Cap. 7 - LA COSTITUZIONE ECONOMICA PDF

Title Cap. 7 - LA COSTITUZIONE ECONOMICA
Course Diritto pubblico comparato
Institution Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
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riassunto completo per esame...


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Cap.7 – LA COSTITUZIONE ECONOMICA -

Definizione di Costituzione economica

La Costituzione economica è l'insieme delle norme costituzionali che riguardano le posizioni e le relazioni degli individui, intesi come soggetti economici. Con tale espressione indichiamo diverse aree delle disposizioni costituzionali. In primo luogo, considereremo quelli che vengono espressamente definiti come “rapporti economici” all'interno del titolo III della parte I della Costituzione. In secondo luogo considereremo il fisco e la moneta. Vedremo come, ad unire questi diversi aspetti della Costituzione (economico, fiscale, monetario) sia sempre la persona come soggetto che, anche in conseguenza delle politiche in questi tre settori decise dallo Stato nel rispetto della Costituzione, può arricchire il suo patrimonio. Tale arricchimento non è un esercizio di pura venalità, ma è uno dei modi in cui il singolo esprime la propria personalità e contribuisce al progresso materiale o spirituale della società. -

Riferimenti costituzionali

Il lavoro e i diritti sociali connessi alla condizione lavorativa – Gli articoli con cui si apre il titolo III sui rapporti economici sono dedicati, in un legame di ideale continuità con le disposizioni sui rapporti etico-sociali, alla condizione dei lavoratori e alle connesse garanzie tipiche di una forma di Stato sociale. Anche all'interno della Costituzione economica, al centro dell'attenzione c'è la persona umana, in questo caso nella figura del lavoratore a cui debbono essere garantite condizioni minime vitali. Il lavoro, in generale, non solo quello dipendente, trova un posto fondamentale nella nostra Costituzione, a partire dall'art.1, che proclama solennemente che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Una simile espressione, affiancata a quella della democraticità vale a sottolineare il valore fondante del lavoro inteso come “una attività o una funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società”. Non si tratta di restringere l'attenzione al lavoratore dipendente (artt.35 e seguenti), né ai soli lavoratori, ma al lavoratore in genere. Non è dunque il lavoro in quanto tale ad essere tutelato dall'art.1 Cost., ma il lavoro in quanto mezzo espressivo della persona umana e dunque fattore costitutivo della società e del suo benessere nel suo complesso. Ad ogni lavoro, non solo e non tanto in quanto moltiplicatore di ricchezza, ma in quanto attività attraverso cui l'uomo, e con esso l'intera società, si distingue rispetto alle altre specie viventi e contribuisce al progresso anche morale della comunità, si riferiscono tanto l'art.1 quanto l'art.4. Esso costituisce un diritto senz'altro, ma anche un dovere, uno dei fondamentali doveri di solidarietà sociale e economica di cui parla l'art. 2 Cost. Le varie attività lavorative previste dal titolo III sono dunque da leggersi innanzitutto nell'ottica personalistica, come specificazioni e tutele aggiuntive rispetto a quelle poste dai principi fondamentali della Costituzione. Cionondimeno, pur nell’equiparazione di tutte le categorie e tipologie di lavori, il costituente era ben consapevole che, nella realtà economica, quello dipendente rappresentava l'anello debole della catena lavorativa, a cui conferire dunque una tutela maggiore. Oggi i cambiamenti delle forme organizzative del lavoro, in particolare l’avvento di rapporti di lavoro di tipo coordinato e continuativo (o a “progetto”), stanno spingendo ad una revisione di questa lettura della Costituzione, nel senso di orientare gli interpreti a cercare le nuove posizioni deboli anche nell’ambito delle forme lavorative “autonome” e, dunque, almeno formalmente non subordinate. In questa direzione oggi possono essere interpretati i due successivi commi dell’art.35. Il comma 2 stabilisce che la Repubblica cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori, secondo un disegno in cui mondo dell’istruzione e mondo del lavoro s’incrociano in interventi per la diffusione delle conoscenze teoriche e pratiche indispensabili allo svolgimento del lavoro. Il comma 3 stabilisce invece promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. La più importante tra queste è l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), agenzia delle Nazioni Unite incaricata di promuovere la giustizia sociale e i diritti attinenti al lavoro. L’ultimo comma dell’articolo è invece dedicato alla libertà d’emigrazione. Essa è già prevista nell’ambito dei rapporti civili (art.16), ma qui viene ribadita come diritto sociale, in quanto l’emigrazione normalmente avviene per ragioni lavorative. Questo diritto è divenuto sempre più attuale a seguito del processo d’integrazione europea (libertà di circolazione).

La dottrina ha infine ipotizzato, quanto all’art.35, che esso tuteli anche le situazioni di assenza di lavoro. La mancanza di lavoro è infatti una posizione economica di svantaggio per la quale il costituente ha approntato specifiche tutele all’art.38. Indirizzi e limiti più specifici per la tutela del lavoro dipendente prevengo dall’art.36, che costituisce il fondamento costituzionale della legislazione sulle retribuzioni, sugli orari giornalieri, sui riposi e le ferie, rappresentando dunque la norma basilare dello statuto giuridico del lavoratore. Che il costituente abbia previsto, accanto al problema della retribuzione, quello del riposo e dell'equilibrio tra ore lavorative e ore non lavorative dimostra la concezione costituzionale del lavoro come attività che non solo produce reddito, ma che è funzionale alla realizzazione della personalità del lavoratore in tutta la sua umana dimensione. Mentre l'orario giornaliero è sottoposto a riserva di legge, il riposo settimanale e le ferie annuali sono espressamente qualificati come diritti irrinunciabili. Ciò è motivato dal fatto che la sospensione dal lavoro è ritenuta essenziale per la salute del lavoratore. Secondo la Costituzione, al lavoratore deve essere garantita una retribuzione proporzionata al lavoro svolto, sia per qualità che per quantità, ma al tempo stesso essa non può essere troppo bassa da non consentirgli di vivere un'esistenza dignitosa e libera. Pertanto, l'individuazione della corretta ricompensa per il lavoro prestato segue due criteri: da un lato il criterio minimo della sufficienza, a prescindere dalla qualità e dalla quantità del lavoro prestato, dall’altro il criterio ragionevole della proporzione tra remunerazione e lavoro svolto. L’uno riflette l’ottica solidaristica e dell’uguaglianza sostanziale, affinché il lavoratore e la sua famiglia non si vengano a trovare nella condizione di non poter vivere liberamente e dignitosamente. L’altro riflette l’ottica dei rapporti sinallagmatici, cioè di quei rapporti contrattuali in cui le parti si scambiano beni (in questo caso lavoro e salario) con carattere di reciprocità. La retribuzione non è mero corrispettivo del lavoro, ma compenso del lavoro proporzionato alla sua quantità e qualità e, insieme, mezzo normalmente esclusivo per sopperire alle necessità vitali del lavoratore e dei suoi familiari, che deve essere sufficiente ad assicurare a costoro un’esistenza libera e dignitosa (Corte cost. n.559/1987). L'art. 37 Cost., ha per destinatari due categorie ritenute dagli ordinamenti contemporanei particolarmente vulnerabili: le donne e i minori. La previsione di condizioni di tutela specifiche per costoro si giustifica in base all'obiettivo dell'uguaglianza sostanziale. Le donne sono considerate soggetti ai quali, in virtù della loro funzione materna, vanno garantiti i mezzi per avere una condizione di uguaglianza nelle possibilità lavorative rispetto agli uomini, proprio secondo l'interpretazione dell'uguaglianza sostanziale come uguaglianza delle condizioni di partenza. L'art.37 Cost. afferma che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro (mansioni) la stessa retribuzione dell'uomo lavoratore. Questa prima parte dell’art.37 ha consentito negli anni l’emancipazione legislativa ma anche culturale del lavoro femminile. La seconda parte prescrive che le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice l'adempimento della sua essenziale funzione familiare, assicurando alla madre e ai figli una speciale e adeguata protezione; [ruolo di lavoratrice e madre → ruolo di lavoratore e padre → tutela della posizione genitoriale]. L'ultimo articolo dedicato ai rapporti economici-sociali è l’art.38 Cost, che introduce l'essenza della sicurezza sociale, ovvero di quei diritti sociali di previdenza e assistenza che hanno come destinatari i cittadini e i lavoratori non tanto in un'ottica mutualistica (ovvero di corrispondenza tra contributi versati e provvidenze ricevute), quanto piuttosto in un'ottica solidaristica (ovvero di corrispondenza tra le provvidenze ricevute ed i bisogni di ciascuno). Ancora una volta, dunque, ciò che viene preso in considerazione è la persona, nel suo lato non solo strettamente economico come soggetto che produce ricchezza, ma esistenziale, come soggetto che, al di là della ricchezza prodotta e all'apporto dato al progresso materiale o spirituale della società, ha diritto a un'esistenza libera e dignitosa. L'art. 38 Cost. ha per destinatari in primo luogo i lavoratori, richiedendo che vengano assicurati mezzi “adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria”. Sono questi eventi che incidono sulla capacità lavorativa, e dunque sulla possibilità di produrre reddito, a prescindere dalla volontà del soggetto. Il verificarsi degli eventi previsti dall’articolo è dunque motivo sufficiente per il riconoscimento di misure previdenziali quale le cd. pensioni sociali (assegni sociali), le pensioni e gli assegni di invalidità, gli assegni di accompagnamento, l’indennità di frequenza per minori invalidi, la cd “cassa integrazione guadagni”, o di natura assistenziale quale l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro.

L'aspetto più rilevante in cui si sostanzia la previdenza è nell'attribuire il diritto a una pensione adeguata conseguente al lavoro prestato durante gli anni di attività lavorativa. Risulta adeguato quel trattamento previdenziale che sia in qualche modo proporzionato alla retribuzione ottenuta durante l'attività lavorativa, ma che al tempo stesso non sia inferiore a un trattamento minimo. Il diritto all'assistenza, ovvero il diritto al riconoscimento di un aiuto a soggetti in stato di bisogno minimo esistenziale, non ha alcun carattere mutualistico, seppur minimo, ma solo solidaristico, né si indirizza esclusivamente ai lavoratori, bensì a tutti i soggetti. L’assistenza, proprio perché finalizzata a non compromettere la dignità dei bisognosi, non è solo economica, ma anche educativa. Si spiega così il comma 3, secondo cui: “Gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale”. Una delle attuazioni di tale comma è il collocamento obbligatorio dei portatori di handicap presso le pubbliche amministrazioni o le imprese con un numero minimo di dipendenti. La finalità assistenziale dell’articolo, sottolineata dal comma 4 secondo cui “ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato”, ha fatto sì che fino a pochi anni fa previdenza e assistenza fossero servizi e prestazioni esercitati esclusivamente dallo Stato. Strumenti di tutela e di partecipazione dei lavoratori - Gli art. 39,40,46 Cost. riconoscono ai lavoratori anche il diritto a partecipare alla politica economica o alle scelte aziendali. I primi due articoli riconoscono ai lavoratori il diritto di organizzazione sindacale e il diritto di sciopero. Il primo diritto appartiene a tutti i lavoratori, mentre del diritto di sciopero sono titolari i lavoratori dipendenti e a certe condizioni i lavoratori autonomi. L'art. 39 Cost. sui sindacati è uno degli esempi più significativi di dissociazione tra una previsione costituzionale e la sua evoluzione. Difatti, la norma, dopo aver affermato che l’associazione sindacale è libera, prescrive che l'unico obbligo che si possa imporre ai sindacati è quello della registrazione previa verifica del carattere democratico dell'ordinamento interno. La registrazione conferirebbe loro personalità giuridica e farebbe sì che i contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro divengano efficaci per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. Tuttavia, la registrazione dei sindacati non è mai avvenuta; perciò i sindacati sono rimasti semplici associazioni libere. L'articolo esprime prima di tutto la libertà di non aderire ad alcun sindacato. L'esercizio della libertà sindacale, come libertà della persona, è finalizzato a correggere le asimmetrie tra forze economiche. Si tratta dunque di un diritto di partecipare attraverso la rappresentanza sindacale alle scelte economiche e di politica del lavoro. L'origine dei contratti collettivi è coeva all'emersione dello Stato sociale, che richiede la partecipazione dei cittadini e dei diretti interessanti nelle scelte di politica economica e sociale. Da un lato, l'interventismo statale ha ridotto l'autonomia privata, imponendo un numero sempre maggiore di limiti alla libertà negoziale, dall’altro l’abbandono di una netta separazione tra i poteri pubblici e la società ha provocato una profonda trasformazione dei rapporti tra atti autoritativi e atti negoziali. I contratti collettivi sono, quanto alla forma, accordi di natura privata, ma ad effetti generali, grazie alla rappresentatività dei soggetti stipulanti delle categorie di lavoratori e datori di lavoro. Essi servono a stabilire una regolamentazione minima del rapporto di lavoro, che i contratti aziendali e individuali dovranno rispettare. La dottrina ha ricondotto talli atti all’autonomia contrattuale privata. La non vincolatività di tali accordi derivante dalla mancata registrazione dei sindacati sottoscrittori può generare una asincronia tra condizioni di lavoro destinate ai lavoratori aderenti al sindacato stipulante e condizioni di lavoro destinate a coloro che invece non vi hanno aderito. Si è passati allora definitivamente all'idea che essi vincolano solo i soggetti iscritti alle associazioni stipulanti. Un ulteriore problema creato dalla mancata attuazione dell'art.39 Cost. è quello della rappresentanza sindacale. La registrazione, infatti, e la conseguente efficacia generale dei contratti collettivi, avrebbero ovviato alla questione cruciale della rappresentanza, dando copertura unitaria all'attività di negoziazione collettiva svolta dai soli sindacati registrati. L'accreditamento dei sindacati alla contrattazione è dovuto alla maggiore rappresentatività, che risulta dalla quantità di iscritti, dall'ampiezza e dalla diffusione dell’organizzazione sia categoriale che territoriale. Con un referendum, abrogativo del 1993, si vollero eliminare i due parametri di rappresentatività contenuti nell’art.19 dello “statuto dei lavoratori” → legge n.300/1970: l’essere associati a confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e l’essere firmatari di contratti collettivi di lavoro nazionali o provinciali applicati nell’unità produttiva.

Il ruolo dei sindacati resta preminente nella politica economica grazie ai meccanismi di concertazione con le istituzioni pubbliche e con le controparti sociali. La concertazione si concretizza nella negoziazione sui contesti macroeconomici. Innestandosi nel procedimento di formazione delle scelte di politica economica, i sindacati entrano come attori politici, fino a incidere sulla legislazione statale, come dimostrano le leggi sui licenziamenti individuali (604/1966), sulla cassa integrazione guadagni (164/1975), sull'indennità di contingenza (91/1977 - elemento della retribuzione che ha il compito di adeguare la retribuzione alla variazione del costo della vita), che si sono rivelate frutto diretto della concertazione. La seconda delle previsioni costituzionali relative alla partecipazione dei lavoratori alla politica economica è il diritto di sciopero, ovvero il diritto all'astensione collettiva del lavoro finalizzata al conseguimento di un comune interesse dei lavoratori. La previsione costituzionale sullo sciopero rinvia alla legge la regolamentazione del diritto. La legge è stata approvata con enorme ritardo, solo nel 1990 e riguarda unicamente lo sciopero nei servizi pubblici essenziali; tale lacuna ha costretto la magistratura a un intervento suppletivo, a cui ha dato un forte contributo anche la Corte costituzionale (sent.26/1960). Al contrario, non è riconosciuto il diritto di serrata per i datori di lavoro. Asimmetria che si giustifica nel pensiero dei costituenti con “l’asimmetria dei ruoli” tra datore di lavoro e dipendenti e con “l’asimmetria degli effetti” tra sciopero e serrata (da questa, infatti, deriva il blocco totale dell'attività lavorativa anche per volere di un solo datore di lavoro). La disparità di trattamento è giustificata dalla differenza di situazioni, come previsto dall'art.3 Cost. In attesa che la legge disciplinasse il diritto di sciopero, alla Corte costituzionale si deve l’individuazione del suo limite intrinseco principale, ovvero quello di essere finalizzato al conseguimento di un comune interesse dei lavoratori. Grazie alla legge del 1990 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, lo sciopero viene limitato e condizionato dal rispetto degli altri diritti costituzionali delle persone che lo subiscono. Così sono previste procedure di conciliazione e garanzie minime di prestazione dei servizi pubblici essenziali in caso di sciopero, su cui vigila un’apposita autorità di garanzia. Secondo l'art. 46 Cost. i lavoratori hanno diritto di collaborare, nei modi e nei limiti stabili dalle leggi, alla gestione delle aziende. L’esercizio del diritto è funzionale non solo alla “elevazione economia”, ma pure a quella “sociale” del lavoro, alla promozione della persona del lavoratore, sia come singolo sia nelle formazioni sociali a cui partecipa. L'articolo in questione rappresenta il fratello minore dell'art. 39 Cost. sui sindacati il quale, anche per lo sviluppo del sindacalismo in Italia, funge da caposaldo della partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese. Tuttavia, l'art. 46 Cost. resta da un punto di vista di principio un articolo importante, proprio perché dimostra l'esigenza di disciplinare costituzionalmente forme diverse di partecipazione del lavoratore alla vita delle imprese rispetto al sindacalismo. La sfortuna dell'articolo si deve ad almeno due ragioni. La prima, in ordine storico, è stata la scomparsa dei consigli di gestione all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale. Istituiti nel 1945 dal Comitato di liberazione nazionale per l'Alta Italia come sedi di collaborazione tecnica fra la direzione aziendale e i lavoratori per le finalità della produzione, già nel 1947 cominciano ad essere smantellate. Rispetto ad un modello conflittuale quale quello che si poneva alla base del riconoscimento del sindacalismo, la gestione diretta dell'art. 46 Cost. rappresentava una forma alternativa di dialogo distensivo tra datori di lavoro e lavoratori. Il secondo motivo è invece dovuto all'affermarsi del modello sindacale nella gestione dei rapporti fra lavoratori e datori di lavoro. Oggi, una latente perdita di fiducia nel confronti della rappresentanza sindacale e la crisi economica mondiale esplosa nel 2008 hanno riportato in primo piano la proposta della distribuzione degli utili sociali ai lavoratori, proprio come modello armonico e non conflittuale di gestione dei rapporti tra gli attori economici, tutti interessati a un nuovo impulso dell’economia. Impresa, proprietà e risparmio – Cuore della Costituzione economica sono gli articoli relativi ai due diritti economici per eccellenza, il diritto di iniziativa economica e il diritto di proprietà . Previsti in generale agli art. 41, 42 Cost., trovano poi alcune specificazioni negli art. 43, 44 Cost., e costituiscono le premesse costituzionali del diritto commerciale e di una parte del diritto privato. L'art. 41 Cost. è stato votato dopo un acceso dibattito in Assemblea costituente ed è stato interpretato come anche l'art. 42 Cost. sia in prospettiva socialista che liberale. Alla base dei due ...


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