Appunti - Corso integrato di scienze neurologiche e psichiatriche - Idrocefalo - a.a. 2013/2014 PDF

Title Appunti - Corso integrato di scienze neurologiche e psichiatriche - Idrocefalo - a.a. 2013/2014
Course Corso integrato di scienze neurologiche e psichiatriche
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Appunti - Corso integrato di scienze neurologiche e psichiatriche - Idrocefalo - a.a. 2013/2014...


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Neurochirurgia

17/3/2014

2^ Ora

Canale B

Prof. Colella

Idrocefalo

Cominciamo con delle informazioni di carattere generale: Il volume del cranio in un uomo a quanto ammonta? Considerando il cranio come un contenitore, dobbiamo considerare principalmente il peso del cervello: il cervello di un umano adulto pesa circa 1200g, il resto dello spazio è occupato dal sangue, dal liquor e dal liquido extracellulare. Per comodità di esposizione considereremo solo il parenchima cerebrale, il sangue e il liquor. Quanto liquor è contenuto nel nostro cranio? In un dato momento, sono contenuti 75 ml negli spazi subaracnoidei ventricolari e 75 ml nello spazio subaracnoideo perimidollare, quindi in tutto 150 ml. Questi 150 ml sono prodotti e riassorbiti tre volte nell’arco di una giornata, per un totale di 450 ml di LCR. Qual è la funzione principale del liquor? Il liquor funge da materasso ad acqua per il cervello; abbiamo detto che pesa 1200g nell’adulto circa, ma poiché è immerso nel liquor, per il principio di Archimede, il suo peso effettivo è circa 50g, ecco perché noi possiamo muovere il capo a destra e a sinistra senza che il cervello urti contro le pareti del cranio, si danneggi o contunda. Questo spiega perché, quando noi neurochirurghi operiamo un pz e facciamo una craniotomia, apriamo gli spazi liquorali e rimuoviamo tutto il liquor, il paziente va incontro ad una situazione estremamente delicata: se il pz cadesse dalla barella o dal sostegno del campo operatorio rischierebbe un gravissimo danno al parenchima cerebrale, poiché viene a mancare quella protezione che il liquor stesso rappresenta. Quanto sangue c’è nel cervello in un dato momento? Ci sono 75 ml di sangue. Il cervello pesa 1200 g per cui rappresenta circa il 2% del peso corporeo, e nonostante questo basso peso fruisce del 20% della gittata cardiaca. Il cervello consuma ossigeno e glucosio che vengono veicolati dal sangue. Quanto sangue passa nelle 24h attraverso il cervello? Circa 1000L di sangue nelle 24h, considerando una pressione media di 100 mmHg. Possiamo dire che il cervello consuma circa 70L di ossigeno nella giornata e circa 100mg di glucosio a riposo. Qual è la pressione del liquor? Nell’adulto la pressione liquorale varia tra 8 e 18 mmHg a seconda delle varie attività svolte; è chiaro che nel momento in cui ci impegniamo a un’attività in cui è necessario sforzo con aumento di pressione osserviamo in contemporanea un aumento della pressione liquorale. Questo accade anche nel caso in cui aumenti la pressione venosa. C’è un’ulteriore caratteristica da considerare: la rigidità del contenitore. Immaginate la scatola cranica chiusa, inestensibile; all’interno c’è il cervello, il sangue e il liquor. Circa 200 anni fa, Monro e Kellie stabilirono una dottrina tuttora valida, secondo la quale se aumenta una delle componenti della massa encefalica questo può avvenire solo a scapito di un’altra. Se all’interno della scatola cranica c’è un tumore cerebrale, quindi un processo occupante spazio, l’espansione del tumore sarà compensata da uno spostamento del liquor da un distretto sopratentoriale a uno sottotentoriale. Per fare un esempio, un pugile messo KO dall’avversario dopo aver subito un pugno in regione temporale si frattura la squama del temporale, si interrompe la meningea media e viene a determinarsi uno spandimento emorragico tra la dura madre e il cranio, che comprime il cervello; il pugile si riprende, si rialza, fa un’intervista, va a casa e poi muore. C’è stato quindi un intervallo libero dai sintomi tra il trauma e il coma in cui è precipitato il pz; questo è dovuto al fatto che il sangue raccolto tra la teca cranica e la dura, che comprime il cervello, ha determinato uno spostamento del liquor dai ventricoli laterali, attraverso il forame

di Monro e l’Acquedotto di Silvio, nel distretto sottotentoriale; quindi è stato compensato l’aumento della massa encefalica. La situazione di compenso è valida fino al momento in cui i ventricoli si sono svuotati, le cisterne della base si sono “bloccate” e non vi è più possibilità di compenso, per cui l’ulteriore compressione comporta l’erniazione dell’uncus (la parte più bassa del lobo temporale) attraverso il margine libero dell’incisura del tentorio del cervelletto, con conseguente compressione del tronco encefalico. Si comprende come questa sia una situazione di emergenza: il paziente, se non operato immediatamente, muore per compressione del tronco encefalico. Dal punto di vista clinico, si dilata la pupilla (midriasi) omolaterale rispetto alla lesione emorragica espansiva intracranica e si ha emiplegia controlatrale: questo perché l’erniazione dell’uncus attraverso il margine libero del tentorio va a colpire il III nervo cranico omolaterale (che fuoriesce dal solco mesencefalopontino), le cui fibre autonomiche (che originano dai nuclei di Edinger-Westphal) si trovano in una posizione supero-esterna del nervo e sono quelle che ne risentono immediatamente. L’insieme dei due sintomi descritti (midriasi ed emiplegia) prende il nome sindrome alterna del mesencefalo o sindrome di Weber. Circolazione liquorale: Il liquor viene prodotto dai plessi coroidei nei ventricoli laterali e nel IV ventricolo. A partire dai ventricoli laterali, il liquor defluisce nel III ventricolo attraverso i due forami interventricolari di Monro, poi nel IV ventricolo attraverso l’acquedotto di Silvio (punto critico perché estremamente sottile, un vero e proprio “imbuto”, dove molto facilmente può crearsi un idrocefalo). Dal IV ventricolo attraverso i due forami di Luschka laterali e il forame di Magendie impari e mediano, ritorna nella circolazione cisternale (Cisterne della base), circola intorno al cervello e viene riassorbito attraverso le granulazioni aracnoidali (Granulazioni del Pacchione), estroflessioni di aracnoide che si portano nei seni venosi.

L’idrocefalo L’idrocefalo può essere classificato in diversi modi: 1. in base al numero dei ventricoli interessati: -monoventricolare -biventricolare -triventricolare -tetraventricolare 2. in base all’età di insorgenza: -nel bambino -nell’adulto -nell’anziano L’idrocefalo è una patologia che interessa il lattante ed è conosciuto sin dalla notte dei tempi, lo conoscevano i greci e gli egiziani. Nel bambino, le ossa del cranio sono separate le une dalle altre dalle cosiddette fontanelle, poiché nel primo anno di vita extrauterina il cervello triplica il suo volume, ha una crescita straordinariamente veloce, per cui il cranio deve seguire il cervello in questo sviluppo. Se aumenta la produzione di liquor o vi è un ostacolo alla sua produzione, cosa succede? Nell’adulto, dove la scatola cranica è chiusa e inestensibile, aumenta la pressione. Nel lattante vi è una possibilità ulteriore di compenso, cioè si dilata la circonferenza cranica, vi è la diastasi delle suture e la tensione delle fontanelle. A questa espansione consegue una riduzione del parenchima cerebrale ad una sottile sfoglia di tessuto nervoso, ma il bambino non ha deficit gravi, risulta avere un’intelligenza normale se non superiore alla media. Ovviamente il bambino sarà ipertonico e avrà alcuni problemi motori, ma le funzioni cognitive sono conservate. Oltre a queste due differenze basilari a seconda dell’età di insorgenza, vi è un segno comune, che prende il nome di Segno del Sole calante, nel bambino, e segno del Parinaud, nell’adulto: il segno consiste nella

difficoltà all’elevazione dello sguardo, quindi, guardando gli occhi del paziente, l’iride si trova al di sotto della palpebra inferiore, per cui l’aspetto dell’occhio è quello del Sole al tramonto. Negli anziani vi è una patologia, l’idrocefalo dell’anziano, riconosciuta negli anni ‘60 da due studenti di medicina Adams e Hakim: fecero una tesi di laurea su questo disturbo della circolazione liquorale che comportava disturbi dell’andatura, deterioramento cognitivo e disturbi sfinterici (incontinenza). 3. Per quanto riguarda l’eziopatogenesi può essere classificato in: -ostruttivo -ipersecretivo -da alterato riassorbimento Per quanto riguarda il tipo ipersecretivo, c’è un solo esempio che possiamo fare ed è quello legato a un tumore dei plessi coroidei, il papilloma dei plessi corioidei. In questo caso si avrà un aumento del tessuto secernente liquor e quindi aumenterà la produzione liquorale. Esiste anche una forma maligna, il carcinoma dei plessi corioidei. Il tipo ostruttivo è determinato da un’ostruzione. Per fare alcuni esempi: -se è ostruito un solo forame di Monro, è evidente che l’idrocefalo interesserà un solo ventricolo (può essere il caso di un’ostruzione causata da un tumore): idrocefalo Monoventricolare. -se interessa entrambi i forami di Monro, come nel caso di un macroadenoma ipofisario che si sviluppa verso l’alto e comprime il III ventricolo, si instaurerà un idrocefalo Biventricolare. -il più frequente è l’idrocefalo Triventricolare, che può essere causato da un tumore del tronco encefalico o da malformazioni dell’acquedotto (che può essere bifido o tripartito, invece che a singolo canale, per malformazioni anatomiche). La forma da alterato riassorbimento può essere una conseguenza di emorragie cerebrali, soprattutto subaracnoidee, o infezioni o traumi, che comportano un versamento ematico negli spazi subaracnoidei, che vanno a bloccare le cisterne e determinano la formazione di fibrina che ostacola il flusso del liquor nelle cisterne della base.

L’idrocefalo può anche associarsi ad alcune sindromi, come la sindrome di Chiari o la sindrome di DandyWalker. Sindrome di Arnold-Chiari (più correttamente, sindrome di Chiari, dall’anatomopatologo che la descrisse) consiste nella dislocazione caudale rispetto al grande forame occipitale di alcune strutture cerebellari, tra cui la parte più bassa del cervelletto. La sindrome si divide in quattro forme: -La prima, Chiari tipo 1, è la più frequente: le tonsille cerebellari protrudono attraverso il grande forame occipitale, quindi la cisterna magna è parzialmente occupata e non svolge la sua funzione di crocevia del circolo liquorale. -Nella Chiari tipo 2, oltre le tonsille c’è la parte inferiore del cervello e talvolta anche parte del IV ventricolo che erniano attraverso il grande forame occipitale e questo si accompagna sistematicamente alla spina bifida (mielomeningocele). Nel 100% dei casi di mielomeningocele, vi è la sindrome di Chiari di tipo 2, nel 90% dei casi è associata a idrocefalo e solo il 10% dei casi è indenne dall’idrocefalo. [Il prof non ha parlato degli altri due tipi] La sindrome di Dandy-Walker è dovuta all’atresia dei forami di Luschka e Magendie: quindi, poiché il liquor non riesce a fuoriuscire dal IV ventricolo perché i forami sono chiusi, il IV ventricolo si dilata fino ad occupare quasi tutta la fossa cranica posteriore (segno di Dandy-Walker, malformazione dell’“outlet” del IV ventricolo, ossia dei forami di Luschka e di Magendie). La sindorme si accompagna quasi sistematicamente a idrocefalo. Quando i bambini affetti devono essere operati, bisogna fare uno shunt con un catetere tra la cavità (cisti) di Dandy-Walker e il sistema ventricolare sovratentoriale.

Anche in un’altra sindrome, l’acondroplasia, è molto frequente l’idrocefalo: questo avviene per la malformazione della parte bassa del cranio e il minore diametro del grande forame occipitale.

Altre cause di idrocefalo possono essere i tumori intracranici, quelli ventricolari, mesencefalici, della ghiandola pineale, del talamo e ipotalamo. Così anche le emorragie subaracnoidee post-traumatiche possono creare ostacolo alla circolazione liquorale a livello delle cisterne della base, con conseguente dilatazione di tutti e quattro i ventricoli. L’idrocefalo post infiammatorio è determinato da meningiti, meningoencefaliti e ascessi cerebrali.

Clinica Passiamo alla sintomatologia clinica dell’idrocefalo: nell’adulto la scatola cranica è inestensibile, quindi l’aumento della pressione intracranica comporta una triade di sintomi: cefalea, vomito e la papilla da stasi. Per papilla da stasi si intende il danno alla papilla del nervo ottico, ossia il punto in cui il nervo ottico entra nel bulbo oculare, causata dall’ipertensione endocranica. Le guaine dei nervi ottici sono in continuità con gli spazi subaracnoidei, per cui l’aumento della pressione intracranica si estrinseca sulle guaine dei nervi ottici. All’oftalmoscopia diretta, in condizioni normali, la papilla del nervo ottico si vede come un’area circolare gialla a margini netti, mentre in condizioni di ipertensione endocranica comincia a diventare a margini sfumati, sollevata sul piano retinico; i vasi retinici, soprattutto le vene, cominciano a diventare turgidi e si ha la comparsa di emorragia “a fiamma”. Nonostante lo scompaginamento della papilla ottica, il pz conserva l’acuità visiva anche nella fase acuta dell’ipertensione endocranica; il visus verrà invece compromesso gravemente se non si interrompe l’ipertensione con un intervento chirurgico o farmacologico, perché la papilla ottica va incontro ad atrofia, che comporta la perdita della funzione dei neuroni e della funzione visiva. Contrariamente a questo, nella neurite ottica retrobulbare l’aspetto che vedete all’oftalmoscopia diretta è molto simile, ma il segno che contraddistingue le due patologie è che nella neurite ottica retrobulbare (che accompagna spesso la sclerosi multipla) il visus è compromesso. In aggiunta alla triade sintomatologica esposta, vi è anche il deficit del 6^ nervo cranico, l’abducente. Questo nervo è compromesso a causa della sua struttura, infatti è un nervo molto sottile perché innerva un solo muscolo, e a causa del suo decorso, perché parte dal triangolo pontino nel IV ventricolo, circonda il tronco e percorre tutta la base cranica: per entrambi i motivi è sottoposto a tutte le forze che si estrinsecano sulla base cranica quando la pressione endocranica è aumentata. Questa condizione determina lo strabismo convergente, che si verifica sia nel lattante che nell’adulto soprattutto quando l’idrocefalo permane a lungo. Nell’anziano, la sintomatologia dell’idrocefalo è caratterizzata da una triade differente, la triade di HakimAdams: disturbi dell’andatura, incontinenza urinaria, deficit delle funzioni cognitive. Idrocefalo normoteso E’ una sindrome caratterizzata dalla triade sintomatologica di Hakim-Adams, caratterizzata da: incontinenza, disturbi della marcia e demenza reversibile. Da notare che in caso di idrocefalo la demenza è reversibile, ciò è molto importante perché implica che è una condizione trattabile in condizioni iniziali, contrariamente ad una demenza progressiva. Per contro, i disturbi sui quali l’intervento chirurgico meglio agisce sono l’incontinenza e la marcia, quindi qualora la condizione di demenza fosse già molto avanzata, non si evidenzierà un miglioramento significativo. Esiste anche una forma di idrocefalo normoteso secondario, che è quello post-traumatico, post-emorragia subaracnoidea, post-infiammatorio; in ogni caso, quello che trattiamo con intervento endoscopico o chirurgico è generalmente un idrocefalo normoteso idiopatico. Per quanto riguarda la patogenesi dell’idrocefalo idiopatico, vi è una perdita dell’elastanza del cervello, per cui il cervello diventa più rigido, aumenta la pressione all’interno del sistema ventricolare, le pulsazioni cerebrali sul cervello più rigido comportano un aumento del riassorbimento transependimale, una concrezione del tessuto nervoso e una riduzione della perfusione del tessuto cerebrale; il liquor si comporta come un “martello d’acqua” sul parenchima cerebrale, comportando tutti i sintomi descritti dalla triade

sintomatologica. Ripristinando la pulsatilità cerebrale attraverso l’intervento endoscopico o mettendo una valvola, si ha un arresto dell’evolutività della sintomatologia. [Il prof mostra alcune immagini] Nella prima immagine vedete il corpo calloso assottigliato, il ventricolo laterale molto ampliato, parte del III ventricolo si estrinseca nella sella turcica: questa è un’immagine di idrocefalo neoplastico, questo tumore interessa il forame di Monro e porta alla dilatazione di entrambi i ventricoli. In questa immagine invece vedete un catetere di derivazione liquorale all’interno del corno occipitale del ventricolo laterale destro: questo è un esempio di idrocefalo post emorragia subaracnoidea. L’idrocefalo è asimmetrico, il corno frontale del ventricolo laterale sinistro e il corpo ventricolare omolateralmente è più dilatato. In quest’altro caso vedete un idrocefalo post infiammatorio, tetraventricolare. Qui vi è un tumore dei plessi corioidei: anche dopo aver rimosso il tumore, l’idrocefalo rimane e va trattato con una derivazione. Questo che vedete è un idrocefalo congenito: l’aspetto a goccia dei corni occipitali dei ventricoli laterali prende il nome, soprattutto nel lattante, di colpocefalia. Questa che vedete è l'adhaesio interthalamica, commessura tra i due talami. Questo è un quadro di idrocefalo normoteso nell’anziano, gli spazi subaracnoidei sono atrofici, il sistema ventricolare spovratentoriale è dilatato.

Terapia Esiste una terapia medica con diuretici inibitori dell’anidrasi carbonica, come l’acetazolamide, o diuretici osmotici, ma sono palliativi; la vera terapia è quella chirurgica. Esempi di trattamento nel lattante sono le punture trans-fontanellari, la derivazione liquorale esterna e procedure endoscopiche. Nell’idrocefalo ostruttivo può essere effettuata un’acquedotto-plastica endoscopica. Valvola di Spitz-Holter Negli anni ’70, l’ingegnere idraulico Holter consultò il neurochirurgo Spitz riguardo il trattamento dell’idrocefalo: spinto dalla necessità questo ingegnere inventò una valvola caratterizzata da una molla tarata e una pallina che aprivano il catetere quando la pressione all’interno del sistema ventricolare superava un certo valore, mentre quando scendeva al di sotto di un certo valore la molla spingeva la pallina in avanti e chiudeva il passaggio. Lo studioso inserì un catetere nel ventricolo laterale, vi interpose la valvola, e l’altra estremità del catetere la inserì nella giugulare interna e, attraverso questa, in atrio destro. In questa maniera realizzò un sistema che ricostituiva il destino fisiologico del liquor, che si riassorbe nella circolazione sanguigna attraverso le granulazioni del Pacchione a livello del seno sagittale. Adesso l’evoluzione tecnologica ha permesso un netto miglioramento del sistema, che permette una regolazione del dispositivo in base alla pressione d’esercizio con un sistema esterno elettromagnetico; in passato si utilizzavano valvole a pressioni prestabilite, a bassa, media e alta pressione, con pressioni rispettivamente tra i 50 e 80 (bassa), i 70-90 (media) e fino ai 120 mmH2O (alta), mentre adesso il range di pressioni è molto più vasto e va tra i 30 e 200 mmH2O, essendo regolabile dall’esterno. Quali sono le procedure chirurgiche? Come si mette una valvola? L’intervento più classico consiste nell’applicazione di un catetere. Nel lattante con idrocefalo venne messo un supporto sotto la spalla per annullare l’angolo della clavicola, si fa un forellino di trapano in regione parietale posteriore, si applica il catetere ventricolare costituito da una sostanza ben tollerata che non dà reazione di rigetto da corpo estraneo; a questo punto si collega la valvola al catetere, si tunnellizza il tutto e si fa uscire a livello della cavità addominale paraombelicale, si fa una lieve laparotomia paraombelicale, si verifica che la valvola funzioni e si inserisce il catetere nel peritoneo. L’avvento dell’era tecnologica ha portato alla realizzazione degli interventi endoscopici fatti in anestesia generale, ma anche in anestesia locale: si effettua un’incisione precoronale a destra, paramediana, un foro di trapano tra le meningi, si inserisce una guida con punta smussa di plastica nel ventricolo laterale che serve a regolarizzare i margini del forellino effettuato; adesso utilizziamo un endoscopio di 3mm di diametro massimo, flessibile, che ci permette di esplorare i ventricoli. [Il prof mostra dei video degli interventi e li commenta]

Questo è quello che si vede una volta entrati nel ventricolo laterale, abbiamo i plessi corioidei, questa è la vena talamo striata, questo è l’ependima ventricolare, questa è la vena settale, il forame di Monr...


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