Art.2 - Maurizio Fioravanti PDF

Title Art.2 - Maurizio Fioravanti
Course Storia del diritto 2
Institution Università degli Studi di Firenze
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Maurizio Fioravanti ...


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Art.2 È possibile dire che l’art.2 contenga in forma sintetica l’intera Costituzione, o meglio, che disegni il campo entro cui si svolge il progetto che si trova alla base dell’intera Costituzione. Quel progetto che non era nazionale, ma che esprimeva un nuovo tipo storico di costituzione, ossia la Costituzione democratica del Novecento. Sicuramente la Costituzione risente anche della storia nazionale; nel dichiarare inviolabili i diritti è ben visibile la matrice antifascista, ma allo stesso tempo, l’inviolabilità he delle radici profonde, fin dall’Habeas Corpus che è uno dei baluardi della libertà personale. Si tratta di un nuovo tipo di costituzione, che si distingue da quelle rivoluzionarie e anche dalle carte costituzionali di età liberale. La costituzione risulta essere la combinazione e l’interazione di due forze e per questa ragione può essere disegnata nella forma geometrica dell’ellisse che è dotata di due fuochi, lungo l’asse dell’ellisse si sviluppa la tensione tra le due forze nella continua ricerca di una stabilità ed equilibrio. Queste due forze sono rappresentate da quei principi fondamentali sanciti proprio nell’art.2: l’inviolabilità e la solidarietà. Con inviolabilità si fa riferimento alla presenza di un ordine costituzionale che in origine si era formato mediante l’esercizio del potere costituente ad opera delle forze politiche e sociali che hanno stipulato un patto che presenta alcune scelte, scelte inerenti alcuni principi supremi per l’appunto inviolabili, nel senso di immodificabili mediante il procedimento di revisione costituzionale. L’inviolabilità quindi è all’origine della Costituzione medesima che è pattizia; il patto costituzionale si realizza proprio attraverso l’individuazione di un nucleo essenziale e irrinunciabile di principi fondamentali condivisi. In realtà ad essere inviolabili non sono tanto i diritti, quanto la stessa Costituzione che può essere riformata mediante il procedimento che essa stessa predispone, ma non alterata nel suo nucleo essenziale che comprende i diritti fondamentali della persona. Quindi i diritti fondamentali non sono inviolabili per proprio conto ma in quanto è la Costituzione stessa a generare questa inviolabilità. L’inviolabilità dunque, è anche l’aspetto più profondo della rigidità costituzionale, che altrimenti sarebbe degradata a mero rafforzamento procedurale. Il carattere inviolabile della Costituzione è sicuramente la reazione alla guerra, le violenze e le politiche di sterminio della prima metà del ‘900; per rispondere a tutto questo male si coltiva l’idea di una politica non più assoluta, ma che si svolge nei !1

limiti e nelle forme dettati dalla Costituzione medesima, quindi una politica costituzionalmente orientata e delimitata. La solidarietà viene indicata nell’art.2 come “adempimento di doveri”; occorre considerare infatti questo adempimento di doveri come il cemento che tiene unita la Repubblica. La Repubblica ha una doppia funzione: da un lato riconosce e garantisce i diritti individuali, dall’altro promuove la pratica della solidarietà, dell’adempimento ai doveri inderogabili di solidarietà. Senza la Repubblica dei doveri inderogabili viene meno anche la Repubblica dei diritti inviolabili. La solidarietà non deve essere considerata come semplice dovere di assistenza, né si esaurisce in un’elencazione di doveri costituzionalmente sanciti; è molto di più, infatti questo secondo fuoco si può considerare con il concetto di Costituzione come “indirizzo fondamentale”. Le costituzioni democratiche del ‘900 hanno cercato infatti di coniugare i due lati del costituzionalismo: la Costituzione come garanzia che ha il compito di contrastare con l’arbitrio dei decisori politici, la Costituzione come indirizzo che contiene e prescrive le finalità di base della consociazione politica, come progetto di riforma della società a fini di giustizia. Questi due lati sono stati da sempre in opposizione, le costituzioni novecentesche cercano di riavvicinarli; l’art.2 è la massima espressione di questo sforzo. Tornando alla figura dell’ellisse, la Costituzione è animata da due fuochi: l’inviolabilità nel senso di garanzia, la solidarietà nel senso di indirizzo fondamentale. La Costituzione democratica tende anche ad evitare qualsiasi forma di “riduzionismo costituzionale” che da un lato possa ridurre la costituzione ad un mero patto di reciproca garanzia e dall’altro un semplice programma di riforma sociale. Occorre aggiungere riguardo al principio di solidarietà che stabilisce per la Costituzione un vincolo politico, in quanto espresso nella dimensione dell’indirizzo. Il principio di solidarietà deve essere letto in connessione con l’art.3 comma 2 che stabilisce che la Repubblica è impegnata a rimuovere gli ostacoli presenti nella società in modo da rendere più equo l’accesso ai beni fondamentali (salute, istruzione, lavoro) necessari per il prodursi di condizioni di vita libere e dignitose.

L’inviolabilità è molto di più della massima forma di garanzia dei diritti a cui si perverrebbe attraverso un progressivo perfezionamento dei mezzi di tutela, dall’interno del principio di legalità affermatosi con la Rivoluzione e trasmesso ai sistemi costituzionali del XIX secolo. Occorre distinguere due età: quella che va !2

dalla Rivoluzione alla metà del XX secolo e quella che ha inizio con l’entrata in vigore delle costituzioni democratiche e giunge fino a noi. Nella prima età domina la legge, intesa come massima fonte del diritto, proveniente dalla sovrana volontà dello Stato; domina infatti la forma del diritto pubblico statale proprio per indicare la forma di preminenza dello Stato. In quel tempo esistono diverse versioni e significati del principio di legalità, ma l’inviolabilità non è ancora rappresentabile, essa infatti è uno dei principali contrassegni dell’età nuova che si apre con le nuove costituzioni; è uno dei cardini fondamentali del nuovo diritto pubblico che considera la supremazia della Costituzione. In origine, in particolare con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), la garanzia era fondata sulla legge ben più che sulla Costituzione; in molte disposizioni della Dichiarazione veniva in primo piano non la definizione dei diritti medesimi (che è di stampo giusnaturalistico), ma la questione concreta delle garanzie, ovvero i rimedi da mettere in campo contro l’abuso o l’arbitrio lesivo dei diritti. Il legislatore interviene solo in caso di abuso nell’esercizio di un proprio diritto finendo per invadere lo spazio altrui e per determinare l’impossibilità degli altri consociati di esercitare il medesimo diritto. Dunque la Dichiarazione del 1789 è molto attenta al momento della garanzia, infatti le proposizioni che la compongono sono in senso prescrittivo, tuttavia la forma di garanzia che viene offerta è solo quella legislativa; le operazioni in materia di diritti non possono essere che compiute e disciplinate dalla legge. Tutto ciò non basta per considerare inviolabili i diritti. Questo perché la garanzia copre solo l’aspetto formale, assicura che la disciplina venga realizzata tramite la legge ma non dice nulla sul contenuto della legge; in quel sistema la legge è conforme a Costituzione solo perché è stata messa in vigore secondo le procedure stabilite. Quindi in questo sistema costituzionale era possibile che un diritto fondamentale venisse violato proprio dalla legge che era stata chiamata a disciplinare il suo esercizio. I rivoluzionari francesi ne erano più o meno consapevoli, ma consideravano questa ipotesi di incostituzionalità un’eccezionale patologia. A ciò si aggiungeva la diffidenza verso i giudici (che ipoteticamente avrebbero potuto essere la sede e lo strumento del controllo di costituzionalità) i quali venivano considerati come funzionari dello Stato, pertanto l’applicazione della legge da parte dei giudici doveva essere “meccanica”. Nelle Carte costituzionali del XIX secolo successive alla Rivoluzione, ad esempio nello Statuto Albertino, compare il termine “inviolabile” con riferimento al domicilio e alla proprietà, mentre la libertà personale è solo “garantita”. Nella Costituzione repubblicana per converso è la libertà personale ad essere inviolabile e la proprietà privata ad essere “riconosciuta e garantita dalla legge”. Quello che è !3

avvenuto è un “mutamento del paradigma”; ciò che muta è il tipo storico, da una carta come lo Statuto che aveva come oggetto principale la configurazione della forma e di governo a cui si aggiungevano alcune norme sui diritti, a una Costituzione repubblicana che poneva come oggetto, oltre alla forma di governo, anche l’intera gamma delle relazioni sociali. Da questo passaggio scaturivano anche le norme di principio, ovvero alcuni principi fondamentali per la configurazione del nuovo tipo di Costituzione; all’inizio queste norme non erano norme pienamente in senso giuridico-costituzionale ma solo “proclamazioni” di tenore ideologico, solo in seguito furono riconosciute come norme giuridiche. Tre le norme di principio possiamo ricordare l’art.3 che sancisce il principio di uguaglianza, ma anche l’art.13 che recita: “la libertà personale è inviolabile”. La più corretta definizione dell’art.13 è quella di “dichiarazione di appartenenza” nel senso che i costituenti erano consapevoli della necessità di ricostruire il sistema normativo della libertà personale su principi radicalmente nuovi. Questo mutamento lo si deve considerare il frutto di una trasformazione profonda: da una concezione generale che valorizzava la libertà nella sola ottica del rapporto individuo che la esercita e Stato che detta la sua disciplina positiva, a una concezione in cui le libertà sono collocate in una posizione anteriore rispetto alla norma positiva che può disciplinarne l’esercizio ma senza intaccare il contenuto essenziale; questa dimensione di anteriorità possiamo qualificarla nel senso dell’inviolabilità. Questa strategia segna una svolta perché le libertà non derivano più da un potere, quello dello Stato, ma da un principio che è quello dell’anteriorità delle libertà. L’emblema di tutto questo è la clause 39 della Magna Charta in cui il potere del sovrano trova un limite della sua azione ad esso esterno; un diritto che è la “legge del paese” che contiene delle garanzie con un valore costituzionale primario, cioè precedente all’istituzione e la legittimazione dell’autorità politica. Tornando ai costituenti, essi da una parte non volevano rinunciare a una tradizione che esaltava la legge come più alta fonte del diritto, dall’altra sapevano che vi era un nuovo mondo che doveva essere rappresentato tramite la Costituzione e le norme di principio. La verità è che la trasformazione era più profonda dato che si stava assistendo alla nascita di una nuova forma di Stato: lo Stato costituzionale.

La solidarietà Abbiamo richiamato alla Dichiarazione del 1789 che è sicuramente uno dei più rilevanti testi della storia costituzionale moderna, ma non è qui che va ricercata la matrice autentica delle costituzioni democratiche. Queste ultime infatti sono caratterizzate dal fatto di essere intensamente “politiche” cioè da finalità di lungo periodo da perseguire attraverso l’impegno comune e solidale dei consociati.

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Questa politica non è riferibile agli individui ma alla società nella sua concreta realtà data dalle sue articolazioni materiali, dai partiti, dalle organizzazioni degli interessi, dai sindacati; sono queste, e non solo, le formazioni sociali di cui parla l’art.2. La differenza tra le dichiarazioni dell’età rivoluzionaria e le costituzioni del ‘900 consiste nel fatto che per le prime la società è immaginata sulla base di modelli giusnaturalistici composta da individui uguali, nelle seconde la società è la società reale che entra nella costituzione con tutte le sue contraddizioni e aspirazioni, come luogo in cui i cittadini (soprattutto tramite i partiti) discutono e competono al fine di determinare un indirizzo politico ma anche al fine di attuare l’indirizzo costituzionale. Nella politica delle rivoluzioni è assente la società, che invece è protagonista nelle costituzioni democratiche del ‘900 sotto un duplice profilo: come autrice della Costituzione stessa, in forma di volontà popolare organizzata come partito, e come oggetto della nuova normazione costituzionale che si estenderà a molte espressioni della società (famiglia, scuola, arte, scienza ecc) fino a coprire tutte le relazioni tra consociati. Occorre però ricordare che la Rivoluzione francese, a differenza di quella americana, ha una vocazione sociale e bisogna risalire a questa differenza originaria per spiegare la genesi del modello sociale e costituzionale europeo, di una nuova categoria di diritti fondamentali: i diritti sociali. All’inizio si erano previste l’istruzione e il lavoro per “i poveri invalidi” ed i “poveri infermi”; prima come promesse della Rivoluzione e solo in un secondo momento come disposizioni della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1793). I diritti sociali sono considerati come diritti diversi ed ulteriori rispetto a quelli naturali e civili, quindi in quanto tali bisognosi di una garanzia diversa, non giurisdizionale, ma di natura sociale: nel senso che i beni corrispondenti a quei diritti (es. lavoro e istruzione) potevano acquisirsi solo con l’”azione di tutti”, ovvero concependo l’appartenenza al corpo sociale di un dovere di solidarietà. Da ciò discende che la Costituzione non è solo la massima garanzia dei diritti di coloro che ciò ne sono titolari e li possiedono, ma è anche intesa come indirizzo per il futuro, che si propone di realizzare degli obiettivi di giustizia sociale grazie all’impegno di tutti. Nella nostra Costituzione questa linea solidaristica emerge dall’art.3 comma 2 che vuole che la Repubblica sia “impegnata a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che impediscono la piena realizzazione della personalità nei consociati. Il concetto davvero centrale è quello di “pari dignità sociale” (art 3 e art 36 Cost) che è il filo conduttore che riassume in sé al meglio il significato di fondo della vocazione sociale delle Costituzioni democratiche; la dignità infatti è la misura massima e più alta della persona nella sua unicità, e richiama quindi verso !5

l’anteriorità della persona medesima rispetto alla norma statale e dunque alla sua inviolabilità. Nella Costituzione il soggetto di diritto è la “persona” che da una parte si colloca più in alto rispetto al soggetto di diritto dei codici del diritto pubblico statale, in una direzione che è quella universalistica, della titolarità del diritto a prescindere dalle appartenenze di tipo statale e nazionale, ma dall’altra si colloca più in “basso” nel senso che prende vita nel concreto delle relazioni civili ed economiche (assumendo la figura dell’imprenditore, del lavoratore, del consumatore ecc) e dei rapporti sociali.

Il dibattito della costituente Nel modello costituzionale che scaturisce dalla Rivoluzione e che poi diviene modello europeo, l’affermazione del principio di uguaglianza integrale, ossia comprensivo anche della materia sociale, coincide con l’emersione di una figura minacciosa: quella del legislatore sovrano. La scommessa dei costituenti italiani fu proprio quella di riaffermare il principio di indivisibilità dei diritti fondamentali della persona, assegnando un ruolo decisivo ai diritti sociali, senza però portarsi dietro il corrispondente primato dell’assemblea elettiva (assemblea espressione della volontà del popolo sovrano). Pertanto si voleva raggiungere l’obiettivo massimo in materia di diritti civili, politici e sociali ma al contempo entro un quadro costituzionale dominato dall’equilibrio dei poteri, dall’ideale del potere temperato, di controlli robusti e di tecniche di bilanciamento. Dunque, al costituzionalismo della Rivoluzione si affiancava il modello anglo-americano che si fonda sull’immagine della Costituzione britannica come “higher law” che poi sarà la base per l’istituzione del controllo di costituzionalità. Nella prima sottocommissione (1946) Giorgio La Pira propose il suo progetto dei Principi relativi ai rapporti civili che costituì l’antecedente dell’art.2: nello Stato italiano che riconosce la natura spirituale, libera sociale dell’uomo, lo scopo della Costituzione è la tutela dei diritti originari e imprescrittibili della persona umana, e delle comunità naturali nelle quali la persona organicamente e progressivamente si integra. La Pira mette in luce il principio fondamentale del carattere originario dei diritti fondamentali della persona, ovvero della loro anteriorità rispetto alla norma positiva di diritto statale. Ciò in dichiarata opposizione con la dottrina dei “diritti riflessi” che legava l’esistenza dei diritti proprio a una norma di diritto positivo statale. Occorre soffermarci sulla discussione che avvenne nella sottomissione relativa all’anteriorità dei diritti, tenendo conto di un’ulteriore elemento, ossia della realtà come “comunità” nel linguaggio di La Pira che poi diverranno le “formazioni sociali” !6

nel testo dell’art.2. Il concetto di “comunità” richiama a quello di “società” che deborda dal paradigma giusnaturalistico della societas costruita come un complesso delle sfere individuali e autonome. Tornando all’anteriorità, considerarla come un’intangibilità delle soggettività, individuali e collettive, che popolano quella società in modo da comporre un ordine in sé giusto perché conforme a precetti etici o addirittura religiosi, avrebbe portato a una situazione di stallo all’interno dell’Assemblea costituente che doveva concordare una soluzione comune. Lo fece notare Palmiro Togliatti che parlò della proposta di La Pira come connotata da un “eccesso di ideologia”; si temeva infatti che l’anteriorità dei diritti proposta da La Pira avrebbe potuto tradursi in una sorta di “ordine naturale e necessario” che richiamava la dimensione del diritto naturale e dunque a un fondamento che minacciava di scivolare sul piano dell’etica, di una presunta oggettività, che la sinistra non avrebbe mai accettato. L’anteriorità andava considerata come storico-materiale e non ideologica. In questa discussione prese forma il secondo comma dell’art.3 che testimoniava la possibile esistenza di una “società” che grazie all’azione positiva della Repubblica diretta a “rimuovere gli ostacoli” di ordine economico e sociale, consentiva a tutti, secondo il principio di pari dignità sociale, di coltivare una vita libera e degna, unita all’esercizio consapevole dei diritti civili e politici. In questa società andavano affermandosi i diritti, quindi nell’epoca delle Costituzioni democratiche si introduce quel discorso di una logica sociocentrica, che fondava e vedeva i diritti a partire dalla società ed entro la società. Rispetto alla società lo Stato veniva dopo, quando il catalogo dei diritti si era già formato, e si trattava di metterlo in pratica attraverso l’azione e la formazione della Repubblica. Dunque i diritti sono in una posizione di anteriorità rispetto alla norma della Stato, non perché naturali, ma perché presenti nella società che la stessa Costituzione immagina e vuole, anche con l’ausilio della Repubblica che nasce per rendere quei diritti concretamente esercitabili. Quindi la Repubblica non crea i diritti ma sono i diritti, che già esistono nella società, a richiedere l’istituzione della Repubblica che svolga un’azione di consolidamento dei diritti medesimi (è uno strumento di garanzia dei diritti). In questo contesto possiamo vedere come il rapporto tra le forze presenti nella Costituente sia un rapporto di collaborazione; quelle forze devono assolvere un comune impegno ossia individuare i caratteri della società democratica nascente e trasfonderli nella Costituzione, nei suoi principi fondamentali. Si parla in proposito di “compromesso costituzionale”. !7

Dunque i diritti fondamentali sono anteriori alla norma positiva statale perché nelle nuove costituzioni democratiche del ‘900 non si iniziava più la costruzione giuspubblicistica dallo Stato e dalla sua legge, ma dalla società che si esprimeva direttamente nella Costituzione medesima, prendendo le mosse quindi non da un potere ma da una norma originaria che era costituita dall’insieme dei principi fondamentali caratterizzanti la Repubblica, tra i quali i diritt...


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