preciso nella religione greca. La storia della follia in Grecia non deve essere vista come quella di una malattia; se per i filosofi e i medici assunse con il tempo il significato di un oscuro confine fra delirio e violenza, nella civiltà greca troviamo più significati. 1. I Greci attribuirono alla follia un linguaggio, uno dei tanti con cui un essere umano può esprimersi. Poteva essere un ponte fra la mente umana e quella divina. 2. La separazione fra follia (irrazionale) e razionalità venne stabilita nel V secolo a.C. 3. Nella storia della Grecia arcaica, invece, forme di follia vanno associate al pensiero mitico. Come diceva Lévi-Strauss in una prospettiva non scientifica, irrazionale e razionale non si contrappongono ma si completano. 4. La follia nella Grecia arcaica è presentissima nei rituali e nella religione: indicava la presenza di forze divine. 5. Questo tipo di follia operava anche all’interno di istituzioni sociali, in santuari come Delfi e in altri luoghi in cui si praticava la divinazione estatica e nei rituali di trance. 6. Fino a quel momento il sapienti poteva muoversi oltre i confini della ragione umana: l’operare del profeta non è pura disragione ma è una razionalità divinatoria che si esprime (con diversità rispetto al pensiero logico-formale) attraverso un sistema simbolico coerente e complesso. 7. La sapienza greca ha origine proprio da questo rapporto di ragione e non ragione perché la sapienza passava attraverso la vita che contiene in sé razionalità e irrazionalità. • Nell’elenco di estatici trasmesso da Clemente Alessandrino troviamo i nomi di Socrate, Empedocle. Pitagora, Epimenide di Creta.

• Anche Platone accettava che gli stati allucinatori della mente sono un mezzo di contatto con le forze divine che formano una realtà più alta di quelle divine. Persino Aristotele riconosceva una capacità di preveggenza da parte delle persone predisposte alla trance. • Il poeta ispirato e posseduto dalle Muse che improvvisa davanti all’uditorio appartiene a una manifestazione visionaria. • Nel teatro attico la follia fu oggetto di riflessione collettiva che è anche il motore dell’azione in molte tragedie. • Nel mito tradizionale riscontriamo la follia. Questa componente fu fondamentale nella mentalità arcaica e la stagione della logica e della filosofia nasce proprio dal confronto con questa fase di pre-ragione. Il termine manìa indicava il furore divino che sta alla base dell’ispirazione poetica e profetica e nello stesso tempo il delirio di un malato descritto dai medici del Corpus Hippocraticum. L’aspetto interessante è che la comunità greca conviveva con gli alienati e non li segregava; e d'altronde la follia, come abbiamo già detto, era realtà diverse come la malattia, un’espressione religiosa e un’istituzione sociale. L’origine della follia è dentro l’essere umano e quindi non ce ne si può separare, poi si è giunti mano a mano verso una nozione più ristretta e scientifica del termine. Ma in Sofocle e Platone sopravvive l’idea che la follia sia un’avventura della ragione umana. IL TRIBUNALE DELLA RAGIONE A partire dai Sofisti abbiamo la scissione fra follia e razionalità: sono viste come due parti fondamentali dell’anima e che si pongono come aspetti alternativi della personalità. In questa prospettiva la follia è vista come una degradazione spirituale, che accade quando non si riesce a educare questo aspetto da parte della razionalità dominante. Infatti per Platone la follia è gerarchicamente inferiore (lo si legge nel Timeo) perché è colma di passioni terribili e gravi. Follia -> porta lontano dalla propria umanità.

La minaccia dell’irrazionale viene avvertita e si può dire che il V secolo sia il secolo in cui si acquisisce la consapevolezza della fragilità della ragione che può organizzare e controllare le forze irrazionali solo quando assume la coscienza della sua precarietà e insieme della sua unicità. Lo notiamo davanti alla pazzia di Aiace, l’Odisseo di Sofocle infatti comprende la fragilità umana. Anche Penteo, troppo ordinato e rigido, quando viene a contatto con la follia ne viene risucchiato: egli combatte arduamente una parte di sé che però esiste e va accolta per non esserne risucchiati. Nella tragedia c’è la contrapposizione fra sophìa e manìa che, pur essendo parti dell’anima, sono fra loro forze ribelli e la follia viene sfidata. Platone identifica la follia nelle forze irrazionali pronte a manifestarsi a ogni uomo: è una guerra civile di due parti, follia e ragione. In questo periodo la follia viene tolta agli dei e viene trasportata nella dimensione umana: il malato può essere curato ed educato e cessa di essere un mediatore di fra piani diversi della realtà, un individuo privilegiato perché in contatto con gli dei, e diviene un’inquietante presenza fra gli uomini. Ciò mostra una presenza che può aprirsi sulla ragione e sulla civiltà: si apre così un’idea di utopia che fu descritta da Platone nella Repubblica e che non contempla alcun folle, nemmeno i poeti ispirati. E’ da qui che siamo giunti al pensiero occidentale sulla ragione. NON E’ UNA MALATTIA SACRA Con il trattato Sulla malattia sacra del Corpus Hippocraticum la follia entra nella storia della medicina. Nella mentalità tradizionale la malattia sacra è l’epilessia, che era una forma di possessione da parte di un dio che poi lo abbandona alla fine di un attacco. E’ sia un corpo sacro sia contaminato. In realtà il trattato si occupa di fenomeni della mente in generale. • Si provano desideri di fughe, paura, incubi e insonnie quando il cervello non è sano ed è più caldo/ freddo, umido o secco della sua natura. • Il medico sfida l’ignoranza dei curatori e degli esorcisti

• La mente è un sistema fisico degli umori: flegma e bile fanno ammalare il cervello • Epilessia tradizionalmente vista come possessione demoniaca adesso è una malattia del cervello che è anche ereditaria e si può guarire • Non c’è una malattia sacra ma c’è l’uomo che soffre e che va curato. In questi decenni si inizia a usare la parola manìa: Omero non la conosce anche se usa la parola maìnesthai (rabbia dei guerrieri). Questo termine designa le forme della follia nel loro complesso negli autori del V secolo a.C. Nello steso momento gli scritti medici parlano di melancholìa (bile nera) phrenìtis (infiammazione diaframma). L’importanza del trattato sta nell’aver collocato la follia in una dimensione umana e non più divina, posizione vicina al nostro pensiero occidentale. Stabilisce che ciascuna malattia ha una causa naturale e nulla avviene senza causa naturale. Vi è un mutamento di paradigma. Il phrén era un altro indiziato per i disturbi mentali. In ogni caso è una malattia della natura, non espressione demoniaca. I medici si concentrano sul phòsos, la paura e il terrore come compagno della follia ed è improvviso. Pan è visto come la causa di questa fobia improvvisa e le donne usavano gridare facendo vibrare la lingua epr evitare gli attacchi di Pan. Le Baccanti invece attribuiscono la causa a Dioniso. Il flauto era uno strumento connesso all’eccitazione psicofisica ed era appunto lo strumento usato nei rituali di trance. • Nella tragedia vediamo i sintomi di cui parlano i medici a vari livelli: dalla possessione, trance estatica, punizione per colpa o contaminazione ma anche malattia dell’anima come dicevano i medici. (Io ed Era, Fedra e Afrodite ecc). • La follia nella tragedia è quella del malato, irrequieto, pungolato da un’ansia ossessiva e rifiutato per paura di contaminazione. • Le Erinni sono forme di follia: nelle Coefore c’è proprio una descrizione simbolica della sua pazzia. • Eschilo qui mostra una cura rituale affidata alla purificazione a opera di Apollo in Delfi: rito di reintegrazione del fosse contaminato davanti al tribunale dell’Areopago. E’ un rituale laico e cittadino, non magico. E’ una terapia della parola, quindi la ragione può curare.

DEI ED EROI DELLA FOLLIA Nell’Ippolito di Euripide troviamo un catalogo di divinità (Ecate, Pan, Madre montana degli Dei, Dictinna ecc) ma non compare Dioniso perché la follia dionisiaca si svolge in una dimensione collettiva mentre ed è di natura rituale. Non comporta accessi di follia individuale. Il corpo di un folle è contaminato, seppur sacro: fa paura ma manifesta la presenza divina (pensiero tradizionale). Gli eroi sono connessi con la follia e Asclepio prima di diventare un dio guaritore era un eroe e gli eroi sono connessi alla iatromantica. Gli eroi sono connessi alla malattia e alla guarigione perché essi stessi erano folli (Eracle, Alcmeone, Oreste). Lo scherma è: contaminazione, follia, fuga dall’umanità, purificazione e reintegrazione nella società. Le Erinni non sono divinità di possessione ma inseguono e rendono così folli. Gli omicidi di Alcmeone e Oreste sono parte di leggi non scritte della vendetta tribale ma comunque sono seguiti da fantasmi. A volte la follia è collegata alla dimenticanza di qualche atto rituale o alla violazione di un divieto connesso a un luogo sacro. Violazione del tabù degli oggetti sacri, idoli di culto: Astrabakos e Alopekos impazzirono dopo l’immagine culturale di Artemide Orthia. In generale la follia appare come punizione, anche se nella forma più arcaica del mito essa è legata alla contaminazione piuttosto che alla colpa morale. Anche le divinità dell’Olimpo possono dare la pazzia. Per Euripide Lyssa o Follia, che significa la “rabbia dei lupi”. Era rese folle anche Dioniso e lo fece errare per il mondo finché giunse in Frigia dove la Grande Madre Rea lo purificò e gli donò gli strumenti rituali del suo culto: questa fu una follia iniziatica. Follia come momento di passaggio da una condizione di mortalità a una di immortalità divina. In Omero l’allucinazione è anche l’incontro con un dio. Nella vicenda di Cleomede di Astipalea ad esempio c’è una follia che è fonte di punizione e grazia. Nel mito alla base della pazzia c’è sempre una causa, seppur invisibile: spesso contaminazione e offesa al sacro. E ciò è rassicurante perché la malattia mentale ha una causa ed è quindi comprensibile. PAZZI LIBERI PER LA CITTA’ Il pazzo e la città non possono convivere perché il primo crea disordine: tuttavia questo fu vero solo in parte. C’erano delle

restrizioni da parte della famiglia del folle, quindi sfera privata (giudice delle Vespe), ma è abbastanza libero, ha dei limiti imposti (portare armi ma per il resto)… visto che non abbiamo numerosi dati sulla legislazione del folle, questo ci dice che non vi era un sistema repressivo. Il limite più serio era la nullità del testamento. In questo senso il caso più noto fu Sofocle da parte del figlio Iofonte. Il manicomio viene teorizzato nelle Leggi da Platone come isolamento del pazzo per evitare il contagio (idea di contaminazione ritorna). L’idea della temperanza come opposto della follia si ritrova anche nella psichiatria moderna: l’idea che il folle non si integri nella società dominante. Atene però continua ad avere a che fare con i folli senza escluderli ma convivendo con essi, seppur esentati dal portare le armi e fare il servizio sociale. Solone si finge pazzo per proporre la ripresa della guerra contro Megara per l’isola di Salamina. Da ciò si sa che un pazzo nel VI secolo a.C. poteva aggirarsi nelle vie della città con un berretto identificativo ed era protetto dalle leggi per incapacità di intendere e volere. Anche Odisseo fu un finto folle. CURE TRADIZIONALI DELLA PAZZI Gli imbroglioni di cui parlano i medici avevo però delle cure e saperi tradizionali: nel trattato Sulla malattia sacra si legge che essi consigliavano prescrizioni di carattere di igiene alimentare, magico e rimedi di carattere simbolico-psicologico: non indossare abiti neri, non tenere un piede / mano sopra l’altro/a. Le cure tradizionali, in generale, si dividono in: • Esorcistica • Musicale • Iniziatica Cura esorcistica: essendo il folle un posseduto, si ha un intervento purificatorio che lo liberi dalla contaminazione, sia nell’individuo che nella comunità. Anche nel mondo ebraico sono comuni queste figure: Luciano ne parla nell’Amante della menzogna e nei Vangeli, perché anche Gesù guarì dalla follia. La differenza con il demonismo ebraico è che quest’ultimo ha a che fare con il Male mentre quella greca ha a che fare con la sfera sacra e divina, non è il Male. Uno va espulso e l’altro va ammansito.

Esorcismo in tre tappe: evocazione, richiesta del nome e esplulsione attraverso formule. A volte le purificazione avvenivano con il volto a est, si usava l’acqua lustrale e i convenuti si distribuivano in cerchio. La purificazione era un momento del sistema collettivo psicoterapico: a livello mitico funzionava così e c’è sempre un riflesso nel mito della società e delle sue pratiche sociali. (Melampo e le figlie del re Preto di Argo). I disturbi mentali sono una rottura di tabù e la follia ne è una punizione determinata dalla divinità offesa. Si passa quindi dalla sfera della patologia a quella del sacro: la cura è nel sacro. Tarantismo De Martino con terapica di derivazione coreica. La cura collettiva ed estatica raappresenta simbolicamente (tramite sacralizzazione malattia, mimo della malattia e apparato musicale di accompagnamento) le tensioni che coinvolgono il gruppo e c’è una teatralizzazione della follia, che comporta sia la teatralizzazione dei conflitti del malato che l’assistere agli spettacoli teatrali. Modello di cura delle Vespe: viene simulato un processo domestico a carico di un cane che alla fine viene assolto, producendo uno choc nel giudice da guarirlo, almeno in apparenza. Musicoterapia: la musica per i Greci aveva un ruolo magico, lo si capisce pensando a Orfeo che ammansisce le belve con la sua cetra. E Orfeo è il simbolo dell’archetipo magico-rituale che è diffusissimo per quanto riguarda la guarigione. Infatti i guaritori sono accompagnati da ritmi musicali, ci sono le danze curatuve e nella Grecia arcaica vi erano incantesimi musicali per scacciare i demoni della malattia: Autolico ne è un esempio. Era il nonno di Odisseo che possedeva, insieme ai suoi figli, un potere medico grazie alla conoscenza di incantesimi con cui arresta il sangue del giovane Odisseo ferito da un cinghiale. Questo antico sostrato fu portato poi avanti dai filosofi teoretici musicali (pitagorici), mentre la cura esorcistica-musicale dai Coribanti. • PLATONE: si guarisce la follia attraverso una cura omeopatica. C’è una follia cattiva (ereditaria!!) e una buona, giusta, prodotta dai rituali che è la follia iniziatica. Questa rende accettabile il disturbo mentale, ritualizzando la follia cattiva, e organizza forme di cura coreiche e musicali fondati sulla trance. Cioè la follia si cura con un esorcista che è lui stesso un posseduto. Può essere curata tramite pratiche che la follia stessa ha insegnato.

• CORIBANTI: tardo V secolo a.C, sono una confraternita di danzatori che praticavano riti iniziatici connessi con i disturbi mentali; “fare il coribante” significa delirare. I sintomi del Coribanti erano crisi di pianto, palpitazioni cardiache. Perdita della coscienza, iperestesia psicomotoria e catalessi. Uso ossessivo dei ritmi estatici e deliranti: per questo si ricorreva a loro per curare la follia. Sono una forma di psicosi collettiva (allucinazioni, sentono il flauto e danzano) ed è costituita su modelli culturali ai quali il soggetto si conforma. Ma questa tesi ri Rohde (che avevano un’affezione quale il delirio coreico e allucinazioni) presenta dei problemi: i coribanti rivolgono la cura ai singoli individui, non specificatamente vittime di delirio coreico come il giudice delle Vespe. E partecipavano anche persone sane di mente. Il coribanti presentano un’ossessione collettiva e hanno una cura omeopatica: curano la follia con la follia tramite un rituale iniziatico, chiamato thronismòs (intronizzazione), in cui il neofita era posto al centro di un cerchio di danzatori estatici e diveniva membro della confraternita. E’ una musicoterapia. Secondo Dodds-> sacrificio al dio da parte del malato, una diagnosi musicale (catarsi) e una danza orgiastica volta a curare l’ossesso. Ma la cura dei Coribanti tendeva a istituire una dipendenza psicologica fra malato e guaritore. La presenza di questa confraternita corrisponde all’assenza ad Atene di un culto dionisiaco regolarizzato perché Dioniso era una divinità politica. (coribanti rituale maschile e individuale mentre quello dionisiaco collettivo e femminile). DUE MODELLI DI FOLLIA: Analizziamo i due modelli di follia in Platone che scrive come “ogni uomo combatta una guerra contro se stesso”. Il funesto pungolo, la follia nemica, ha origine nella psyché ovvero nell’anima, nella mente. Dedica tutta la sua vita alla riflessione sull’anima/ corpo e sul suo funzionamento nelle opere finali (Repubblica e Fedro) dice che l’anima sia il prodotto di 3 funzioni: razionale (loghistikòn) impulsiva (thymoeidés) e conscupiscinile (epithymetikòn). L’anima contiene tutto ciò che forma una persona, quindi sia razionalità sia irrazionalità; Platone affida alla parte razionale un ruolo superiore. L’anima dopo la morte va nell’oltre mondo, si purifica e torna in un altro corpo per rinascere perennemente. La minaccia proviene dall’anima stessa, in

primis dai desideri e impulsi: questi possono portare alla manìa che è sia etica che patologica. Infatti il folle è colui che non conosce il bene per ignoranza, oppure qualcuno che diventa delirante per qualche malattia o cattiva scelta di vita. La malattia dell’anima non era contingente ma proveniva da lontano perché l’anima è plastica: in più ogni uomo nasce con una serie di colpe che si trascinano dalla famiglia. Pensiamo alle tragedie che descrivono questo molto chiaramente. Sembra un’idea arcaica ma ognuno è il prodotto della sua storia famigliare e ciò lo si accetta nella psichiatria moderna. Convinto seguace di Socrate crede come lui che l’ignoranza porta a compiere il male e avvia verso il delirio. Folle è chi non riesce a tener a freno le forze distruttrici. Nonostante ciò, qualsiasi uomo ha alcuni sintomi della follia quando allenta il controllo, ovvero nei sogni. Nel libro nono della Repubblica propone il prototipo del folle nel tiranno che lascia liberi i suoi impulsi come quando si sogna. Ciò mostra come il germe del male sia radicato interiormente, quello che Freud chiamerebbe il rimosso. Platone arriva quindi ad affermare che bisogna educare anche la parte irrazionale: c’è bisogno di un’igiene del sonno, controllare i sogni con una pratica mentale che ammansisca l’anima prima di andare a nanna. Destare la parte razionale e addormentare le parti inferiore dell’anima. (pedagogia del sogno non era nuova in Grecia con i pitagorici e tempio di Asclepio). Seguendo il capitolo nono della Repubblica si capisce che tutto il male nasce quando dorme la parte razionale e trionfano le altre due ovvero quella concupiscibile ed emotiva. Stàsis come conflitto fra le parti dell’anima, con l’esempio di Leonzio e i suoi occhi, tensione fra Super Io (inconscio) ed Es (tensioni regole morali): occhi come primo veicolo del desiderio. Per Platone il folle è una minaccia per la città e corrisponde alla degradazione della tirannide ed è infelice. Nella morale ateniese del V secolo tracotanza, follia e odio sono caratteristiche del tiranno (Penteo, Creonte, Lico). E tutto ciò è un pericolo per la società descritta nella Repubblica e nelle Leggi e perciò va isolato dalla città perfetta. UN SECONDO MODELLO DI FOLLIA: è un’illuminazione dello spirito, gioiosa ed esaltante. E’ superiore alla sapienza e deriva dagli dei come la mantica da Apollo, la telestica da Dioniso, la follia poetica dalle Muse e quella d’amore da Erod e Afrodite. Ha un che di profetico e si esprime collettivamente e attorno a ciò si costruiscono templi e feste.

La follia così intesa è uno straniamento rispetto a comportamenti...


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