Maurizio Manzin, Argomentazione giuridica e retorica forense. Dieci riletture sul ragionamento processuale, Giappichelli, Torino, 2014 PDF

Title Maurizio Manzin, Argomentazione giuridica e retorica forense. Dieci riletture sul ragionamento processuale, Giappichelli, Torino, 2014
Course Filosofia del diritto
Institution Università degli Studi di Trento
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Law as literature: similitudine strutturale fra le narrazioni letterarie e quelle giuridiche, consentire delle tecniche Law as literature: similitudine strutturale fra letterarie e quelle giuridiche, tale da consentire delle tecniche e interpretazione del testo letterario a quello as literature: sim...


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Law as literature: similitudine strutturale fra le narrazioni letterarie e quelle giuridiche, tale da consentire l’applicazione delle tecniche Law as literature: similitudine strutturale fra le narrazioni letterarie e quelle giuridiche, tale da consentire l’applicazione delle tecniche di costruzione e interpretazione del testo letterario a quello giuridico: Law as literature: similitudine strutturale fra le narrazioni letterarie e quelle giuridiche, tale da consentire l’applicazione delle tecniche si cerca quindi di elaborare un itinerario razionale che possa fungere da paradigma a quell’insieme complesso di operazioni discorsive che nel diritto e nel processo si costituiscono al fine di dirimere una controversia. Si parla delle questioni argomentative in ordine al ragionamento processuale. CAPITOLO 1 :PERELMAN – potenzialità e limiti della nuova retorica Perelman nasce giurista MA intraprende poi una carriera accademica nel mondo della filosofia. ! totalitarismi fanno perdere ogni aspetto “valoriale” al diritto Panorama filosofico e teorico del diritto vedeva da una parte il confinamento della riflessione al piano linguistico proposto da Wittgenstein nel suo tractatus logicophilosophicus -> drastica estromissione del ragionamento sui valori dal campo della certezza. Dall’altra, si aveva la razionalità empirica a posteriori praticata dalla sociologia e dal realismo giuridico nord europeo e statunitense-> rinuncia a qualsiasi ricerca di un fondamento logico per le decisioni etiche, politiche e giudiziarie. Come alternativa a queste divisioni si oppone solo: - ritorno al diritto naturale - ritorno al pensiero classico in quanto originario e costitutivo dell’Occidente (meno ascoltate). È un pensiero che parte dalla presa di coscienza della crisi europea: sono nozioni come mondo, libertà, persona, diritto, le uniche in grado di opporsi al dominio della strumentalità del pensiero (tecnica). Heidegger, Weil, Bergson, Arendt ne sono gli interpreti principali -> è teoria che però non affonda, a causa della guerra fredda e di una non traduzione teorico-giuridica (serie di cause complessa) PERELMAN PUO’ ESSERE RICOLLEGATO a questi approaches europei minoritari (è autorevole rappresentante di una alternativa alla filosofia nominalista): chiede di riportare una riflessione filosofica sul tema dei valori ( delle decisioni) e aspira ad un’unità culturale nella comunicazione pubblica, quindi alla relazione tra i 2 saperi SCIENTIFICO e UMANISTICO. LE INTUIZIONI DI PERELMAN Saperi extra-giuridici sono stati da poco collegati al mondo del diritto -> “cultura giuridica” è concetto recente. (per parlare di cultura, si deve essere in presenza di un complesso di valori) Odierna erosione del sistema delle fonti porta a considerare “difensore” della nozione di legge solo la GIURISDIZIONE: processi interpretativi e applicativi delle Corti, la loro

stratificazione e autoreferenzialità. Sono i valori, e quindi un’etica, a consentire di decidere e argomentare in giudizio. 1) Rapporto tra diritto e valore Perelman sostiene di voler rimanere ancorato a una prospettiva del diritto positiva, scoprendo però che la logica formale applicata nel campo normativo lascia irrisolta la questione GIUSTIZIA. Per P. quindi, norme giuridiche rimangono oggetto esclusivo della scienza del diritto ma si deve segnare una distinzione tra diritto e barbarie.  Cultura giuridica deve essere INNERVATA DI VALORI ma non dogmatica.

2) Capacità razionale di muoversi dialetticamente verso i valori Valori per P. non hanno carattere dogmatico/ volontaristico, ma RAZIONALE. Appartengono quindi al LOGOS: possono essere cercati mediante procedimenti mentali e discorsivi, regolati da criteri che generano approvazione nell’interlocutore (coerenza, congruenza ai fini…) è una razionalità dinamica ! scetticismo filosofico (ritenere la ragione incapace di formulare giudizi dotati di verità) è escluso SONO 2 INTUIZIONI ANTIDOTO AL DOGMATISMO E ALLO SCETTICISMO FILOSOFICO RADICALE 3) Storia come dimensione costitutiva della ricerca filosofica. “razionalità dinamica” presuppone una prospettiva spazio-temporale. Si basa su discussioni anteriori, agendo topicamente: dai discorsi dotati di più approvabilità parte per affrontare quei problemi che si orientano verso i valori. Aristotele: studio della razionalità applicabile alle decisioni su condotte personali, politiche e giudiziali.

4) Quid ius? (domanda filosofica fondamentale per il giurista – completamente eclissata fino a poco tempo fa: si era stabilita la finzione di vedere il diritto SOLO COME la legge) P. è positivista ma non è contrario al “metagiuridico”: sposta il focus dal momento della produzione della norma a quello dell’applicazione, dove diventa CONCRETA E OPERANTE (dalla decisione legislativa a quella giudiziaria). P. riporta il diritto nella sua dimensione processuale, sottraendolo al “normocentrismo” positivista. -> se si guarda al diritto facendo riferimento solo alle norme positive (quid iuris) si confina la dimensione dialogica (argomentazione di diverse tesi e decisioni) alla sola fase politica. Questo si ha nel “legalismo statalista”: netta divisione tra livello delle scelte (politico) e della produzione/applicazione (giuridico).

P. assume posizione PROCESSUALE del diritto, privilegiando la sua applicazione: decisione viene presa dal giudice come esito di un dialogo articolato e regolato fra le parti.

5) natura giuridica del ragionamento giuridico (modalità di esercizio del dialogo giudiziario ai fini della decisione). Attacco al sillogismo giudiziale immaginato come meccanismo autonomo di decisione. Per P. il ragionamento giudiziale ha natura dialettica, non apodittica. Giudice non dispone di assiomi, ma di argomentazioni fornite dalle parti che riguardano sia il diritto sia il fatto: per questo è una logica argomentativa ed entimematica.  Deve esserci quindi un controllo sull’approvabilità, da parte di giudici e giurie, dei discorsi prodotti dalle parti: legittimazione implica un modello dialogico in cui la giustificazione della decisione non può prescindere dagli argomenti discussi.

6) Elementi legittimanti (controllo degli argomenti di cui sopra) Si hanno dei criteri razionali per la selezione degli argomenti utili per la decisione. -

! cartina al tornasole è il CONSENSO che l’attività argomentativa esercita sull’uditorio. “consenso” per P. ha grande importanza dal punto di vista sociale: da un’idea di condivisione che consente di far fronte a derive autoritarie e tiranniche.

Con l’inserimento del dialogo e del consenso nel ragionamento giuridico, si ha esercizio anche della PERSUASIONE (molte esitazioni su questo). Non però la persuasione come “captatio animi” ossia come atto di forza finalizzata a condizionare l’uditorio, ma come ATTO COGNITIVO rilevante lo svolgimento corretto dell’argomentazione (paradigma classico). 7) Carattere anti-autoritario della persuasione. La captatio sofistica non è alternativa seria all’autoritarismo giuridico (sostituirebbe solamente la forza sorretta dal potere politico con un’altra ricavata dall’induzione del consenso – ! captatio non è propaganda: quest’ultima è strutturalmente monologica). Concetto di PERSUASIONE deve essere collocato nel contesto gnoseologico di un dialogo governato dalla razionalità: per questo la persuasione non è semplicemente un fatto di natura psicologica, ma richiama la possibilità-doverosità (psicologia platonica) di adattare il proprio ragionamento sulla base delle peculiarità ricettive degli interlocutori  Persuasione quindi HA NATURA SOCIALE, implicando il riconoscimento dell’altro come persona dotata di razionalità, volontà e sentimenti e non una “preda da catturare” Limiti all’epistemologia perelmeniana

P. ha di sicuro riaffermato un modello culturale legato al classicismo umanista ed europeo in controtendenza al formalismo-normativo, ma ci sono punti critici che rivelano una debolezza epistemologica dovuta da un inadeguato approfondimento del concetto di verità 1) recezione perelmeniana delle nozioni di dialettica e retorica e del loro rapporto. Perelman non sembra aver riprodotto fedelmente il paradigma aristotelico sul rapporto dialettica/retorica, ma di essersi ricollegato alla seguente “letteraturizzazione” di questo per creare una nuova teoria. Fa riferimento all’autorevolezza di Aristotele, ma adattandolo ad una prospettiva moderna e prescindendo dal quadro generale. Individua forme di razionalità supplettive (non alternative) a quella apodittica, assomigliando alla retorica di aristotele, ma esige che tale razionalità possa determinare inferenze approvabili universalmente, andando a questo punto ad assomigliare alla dialettica classica, trascurando le implicazioni dialettiche della retorica. 2) effettiva normatività epistemica del modello argomentativo di P. rispetto a quello dimostrativo. È una critica prettamente epistemologica. L’accettuazione dei processi argomentativi, dovrebbe portare ad un modello normativo di razionalità- non è così. P. teme irrazionalismo della retorica estetica ed esita a considerare processi argomentativi come produttivi di verità: per P. quindi l’argomentazione ha carattere mimetico: più assomiglia a deduzioni formali e verifiche sperimentali, più i suoi risultati suscitano approvazione dell’uditorio. 3) titubanze psico-sociologistiche connesse alla persuasione e al ruolo concreto giocato dall’uditorio. Dipendono dalla carenza aletica della neo-retorica. Se le uniche verità che possono essere provate derivano da processi scientifici, arte del discorso ha solo il compito di far aderire l’uditorio a determinate opinioni. La persuasione non avrebbe la sostanza di verità scientifiche ma solamente la forma: l’uditorio appare convinto di una opinione come se gli fosse stata sottoposta una vera e propria prova. È quindi la ragionevolezza (ragione senza verità, ma con un’apparenza di verità- più debole della ragione scientifica) e non l’emozione il mezzo per l’azione persuasiva. Si parla quindi di VEROSIMIGLIANZA. 4) convivenza tra la teoria logico-giuridica di Perelman con assunto giuspositivistico-legalista. Per P. diritto rimane la legge. Legge però non è un punto di partenza indiscusso, ma deve essere trovato mediante verifiche argomentative. Problema sta però nel fatto che non si hanno controlli a priori della verità dei discorsi prodotti, finendo per essere decidibile solo a posteriori. POTENZIALITA’ DELL’APPROCIO RETORICO AL DIRITTO Rapporto fra logos e verità è sicuramente fondamentale per la pratica giuridica. Superamento della “minorità aletica” delle procedure argomentative assicura al processo una metodologia garantita dal punto di vista razionale, mutando la fisionomia del processo da luogo di applicazione meccanica delle norme a luogo di controllo e mediazione logico-

argomentativa dei discorsi delle parti. Porta 3 conseguenze sia per l’organo giudicante, sia per gli attori del processo che per la formazione dei giuristi. 1) Ruolo del decisore non è autoritativo ma logico, guadagnando in termini di imparzialità e terzietà. 2) Rappresentazione delle parti su un piano di parità effettiva, ridimensionando il peso dello stato e riequilibrando il rapporto con la società. 3) Nel campo formativo, si aggiungerebbe alla conoscenza nozionistica delle disposizioni e degli istituti l’insegnamento del METODO, ossia la capacità di includere costruttivamente le nozioni in un ragionamento che non prescinde mai dal caso concreto. Approccio retorico al diritto comporterebbe vantaggi anche nel campo della deontologia e nell’estetica giuridica. CAP 2 – ordine discontinuo delle narrazioni giuridiche Kundera “colui che pensa è automaticamente portato a sistematizzare” – tutto l’occidente si è formato cercando di creare una narrazione CONTINUA, che conferisca il potere di convincere. Modernità creata in funzione dell’horror vacui, priva di salti logici/buchi Lo stesso vale per il giurista, alla ricerca di una “natura giuridica” ordinata e priva di buchi e con la pretesa di una NARRAZIONE CONTINUA, trovata nelle legge Art 4 titre preliminarie- code Napoleon: negazione della presenza di “buchi” nell’ordinamento e affermazione, dell’univocità e completezza della legge. 

Sono 2 assiomi!

Completezza del diritto viene trovata addirittura in assenza di codici, sulla base di una semplice chimica tra gli istituti normativi. PUCHTA: idea di “piramide concettuale” che disegna una mappa del diritto tedesco anche senza una nazione unificata e una codificazione. KELSEN: tocco finale alla “narratologia” giuridica con la creazione della grundnorm , sovrano onnipotente del regno della certezza formale Ordine sistematico della realtà non è però la realtà- realtà non è continuità o prevedibilità. La conoscenza del mondo come oggetto, disincarnando il soggetto dalla conoscenza, ha provocato la riduzione del soggetto ad oggetto fra altri, privandolo della sua individualità. MITO DEL SILLOGISMO Dottrina si pone in posizione critica nei confronti di formalismo e primato dell’astrazione. Non è però solo problema dottrinale: anche i discorsi delle decisioni giudiziali, di interesse ai giuristi pratici, dovrebbero essere governati da un ordine somigliante a quello delle sequenze causali: dato p, allora q. sebbene ambigua, è divenuta stella polare della logica giuridica di stampo legalista. facendo riferimento al

modello epistemologico cartesiano. Il sillogismo è una concatenazione logica che conferisce validità formale e persuasività alle sue conclusioni. Anche il ragionamento giuridico lo è (per montesquieu, beccaria) il decisore, disponendo grazie alle codificazioni di elementi atti a costituire la premessa maggiore, può derivare un discorso normativo a seguito di una mera ricognizione del fatto e della sua sussunzione. Non si ha quindi arbitrio interpretativo dei giudici. ? ma è davvero il sillogismo giudiziale conforme alle procedure scientifiche? È narrazione dotata di continuità? Nel processo, gli elementi che concorrono a formare le premesse del sillogismo non sono frutto di stipulazioni (come in ambito scientifico). Il giudice deve trovare la premessa maggiore (disposizione giuridica) comprendere il suo contenuto semantico se vago ed eventualmente combinarlo con altre. La premessa minore (il fatto) corrisponde alle risultanze di una serie di processi ricostruttivi vincolati al regime probatorio, limitati al materiale reso disponibile in contraddittorio. Composizione delle premesse è tutt’altro che ferrea: -

trovare la norma e dirne il significato è solo punto di arrivo di una stratificazione complessa di atti linguistici.

-

Ricorso a testimoni, esperti, periti restringono univocità ed oggettività delle ricostruzioni scientifiche del fatto

Certa è quindi solo l’auctoritas che sugella le conclusioni, poiché garantita dal potere che legittima il giudice. Non si ha quindi una narrazione continua Dall’ordine agli ordini Fisica quantistica ha dimostrato che anche la materia non è continua, ma è solo un esempio della discontinuità della realtà che ci circonda. In filosofia, l’indebolimento del pensiero di matrice cartesiana si inizia a vedere con il sempre più solito richiamo a Heidegger, nei seguaci della “svolta linguistica” e nelle correnti ispirate dal ‘’secondo’ Wittgenstein.. Nel diritto? Giuspositivismo approda al normativismo kelseniano, con la riduzione ad un sistema coerente come risposta ai problemi conoscitivi. I processi di costituzionalizzazione di valori socialmente condivisi, internazionalizzazione dei diritti umani, globalizzazione ecc.. mostrano però che è impossibile la riduzione di certi fenomeni ad un ordine sistematico e gerarchico. Tutto il mondo della conoscenza giunge alla conclusione che non si può più parlare di un ordine in senso assoluto, ma di un numero indefinito di ordini fluttuanti. È Irti a parlare della post- modernità giuridica come “età delle DE-codificazioni”, segnata dal trionfo di tecnica e proceduralismi. Vicende istituzionali e politiche hanno inciso sulla crisi del sistema-giustizia negli anni 90 -> non viene più considerato un ordine criteriato da un principio durevole ma frazionato e diviso in diverse situazioni. Riconoscimento dei “buchi” come qualcosa di “strutturale”: nel formaggio Gruyere, i buchi sono struttura: lo caratterizzano. Questo è esempio di quanto dice Platone nel suo “parricidio” (contrasta Parmenide ed il suo “l’essere è, il non essere non è”), proclamando “che l’essere in certo modo non è e il non-essere in certo modo è”: identità fondata solo su

se stessa non resiste alle contraddizioni che logica e esperienza frappongono al suo cammino. La determinazione dell’identità implica il riconoscimento della differenza, e l’apertura a campi non omogenei del sapere. La presa di coscienza di un impossibile sistemacità ha portato i giuristi a 2 esiti distinti, a 2 atteggiamenti che costituiscono le 2 facce di una stessa medaglia. 1) ATTEGGIAMENTO DEL PROCEDURALISTA: si appiglia alla “forma” (ma non è un formalista, altrimenti prenderebbe congedo dalla sostanza). Per lui razionalità e sostanza sono concetti antitetici, e il problema della distinzione tra forma e sostanza non ha senso. È un NICHILISTA POSITIVO. Accoglie senza drammi l’inesistenza di un criterio per ordinare i fenomeni che si incontrano. N non esiste “giustizia”, ma criteri che il pensiero di volta in volta grazie a criteri fuggevoli e situazionali; a questo si aggiunge l’esistenza di standard formali di trattamento fondati dalle norme che garantiscono l’uguaglianza concreta. 2) INDURIMENTO DELLA COSCIENZA PROFESSIONALE, definito altrove come “cinismo giudiziario”. Si parte da una constatazione da parte del giurista esordiente della poca applicabilità di quanto appreso, per finire ad imitare il cipiglio del mestierante: disincantato verso la dottrina e teso ad introiettare le astuzie dei colleghi più esperti, riducendo l’avvocato ad una sottomissione o ad una roboanza priva di scrupoli. Sono queste le 2 facce del potere, o meglio poteri, che stabiliscono i riti e le procedure, le astuzie, che non hanno però alcun fondamento durevole. Essendo un’unica medaglia rappresentante il potere, potrebbe essere rifiutata in toto e rimpiazzata dalla medaglia che ricerca la verità. Esiste una verità che connota tutte le conclusioni coerentemente dedotte dalle premesse del ragionamento, intesa come validità formale (es. la matematica). È una verità che non si ritrova però nei tribunali, dovuto all’auctoritas giurisdizionale. Che verità si può trovare in questo ordine discontinuo? Classicità rispondeva a questo dilemma cercando di applicare la ragione ai problemi dell’esperienza: la difesa da un’accusa si fa spiegando, il giudizio, si da motivandolo. È una ragione che governa il dialogo, che narra in modo discontinuo. -

! Si smette di pensare alla verità processuale come esito di un procedimento logico-formale e di riscontri empirici obiettivi, per pensarla come l’approvabilità su base razionale di proposizioni che non trovano, in quella determinata situazione, opposizioni altrettanto razionalmente approvabili.

Come vengono determinate queste proposizioni? Tecniche logico-discorsive della grammatica, dialettica e retorica. CAP 3 argomentazione giuridica e il suo fondamento (Patterson) Diritto è sia teorico che pratico: è un ambito dei rapporti umani in cui la conoscenza si esplica nella ricerca di motivazioni per cui una condotta pratica fra persone può essere approvata o non approvata come vera. DP vede come oggetto della filosofia e della teoria del diritto la ricerca della verità: rapporto verità/diritto per DP è essenziale per i giuristi, ribaltando il brocardo auctoritas non veritas facit legem.

“what is to say that a proposition of law is true?” a questo cerca di rispondere D. Patterson nel suo Law and truth. 

Opera di DP intende mostrare come, un approcio pragmatico all’esperienza giuridica possa incontrare le tesi dei sostenitori della natura retorica delle proposizioni giuridiche senza contraddirne i suoi assunti fondamentali, ma eliminando alcune ambiguità marginali.

 Per DP la verità nel diritto (ma anche altrove) non ha nulla a che vedere con la rappresentazione: nel caso dell’esperienza giuridica, si ...


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