Biologia della conservazione PDF

Title Biologia della conservazione
Author Francesco Tasso
Course Ecologia
Institution Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro
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Ecologia della conservazione...


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Biologia della conservazione

Biodiversità globale La parola biodiversità è riferita ad un ampio spettro di tipologie e livelli di diversità biologica. La BD globale si presenta pertanto a tre differenti livelli. La diversità genetica che è la fonte ultima di BD per tutti i livelli ed è il materiale sul quale l’evoluzione agisce. Conoscere la diversità genetica di una popolazione è importante per compiere azioni di captive breeding per specie rare, di riduzione degli effetti deleteri dell’inincrocio o al fine di determinare la miglior fonte di individui per ripristinare una popolazione. La BD intraspecifica ha componenti genetiche sia tra le popolazioni che entro le popolazioni. L’eterozigosi conferisce benefici in termini di fitness, ne consegue che una sua perdita corrisponde ad una riduzione della fitness. La ricchezza in specie è il numero di specie presenti in una data area. Indici di diversità ponderati non sono frequentemente utilizzati in conservazione dato che le specie rare, a differenza di quelle più comuni, non dominano tali indici. La ricchezza in specie locale è invece suddivisa in quattro grandi componenti:  Point richness, il numero di specie che può essere trovato in un singolo punto spaziale;  Alpha-richness, il numero di specie trovato in una piccola ed omogenea area geografica;  Beta-richness, il tasso di cambiamento nella composizione specifica tra diversi habitat;  Gamma-richness, il tasso di cambiamento lungo un ampio gradiente territoriale. L’alpha-richness dipende fortemente dalle variabili ambientali. C’è più ricchezza in specie ai tropici, rispetto che ad elevate latitudini; la ricchezza in specie è positivamente correlata con la complessità strutturale degli habitat; la ricchezza in specie aumenta all’aumentare della produttività primaria a bassi livelli di produttività, raggiunge un plateau a livelli moderati di produzione e decresce ad alti livelli (paradox of enrichment); il numero di specie trovate in un’isola è positivamente correlato con la dimensione e negativamente correlato con la distanza dalla terraferma. La relazione empirica che mostra la relazione tra area (A) e numero di specie (S) è la seguente: S = cA^z Dove c e z sono delle costanti che, su scala logaritmica, corrispondono rispettivamente all’intercetta e alla pendenza. Le specie che vengono rinvenute esclusivamente in una specifica area geografica sono definite endemiche; per quel che ne sappiamo tutte le specie rare conosciute sono endemiche. Sono attualmente riconosciute 18 aree con un’elevata concentrazione di endemismi, note come hot spots. Queste zone sebbene siano importanti non possono rappresentare le uniche aree da preservare altrimenti molte specie verranno comunque perse. Un approccio alternativo è quello di comparare i paesi rispetto all’ammontare delle aree che sono protette e rispetto alle aree non protette che rimangono in uno stato più o meno naturale. Elevata priorità in termini di istituzione di riserve addizionali è data ai paesi che hanno già tante o poche aree protette e per i quali la maggior parte del territorio riversa in elevato stato qualitativo. Bassa priorità è data ai paesi che hanno poche riserve già istituite e per i quali il territorio è perlopiù alterato. Aree con un’elevata alfa BD avranno inevitabilmente un elevato numero di specie rare. I limiti alla ricchezza in specie sono in termini evolutivi rappresentati dalle estinzioni, in termini ecologici invece possono essere spiegati da: ipotesi della stabilità produttiva (elevata correlazione positiva tra ricchezza in specie e produzione); ipotesi strutturale (correlazione + tra ricchezza in specie e struttura della comunità vegetazionale); ipotesi competizione/predazione; ipotesi della stabilità temporale; ipotesi productivity-disturbance. Attualmente ci sono le evidenze per affermare che ci troviamo in una nuova fase di estinzione di massa delle specie. La vulnerabilità delle specie dipende da diversi fattori. Le specie rare sono maggiormente vulnerabili all’estinzione. La rarità, tuttavia, dipende a sua volta da alcune condizioni. Una specie può essere considerata rara se ha un range geografico molto ristretto, perché richiede habitat estremamente specifici,

perché ha una dimensione di popolazione estremamente ridotta o per una combinazione di alcuni di questi fattori (tabella slide). Ne consegue che una specie va preservata ancor prima che diventi rara, cioè quando essa stessa ed il suo habitat sono ancora comuni. Le specie longeve hanno delle ridotte capacità di adattamento alle fonti di disturbo antropico a causa di caratteristiche quali bassa fecondità, ritardata maturità sessuale, cessazione della riproduzione o della protezione degli adulti quando le condizioni non sono ottimali e dipendenza da un’elevata sopravvivenza giovanile. Ne sono un esempio gli elefanti, i rinoceronti, le balene, le tartarughe, grandi uccelli, scimmie antropomorfe…). Le specie dipendenti dalle specie chiave sono un’altra categoria di specie vulnerabili all’estinzione. Per specie chiave si intende una specie che contribuisce in modo notevole alla struttura od ai processi della comunità. Queste potrebbero essere dei predatori la cui presenza limita l’abbondanza delle prede, un’esclusiva fonte di cibo come le palme o i fichi, specie le cui attività determinano funzioni ecosistemiche essenziali come i batteri fissatori dell’azoto. La perdita di una specie chiave mutualista, come può essere considerato un impollinatore dal quale molte specie vegetali dipendono, potrebbe causare una cascata di estinzioni tra le specie “linked”, connesse alla specie chiave mutualista. La principale minaccia per la biodiversità è rappresentata dalla distruzione, frammentazione ed alterazione degli habitat. Se un determinato habitat viene perso le specie che vi dipendono falliranno nella riproduzione, moriranno o, se mobili, si dovranno necessariamente trasferire altrove. Per frammentazione si intende la rottura di un esteso habitat in piccoli ed isolati patches che saranno troppo limitati per mantenere la loro riserva di specie nel tempo. La degradazione degli habitat è presumibilmente responsabile della perdita di specie a lungo termine. E’ necessario tener conto del fatto che un habitat degradato per una specie non lo è necessariamente per un’altra. La seconda causa principale di perdita di BD è rappresentata dall’introduzione di specie esotiche le quali possono determinare dei cambiamenti nelle dinamiche delle funzioni ecosistemiche. Lo sfruttamento ed il sovrasfruttamento comprendono delle minacce per la BD così riassumibili:  Lo sfruttamento delle risorse ittiche;  Gli effetti ambientali indesiderati del prelievo di risorse minerarie od energetiche;  L’uccisione non intenzionale di organismi non target (tartarughe marine negli allevamenti di gamberi ecc…)  Caccia eccessiva (Passenger Pigeon, Bisonte Americano…)  Commercio legale ed illegale Anche l’inquinamento rappresenta una delle cause di perdita di BD. Il rilascio nell’ambiente di sostanze sintetiche, tossiche per alcuni organismi, determina una drastica riduzione delle popolazioni naturali. Vanno poi considerati gli effetti secondari e gli effetti sinergici. Nel primo caso ci si riferisce ad esempio alla perdita di una specie di predatore che, secondariamente, determina l’estinzione della specie preda. Nel secondo caso se la combinazione di duo più minacce è maggiormente deleteria degli effetti dovuti ad un solo fattore, si parla di effetti sinergici. Genetica – Conservazione della diversità entro le specie Quando una popolazione od una specie viene persa, tutta l’informazione genetica in esse contenuta viene persa. Il teorema fondamentale della selezione naturale ci dice che il tasso di cambiamento evolutivo in una popolazione è direttamente proporzionale alla diversità genetica. La perdita di diversità genetica quindi riduce le future opzioni evolutive. Inoltre, l’eterozigosi o comunque un buon grado di variabilità genetica in una popolazione è positivamente correlato con la fitness. L’eterozigosi è probabilmente connessa con un incremento nella fitness poiché favorisce fenomeni di overdominance e poiché è meno correlata, a differenza dell’omozigosi, con malattie genetiche deleterie o letali. Va aggiunto infine che il pool genetico globale rappresenta tutta l’informazione per tutti i processi biologici del pianeta. La perdita di diversità genetica corrisponde probabilmente ad un decremento nell’abilità degli organismi di rispondere alle variazioni ambientali. Il problema di connettere la genetica con la conservazione è che le piccole popolazioni, che per l’appunto necessitano di essere preservate, tendono a perdere variabilità genetica nel tempo. Questa perdita può incrementare le probabilità di estinzione o ridurre le opportunità per adattamenti futuri.

La genetica quantitativa descrive le relazioni che intercorrono tra il fenotipo degli organismi, il loro genotipo e l’influenza ambientale: Vp = Vg + Ve + Vge dove Vp è la variabilità fenotipica complessiva tra gli individui; Vg è la variabilità dovuta al genotipo; Ve è la variabilità dovuta all’influenza ambientale e Vge è la variabilità dovuta all’interazione tra genetica ed ambiente. La variabilità genetica a livello di popolazione consiste nelle tipologie di alleli presenti e nella loro frequenza. Quel che è quindi importante conoscere per finalità di conservazione è “How much there is and how it is distributed over space and time”. Le frequenze geniche in una popolazione generalmente cambiano nel tempo, a causa della selezione, a causa di processi casuali come la deriva, o per fenomeni di immigrazione ed emigrazione (flusso genico). Le specie raramente esistono come una singola popolazione panmittica (scelta casuale del partner); piuttosto le differenze genetiche esistono tipicamente tra popolazioni diverse. Un semplice modello genetico di questa diversità è il seguente: Ht = Hp + Dpt dove Ht è la variabilità genetica totale nelle specie; Hp è la diversità genetica media entro la popolazione (eterozigosi media locale); Dpt è la divergenza media tra le popolazioni attraverso il range totale delle specie. Il punto cruciale è che la variabilità genetica totale delle specie può essere suddivisa in due componenti: la diversità entro e tra le popolazioni. Secondo questo approccio è possibile determinare come la variabilità è spazialmente distribuita potendo così definire delle aree di particolare interesse conservativo. L’eterozigosi, della quale ne abbiamo anticipato l’importanza, è molto alta se la dimensione della popolazione lo è altrettanto. Questo implica che le piccole popolazioni tendono a perderla nel tempo. Le differenze tra le popolazioni possono avere un ruolo chiave nella sopravvivenza e nella fitness delle popolazioni, per due ragioni: la prima è che le popolazioni possono essere localmente adattate e secondo che i cosiddetti complessi di geni coadattati (combinazioni di geni con una lunga storia congiunta che lavorano bene insieme) potrebbero sorgere nelle popolazioni locali. Perdita di diversità genetica. La perdita di variabilità genetica può determinare una riduzione della flessibilità evolutiva ed un declino della fitness sia a causa della più frequente espressione di alleli recessivi deleteri sia per la perdita di overdominance. L’obiettivo principale della conservazione dovrebbe essere quello di mantenere, per quanto possibile, il maggior grado di diversità genetica il più vicino possibile alla naturale distribuzione geografica. La riduzione di variabilità genetica può far sorgere quattro fattori i quali sono in funzione della dimensione della popolazione: effetto del fondatore, effetto del collo di bottiglia, deriva genica e inbreeding. Gli effetti di questi fenomeni dipendono in particolare dalla dimensione effettiva della popolazione (Ne). I genetisti di popolazione hanno definito una popolazione ideale come una popolazione nella quale ogni individuo ha un eguale probabilità di contribuire al patrimonio genetico della generazione successiva. Questa popolazione è tipicamente concepita come: di grandi dimensioni, con accoppiamenti casuali, con un rapporto tra i sessi 1:1, stesso numero di progenie tra le femmine e nella quale la selezione non agisce. A partire da questa situazione ideale è possibile ricavare la popolazione effettiva, che tipicamente è di dimensioni minori rispetto a quella censita, attraverso opportune correzioni. Ne è tipicamente affetta dal rapporto tra sessi degli individui riproduttivi nel modo seguente: Ne = (4Nm * Nf) / (Nm + Nf) dove Nm ed Nf sono rispettivamente il numero di individui maschi e il numero di individui femmine potenzialmente in grado di riprodursi. Ne è poi fortemente influenzata dalla distribuzione della progenie tra le femmine: Ne = 4Nc / ( + 2) dove sigma quadro è la varianza della dimensione della famiglia tra le diverse femmine e Nc la popolazione censita. Un’elevata varianza corrisponde a bassi valori di Ne. Grandi fluttuazioni nella dimensione riducono Ne poiché ogni qual volta che avviene un crollo, la popolazione passa attraverso il cosiddetto collo di bottiglia, con conseguente riduzione della variabilità genetica.

L’effetto del fondatore avviene quando pochi individui fondano una nuova popolazione i cui costituenti genetici dipendono dai geni dei fondatori. Se i geni dei fondatori non sono rappresentativi della popolazione parentale o se i fondatori interessati sono molto pochi, la popolazione che si origina potrebbe avere una variabilità genetica estremamente ridotta. L’effetto del collo di bottiglia si verifica quando la popolazione va incontro ad una consistente e temporanea riduzione nelle sue dimensioni. Questo processo porta alla perdita di gran parte della diversità genetica. La diversità genetica è invece un cambiamento casuale nelle frequenze geniche della popolazione che esplica i suoi effetti deleteri nelle piccole popolazioni. L’inincrocio, ossia l’accoppiamento tra consanguinei determina un aumento dell’omozigosi e può manifestarsi come una depressione da inincrocio con conseguente riduzione della fecondità, della dimensione della progenie, crescita o sopravvivenza, cambiamenti nell’età di maturazione sessuale e deformazioni fisiche. L’inincrocio ha, a quanto pare, una certa correlazione con l’estinzione di una popolazione. Una piccola popolazione isolata a causa di tutti questi fattori perde una buona percentuale della sua diversità genetica, approssimativamente ad un tasso di 1/2Ne per generazione. Controllo della variabilità genetica nelle popolazioni naturali. Mantenere lo status quo, quindi preservare ancor prima di conservare, è appropriato per favorire la conservazione a lungo termine ed ad ogni livello, compreso quello genetico. La conservazione della diversità genetica è compatibile con i tre principali obiettivi della conservazione: 1. Mantenere una popolazione vitale a breve termine; 2. Mantenere la capacità di adattamento e quindi di evoluzione; 3. Mantenere la capacità di speciazione; Poiché conservare il potenziale evolutivo di una specie richiede il mantenimento della diversità genetica il livello di popolazione sembrerebbe essere quello migliore per attuare la conservazione genetica. Una popolazione è un’unita ecologicamente ed evolutivamente funzionale; un gruppo di individui locale e caratterizzato da accoppiamenti casuali. Le popolazioni, in genere, piuttosto che sotto forma di “deme” si presentano come una rete di sub-popolazioni che hanno un regolare od intermittente flusso genico fra le diverse unità separate geograficamente (Metapopolazione). Per comprendere se una popolazione è distinta è utile il concetto di Evolutionarily Significant Unit (ESU) che sarebbe una popolazione riproduttivamente isolata dalle altre popolazioni conspecifiche e che rappresenta un importante eredità evolutiva della specie. Un modo più rigoroso per identificare le ESU è quello dell’analisi gerarchica della diversità genica. A i più bassi livelli della gerarchia troviamo il più alto grado di similarità genetica mentre man mano che si sale, le differenze aumentano. Processi demografici – dinamica di popolazione in territori eterogeni La demografia rappresenta i fattori intrinseci che contribuiscono alla crescita o al declino di una popolazione, includendo la natalità (specialmente il tasso di natalità associato a diversi classi di età di individui entro le popolazioni) e la mortalità (specialmente quella giovanile e la sopravvivenza degli adulti). Il tasso di dispersal tra popolazioni (immigrazione dentro ed emigrazione fuori dai patch di habitat) è anch’esso una componente della demografia. Questi quattro fattori (Birth, Immigration, Death and Emigration) sono denominati fattori BIDE. Il rapporto tra sessi della popolazione riproduttiva e la struttura dell’età (la proporzione della popolazione ritrovata in una certa classe di età) sono considerati fattori demografici dato che contribuiscono ai tassi di natalità e di mortalità. Meccanismi di regolazione delle popolazioni. I fattori densità-indipendenti influenzano la natalità e/o i tassi di natalità in una maniera indipendente dalla densità di popolazione. I fattori densità-dipendenti invece cambiano con la densità di popolazione. Possono essere raggruppati in quattro categorie: - Aumento della mortalità o decremento della mortalità a causa di una carenza di risorse; - Aumento della mortalità dovuto ad un aumento della predazione, del parassitismo o di epidemie;

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Aumento della mortalità o decremento della natalità dovuto ad un aumento dell’intensità delle interazioni sociali intraspecifiche. Esempi: coniglio in Australia, Bisonte Yellowstone… In generale il comportamento sociale regola l’accesso alle risorse quali il cibo, i rifugi, i siti riproduttivi ed inoltre influenza la sopravvivenza e la riproduzione. Occasionalmente, la densità ed il comportamento sociale hanno degli effetti opposti in cui il tasso di natalità potrebbe aumentare o la mortalità diminuire ad elevate densità. In alcuni organismi, elevate densità di popolazione sono richieste per stimolare il corteggiamento e l’attività riproduttiva. Questo fenomeno, noto come the Allee Effect potrebbe influenzare la riproduzione se la popolazione scendesse sotto una densità richiesta. La dinamica di popolazioni animali richiede di essere vista come un processo gerarchico. Per fare una progettazione è necessario sapere: 1. Quanti individui ci sono; 2. Quale habitat occupano; 3. Le caratteristiche dei tassi di natalità e di mortalità degli individui in quel habitat. Un modello puramente empirico può essere costruito basandosi sulla dimensione e sulla distribuzione della popolazione e sulla demografia habitat-specifica. Questo modello può essere impiegato per progettare future dimensioni di popolazione purché: 1. L’habitat-specifico e i tassi non cambino; 2. La frazione della popolazione in ogni habitat non vari nel tempo. Il modello può incorporare fattori come l’approvvigionamento del cibo, competizione, malattie e predazione che influenzano la crescita della popolazione intaccando i tassi all’interno degli habitat considerati. Un modello come questo è chiamato “meccanicistico” e fornisce una ridotta o a livello di individuo spiegazione del fenomeno di crescita della popolazione dato che enfatizza i fattori che operano entro patch a scala ridotta. Vi sono, tuttavia, anche livelli maggiori di esplicitazione del fenomeno i quali consistono in tutti quei fattori che operano su grandi scale spaziali e temporali come i fattori che determinano la disponibilità o l’idoneità dell’habitat. Pertanto, una completa spiegazione dei fenomeni demografici può essere fornita solo implementando entrambi gli approcci.

L’idea per la quale la dinamica di una popolazione potrebbe dipendere dalla qualità relativa di buoni e poveri habitat è chiamata teoria source and sink. Gli habitat buoni sono chiamati sources e sono delle aree dove la riproduttività locale è maggiore della mortalità locale. Popolazioni in habitat source producono un eccesso di individui i quali devono disperdersi al di fuori per trovare un sito dove insediarsi e riprodursi. Gli habitat poveri, d’altro canto, sono delle zone dove la produttività locale è inferiore alla mortalità. Queste aree sono definite sink poiché senza immigrazione da altre aree le popolazioni negli habitat sink inevitabilmente fin...


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